Mentre il segretario di stato vaticano Tarcisio Bertone difende con
forza il suo operato in un’intervista rilasciata a Famiglia Cristiana –
“Nessuno vuole nascondere le ombre della chiesa, ma molti giornalisti
fanno l’imitazione di Dan Brown per dividere il Papa dai suoi
collaboratori”, ha detto ieri smentendo che l’uscita di documenti dal
Vaticano sia dovuta a una lotta di potere tra fazioni diverse e
ricordando che di fatto finora l’unico indagato resta l’ex maggiordomo
Paolo Gabriele – il mondo cattolico si agita.
L’idea di un nuovo partito confessionale, infatti, avanza. E il nome sulla bocca di tutti è uno: Corrado Passera. Che i cattolici vogliono Passera come leader è assodato. Quello che non si è ancora capito, però, è se lui vuole loro. Se davvero, cioè, intenda divenire il federatore di una “cosa bianca”, una casa comune dei moderati che, mettendo insieme Udc e associazioni cattoliche che hanno dato vita agli “stati generali” di Todi, punti alla leadership del paese. I todini sono usciti allo scoperto: “Passera leader con due federatori di peso, Raffaele Bonanni alla Carlo Donat-Cattin e Lorenzo Ornaghi cinghia di trasmissione con le gerarchie italiane”, ha detto al Foglio Carlo Costalli, presidente dell’Mcl.
Parole confermate anche dal banchiere cattolico Roberto Mazzotta, presidente dell’Istituto Luigi Sturzo, che dopo l’uscita del Foglio ha scritto al Corriere della Sera che il progetto esiste anche perché “in queste condizioni, se il cosiddetto ‘mondo cattolico’ continuasse a rimanere disperso e quindi sostanzialmente assente, si macchierebbe di una colpa grave”.
Già, ma Passera che fa? Per il momento il superministro delle Attività produttive e delle Infrastrutture – già alle prese con la riforma del lavoro che dice dovrebbe essere pronta per il Consiglio europeo di fine mese – si limita a tenere ogni porta aperta, anche quella tutta “povertà e Vangelo” dei francescani di Assisi. Ieri, infatti, ha “dormito e pregato” in convento, spiega padre Enzo Fortunato che del Sacro Convento è portavoce. Fortunato ha chiamato in Umbria politici e banchieri a parlare di crisi alla luce della “predicazione del Poverello”.
Le cronache informano che Passera ha pregato sulla tomba di San Francesco e poi su, in basilica, davanti a quell’affresco di Giotto dove due diverse visioni economiche sono rappresentate: il padre di Francesco che pensa solo ai profitti, il figlio che i profitti li redistribuisce. Qual è la visione di Passera? Difficile saperlo. Di certo c’è che ieri era molto francescano, consapevole che un motivo ci sarà se i primi economisti, a partire dal 1300, erano tutti francescani. Furono, infatti, Bonaventura da Bagnoregio, Ugo di Digne e John Peckham che formularono meritevolmente il principio secondo cui la sfera economica, quella governativa (della civitas) e quella evangelica, “sono tre gradi differenti ma integrabili di un’organizzazione della realtà”. Solo se questa integrazione si realizzi, insomma, si generano frutti copiosi.
Passera sembra crederci, almeno a parole. E con lui è pronta a crederci una schiera di banchieri e politici filocattolici. Tutti uniti in un progetto ambizioso che potrebbe convincere anche i todini più scettici, come Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio, e Andrea Olivero, presidente delle Acli, i quali quando lo scorso agosto si incontrarono con monsignor Mario Toso, segretario di Iustitia et Pax, per dar vita a un movimento d’ispirazione cattolica (non un partito, dicevano) pensavano a un qualcosa che andasse oltre il modello del Pp europeo.
E, infatti, oggi il campo si allarga e sembra poter contenere più sensibilità. Passera sa spaziare dai francescani ai ciellini, da padre Enzo Fortunato ai “banchieri etici” come Fabio Salviato, presidente di Banca etica. Al Meeting di Rimini tornerà ancora il prossimo agosto per discutere col presidente di Confindustria Giorgio Squinzi e Bonanni di “crescita e ripresa economica”.
Non solo: Passera, assieme al ministro della Cultura Lorenzo Ornaghi, fa parte del Gruppo etica e Finanza di Angelo Caloia, l’ex presidente dello Ior esponente di spicco della finanza bianca ambrosiana. Quella finanza che ha in Giovanni Bazoli (BancaIntesa) un suo punto di riferimento. Fu Bazoli a portare Passera in Banca dopo la “lunga marcia” da McKinsey in Cir (la cassaforte di De Benedetti), da Mondadori e l’Espresso, ad Ambroveneto a Poste. Riuscirà tutto questo gran bailamme a produrre un partito? Di sicuro c’è solo che sono in molti a lavorare e a pregare.
Pubblicato sul Foglio martedì 19 giugno 2012
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