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giovedì 3 maggio 2012

Comunione d'affari

D’AMORE E DACCÒ-RDO - ANTONIO SIMONE, UN ALTRO CHE INTASCA “A SUA INSAPUTA” - “DACCÒ MI PAGAVA, MA NON SO QUANTO. NON C’È UNA CONTABILITÀ SCRITTA” - “CON FORMIGONI CI HO LITIGATO” - “LA FONDAZIONE MAUGERI È LA FERRARI DELLA RIABILITAZIONE. ANDIAMO IN SICILIA PERCHÉ DACCÒ CONOSCE QUESTE PERSONE” - SOLO CHE IN QUEL CASO LA “FERRARI” CORREVA DA SOLA: NON CI FU NEMMENO UNA GARA…

ANTONIO SIMONE EX ASSESSORE REGIONALE LOMBARDO ALLA SANITAANTONIO SIMONE EX ASSESSORE REGIONALE LOMBARDO ALLA SANITA
Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il "Corriere della Sera"
ROBERTO FORMIGONI jpegROBERTO FORMIGONI JPEG
A non avere bene idea di quanti soldi avesse ricevuto in un decennio dalla Fondazione Maugeri era già nel suo interrogatorio il «non tecnico della sanità» Pierangelo Daccò: «Nell'arresto leggo 56 milioni ma forse qualcosa di più, forse 60, non lo so, 70 penso più o meno», e tutto solo per essere «insistente» nei «meandri della Regione» Lombardia. Adesso anche Antonio Simone, suo partner d'affari e anch'egli amico del presidente Roberto Formigoni nella comune militanza ciellina, non sa dare una cifra:
«Io e Daccò abbiamo dei rapporti di dare e avere abbastanza complessi, perché gli ho fatto fare un'operazione che non è andata bene e quindi ho un debito nei suoi confronti, almeno morale, poi discuteremo sul piano economico, che è un acquisto fatto ai Caraibi. La contabilità? Posso ricostruirla, sono gli affari...».

Giudice: «C'è una contabilità dentro la sua testa, ma non ce n'è una reperibile scritta o digitale?». «No, non c'è, certo». E nemmeno contratti: «Una parte viene messa all'inizio, poi una parte può essere messa a finanziamento soci e io resto socio, una parte dico "no, resto fuori e se il risultato è buono mi paghi"... In questo bailamme - concorda Simone stesso - non saprei neanche dire che cosa e da dove, però a me generalmente Daccò paga. Punto».
FORMIGONI SULLO YACHT DI DACCO'FORMIGONI SULLO YACHT DI DACCO'
Che parte di quei soldi abbiano a che fare con le «porte aperte» da Daccò in Regione Lombardia, per dirla con il direttore della Maugeri, Simone lo esclude. Anzi giura che, all'epoca di un abortito progetto con Daccò per l'ospedale San Giuseppe nel 2006, dal Pirellone ha avuto non favori ma «uno scontro con Formigoni, con il direttore generale Sanese e il direttore della Sanità Lucchina, ai quali dissi "state facendo un'ingiustizia nei miei confronti"» nell'interpretazione di una legge: «Ho litigato con queste persone, non è arrivato questo finanziamento. Lo dico perché quando si parla del mio rapporto con Formigoni, se avesse voluto o potuto fare una cosa che significava un futuro professionale stabile di grosse dimensioni, era non essere contrario alla legge».
Roberto Formigoni ospite a bordo dello yacht di Piero DaccoROBERTO FORMIGONI OSPITE A BORDO DELLO YACHT DI PIERO DACCO
«Faccio lo sviluppatore», si descrive Simone riguardo ai tanti affari compensati con Daccò nel tempo: «Non mi interessa occuparmi di una cosa, ho delle idee che Daccò dice: "Le valorizzo io". Le mie competenze completavano il suo desiderio di chi poteva portare a frutto ciò che aveva tra le mani». Tradotto? «Dobbiamo fare un albergo? Io conosco tutte le catene che poi sono diventate mondiali, e non ce n'erano 25, anche qui è sempre uno stagno e non un lago: da assessore ho conosciuto Forte, l'Aga Khan, Meridienne, tutte».
Per Simone, infatti, il segreto è usare come imprenditore i contatti tessuti da politico: l'essere stato «consigliere regionale lombardo dal 1980 al 1995, assessore al Turismo, Commercio e Sport per tre anni, poi un anno alla Sanità e uno all'Urbanistica, mi ha permesso di sviluppare in quei settori conoscenze e competenze abbastanza importanti». Tornate utili quando «nel 1992 mi sono dimesso alla prima contestazione di finanziamento illecito ai partiti (8 processi, 7 assoluzioni in Cassazione e una prescrizione), ho smesso di fare politica e ho dovuto pensare a inventarmi un lavoro».
FONDAZIONE MAUGERI bmpFONDAZIONE MAUGERI BMP
A Praga, per cominciare: perché «in Italia avevamo pubblicato i libri di Havel poi diventato presidente della Repubblica Ceca», ma soprattutto perché lì, dopo il crollo del comunismo, c'era «un futuro immobiliare. Comprare palazzi, mettere caparre su palazzi per poi ricercare investitori di questo mercato che si apriva»: e «io, avendo fatto l'assessore al Commercio, avevo una serie di rapporti con le società della grande distribuzione molto interessate allo sviluppo nei paesi dell'Est».
In quel periodo ritrova anche Daccò, «conosciuto quando facevo l'assessore al Turismo perché lui aveva un'agenzia viaggi che seguiva la squadra dell'Inter, e poi da assessore alla Sanità perché lui si era presentato col Priore del Fatebenefratelli come rappresentante per l'ordine religioso presso le istituzioni (...) Io gli ho fatto conoscere dei giovani amici miei del Movimento popolare, che si occupavano a loro volta di sviluppare residenze sanitarie per anziani. Gli feci conoscere Cogorno, la Massei (poi dirigente della Regione, ndr), il dottor Sega».
OSPEDALE SAN GIUSEPPE FATEBENEFRATELLIOSPEDALE SAN GIUSEPPE FATEBENEFRATELLI
L'idea di privati che gestiscano reparti di riabilitazione in regioni dove non esistono, come la Sicilia, frutta grossi affari a Daccò-Simone: «La Fondazione Maugeri è la Ferrari della riabilitazione: se lei ha una Ferrari e va negli Emirati Arabi, lì hanno i soldi e non hanno le Ferrari (...) Andiamo in Sicilia perché Daccò conosce queste persone (il sindaco di Palermo, Cuffaro, l'onorevole Fallica, l'intera famiglia Miccichè erano amici di famiglia) e conosce il fatto che lì c'è un bisogno che si può riempire con un prodotto, il primo in Italia, che non fa emigrazione sanitaria».
Ma la Ferrari corre da sola, ironizza il gip: «Fu fatta un convenzione senza gara nel presupposto che la Fondazione, non avendo scopo di lucro, era una sorta di scelta» della Regione, concorda Simone, rimarcando però che Tar e Consiglio di Stato diedero poi l'ok.
Simone, che ha riportato la residenza da Londra in Italia, per il suo legale Giuseppe Lucibello non può essere accusato di riciclaggio perché la stessa Gdf ne «ritiene interscambiale» il ruolo con Daccò, e dunque al più potrebbe concorrere nell'appropriazione indebita dei soldi della Maugeri. Ma il suo rapporto con Daccò, prospetta Lucibello al Tribunale del Riesame, «non è basato su passaggi illeciti di denaro mascherati da contratti di consulenza, ma su pagamenti per servizi puntualmente realizzati per la Maugeri, relativi all'acquisto, gestione o riqualificazione di strutture sanitarie, all'individuazione di partner scientifici e alla gestione di pubbliche relazioni».

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