ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 2 febbraio 2012

Un gigante da conoscere

DON DOLINDO RUOTOLO E L'ATTO EROICO PER LE ANIME DEL PURGATORIOStampa
Pontifex.Roma
Don Dolindo (1882-1970) quinto degli undici figli di Raffaele Ruotolo, matematico, e di Anna Valle, nobildonna proveniente da una famiglia decaduta di origine spagnole, nacque a Napoli nel popolare quartiere Forcella. Il matrimonio dei genitori non resse a lungo e sfociò ben presto in una dolorosa separazione a causa dell’asprezza del carattere del padre e della sua proverbiale avarizia che si scontravano con le abitudini signorili della madre e la sua dolcezza. In una poderosa autobiografia di due volumi Don Dolindo ha raccontato come il suo nome, che significa “dolore” venne coniato dal padre e come “profeticamente” la sofferenza (per le numerosissime umiliazioni, ma anche per le ristrettezze economiche e la fame) fu l’elemento che contraddistinse tutta la sua esistenza, compreso il periodo del seminario e quello sacerdotale. Conobbe San Pio da Pietralcina al quale spesso fu assimilato, ma se quest’ultimo mostrava visibilmente sul suo corpo ...
... i segni del Calvario di Cristo, Don Dolindo li serbava nell’animo e per questo venne anche identificato come “un novello Apostolo del dolore interiore”.
Entrambi subirono a più riprese gli attacchi del Santo Uffizio con l’impedimento di officiare la messa in pubblico per un certo tempo, ebbero il dono della profezia, il carisma della massima ubbidienza alla Chiesa ed accettarono in tutto e per tutto  la Volontà Divina nella più profonda umiltà. 

Fu un instancabile e raffinato letterato (si ricorda soprattutto il poderoso Commento alla Sacra Scrittura di ben 33 volumi), un musicista, cantore e organista, un fantastico predicatore, un servo di Dio che spese tutta la sua vita in povertà per il prossimo, privilegiando i ceti meno abbienti soprattutto di una città tanto problematica come Napoli dove trascorse la maggior parte della sua esistenza, portando avanti il suo ministero in quasi tutte le parrocchie dove fu comandato.
Le sue giornate cominciavano alle 2,30 del mattino per terminare verso la mezzanotte, scandite da tanti rosari e preghiere, dallo studio dei testi sacri e dalla scrittura, dall’immancabile sostegno a tutti quelli che glielo chiedevano tra cui molti poveri e ammalati dai quali correva anche in piena notte con qualsiasi condizione climatica, dimentico spesso dei suoi stessi mali cronici e passeggeri. Fondò L’Apostolato Stampa che ancora oggi si occupa della divulgazione dei suoi scritti e formò diverse figlie spirituali con il compito di approcciare i soggetti più renitenti alla chiamata di Dio e con quello di educare le nuove generazioni.
Noto soprattutto per “l’Atto di Abbandono in Gesù (contro le ansie e le afflizioni) e per aver profetizzato con largo anticipo l’avvento al soglio pontificio di Giovanni Paolo II, viene annoverato tra quei pochi che godettero del privilegio di un intimo rapporto con Gesù, la Madonna e alcuni santi come S. Gemma Galgani.
Scherzosamente  da buon partenopeo egli si definisce uno “sciosciammocca” cioè una nullità di fronte alla potenza di Dio Padre, di Gesù e dello Spirito Santo. Innamorato della Madonna, sosteneva di aver ricevuto tramite la sua intercessione i doni dell’intelletto e della sapienza quando era al ginnasio, in seminario, disperato per le continue bocciature e privo delle necessarie basi culturali per poter procedere negli studi che si era intensamente manifestato in lui già in tenerissima età.
Il 19 novembre 1970 morì per una broncopolmonite in concetto di santità. Attualmente è in corso l’iter per la sua beatificazione a seguito di diversi eventi miracolosi e di testimonianze sulla sua santità. La sua salma riposa nella Chiesa dell’Immacolata di Lourdes e San Giuseppe dei Vecchi a Napoli, ormai meta di pellegrinaggi da tutto il mondo.
Don Dolindo ebbe una particolarissima devozione per le anime del Purgatorio e raccomandava ai suoi figli spirituali di fare l’atto eroico per le anime del purgatorio. L’atto eroico consiste nell’abbandono, tra le mani di Maria, in favore delle Anime del Purgatorio, di tutte le buone opere, anche di quelle che altri faranno per noi, prima o dopo la nostra morte. Papa Pio IX, nel suo Decreto del 20 novembre 1854, ha raccomandato quest’atto a tutti i fedeli e gli ha accordato delle indulgenze speciali. Tutte le indulgenze che i fedeli guadagnano favoriscono le Anime del Purgatorio, senza che si abbia bisogno di formare l’intenzione di guadagnarle per esse.
Pio IX chiama questo atto la più grande consolazione delle Anime del Purgatorio ; con un tale atto, tutte le nostre buone opere, tutte le nostre sofferenze, tutte le nostre pene, tutti i nostri atti interiori, simili ad un grande fiume inestinguibile, scorrono verso le Anime del Purgatorio. Si può dunque dire con ragione che l’atto eroico è l’opera di misericordia per eccellenza, l’atto di carità più salutare.
E’ incontestabile che non si perde niente abbandonando qualcosa a Dio. Ora, quello che noi facciamo per le Anime del Purgatorio è guardato da Nostro Signore come se lo avessimo fatto a Lui stesso, come se lo avessimo liberato da una prigione di fuoco, così come l’ha rivelato a Santa Geltrude.
Questo atto di carità è per Maria anche un grande onore ed una grande gioia, perché noi rimettiamo tutto nelle sue mani, affinché Ella possa liberare i suoi figli sofferenti.
Benché quest’atto sia talvolta chiamato col nome di voto, esso non obbliga comunque sotto pena di peccato. Non è più necessario pronunciare per farlo una formula determinata.
Un atto di volontà e l’offerta fatta di cuore bastano per dare diritto alle indulgenze ed ai privilegi. D’altronde, quest’atto di volontà può essere revocato a piacimento di chi l’ha fatto. Don Ruotolo nella sua autobiografia così scrive: “ L’atto detto eroico, al quale abbiamo accennato prima, è proprio la cessione fatta alle anime purganti di tutte le ricchezze della Chiesa, che potremmo riservare per nostro vantaggio. E’ un atto di carità assai gradito a Dio, e che riesce di grande vantaggio per noi, impegnando la misericordia e la generosità divina verso di noi, e impegnando le anime purganti a pregare per noi ed a soccorrerci.
Per dimostrare il gradimento di Dio per questo atto di carità, citerò un fatto avvenutosi nella fanciullezza. Verso il 1890, venne un Gesuita, che era stato maestro di matematica di mio padre, e ci parlò di tante cose spirituali e, i particolare dell’atto eroico, esortandoci a farlo. Doveva essere nel novembre del 1890.
Il gesuita era il Padre Salvatore De Filippis. Io avevo otto anni, e benché sempre deficiente e fanciullo io, e farlo fare al mio fratello maggiore Elio che aveva dieci anni. Ma come farlo? Avevo capito la bellezza dell’atto, ma non avevo capito come farlo. Allora, nella mia ingenuità, dissi a Gesù : “Quanto desidero un libretto che me lo spieghi; una copia per me, ed una per mio fratello!”. Mi addormentai con questa preghiera. Al mattino accompagnavo mia madre alla  Chiesa detta del Purgatorio, per la Messa e la Comunione che essa faceva ogni giorno. Io non avevo ancora fatto la prima Comunione. Abitavamo al Vico Nilo N° 26 nei pressi della piazzetta Corpo di Napoli. Erano le 4,30 circa del mattino, e pioveva dirottamente. Il vico Nilo non aveva marciapiedi, e l’acqua passava come un torrente nel mezzo. Ci accostammo, mammà ed io al muro di destra, per non essere travolti. Alla metà circa del vicolo, io vidi una cosa bianca, trascinata dall’acqua e, per curiosità, mi avanzai nell’acqua per prenderla. Erano due libretti, e con mia sorpresa avevano questo titolo: “Spiegazione del voto eroico per le anime purganti”. Esattamente uno per me ed uno per mio fratello. Certo non fu a caso che, con quella pioggia e i  quell’ora, si trovassero travolti dall’acqua i due libretti, e proprio due. Il Signore volle esaudire la mia preghiera, e fin d’allora feci l’atto eroico per le anime purganti”.
Don Marcello Stanzione
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