ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 27 gennaio 2012

UN “RITO” DAVVERO CATTOLICO

Un “Rito” davvero cattolico. Un film da imprimatur sull’esorcismo 

esorcismo cattolico e superstizioni di cattolici “adulti”

Riflessioni su un film: “The Rite”

Il demonio contro cui lottano i protagonisti del film, tra l’altro, incarna perfettamente lo “spirito del mondo”, perché vuole far credere al giovane seminarista di non esistere, di essere una mera rappresentazione del male, che la possessione sia una forma sconosciuta di schizofrenia alla quale la scienza non ha ancora dato una spiegazione. Un demone subdolo che poi si rivela come l’antagonista di Jahvè nei deserti mediorientali, quel Baal posto dagli idolatri cananei al vertice degli dei del monte Sapanu.
 di Vincenzo Scarpello
E finalmente fu Il Rito, film di Mikael Håfström del 2011 che ritorna nell’ottica filologica dell’Esorcistadi Friedkin per affrontare il problema della possessione demoniaca. E dove Anthony Hopkins interpreta, al suo solito, magistralmente la figura di padre Lucas, esorcista un po’ stravagante e gattofilo, che introduce il giovane seminarista verso il mistero terrificante del Male.
A voler essere pignoli, dall’alto del retaggio dell’italica cinematografia horror che ci ha abituato ai Dario Argento ed ai Lucio Fulci, questo Il Rito non brilla di certo per tensione narrativa, emersione di simboli e forza di immagini e non costituisce nemmeno una prova registica particolarmente efficace da parte dello svedese che ha dato prove migliori in film come 1408. Costituisce però da un punto di vista teologico un unicum, data la sua perfetta rispondenza agli insegnamenti della Chiesa sul mistero del male e sulla cosiddetta “teologia della malattia”.

UN FILM CHE I CATTOLICI ADULTI DOVREBBERO VEDERE
La prospettiva è affascinantissima, dal momento che è quella di un seminarista statunitense, cresciuto in una famiglia cattolica che gestisce un’impresa di pompe funebri, il quale, a seguito della morte della madre, rinuncia alla fede.
Ed attraverso una discesa agli inferi, grazie alla confidenza con colui che della rinuncia alla Grazia fece un marchio della dannazione, il nostro scettico razionalista non solo riacquista la fede, ma ne diventa difensore e tutore.
Se invece si analizza il film sotto una prospettiva cattolica, non solo nella trama è quasi filologicamente rispondente agli insegnamenti del catechismo della Chiesa Cattolica (ed è ben strano per un regista svedese, terra riformata per eccellenza) sul problema del male; ma occorrerebbe che molti “cattolici adulti” lo guardassero perché fornisce delle risposte sorprendentemente adeguate alle domande che promanano dall’intelletto. Intelletto che i cattoliciadulterati, vorrebbero presentare in espansione ma che è obnubilato dal razionalismo scientista che cade nel più vieto relativismo. Col rischio che, per omaggiare il proprio intelletto e la perfezione del proprio sofisma, si giunga al punto di partenza da cui muove la storia del protagonista del film, ossia la rinuncia a Dio.

QUEL DEMONE CHE SI TRAVESTE DA “SPIRITO DEL MONDO” E NEGA SE STESSO
I “cattolici adulti” dovrebbero vedere il Rito, perché il giovane seminarista ha il loro stesso modo di ragionare sul problema del male. Intendendolo semplicemente come una variabile della condotta etica che conduce alla negazione del reale, e non come una scelta deliberata, ispirata da un essere personale che non è una mera assimilazione culturale, un simbolo utilizzato per spiegare alle popolazioni semitiche del secondo millennio avanti Cristo, la complessità delmysterium iniquitatis. Anche qui il protagonista parte dalla convinzione che l’esorcismo altro non sia che un trucco, una metafora mitopoietica e sembra averne riscontro in seguito all’esorcismo del piccolo Vincenzo, che crede di vedere il diavolo in forma di mulo, per poi avere un riscontro al proprio scetticismo, riscontro che, però, non solo sarà smentito dai fatti, ma si rivelerà l’ennesima impostura fatta dal demonio. Sarà proprio la possessione del suo maestro, Padre Lucas, un esorcista gallese dai metodi eterodossi che vive in una Roma descritta con un realismo sconvolgente, nella sua rovinosa bellezza e nella sua duplice natura di Babilonia e Gerusalemme, a convincerlo che il male opera nella forma di un essere personale, che si presenta con il proprio nome. Rispondendo così a quell’ordine gerarchico infernale che veniva negato dalla moderna demonologia sulla base di sospetti, spesso fondati, sulle classificazioni delle gerarchie infernali compiute dai demonologi rinascimentali (la Pseudomonarchia daemonum di Wier ne è un esempio singolarissimo) fossero necessariamente l’insegnamento teologico della Chiesa, che non ha mai riconosciuto tali fantasiose sistemazioni araldiche come vincolanti per i fedeli.
Il demonio contro cui lottano i protagonisti del film, tra l’altro, incarna perfettamente lo “spirito del mondo”, perché vuole far credere al giovane seminarista di non esistere, di essere una mera rappresentazione del male, che la possessione sia una forma sconosciuta di schizofrenia alla quale la scienza non ha ancora dato una spiegazione. Un demone subdolo che poi si rivela come l’antagonista di Jahvè nei deserti mediorientali, quel Baal posto dagli idolatri cananei al vertice degli dei del monte Sapanu.

QUELLE PATOLOGIE CHE PER CURARLE CI VUOLE UN ESORCISTA
Quindi un essere personale, e di una tale personalità che il Sacramentale dell’Esorcismo fa emergere in tutta la sua portata teologica: è la smentita più definitiva e più autorevole, in quanto proveniente da “fonte non sospetta”, di certa demonologia moderna, quella degli Haag e deiFranzoni, ripresa e sviscerata dal libero pensatore “repubblichino” Mancuso, e che purtroppo va per la maggiore nei seminari e nei centri di studi religiosi nominalmente cattolici.
Eppure l’evidenza della fede che emerge dal Sacramento viene messa in discussione da questi stessi teologi, o sedicenti tali, dalla “simbolizzazione” del Sacramento, svuotandone la natura soprannaturale con la paura protestante che si trasformi in un atto idolatrico di teurgia.
Ed invece no, l’esorcismo non è un theatrum mundi et temporis nel quale, mediante l’utilizzo per fini sciamanici di antiche pratiche religiose, si tenta di curare patologie psichiche riproducendo la lotta cosmica tra bene e male; patologie che richiederebbero cure farmacologiche, e non il ricorso a “controproducenti e desuete superstizioni”. L’esorcismo è la conferma più impressionante della Verità della fede cattolica perché solo nell’esorcismo e con l’esorcismo si possono definitivamente guarire questo tipo di patologie dello spirito (e non della mente) a cui Corrado Balducci diede il felice nome di demonopatie. Verità della fede cattolica che viene splendidamente resa nella scena del film nella quale, nel corso della degenza dell’indemoniata, il seminarista accosta la tenda della finestra da cui si gode la vista della cupola di San Pietro, sede del Vicario di Cristo, ma il vecchio esorcista lo blocca, perché il demonio deve vedere chi comanda.

IL FILM PER LA CRITICA E’ “DIDASCALICO”: OSSIA NON SPERNACCHIA LA CHIESA
La principale obiezione che si è fatta al film risiede proprio nella sua natura didascalica, nella presentazione della storia secondo il canone narrativo del giovane scettico, nel quale si identifica lo spettatore medio, che viene a contatto con il Mistero. E che a seguito dell’immersione nel Mistero, ottiene un’autentica conversione. “Didascalismo” è anche il marchio che hanno impresso il marchio all’apologetica cattolica, marchio infamante per la cultura dominante, per la quale è sufficiente parlare male della Chiesa e della fede, dicendo gli spropositi più assurdi (come il caso del Codice da Vinci ha dimostrato), per ottenere il placet della correttezza politica o della verosimiglianza storica, nei casi più imbarazzanti; perché, se si nota, i film che denigrano la storia del cattolicesimo o dei suoi Sacramenti contengono tutti degli svarioni storici che il più ignorante fra gli studenti delle superiori potrebbe facilmente rilevare. Ciò non vale per autori e cineasti non dico cattolici, ma che nelle loro opere cerchino di presentare i fatti in una prospettiva differente rispetto a quella che deve passare attraverso il vaglio storicistico e scientista dell’accademismo professorale, che trova nell’UAAR la sua radicale incarnazione. Per loro non vi è solo il contrasto e la derisione, o l’aperta persecuzione, come è avvenuto nel caso di Gibson; per loro vi è la sanzione più terribile che vorrebbero infliggere negli anni della gigantiasi delle produzioni intellettuali, ossia la damnatio memoriae, la condanna dell’oblio.

DINANZI ALL’EVIDENZA
Per quanto riguarda Il Rito, a smentire questa ulteriore ed ingenerosa critica, è il libro da cui il film trae ispirazione, il libro semibiografico sotto forma di inchiesta romanzata del giornalista Matt Baglio. Nel quale, attraverso l’esorcista Gary Thomas, vengono analizzati 80 casi di esorcismi o presunti tali, sotto la supervisione dell’anziano ed esperto padre Carmine. Ed è proprio dalla lettura di questi libri, impostati secondo i criteri della descrizione di casi clinici, che emerge la realtà dell’esorcismo in tutta la sua esatta dimensione, al di là delle credulonerie, dei fanatismi di santoni invasati (purtroppo molto spesso accolti nel seno della Chiesa), oppure dello scetticismo radicale o dell’atteggiamento di chi, pur posto dinanzi all’evidenza, si ostina a non voler credere.
Credo sia questa l’ottica esatta, razionale, con la quale assistere alla visione di questo film, che, pur non avendo l’asetticità ed il rigore di una docufiction, ed essendo chiaramente il prodotto di finzione cinematografica, introduce lo spettatore in un mondo oscuro nel quale l’approfondimento e l’utilizzo della ragione, non può far altro che far trovare o recuperare la fede per chi ne sa usare con criterio e giudizio, e perderla per chi con troppa superficialità la dà per scontata.

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