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giovedì 17 maggio 2012

“Troppi segreti in quella cripta”.


 Via alle ispezioni con il georadar

La misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi
La misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi

Sant’Apollinare ristrutturata dopo la telefonata che legava De Pedis alla Orlandi

Giacomo Galeazzi Roma
Mistero nei sotterranei di Sant’Apollinare: ci sono altri «locali non segnalati» nella cripta del boss. E quindi, probabilmente, là sotto restano ancora «molte ossa in più rispetto a quelle trovate lunedì nella prima ispezione». Alla «task force» dell’Ert (Esperti ricerche tracce) e alla squadra dei geologi forensi, la procura di Roma ha affidato un compito non previsto al momento dell’apertura della tomba del boss della Magliana, il «benefattore» Renatino De Pedis: stabilire se ci siano altri ambienti sconosciuti sotto il pavimento della centralissima chiesa di Roma, non indicati nelle cartine ricevute dagli inquirenti.

«Dobbiamo accertare se le pareti della cripta nascondono cavità e quindi ulteriori ossa, utilizzando i georadar e altre sofisticate apparecchiature», riferiscono fonti della polizia scientifica. «Lì sotto sono state fatte negli ultimi anni opere di abbattimento e, non disponendo di una mappa catastale, stiamo applicando il protocollo di polizia previsto negli ambienti interni di non certa individuazione - spiegano alla scientifica-. L’area dell’ossario è stata notevolmente modificata nel 2005».


Cioè quando una telefonata anonima arrivata alla trasmissione «Chi l’ha visto?» esortò a controllare chi fosse sepolto a Sant’Apollinare per scoprire la verità sulla scomparsa della cittadina vaticana, Emanuela Orlandi. Ventinove anni fa fu notata per l’ultima volta a pochi passi da Sant’Apollinare: un vigile in servizio tracciò l’identikit del giovane con lei. In questura riconobbero subito De Pedis. Poi un vortice di depistaggi, rivendicazioni di sigle criminali, intrecci con l’attentato a Wojtyla e il crac Ambrosiano-Ior. In un colloquio in Turchia, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, è stato invitato da Alì Agca a guardare dentro le Mura leonine. L’attentatore di Karol Wojtyla ha chiamato in causa direttamente il cardinale Re. Ieri gli investigatori della polizia scientifica e gli archeologi forensi hanno effettuato una serie di campionamenti su una parete della cripta dove lunedì, dopo 22 anni, è stata aperta la tomba del boss.
Il rettore della basilica affidata all’Opus Dei, padre Pedro Huidobro è anche medico legale. Gli esperti, che dopo l’ispezione del sepolcro avevano abbattuto lunedì un muro e trovato una nicchia dove erano riposte centinaia di cassette contenenti reperti ossei di diversa datazione, vogliono capire se una seconda parete della cripta sia in realtà una intercapedine con altrettante nicchie nascoste. Devono decidere se anche questa parete debba essere abbattuta. Le verifiche servono ad accertare la datazione del «manufatto» mentre fuori, in un tendone allestito nel cortile della basilica, il team «Labanof» (Laboratorio di antropologia e odontologia forense) della consulente Cristina Cattaneo prosegue le operazioni di analisi. Sono state aperte e catalogate una cinquantina delle 200 cassette di ossa finora rinvenute. Cinque donne e due uomini sono al lavoro: in ogni cassetta sono custoditi resti ossei (dai tre ai cinque) e gli esperti li dividono in base alle caratteristiche morfologiche.

Saranno svolti ulteriori accertamenti e il prelievo del Dna sui resti che per sesso, età e datazione hanno caratteristiche simili a quelle della Orlandi e che potrebbero essere astrattamente compatibili. Il primo passo è la separazione delle ossa più vecchie da quelle più recenti, poi si cercherà di individuare quelle di sesso femminile e quelle di sesso maschile. Infine sarà effettuato il prelievo del affinché possa essere comparato con quello di Emanuela Orlandi. L’apertura delle tomba di De Pedis potrebbe essere l’ultimo atto dell’inchiesta che si sta conducendo sulla scomparsa della ragazza. Nell’indagine ci sono cinque indagati con l’ipotesi di omicidio: tra loro Sergio Virtù, autista di De Pedis, Angelo Cassani, detto «Ciletto», Gianfranco Cerboni detto «Giggetto», che compaiono nelle varie fasi dell’indagine. Sabrina Minardi, anche lei indagata, è entrata nell’inchiesta da super testimone indicando il collegamento tra la sparizione di Emanuela e la banda della Magliana.


I pm che conducono l’inchiesta (Giancarlo Capaldo e Simona Maisto) si riservano una serie di accertamenti istruttori per decidere se i cinque indagati debbano essere accusati di qualche reato o se la loro posizione debba essere archiviata. «L’esame delle ossa è un lavoro piuttosto lungo - spiega il capo della squadra mobile di Roma, Vittorio Rizzi -. Nel 2005 c’è stata una ristrutturazione dell’intera basilica: è cambiato tutto». Il caso Orlandi sembra ancora lontano dall’uscire dal mistero.

http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/caso-orlandi-vaticano-vatican-15156/


http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-39034.htm

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