Medjugorje, Wojtyła ci credeva. Ecco la prova
Il racconto inedito di don Vincenzo Berlingieri
Francesco Grana
È stato definito il Papa di Fatima e di Lourdes, ma Giovanni
Paolo II era anche il Pontefice di Medjugorje. Al luogo delle
apparizioni in Portogallo il Papa polacco era legato indissolubilmente
dal contenuto del terzo segreto che la Madonna rivelò, nel 1917, ai tre
pastorelli, suor Lucia dos Santos e i beati Giacinta e Francisco Marto.
In quel messaggio Wojtyła lesse la profezia dell’attentato che subì il 13 maggio 1981, festa della Madonna di Fatima, in piazza San Pietro per mano di Alì Agca. Il legame con Lourdes, invece, si è sviluppato soprattutto negli ultimi anni della sua malattia quando, «malato tra i malati», volle farsi pellegrino in quel paesino francese ai piedi dei Pirenei per affidarsi totalmente a colei che amava definire «la Madre del mio Maestro».
È proprio Lourdes, infatti, la meta dell’ultimo viaggio internazionale, il centoquattresimo, del beato Giovanni Paolo II, nell’agosto 2004. Oggi un racconto inedito che Orticalab pubblica in esclusiva dimostra che Karol Wojtyła era legato al paesino della Bosnia-Erzegovina, dove da trentuno anni apparirebbe la Madonna, con la stessa intensità con cui si sentiva spiritualmente unito a Lourdes e a Fatima. È il 28 luglio 1993. Il giorno che passerà alla storia per l’esplosione di due bombe a Roma, una in piazza San Giovanni in Laterano e l’altra poco distante dalla Chiesa di San Giorgio al Velabro.
La mattina di quel giorno un piccolo gruppo di preghiera intitolato "Regina della pace" fu ricevuto da Giovanni Paolo II nel cortile di Castel Gandolfo. Ad accompagnare i fedeli napoletani era il parroco don Vincenzo Berlingieri. «Con noi - racconta il sacerdote - c’era anche don Pietro Zorza che portò al Papa il suo libro su Medjugorje. I devoti avevano tanti oggetti di quel paesino mariano della Bosnia-Erzegovina che donarono a Giovanni Paolo II. Per prima cosa - prosegue don Vincenzo - quella mattina ci fu la Messa presieduta dal Papa. Il rito si svolse in modo semplice, raccolto, senza omelia. Subito dopo il Santo Padre incontrò i gruppi presenti alla celebrazione eucaristica. I primi a essere ricevuti dal Papa furono alcuni fedeli polacchi guidati dalla sua amica Wanda Poltawska, la donna che era stata guarita miracolosamente per intercessione di san Pio da Pietrelcina al quale era stata raccomandata proprio da Wojtyła. Subito dopo toccò al nostro gruppo. Il Papa ricevette gli oggetti di Medjugorje che gli donarono i fedeli, insieme con il libro di Zorza e un’offerta in denaro per la sua carità. Wojtyła diede a una bambina il suo rosario in cambio di quello della Madonna della Bosnia-Ervegovina. Mentre cercavo di raccontare al Papa che ero un parroco di Napoli e tentavo di chiedergli di pregare per me - racconta ancora don Vincenzo - lui incominciò a dire: Medjugorje: un unico gruppo di preghiera. Preghiamo insieme. Medjugorje Medjugorje. Poi volle farsi una foto con me mentre teneva in mano il rosario della Gospa. Quel pomeriggio ricordo che ci fu l’attentato mafioso in piazza San Giovanni in Laterano».
Questo racconto inedito conferma le molteplici testimonianze che attestano come Wojtyła credesse nelle apparizioni di Medjugorje. Nel libro Perché è santo, scritto a quattro mani da Saverio Gaeta e Sławomir Oder, si riportano, accreditandole, le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel 1987, durante un breve colloquio con la veggente Mirijana Dragičević alla quale confidò: «Se non fossi Papa, sarei già a Medjugorje a confessare». Un’intenzione che trova conferma nella testimonianza del cardinale Frantisek Tomasek, Arcivescovo di Praga dal 1977 al 1991, il quale gli sentì dire che, se non fosse stato Papa, avrebbe voluto andare nel piccolo paese della Bosnia-Erzegovina per offrire aiuto nell’assistenza dei pellegrini.
Leggi anche: Medjugorje, dove i corvi non volano
http://ilsismografo.blogspot.com/2012/06/bosnia-erzegovina-medjugorje-wojtya-ci.html
In quel messaggio Wojtyła lesse la profezia dell’attentato che subì il 13 maggio 1981, festa della Madonna di Fatima, in piazza San Pietro per mano di Alì Agca. Il legame con Lourdes, invece, si è sviluppato soprattutto negli ultimi anni della sua malattia quando, «malato tra i malati», volle farsi pellegrino in quel paesino francese ai piedi dei Pirenei per affidarsi totalmente a colei che amava definire «la Madre del mio Maestro».
È proprio Lourdes, infatti, la meta dell’ultimo viaggio internazionale, il centoquattresimo, del beato Giovanni Paolo II, nell’agosto 2004. Oggi un racconto inedito che Orticalab pubblica in esclusiva dimostra che Karol Wojtyła era legato al paesino della Bosnia-Erzegovina, dove da trentuno anni apparirebbe la Madonna, con la stessa intensità con cui si sentiva spiritualmente unito a Lourdes e a Fatima. È il 28 luglio 1993. Il giorno che passerà alla storia per l’esplosione di due bombe a Roma, una in piazza San Giovanni in Laterano e l’altra poco distante dalla Chiesa di San Giorgio al Velabro.
La mattina di quel giorno un piccolo gruppo di preghiera intitolato "Regina della pace" fu ricevuto da Giovanni Paolo II nel cortile di Castel Gandolfo. Ad accompagnare i fedeli napoletani era il parroco don Vincenzo Berlingieri. «Con noi - racconta il sacerdote - c’era anche don Pietro Zorza che portò al Papa il suo libro su Medjugorje. I devoti avevano tanti oggetti di quel paesino mariano della Bosnia-Erzegovina che donarono a Giovanni Paolo II. Per prima cosa - prosegue don Vincenzo - quella mattina ci fu la Messa presieduta dal Papa. Il rito si svolse in modo semplice, raccolto, senza omelia. Subito dopo il Santo Padre incontrò i gruppi presenti alla celebrazione eucaristica. I primi a essere ricevuti dal Papa furono alcuni fedeli polacchi guidati dalla sua amica Wanda Poltawska, la donna che era stata guarita miracolosamente per intercessione di san Pio da Pietrelcina al quale era stata raccomandata proprio da Wojtyła. Subito dopo toccò al nostro gruppo. Il Papa ricevette gli oggetti di Medjugorje che gli donarono i fedeli, insieme con il libro di Zorza e un’offerta in denaro per la sua carità. Wojtyła diede a una bambina il suo rosario in cambio di quello della Madonna della Bosnia-Ervegovina. Mentre cercavo di raccontare al Papa che ero un parroco di Napoli e tentavo di chiedergli di pregare per me - racconta ancora don Vincenzo - lui incominciò a dire: Medjugorje: un unico gruppo di preghiera. Preghiamo insieme. Medjugorje Medjugorje. Poi volle farsi una foto con me mentre teneva in mano il rosario della Gospa. Quel pomeriggio ricordo che ci fu l’attentato mafioso in piazza San Giovanni in Laterano».
Questo racconto inedito conferma le molteplici testimonianze che attestano come Wojtyła credesse nelle apparizioni di Medjugorje. Nel libro Perché è santo, scritto a quattro mani da Saverio Gaeta e Sławomir Oder, si riportano, accreditandole, le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel 1987, durante un breve colloquio con la veggente Mirijana Dragičević alla quale confidò: «Se non fossi Papa, sarei già a Medjugorje a confessare». Un’intenzione che trova conferma nella testimonianza del cardinale Frantisek Tomasek, Arcivescovo di Praga dal 1977 al 1991, il quale gli sentì dire che, se non fosse stato Papa, avrebbe voluto andare nel piccolo paese della Bosnia-Erzegovina per offrire aiuto nell’assistenza dei pellegrini.
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