Quanto abbiamo letto e scritto in questi giorni intorno alle complesse e tormentate vicende storiche e spirituali della nostra Chiesa, mi induce a proporre questa riflessione, che credo faccia bene a tutti.
Su SisiNono del 15 febbraio 2012 è stato pubblicato un articolo
molto interessante che, nella prima parte, richiama come nei momenti bui
[come questo] dobbiamo far tesoro delle due fonti della Rivelazione
(Tradizione e S. Scrittura) nonché del Magistero che interpreta e
insegna autorevolmente il significato sia della Scrittura (contro il sola Scriptura di Lutero) che della Tradizione (contro l'ortodossismo scismatico greco della sola Traditio). Ricordando che per Magistero vivo s'intende l'organo vivo di trasmissione della Verità Rivelata e non un organo di nuove verità. E, quindi, sviluppa la seguente basilare riflessione.
- ritenendo che il concilio Vaticano II e il Magistero post-conciliare hanno insegnato dottrine che solo in apparenza sembrano in discontinuità, se non in rottura, con la Tradizione e il Magistero costante della Chiesa, ma che in realtà sono e debbono essere in continuità con essi poiché sono insegnati dal magistero attuale. L'errore sta nel considerare il magistero attuale come un "Assoluto", ossia una "Divinità" e non un "ente creato", un 'Fine' e non un 'mezzo', una fonte che pertanto non può mai essere messa in questione e deve essere accettata senza "ma" e senza "se", anche quando insegna il falso ecumenismo, la "collegialità", il diritto alla libertà delle false religioni ed altri errori già condannati dal magistero precednete o impone la nuova messa protestantizzata di Paolo VI;
- considerando il Magistero qualcosa di puramente accidentale/contingente perché ciò che conta è solo la Tradizione (ortodossi/"tradizionalisti gallicani") o la Scrittura (protestanti).
- domandandosi come possa un vero Papa insegnare dottrine che sono in reale rottura con la Tradizione e concluderne che i Papi del Concilio non sono veri Papi.
Alla prima deviazione abbiamo già risposto brevemente [...]. La seconda
deviazione è stata sviscerata costantemente. La terza deviazione, di cui
ci siamo già occupati, parte da una domanda lecita ("com'è possibile?"), ma giunge ad
una conclusione catastrofica ["non sono veri Papi"). Sarebbe come se
per uccidere i tipi che infestano la mia abitazione dessi fuoco ad essa,
uccidendo, sì, i tipi, ma bruciando e distruggendo con essi anche la
casa. Infatti, quando per
risolvere i problemi posti dalle novità "conciliari e post-conciliari"
si conclude che la Sede di Pietro è vacante, si elimina con il Papa
anche la Chiesa, poiché il Papa è essenziale alla Chiesa: "sine Papa non remanet Ecclesia", così come senza le fondamenta crolla la casa.
La via da tenere
È tutt'altra. Anzitutto bisogna distinguere la Chiesa come soggetto insegnante dall'oggetto insegnato, che è la dottrina.
Cerchiamo di mantenere ferma la Fede, senza la quale è impossibile piacere a Dio (S. Paolo), professando tutto ciò che la Chiesa ha insegnato o dogmaticamente o in maniera costante quanto al tempo (quod semper) ed universale quanto allo spazio e alle membra principali e secondarie (quod ubique e ab omnibus), senza dimenticare che la Fede deve essere vivificata dalla Carità soprannaturale, che non è sentimentalismo affettato e verbale, ma è l'osservanza effettiva del Decalogo: "La Fede senza le opere è morta" (San Giacomo). Perciò la Vergine Santissima ci ha chiamati a "preghiera e penitenza".
Che la Madonna, "debellatrice di tutte le eresie" e "mediatrice di tutte le grazie", ci aiuti a mantenere la Fede, la Speranza e la Carità per andare in Paradiso! questo è il problema dei problemi che dobbiamo risolvere in teoria ed in pratica. Il resto, se non mira a questo scopo, sono "chiacchiere" inutili.
- La Chiesa come soggetto insegnante è sempre sostanzialmente la stessa, prima e dopo il Concilio Vaticano II, perché è di fede che la Nuova Alleanza durerà sino alla fine del mondo
- L'oggetto o la dottrina insegnata dal concilio Vaticano II, invece, rappresenta una novità sia quanto al grado di autorevolezza, tutto e solamente pastorale e non dogmatico, sia quanto ad alcuni punti essenziali di dottrina.
Ciò, tuttavia, non pone problemi all'indefettibilità e
all'infallibilità della Chiesa, poiché Essa nel Vaticano II non ha
voluto definire né obbligare a credere e quindi non ha voluto impegnare
l'infallibilità. [Dichiarazione 6 marzo 1964, durante il Concilio; e,
dopo il Concilio: 12 gennaio 1966, Paolo VI; 13 luglio 1988, Card Ratzinger alla Conferenza Episcopale Cilena]
L'insegnamento pastorale, infatti, per sua natura, può contenere eccezionalmente degli errori o essere per accidens fallibile. Premesso ciò, occorre evitare gli scogli per eccesso e per difetto:
- l'irrealismo affermando che c'è continuità tra la dottrina insegnata dal Concilio Vaticano II e la Tradizione Apostolica, [Un conto è affermare che c'è continuità; un altro conto è dire che il Concilio va letto in continuità; il che sembra escludere per lo meno l'ermeneutica di rottura - ndR] il che si dice ma non lo si dimostra;
- il millenarismo asserendo che la Chiesa cattolica è essenzialmente diversa dalla Chiesa del Concilio e post-concilio 'in senso teologicamente stretto' e non per quel modo di esprimersi più libero che fu impiegato dal card Benelli, il quale parlò di "Chiesa conciliare" lato sensu.
- il sedevacantismo nel quale si cade asserendo che il Concilio Vaticano II non è Magistero della Chiesa; se così fosse, infatti, i Papa e i Vescovi a loro sottomessi, dal concilio in poi, non sarebbero tali, poiché il concilio è stato indetto, seguito e promulgato dal Papa canonicamente eletto (Giovanni Paolo II/Paolo VI) e approvato (proprio e soltanto in quanto pastorale e non dogmatico) dall'episcopato mondiale tra il 1962-65.
Cerchiamo di mantenere ferma la Fede, senza la quale è impossibile piacere a Dio (S. Paolo), professando tutto ciò che la Chiesa ha insegnato o dogmaticamente o in maniera costante quanto al tempo (quod semper) ed universale quanto allo spazio e alle membra principali e secondarie (quod ubique e ab omnibus), senza dimenticare che la Fede deve essere vivificata dalla Carità soprannaturale, che non è sentimentalismo affettato e verbale, ma è l'osservanza effettiva del Decalogo: "La Fede senza le opere è morta" (San Giacomo). Perciò la Vergine Santissima ci ha chiamati a "preghiera e penitenza".
Che la Madonna, "debellatrice di tutte le eresie" e "mediatrice di tutte le grazie", ci aiuti a mantenere la Fede, la Speranza e la Carità per andare in Paradiso! questo è il problema dei problemi che dobbiamo risolvere in teoria ed in pratica. Il resto, se non mira a questo scopo, sono "chiacchiere" inutili.
Albertus
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