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martedì 5 giugno 2012

Pastori in cerca della pastorale smarrita...?

Matrimonio. I due linguaggi del Sant’Uffizio e del papa
matrimonio
Poche ore dopo il ritorno di Benedetto XVI da Milano a Roma, la congregazione per la dottrina della fede ha pubblicato lunedì 4 giugno una notificazione comprendente due paragrafi sull’indissolubilità del matrimonio e sul divorzio e le nuove nozze.
Su entrambi questi argomenti il papa si era espresso la sera di sabato 2 giugno, rispondendo a braccio alle domande di due coppie di coniugi, convenuti a Milano per il VII incontro mondiale della famiglia:
> Il vino buono, il papa lo trova a Milano
Invece, la congregazione per la dottrina della fede si è espressa sui due temi a proposito di un libro pubblicato nel 2006 da una suora degli Stati Uniti, Margaret A. Farley, “Just Love. A Framework for Christian Sexual Ethics”, giudicato per talune tesi “in contrasto con la dottrina cattolica nell’ambito della morale sessuale”.
Ecco i passaggi della nota dedicati ai due temi toccati da papa Benedetto a Milano.

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INDISSOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO
Sr. Farley scrive: “La mia personale posizione è che l’impegno matrimoniale sia soggetto a scioglimento per le stesse ragioni fondamentali per le qualiogni impegno permanente, estremamente grave e quasi incondizionato, può cessare di esigere un vincolo. Ciò comporta che ci possano in effetti essere situazioni nelle quali troppo è cambiato – uno o entrambi i partner sono cambiati, la relazione tra di loro è cambiata, la ragione primaria del loro impegno reciproco sembra essere completamente estinta. Il senso di un impegno permanente è d’altronde proprio quello di vincolare a dispetto di tutti i cambiamenti che possono sopraggiungere. Ma lo si può sostenere sempre? Lo si può sostenere assolutamente, nonostante cambiamenti radicali e inaspettati? La mia risposta è: talvolta non è possibile. Talvolta l’obbligo deve essere sciolto e l’impegno può essere legittimamente modificato” (pp. 304-305).
Simile opinione è in contraddizione con la dottrina cattolica sull’indissolubilità del matrimonio: “L’amore coniugale esige dagli sposi, per sua stessa natura, una fedeltà inviolabile. È questa la conseguenza del dono di se stessi che gli sposi si fanno l’uno all’altro. L’amore vuole essere definitivo. Non può essere “fino a nuovo ordine”. Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità. La motivazione più profonda si trova nella fedeltà di Dio alla sua alleanza, di Cristo alla sua Chiesa. Dal sacramento del Matrimonio gli sposi sono abilitati a rappresentare tale fedeltà e a darne testimonianza. Dal sacramento, l’indissolubilità del Matrimonio riceve un senso nuovo e più profondo. Il Signore Gesù ha insistito sull’intenzione originaria del Creatore, che voleva un matrimonio indissolubile. Abolisce le tolleranze che erano state a poco a poco introdotte nella Legge antica. Tra i battezzati il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte”.
DIVORZIO E NUOVE NOZZE
Sr. Farley scrive: “Se dal matrimonio sono nati figli, gli ex-coniugi si saranno sostenuti a vicenda per anni, forse per tutta la vita, nel progetto familiare intrapreso. A ogni modo, le vite di due persone una volta sposate l’una con l’altra rimangono per sempre segnate dall’esperienza di quel matrimonio. La profondità di ciò che rimane ammette gradazioni, ma qualcosa rimane. Ciò che rimane, tuttavia, impedisce un secondo matrimonio? Secondo me, no. Qualunque tipo di obbligo comporti un legame residuo, non deve includere la proibizione di un nuovo matrimonio – non più di quanto il legame in corso tra sposi comporti tale proibizione per chi permane in vita dopo la morte del coniuge” (p. 310).
Simile visione contraddice la dottrina cattolica che esclude la possibilità di seconde nozze successive a un divorzio: “Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo (’Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio’: Mc 10, 11-12), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza”.
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Ai due brani citati del libro di suor Farley, la congregazione per la dottrina della fede contrappone due citazioni del Catechismo della Chiesa cattolica. Lo stile è prescrittivo, come conviene a una nota dogmatica.
Benedetto XVI, invece, sugli stessi temi ha cercato di argomentare e di persuadere, naturalmente sugli stessi fondamenti di dottrina. In uno stile che può essere definito “pastorale”.

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/06/04/matrimonio-i-due-linguaggi-del-santuffizio-e-del-papa/

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