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domenica 20 maggio 2012

Dialogo ebraico-cristiano



 Card. Koch: risvolti ambigui e strumentalizzazioni improprie

Il cardinale Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e della Commissione della Santa Sede per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, ha tenuto la "Berrie Lecture"  invitato dal Centro Giovanni Paolo II per il dialogo interreligioso - di cui è presidente il rabbino Jack Bemporad - organizzata presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino (Angelicum) di Roma, in collaborazione con la Russell Berrie Foundation. La lecture del cardinale Koch è stata dedicata a cinquant'anni di dialogo tra i cristiani ed ebrei sulla base della dichiarazione conciliare sulle religioni non cristiane Nostra Aetate. Ancora non è disponibile il testo integrale del suo intervento, ma l'Agenzia SIR, ne ha dato un resoconto qui. Da esso stralcio alcuni punti. Da notare la conquista dell'uditorio ebreo, per mezzo di slogan e di una emozionalità a buon mercato. Se ne parlo è perché la questione sta avendo eco sui media di tutto il mondo e mi sembra quindi importante che ci sia spazio anche per la nostra visuale dei fatti.
Ritengo utile al riguardo la consultazione di un mio vecchio articolo, del quale riporto in conclusione le note finali.


EBREI-CATTOLICI - La piaga dell'antisemitismo
Discorso del card. Kurt Koch sullo stato del dialogo a 50 anni dal Concilio

Nel suo lungo ed articolato intervento, il cardinale ha affermato che anche oggi "riemergono nella teologia cristiana il vetero-marcionismo e l'antigiudaismo" e "non solo da parte dei tradizionalisti ma anche all'interno dei filoni liberali della teologia attuale". Per questo, "si deve continuare ad accordare la dovuta attenzione alla richiesta da parte del Concilio Vaticano II, di favorire la comprensione reciproca e il rispetto tra ebrei e cristiani. Essa è il presupposto indispensabile per garantire che non ci sarà alcuna ricaduta in quel pericoloso estraniamento tra cristiani ed ebrei, che rimangono consapevoli della loro parentela spirituale".
L'intervento del cardinale Koch era dedicato alla dichiarazione conciliare Nostra Aetate che è il "documento base" e la "Magna Charta" del dialogo della Chiesa cattolica con l'ebraismo. Il cardinale ha fatto notare come il documento conciliare non si è sviluppato a partire da un "vacuum", "dal momento che da parte cristiana vi erano già stati approcci con l'ebraismo, sia all'interno che all'esterno della Chiesa cattolica prima del Concilio. "Ma - ha aggiunto il cardinale - dopo il crimine senza precedenti della Shoah, si è fatto uno sforzo nel periodo post-bellico per avviare una riflessione circa la ridefinizione teologica del rapporto con l'ebraismo". "Dopo l'omicidio di massa degli ebrei europei pianificato ed eseguito dai nazionalsocialisti - ha proseguito Koch - iniziò un profondo esame di coscienza su come sia stato possibile un tale scenario di barbarie nell'Occidente cristiano".

Il cardinale ha quindi posto all'assemblea di Roma una serie di interrogativi: "Dobbiamo supporre che tendenze anti-ebraiche presenti all'interno del cristianesimo per secoli sono state complici nel antisemitismo dei nazisti"? E ancora: "Tra i cristiani vi erano sia colpevoli che vittime, ma le grandi masse erano sicuramente composte da spettatori passivi che tenevano gli occhi chiusi di fronte a questa realtà brutale". "Perché la resistenza cristiana contro la brutalità senza limiti dei crimini nazisti non ha dimostrato la misura e la chiarezza che ci si sarebbe legittimamente dovuti aspettare?".

 Il dialogo e i Papi. La Shoah [ricordiamoci bene che si tratta di un fatto storico, che non può assurgere a  'luogo teologico' e nemmeno a dogma di fede, tanto da condizionare l'appartenenza alla Chiesa di chi eventualmente, senza sminuirne l'orrore, ne ridimensioni la portata] - ha detto il cardinale - "è stata certamente una delle maggiori motivazioni che hanno condotto la Chiesa cattolica a scrivere la Nostra Aetate". La dichiarazione conciliare, ha insistito Koch, "rimane la bussola fondamentale di tutti gli sforzi verso il dialogo ebraico-cattolico, e dopo 47 anni possiamo affermare con gratitudine che questa ri-definizione teologica del rapporto con l'ebraismo ha portato frutti abbondanti".

Nel corso degli ultimi decenni, ha proseguito il card. Koch, Nostra Aetate "ha reso possibile a gruppi che inizialmente si rapportavano con scetticismo a diventare passo dopo passo partner affidabili e anche buoni amici, in grado di far fronte a crisi insieme e superare i conflitti in modo positivo". Nel delineare quindi i progressi compiuti nel dialogo, il cardinale ha parlato del contributo che il Pontificato di Giovanni Paolo II ha dato al dialogo ebraico-cattolico. Ed ha aggiunto: "Sullo sfondo di queste convinzioni teologiche non ci può sorprendere che Papa Benedetto XVI porta avanti e progredisce il lavoro di riconciliazione del suo predecessore". Ma "Mentre Papa Giovanni Paolo II ha avuto un senso raffinato per i grandi gesti e le immagini forti, Benedetto XVI si affida soprattutto al potere della parola e dell'incontro umile". [Un conto è la riconciliazione e il dialogo - avuto riguardo che il dialogo è possibile tra le culture e non tra le fedi: il punto d'incontro possono essere alcune riflessioni e accordi sulle prassi - un altro conto è la sudditanza non si capisce basata su cosa]

Il negazionismo. Sempre il 16 maggio, si è riunita a Roma la sessione ordinaria della Congregazione per la dottrina della fede durante la quale è stata discussa anche la questione della Fraternità San Pio X. Il card. Koch ha partecipato alla sessione e rispondendo ad una domanda sul vescovo lefebvriano negazionista Richard Williamson, ha rammentato che "il Santo Padre ha parlato con chiarezza della sua posizione". "Il negazionismo - ha precisato - non è ammissibile nella Chiesa cattolica, ma anche in una sincera a onesta visione storica". [Tra l'altro ricorre costantemente questo improprio richiamo al negazionismo; mentre Mons, Williamson non ha affatto negato la shoah (fatto storico e non teologico); ne ha tuttavia ridotto la portata numerica (il che ovviamente non ne riduce l'orrore) sulla base di documenti storici da lui citati. Dichiarazione inopportuna, ma purtroppo strumentalizzata ancor oggi in maniera bieca e di parte. Tant'è che le parole del Cardinale non possono non evocare lo scandalo montato ad arte ed enfatizzato in maniera abnorme nel momento della rimozione delle scomuniche ai vescovi della FSSPX. E così viene messa volutamente benzina sul fuoco... Ci ritroviamo a vivere dei dejà vu fin troppo inquietanti -ndR]

Forum Catholique (estratto): In compenso l'episodio ci fa apprendere due cose :
Chi è interessato può consultare qui
  1. Il cardinal Koch non è informato sulle ricerche storiche recenti riguardo alla questione disputata e non  conosce i risultati del rapporto tra l'antisemitismo nazista e l'antigiudaismo cristiano, che ha carattere esclusivamente religioso e riguarda il riconoscimento del Messia nella persona di Gesù. E così egli gioca sull'amalgama diffamatorio FSSPX= antisemita facendone un miscuglio al passaggio anti-giudaico= antisemita. Ignorando completamente che, se Hitler giunse al potere in una Germania originariamente cristiana, occorre fare una netta distinzione tra il cristianesimo dei protestanti e il cattolicesimo. Riguardo poi alla rinascita dell'antisemitismo, perché non fare un opportuno parallelismo tra il comportamento degli attuali fondamentalisti islamici e quello dei protestanti degli anni 30, invece di vedere l'antisemitismo tra i cattolici?  
  2. la sua ferma opposizione all'intervento di Benedetto XVI in ordine alla riconciliazione con la FSSFX  

Nota:
Nessuno nega che gli ebrei vadano rispettati, amati e non perseguitati. L'antisemitismo, la furia distruttrice contro un popolo è da condannare senza riserve. Questo, sembra condiviso da ogni uomo di buona volontà prima ancora che da un vero cristiano. Ciò premesso, dichiarazioni come quella della CEI nonché le altre espressioni sul valore delle false religioni presenti nella Nostra Aetate e le ulteriori posizioni nei confronti degli ebrei non sono imposte con autorità infallibile. Si tratta di posizioni "pastorali" ambigue e pericolosissime, in contrasto col Magistero precedente, perché aprono la strada all'indifferentismo ed al relativismo religioso e, peggio, al sincretismo. I guasti li abbiamo sotto gli occhi giorno dopo giorno.

Rileviamo in particolare che l'impegno espresso con le seguenti parole: "non è intenzione della Chiesa Cattolica operare attivamente per la conversione degli ebrei" poteva esser preso da una sola persona che, nella Chiesa, gode di una tale rappresentatività che presuma parlare per l'intera Chiesa, ed è il Papa.

L'irrevocabilità della predilezione appartiene al Nuovo Israele, cioè alla Chiesa fuori della quale la vecchia Alleanza non ha più senso né fine. I rami vecchi sono stati recisi, i nuovi sono innestati sul tronco dell'Israele di Abramo che ha creduto nel Cristo venturo. La Legge antica non ha di per sé più alcuna linfa ed i rami ed il tronco isteriliti potranno riavere vita solo dall'innesto in Cristo. L'irrevocabilità della predilezione è qui e solo qui.
  • Gli ebrei che rifiutano Cristo rifiutano la predilezione.
  • Per tornare ad essere prediletti dovranno innestarsi nella nuova storia che inizia e si perpetua con Cristo.
  • L'unico soggetto della predilezione è la Chiesa. Gli ebrei increduli restano fuori dall'irrevocabilità per loro scelta.
L'Antica Alleanza vive, nella parte in cui doveva ancor continuare a vivere dopo la venuta di Cristo, nella Chiesa, Nuovo Israele, frutto della Nuova ed Eterna Alleanza. Vivendo solamente nell'Antica Alleanza, la fede degli ebrei non giustifica né salva, perché non è più la fede di Abramo e dei giusti che credettero nel Cristo venturo, né è quella di coloro che hanno accolto Gesù. Ma una semplice dichiarazione conciliare, come la tanto sbandierata Nostra aetate è assurta del tutto arbitrariamente a dogma di fede e un cattolico sembra non possa più parlare in questi termini, che sono veritativi, perché consegnatici dalla Tradizione perenne...

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