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domenica 25 marzo 2012

Le difficoltà anglicane e le illusioni cattoliche

Williams ha tenuto aperto il dibattito su sessualità e donna nella chiesa. L'illusione cattolica è che queste questioni scompariranno.




A pochi giorni dal viaggio di Benedetto XVI in Messico e a Cuba, l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams ha annunciato le proprie imminenti dimissioni, e la notizia ha un impatto che va ben al di là degli 80 milioni di fedeli della Comunione Anglicana e chiarisce alcune questioni centrali per il futuro della chiesa cattolica.
Un primo motivo è il fatto stesso delle dimissioni, a soli 61 anni, per il capo di una chiesa mondiale come la Comunione Anglicana. Questo esempio si presenta come un caso estremo di ridefinizione funzionale dell'ufficio di primate di una chiesa cristiana: per opposizione non solo al capo della chiesa cattolica, papa Benedetto XVI, che ha la possibilità giuridica di dimettersi ma che a 85 anni (uno dei pontefici più longevi dell'era moderna) non ha alcuna intenzione di farlo, nonostante i malcelati desideri di Giuliano Ferrara di disfarsi di un pontefice che sembra ritenere una sua creatura politico-culturale.
Le dimissioni del papa di Roma sono il supremo tabù dell'ecclesiologia cattolica, un'ipotesi sulla quale neppure il concilio Vaticano II (che aveva introdotto le dimissioni per tutti i vescovi a 75 anni - riforma oggi criticata da molti, e non solo dai vescovi dimissionari) aveva osato soffermarsi. Ma la ridefinizione dell'ufficio di primate di una chiesa si vede anche nel futuro di Williams: un ritorno nelle aule universitarie, secondo un modello di erudito vescovo-teologo che nell'interpretazione di Williams è più vicina all'esperienza cristiana dei primi secoli che a quella dei "vescovi-prefetti" delle chiese in età moderna.
Un secondo motivo deriva dal fatto che le dimissioni di Williams lanciano un messaggio alla chiesa di Roma, da sempre il primo interlocutore di Canterbury, circa il futuro del cristianesimo mondiale: un futuro sempre più "global south" in cui la leadership e le categorie teologiche e culturali dell'emisfero nord del mondo sono sempre meno rilevanti per il resto del cristianesimo globale. Durante tutto il suo ministero di primate Williams ha dovuto fare i conti con l'eredità geo-culturale imperiale britannica che prende il nome di Comunione Anglicana, nella quale le maggiori tensioni si registrano tra l'anima ecclesiologicamente innovatrice ma conservatrice sulle questioni morali (specialmente le chiese anglicane dell'Africa), l'anima più liberal (presente specialmente in America) e un centro di mediazione, la sede di Canterbury, sempre meno capace di tenere insieme visioni teologico-morali diverse sulle questioni dell'omosessualità nella chiesa, del matrimonio omosessuale, e del ruolo della donna nella chiesa.
Il terzo motivo è legato a queste tensioni che hanno lacerato la Comunione Anglicana, probabilmente oltre il punto di non ritorno. Fanno male gli apologeti cattolici a vedere nelle dimissioni di Williams la controprova del successo della chiesa cattolica sia in termini funzionali (il modello di papato romano) sia in termini sistemici (la maggiore coesione della chiesa cattolica rispetto a quella anglicana). I problemi della chiesa anglicana sono molto simili a quelli della chiesa cattolica e a quelli di tutte le chiese storiche che aspirano ad avere una dimensione globale. Williams ha tentato di tenere aperto il dibattito sulle questioni della sessualità e della donna nella chiesa e contemporaneamente di tenere insieme una chiesa in preda ad una forza centrifuga che però è comune anche alle altre chiese "non etniche", cioè a quelle chiese che non si identificano con una popolazione e una lingua e cultura nazionale. L'illusione a cui il cattolicesimo deve sottrarsi è che quelle questioni (della sessualità e del ruolo della donna nella chiesa) scompariranno col tempo.
Dalle tensioni col governo inglese sulla sua presa di posizione circa l'ipotesi di "giurisdizioni alternative" per gli immigrati musulmani, alle frizioni con la chiesa cattolica circa la fuoriuscita della parte più filoromana degli anglicani in una struttura creata apposta per loro da Roma (senza informare Canterbury), alla rottura tra le chiese americane da una parte e africane dall'altra, l'episcopato di Williams ha vissuto le medesime tensioni che tutte le chiese vivono oggi di fronte alle questioni dell'immigrazione, della globalizzazione dei loro fedeli, e allo sfarinamento dei rapporti ecumenici. Con le dimissioni di Williams lo scenario si complica anche per il futuro della chiesa di Roma, che nel corso dell'ultimo decennio almeno ha assistito (e in qualche caso contribuito) alla crisi della Comunione Anglicana. Roma sta ancora cercando di negoziare il rientro dello scisma lefebvriano, rischiando così di illudersi che la frontiera del cristianesimo contemporaneo sia ancora la centralità dell'identità romana e latina della chiesa.
http://ilsismografo.blogspot.com/2012/03/regno-unito-le-difficolta-anglicane-e.html


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