ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 26 gennaio 2012

San Remo,Brazil

Brasile. La Pentecoste di padre Marcelo
Cambia volto il cattolicesimo del più popoloso paese dell'America latina. I carismatici si propagano a milioni. E hanno una star in un sacerdote che riempie gli stadi predicando l'amore di Dio

di Sandro Magister


ROMA, 26 gennaio 2012 – Il Brasile, che sarà teatro della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, è il paese con il più alto numero di cattolici del globo, davanti a Messico, Filippine, Stati Uniti e Italia.

Ma mentre fino al 1980 erano cattolici nove brasiliani su dieci, oggi gli appartenenti alla Chiesa di Roma sono scesi a due terzi della popolazione.

Gli altri sono passati in larga parte al protestantesimo. A un protestantesimo quasi tutto di tipo carismatico, pentecostale.

Celebrazioni festose, musica, canto, guarigioni, linguaggio ispirato: i caratteri del pentecostalismo sono vicini a quella religiosità popolare che la teologia della liberazione – in auge nella Chiesa cattolica brasiliana negli anni Settanta ed Ottanta – giudicava negativamente, accusandola di disimpegno sociale.

Intanto, però, anche dentro la Chiesa cattolica il pentecostalismo si propagava con rapidità travolgente. In una forma ortodossa, con il nome di Rinnovamento nello Spirito. E la gerarchia decise di dargli spazio. Il cardinale Cláudio Hummes, uno dei leader più in vista della Chiesa cattolica brasiliana, dalle giovanili simpatie per la teologia della liberazione si convertì a fervente sostenitore del Rinnovamento nello Spirito.

Oggi, secondo le stime di uno studioso attendibile come David Barret, i protestanti pentecostali e i cattolici carismatici totalizzano insieme, in Brasile, ottanta milioni di fedeli, il 40 per cento dell'intera popolazione. Di questi, i cattolici sarebbero circa 35 milioni.
"La vicenda di padre Marcelo Rossi" – commenta Massimo Introvigne, sociologo delle religioni – è l'esempio più stupefacente di questa versione cattolica del pentecostalismo, in fondo anch'essa una 'nuova evangelizzazione'".

Padre Marcelo Rossi è il sacerdote cattolico brasiliano di cui riferisce l'articolo che segue, uscito domenica 22 gennaio 2012 sul quotidiano della conferenza episcopale italiana "Avvenire".
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MARCELO ROSSI: IL PRETE CANTANTE CHE INFIAMMA IL BRASILE

di Andrea Galli



SAN PAOLO DEL BRASILE  – Mancano ancora parecchie rifiniture, però la croce di 42 metri è già arrivata, il palco con l’altare sovrastato dall’immagine di Maria è sistemato. E la gente arriva alla spicciolata, inginocchiandosi nei 6000 metri quadrati di questa oasi di pace nella periferia sud della metropoli brasiliana. Si tratta del santuario Theotokos o Mãe de Deus, inaugurato lo scorso dicembre dopo quasi cinque anni di lavori. Un’arena capace di ospitare fino a centomila persone, un immenso spazio senza colonne e coperto da un tetto progettato dall’architetto Ruy Ohtake.

È la più grande chiesa cattolica del Brasile e dell’intero continente sudamericano. È il segno tangibile del successo che accompagna il sacerdote che l’ha voluta e realizzata, raccogliendo donazioni e investendo i proventi dei suoi prodotti discografici ed editoriali: padre Marcelo Rossi. 44 anni, un metro e 94 di altezza, corporatura da atleta e sguardo soave,.

Padre Marcelo è la figura di punta del rinnovamento carismatico cattolico in Brasile, colui che è stato in grado di richiamare 3 milioni di persone all’autodromo di San Paolo nel 2008, in un raduno all’insegna di musica e preghiera che ha visto accorrere Ivete Sangalo, Claudia Leite e altre stelle della musica leggera del paese. Dal 1998 a oggi ha vinto con i suoi album ben dodici dischi di platino, il riconoscimento assegnato a un cantante quando i dischi venduti superano il milione. Il suo ultimo libro, "Ágape" è stato di gran lunga il bestseller del 2011, raggiungendo picchi di vendita toccati in passato solo da Paulo Coelho.

Questo figlio carismatico, in senso letterale, di una coppia della media borghesia paulista, si allontana dalla Chiesa nell’adolescenza, dedicandosi allo sport e ottenendo alla fine degli studi il diploma di insegnante di educazione fisica. A 21 anni, turbato da una serie di lutti in famiglia, meditando sulle vanità della vita, si riaccosta ai sacramenti, matura la vocazione al sacerdozio, entra in seminario e viene ordinato nel 1994. Inizia presto a farsi notare per le sue omelie, per la capacità di coinvolgere i fedeli e di tenere la scena nella sua parrocchia della diocesi di Santo Amaro. Sale alla ribalta in occasione di un meeting che organizza col titolo "Sono felice di essere cattolico", a cui partecipano 70 mila persone. Da lì in avanti è un crescendo. Nel 1998 esordisce come cantante e incide "Musica per lodare il Signore", che vende 4 milioni di copie, seguito a ruota dall’album "Un regalo per Gesù".

Nel 1999 i fedeli che accorrono all’adunata "Saudade sì, tristezza no" sono 600 mila. Nel 2000 esce "Canzoni per un nuovo millennio" e nel 2001 "Pace", con musiche di Roberto Carlos. Nel 2002 il vescovo Antonio Figueiredo, colui che lo ha incoraggiato e protetto nel suo apostolato fuori dagli schemi, lo nomina rettore del santuario Terço Bizantino. Nel 2003, oltre a far uscire l’ennesimo CD, padre Marcelo gira il suo primo film, "Maria, madre Dio", che spopola nei cinema brasiliani e si classifica al settimo posto per incassi. L’anno dopo è la volta di un’altra pellicola, "Fratelli nella fede", mentre il suo nuovo portale su internet fa il boom di accessi. Poi lo spettacolo impressionante all’autodromo di Interlagos nel 2008, da cui sono stati ricavati due DVD, anch'essi campioni di vendite.

Capire le ragioni di un tale successo non è un esercizio futile, perché vuol dire anche capire cosa che si è mosso in profondità nel cattolicesimo brasiliano a partire dagli anni ’90.

"Quando ho ritrovato la fede – ha detto padre Marcelo in un’intervista – era un periodo in cui la Chiesa era immersa nelle questioni politiche, per influsso della teologia della liberazione. Teologia che ha avuto certamente un ruolo positivo durante la dittatura, ma che ha lasciato un vuoto. Io avevo perso un cugino e andavo in cerca della parola di Dio, però arrivavo in chiesa e sentivo parlare di politica. Da quel momento ho capito cosa dovevo fare". Ossia tornare all’essenziale, ad annunciare il Vangelo, usando i mezzi di comunicazione, la musica in particolare, il più grande e trasversale vettore di emozioni e parole nella quotidianità della gente. Usarla per intercettare la sete di Dio e per ridestare un amore alla Chiesa, a Maria, all’eucaristia corroso dal proselitismo di gruppi e gruppuscoli pentecostali.

Il risultato di quell’intuizione è oggi sotto gli occhi di tutti e ha reso padre Marcelo una figura tanto amata dal popolo cattolico quanto problematica per la gerarchia e non solo. Non a caso nel 2007, durante la visita di Benedetto XVI, nella grande spianata di Capo di Marte a San Paolo, fu fatto entrare in scena nelle primissime ore del mattino, per non creare imbarazzi o malumori. Vedere un sacerdote che galvanizza le folle cantando e ballando, seppur con decoro, è uno spettacolo ancora indigesto a molti.

E le libertà liturgiche che padre Marcelo si prende, non solo nella scelta delle musiche per le celebrazioni, vanno ben al di là del "canone romano". Dall’altra parte, coloro che sognavano un rinnovamento ecclesiale a partire dalle comunità di base e dalla "opzione preferenziale per i poveri" non si capacitano di come una moltitudine di tutte le classi sociali – tra cui indigenti e rappresentanti del sottoproletariato urbano – accorra al richiamo di un prete che parla "solo" di cose spirituali, dell’amore di Dio, del perdono dei peccati, della gioia che il cristianesimo dà nelle durezze e ingiustizie della vita.

Non solo. Padre Marcelo è anche un prete che richiama l’importanza di seguire fedelmente il magistero, di conoscere e difendere la dottrina cattolica. E che, come ha dichiarato recentemente, si sente più a suo agio con i figli spirituali di Escrivà de Balaguer che con quelli ancora legati alle utopie dei fratelli Boff. Nel 2005, al sinodo dei vescovi sull’eucaristia in Vaticano, il cardinale Claudio Hummes, allora arcivescovo di San Paolo, intervenne in assemblea con queste parole: "In Brasile i cattolici diminuiscono in media dell’1 per cento all’anno. Nel 1991 i brasiliani cattolici erano circa l’83 per cento, oggi, secondo nuovi studi, sono appena il 67 per cento. Ci domandiamo con angoscia: fino a quando il Brasile sarà ancora un paese cattolico? Risulta che oggi per ogni sacerdote cattolico ci sono già due pastori protestanti, la maggior parte delle Chiese pentecostali". La conferenza episcopale brasiliana sa dei rischi insiti in una pastorale che può scivolare facilmente nel sentimentalismo, che rischia di fare il verso al modo degli evangelici, però è consapevole che l’esperienza di padre Marcelo Rossi ha un’importanza cruciale, perché è la prima reazione di massa a un’erosione del cattolicesimo di proporzioni storiche.

E il sacerdote atletico che ha messo in piedi una struttura a servizio della nuova evangelizzazione fatta di un migliaio di collaboratori, che si è conquistato da solo ampi spazi su "Globo", la principale rete televisiva del paese, non è più solo, anzi. Sulle sue orme sono cresciute altre figure di sacerdoti-cantanti-scrittori con un largo seguito, come il dehoniano Fábio de Melo, o Hewaldo Trevisan, anche lui parroco a San Paolo, o Reginaldo Manzotti. Tutti sulla quarantina, di bella presenza e dalla favella ispirata. Tutti o quasi, curiosamente, di origini italiane. E che saranno magari tra i protagonisti della prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro.

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Il quotidiano della conferenza episcopale italiana su cui è uscito l'articolo:

> Avvenire

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Il capitolo sul Brasile dell'ultimo rapporto sul cristianesimo nel mondo del Pew Forum on Religion & Public Life di Washington:

> Spotlight on Brazil

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Tutti gli articoli di www.chiesa sul fenomeno dei carismatici:

> Focus su MOVIMENTI CATTOLICI

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