di Arnaud de Lassus 1
l Introduzione
Quando a metà
degli anni '80 il libro-intervista Rapporto sulla
fede fece di Vittorio Messori la
sua comparsa negli scaffali delle librerie cattoliche provocò un
certo stupore. Per la prima volta dalla fine del Concilio, un
Cardinale di santa romana Chiesa, Prefetto della Sacra Congregazione
per la Dottrina della Fede (l'ex Sant'Uffizio), formulava un giudizio
apertamente negativo sull'era postconciliare. Questa presa di
posizione ufficiosa (non si tratta infatti di un documento ufficiale)
causò negli ambienti più conservatori, preoccupati del dilagare
dell'errore e del caos in ogni settore della Chiesa, un'ondata di
ottimismo (e in molti casi anche di ingenuità), una sorta di euforia
che, a ben vedere oggi, appare del tutto immotivata. Si credeva che
quel libro costituisse una specie di primo passo verso un'imminente
«restaurazione» della Chiesa, e che il Cardinale Joseph Ratzinger,
il «carabiniere di Dio», avrebbe spazzato via il marciume che si
era depositato in quei vent'anni di progressismo sfrenato.
Rapporto
sulla fede
|
Vittorio
Messori
|
Oggi,
possiamo dire che non solamente ciò non è avvenuto, ma che nel
frattempo l'errore e l'anarchia hanno fatto passi da gigante, grazie
soprattutto al falso ecumenismo, che ha le sue radici in
Dichiarazioni conciliari come Nostra
Ætate,
e che è stato portato avanti durante il lungo pontificato
da Giovanni
Paolo II (1920-2005),
e ora sotto quello di Benedetto XVI. Non solo: anche l'identità di
vedute tra cattolici sulla diagnosi del Concilio e del periodo
postconciliare, di cui l'Autore del presente scritto paventava
l'incombente realizzazione, non è stata per nulla raggiunta. Al
contrario, l'insanabile spaccatura tra integristi e progressisti si è
acuita e, nonostante l'evidenza solare della profonda crisi
dottrinale che sconquassa la Chiesa fino alle fondamenta, la
Gerarchia cattolica continua a far orecchi
da mercante davanti alle grida di richiamo dei cosiddetti
«tradizionalisti», gli unici con cui non si cerca il «dialogo»
(tranne che per fagocitarli e riciclarli). Per questo motivo,
l'analisi compiuta vent'anni fa da Arnaud de Lassus rimane tuttora
valida. Se il Concilio è in perfetta continuità con i Concilî e
gli insegnamenti pontifici precedenti, è preciso dovere di ogni
cattolico sostenerlo, abbracciarlo e farlo proprio senza remore. Se
invece il Concilio rompe anche in un solo punto con l'insegnamento
precedente della Chiesa, va da sé che qualsiasi tentativo di
ricomposizione del mondo cattolico non può che partire dal ritorno
alla dottrina tradizionale della Chiesa. Ciò, evidentemente,
presuppone la ferma volontà da parte della Gerarchia di riconoscere
queste deviazioni e di condannarle. Qualcuno potrebbe chiedersi che
diritto hanno un pugno di fedeli della Chiesa discente a criticare e
ad opporsi a quanto stabilito da un Concilio Ecumenico, e
solennemente promulgato dall'autorità suprema della Chiesa (Paolo
VI). Questa obiezione meriterebbe una risposta che, per motivi di
spazio, esula dallo scopo di questo libretto. Come dice l'Autore
nelle pagine che seguono, non portiamo alcun giudizio (canonico)
perché non abbiamo l'autorità necessaria; semplicemente prendiamo
atto e constatiamo una contraddizione (di per sé impossibile) tra
l'insegnamento pontificio precedente (infallibile e irreformabile,
alla cui adesione la nostra coscienza è già vincolata in eterno) e
l'insegnamento del Concilio. O l'una o l'altra. Impossibile obbedire
contemporaneamente a Pio IX e a Paolo VI se ci comandano di seguire
dottrine antitetiche. Solo un Pontefice divinamente assistito potrà
- e siamo certi lo farà, anche se non sappiamo come e quando -
rimettere le cose a posto. Voglia Dio che ciò accada presto, non
fosse altro che per le innumerevoli anime che rischiano di andare
perdute a causa di uomini che non sopportando «più
la sana dottrina, ma, per il prurito di udire novità, si sono
circondati di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare
ascolto alla verità per volgersi alle favole» (2 Tm 4,
3-4).
I
LA QUESTIONE DEL CONCILIO
LA QUESTIONE DEL CONCILIO
«È
evidente che la storia del presente Concilio dovrà essere
scritta secondo le norme che gli antichi hanno fissato agli
storici, e delle quali la prima è la seguente: "Non osare
di dire il falso, ma anche non nascondere nulla della verità.
Non scrivere nulla che possa suscitare il seppur minimo sospetto
di favoritismo o di animosità"»(Cicerone, Or. 11,
15).
Paolo
VI, 31 gennaio 1966,
|
Quarant'anni dopo la sua conclusione, il Concilio Vaticano II (1962-1965) resta un fenomeno contrassegnato da tre caratteristiche più che stupefacenti:
- Si tratta innanzitutto di un argomento considerato fino a poco tempo fa come un tabù nella maggior parte degli ambienti cattolici: durante il Concilio Vaticano II, lo Spirito Santo si sarebbe espresso per bocca dei Padri conciliari; sarebbe dunque impossibile, senza cadere nell'empietà, esprimere anche la minima riserva sui testi che essi hanno elaborato;
- Esiste tuttavia un disaccordo sugli avvenimenti della vita della Chiesa che hanno seguito il Concilio e il loro legame con quest'ultimo. Per certuni (la maggioranza), la crisi che si è sviluppata da ormai quarant'anni all'interno della Chiesa sarebbe una crisi di crescita; la Barca di Pietro, sotto l'impulso del Concilio, sarebbe in pieno rinnovamento. Per altri (i cosiddetti «conservatori»), questi avvenimenti sarebbero negativi e risulterebbero non dal Concilio stesso, ma dalla sua errata interpretazione. Infine, per un piccolo numero di cattolici, questi stessi avvenimenti sarebbero negativi e, per buona parte, direttamente imputabili al Concilio;
- Un altro disaccordo - forse più grave - verte sul fatto stesso del Concilio, e, più precisamente, sui testi conciliari e sulla natura dei cambiamenti che essi hanno introdotto nella vita e nella dottrina della Chiesa. Per la maggior parte dei cattolici, questi cambiamenti sarebbero di ordine disciplinare e pastorale, e non dottrinale. Le dottrine espresse nei testi conciliari sarebbero in perfetta continuità con le dottrine tradizionali, talvolta con delle formulazioni diverse, con nuovi sviluppi e una certa insistenza su alcuni punti precedentemente trascurati. Per altri cattolici, meno numerosi, ci sarebbe una rottura col passato, l'abbandono della dottrina di sempre, e l'introduzione di nuove dottrine. Fino all'estate del 1985, una specie di impossibilità psicologica di poter esprimere la più piccola riserva sul Concilio regnava frequentemente negli ambienti cattolici e mascherava questi disaccordi. Una proibizione nefasta obbligava i fedeli a vivere in un clima intellettuale malsano.
Uno
dei grandi pregi dei libri del Cardinale Joseph Ratzinger Les
principes de la théologie catholique («I
principî della teologia cattolica»), apparso nel 1985 2,
e Rapporto
sulla fede 3 è
di avere in qualche modo rimosso quel divieto: dopo la loro
pubblicazione si può discutere del Concilio, mettere in causa tale o
tal'altro dei suoi aspetti senza passare per dei contestatari che
mancano della più elementare deferenza a riguardo della Chiesa
docente. Approfittando di questo nuovo clima venutosi a creare, e
poggiando su alcune prese di posizione del Cardinale 4,
proveremo a fare il punto sui disaccordi di cui il Concilio è
oggetto e che abbiamo appena evocato:
- Il disaccordo sugli avvenimenti consecutivi al Concilio;
- Il disaccordo sul fatto del Concilio.
II
IL DISACCORDO SUGLI AVVENIMENTI
SUCCESSIVI AL CONCILIO
IL DISACCORDO SUGLI AVVENIMENTI
SUCCESSIVI AL CONCILIO
Non ci
interesseremo in questa sede che delle divergenze dei cattolici sugli
avvenimenti successivi al Concilio (indipendentemente dalle loro
cause): il periodo postconciliare, considerato globalmente,
costituisce per certuni un rinnovamento e per altri una decadenza. Un
tale disaccordo avrebbe dovuto scomparire se si fossero presi sul
serio i notevoli studi pubblicati sull'argomento. La maggior parte di
questi studi ha purtroppo subìto la sorte degli scritti qualificati
come «integristi»: campagne di silenzio nei media,
diffusione limitata ad un piccolo numero di fedeli, eventuale
discredito gettato sulla persona dell'autore in modo che non si possa
citarlo senza essere subito squalificati. Mancava uno studio che
emanasse da una personalità romana che detenesse una posizione di
autorità e la cui la voce non potesse essere soffocata.
Sopra:
alcune copertine di libri critici nei confronti del Concilio. A
causa del loro contenuto «politicamente scorretto», queste
opere non sono mai state pubblicate da importanti librerie
cattoliche, ma, come una sorta di samizdat, sono
rimaste nella semiclandestinità.
|
l I
testi del Cardinale Ratzinger
Il
vuoto è stato parzialmente colmato dai libri del Cardinale Ratzinger
da cui abbiamo appena parlato. Ne citeremo alcuni brani riportando
dei giudizi sulla situazione della Chiesa nei vent'anni che hanno
seguito il Concilio 6.
- Il
Concilio non è stato né un salto in avanti, né il
punto di partenza di una vita rinnovata
«E
bisogna anche riconoscere che - almeno sinora - non è stata esaudita
la preghiera di Papa Giovanni perché il Concilio significasse per la
Chiesa un nuovo balzo in avanti, una vita e un'unità rinnovate» 7.
- Una
certa perdita del senso di Chiesa
«È
vero, c'è stata e c'è questa insistenza (la Chiesa considerata come
"Popolo di Dio"), la quale, però, nei testi conciliari, è
in equilibrio con altre che la completano; un equilibrio che è
andato perduto presso molti teologi [...].
Dietro il concetto oggi così insistito di Chiesa come solo "Popolo
di Dio" stanno suggestioni ecclesiologiche, le quali tornano di
fatto all'Antico Testamento; e anche, forse, suggestioni politiche,
partitiche, collettivistiche [...].
La Chiesa non si esaurisce nel "collettivo" dei credenti:
essendo il "Corpo di Cristo" è ben di più della semplice
somma dei suoi membri» 8.
- Conseguenze
per la Gerarchia della Chiesa di queste opinioni erronee
«(Tali
conseguenze furono) tra
le più gravi. È qui l'origine della caduta del concetto autentico
di "obbedienza" [...].
Se la Chiesa, infatti, è la nostra Chiesa, se la Chiesa siamo
soltanto noi, se le sue strutture non sono quelle volute da Cristo,
allora non si concepisce più l'esistenza di una Gerarchia come
servizio dei battezzati stabilita dal Signore stesso. Si rifiuta il
concetto di un'autorità voluta da Dio, un'autorità che ha la sua
legittimazione in Dio e non [...] nel
consenso della maggioranza dei membri dell'organizzazione. Ma la
Chiesa di Cristo non è un partito, non è un'associazione, non è un
club; la sua struttura profonda e ineliminabile non è democratica,
ma sacramentale, e dunque gerarchica» 9.
Apertura
al mondo moderno. Sopra: nel 2009, nella città di Limache,
nella provincia centrale di Cordoba, in Argentina, un collegio
tenuto dai Padri passionisti ha deciso di festeggiare
l'anniversario della sua fondazione con una festa all'insegna
della baldoria...
|
- Una
crisi di fiducia nel dogma
«Dalla
crisi della fede nella Chiesa come mistero dove il Vangelo vive,
affidato a una Gerarchia voluta da Cristo stesso, il Cardinale vede
discendere come logica conseguenza la crisi di fiducia nel dogma
proposto dal Magistero: "Molta teologia - dice - sembra aver
dimenticato che il soggetto che fà teologia non è il singolo
studioso, ma [...] è
la Chiesa intera. Da questa dimenticanza del lavoro teologico come
servizio ecclesiale, deriva un pluralismo teologico che in realtà è
spesso un soggettivismo, un individualismo che ha poco a che fare con
le basi della tradizione comune. Ogni teologo sembra ormai voler
essere "creativo" [...].
In questa visione soggettiva della teologia, il dogma è spesso
considerato come una gabbia intollerabile, un attentato alla libertà
del singolo studioso [...].
Poiché la teologia non sembra più poter trasmettere un modello
comune della fede, anche la catechesi è esposta alla frantumazione,
a esperimenti che mutano continuamente» 10.
- Una
crisi di fiducia nella Sacra Scrittura
«Un'esegesi
che non viva e non legga più la Bibbia nel corpo vivente della
Chiesa diventa archeologia: i morti seppelliscono i loro morti [...].
Fino ad arrivare ad esperimenti assurdi come "l'interpretazione
materialistica" della Bibbia» 11.
- Un
ritorno in forze dell'eresia ariana che conduce ad
un «progetto di salvezza unicamente storico e
umano»
«Certa
teologia tende oggi a risolversi in sola cristologia. Ma è una
cristologia spesso sospetta, dove si sottolinea in modo unilaterale
la natura umana di Gesù, oscurando o tacendo o esprimendo in modo
insufficiente la natura divina che convive nella stessa persona di
Cristo. Si direbbe il ritorno in forze dell'antica eresia
ariana [...].
La cristologia tende essa stessa a perdere la dimensione del Divino,
tende a risolversi nel "progetto Gesù", in un progetto
cioè di salvezza solo storica, umana» 12.
- La
teologia della liberazione uscita dagli impulsi di Gaudium
et spes
«L'America
Latina cerca la propria via nel tema della liberazione, in cui appare
un nuovo elemento caratteristico generato degli impulsi di Gaudium et
spes: l'insistenza sulla teologia propria dell'America Latina, che
dovrebbe trovare subito dall'altra sponda dell'Atlantico un riscontro
alla chiamata ad una teologia africana. È noto che l'Università
Cattolica di Santiago del Cile è diventata sempre di più il
focolaio di questo genere di esperienze di nuovo pensiero; ed è
risaputo che la crisi così iniziata è giunta ad un tragico
realismo» 13.
- L'eliminazione
del peccato originale
«L'incapacità
di capire e presentare il "peccato originale" è davvero
uno dei problemi più gravi della teologia e della pastorale
attuali» 14.
- L'abbandono
del decalogo
«Subito
dopo il Concilio si cominciò a discutere se esistessero norme morali
specificamente cristiane [...].
Si arrivò ineluttabilmente all'idea che la morale sia da costruire
unicamente sulla base della ragione e che questa autonomia della
ragione sia valida anche per i credenti. Non più Magistero, dunque,
non più il Dio della Rivelazione con i suoi Comandamenti, con il suo
decalogo. In effetti, ci sono oggi moralisti "cattolici" i
quali sostengono che quel decalogo, sul quale la Chiesa ha costruito
la sua morale oggettiva, non sarebbe che un "prodotto culturale"
legato all'antico Medio Oriente semita. Dunque, una regola relativa,
dipendente da un'antropologia, da una storia che non sono più
nostre» 15.
- La
crisi degli ordini religiosi
«Sotto
l'urto del postconcilio i grandi ordini religiosi [...] hanno
vacillato, hanno subito pesanti emorragie, hanno visto ridursi a
limiti mai raggiunti i nuovi ingressi, e oggi sembrano ancora scossi
da una crisi di identità» 16. «All'inizio
degli anni Sessanta, il Québec era la regione del mondo con il più
alto numero di religiose rispetto agli abitanti, che sono in tutto
sei milioni. Tra il 1961 e il 1981 per uscite, morti, arresto del
reclutamento, le religiose si sono ridotte da 46.933 a 26.294. Una
caduta, dunque, del 44% e che sembra inarrestabile. Le nuove
vocazioni, infatti, si sono ridotte nello stesso periodo di ben il
98,5% [...].
Tanto che, con una semplice proiezione, tutti i sociologi concordano
in una conclusione cruda, ma oggettiva: "Tra poco (a meno di
rovesciamenti di tendenza del tutto improbabili almeno a viste
umane), la vita religiosa femminile così come l'abbiamo conosciuta
non sarà in Canada che un ricordo"» 17.
- Un'evoluzione
che conduce al vuoto
«Mi
sembra che qualcosa sia diventato ben chiaro negli ultimi dieci anni:
un'interpretazione del Concilio che comprende solamente i suoi testi
dogmatici come il preludio ad uno spirito conciliare non ancora
giunto a maturità, che ne considera l'insieme come una semplice
preparazione a Gaudium et Spes; e questo testo a sua volta come il
punto di partenza di un prolungamento rettilineo, nel senso di una
fusione sempre più grande con ciò che si definisce "progresso".
Una tale interpretazione non è più solamente in contraddizione con
l'intenzione e la volontà dei Padri conciliari stessi, ma il corso
degli avvenimenti l'ha condotta all'assurdo. Laddove lo spirito del
Concilio è usato contro la sua lettera e si riduce ad una vaga
distillazione di un'evoluzione che avrebbe la sua sorgente nella
Costituzione pastorale, diventa spettrale e conduce al vuoto. Le
distruzioni occasionate da una tale mentalità sono così evidenti
che non ci possono essere contestazione serie a riguardo» 18.
- Diagnosi
globale sull'epoca postconciliare
«Il
giudizio di Ratzinger su questo periodo è netto: "È
incontestabile che gli ultimi vent'anni sono stati decisamente
sfavorevoli per la Chiesa cattolica. I risultati che hanno seguito il
Concilio sembrano crudelmente opposti alle attese di tutti, a
cominciare da quelle di Papa Giovanni XXIII e poi di Paolo VI. I
cristiani sono di nuovo minoranza, più di quanto lo siano mai stati
dalla fine dell'antichità [...].
I Papi e i Padri conciliari si aspettavano una nuova unità cattolica
e si è invece andati incontro a un dissenso che - per usare le
parole di Paolo VI - è sembrato passare dall'autocritica
all'autodistruzione. Ci si aspettava un nuovo entusiasmo e si è
invece finiti troppo spesso nella noia e nello scoraggiamento. Ci si
aspettava un balzo in avanti e ci si è invece trovati di fronte a un
processo progressivo di decadenza che si è venuto sviluppando in
larga misura sotto il segno di un richiamo ad un presunto "spirito
del Concilio", e in tal modo lo ha screditato» 19.
- Una
diagnosi su cui tutti i fedeli dovrebbero trovarsi d'accordo
Tralasciamo
questi brani estratti dai libri Rapporto
sulla fede e Les
principes de la théologie catholique.
Essi costituiscono una diagnosi globale di decadenza di questi ultimi
quarant'anni. Lungi dall’essere un salto in avanti e l'inizio di
una vita rinnovata, il Concilio ha aperto un periodo di
autodemolizione. Paolo
VI (1897-1978)
stesso lo sottolineò nella sua celebre allocuzione al Seminario
Lombardo del 7 dicembre 1968: «La
Chiesa si trova in un'ora di inquietudine, di autocritica, si direbbe
di autodemolizione. È come un rivolgimento interiore acuto e
complesso che nessuno si sarebbe atteso dopo il Concilio [...].
Si pensava ad una fioritura, ad una sana espansione delle concezioni
maturate nelle grandi assisi del Concilio. Anche questo aspetto
esiste. Ma [...] si
nota soprattutto l'aspetto doloroso. La Chiesa quasi quasi viene a
colpire sé stessa».
Quattro anni più tardi, il 29 giugno 1972, Paolo VI evocò il fumo
di Satana: «Da
qualche fessura è entrato il fumo di Satana nel Tempio di Dio: il
dubbio, l'incertezza, la problematica, l'inquietudine,
l'insoddisfazione sono emersi [...].
Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole
per la storia della Chiesa. È invece venuta una giornata di nuvole,
di tempesta, di buio. Cerchiamo di scavare nuovi abissi anziché
colmarli. Cosa è successo? Vi confidiamo il nostro pensiero: si è
trattato di un potere avverso, il diavolo, questo essere misterioso,
nemico di tutti gli uomini, questa entità soprannaturale, venuta a
rovinare e disseccare i frutti del Concilio Ecumenico» 20.
La diagnosi del Cardinale Ratzinger va a completare quella di Paolo
VI. Formulata dalla più alta autorità romana dopo il Papa, essa
merita di essere conosciuta e dovrebbe far cessare definitivamente il
disaccordo tra i cattolici in buona fede nella loro analisi della
situazione postconciliare. Sarebbe già un grande vantaggio
condividere la stessa analisi della situazione.
III
IL DISACCORDO SUL CONCILIO
IL DISACCORDO SUL CONCILIO
l Il
problema della continuità dottrinale
Il
secondo disaccordo già segnalato riguarda il Concilio stesso, e più
precisamente i testi conciliari e i cambiamenti disciplinari e
dottrinali che essi hanno introdotto nella vita della Chiesa.
Disaccordo particolarmente grave. Come intendersi, infatti, tra
cattolici quando non si ha in comune lo stesso giudizio su testi
tanto conosciuti - e tanto importanti per la vita della Chiesa - come
quelli promulgati da Paolo VI su istanza del Concilio? Disaccordo
riconosciuto anche dal Cardinale Ratzinger quando parla
di «incertezza
che pesa ancora sulla questione del vero significato del Vaticano
II» 21.
Vorremmo ora esporre questo disaccordo e segnalare una presa di
posizione del Cardinale che dovrebbe facilitare il ritorno all'unità
di vedute. La questione si pone in questi termini: c'è perfetta
continuità (di tutti i testi conciliari) o rottura (di certi testi)
con la dottrina tradizionale della Chiesa? Domanda alla quale
sembrerebbe a
priori facile
rispondere dopo l'esame dei testi, e sul quale tuttavia il disaccordo
tra cattolici in buona fede persiste da oltre quarant'anni.
l Continuità
o discontinuità dottrinale dei testi conciliari
Quando si
esaminano dei testi - qualunque essi siano - sotto il profilo della
continuità dottrinale, è necessario, a priori,
considerare tre categorie:
- testi in continuità con la dottrina tradizionale;
- testi in opposizione a quest'ultima;
- testi ambigui.
Quali di
queste categorie si possono applicare ai testi conciliari? Ecco, a
questo riguardo, alcune spiegazioni e testimonianze.
- Testi
in continuità con la dottrina tradizionale
È evidente
che un gran numero di testi conciliari rientra in questa categoria.
Anche se apportano nuovi punti di vista su questo o
quest'altro
punto, si trovano nella linea della Tradizione, conformemente alla celebre formula di San Vincenzo di Lerino (V sec.): tutto ciò che riguarda la fede dev’essere mantenuto «in eodem dogmate, eodem sensu, eademque sententia» («nella stessa credenza, nello stesso senso e nello stesso pensiero»).
punto, si trovano nella linea della Tradizione, conformemente alla celebre formula di San Vincenzo di Lerino (V sec.): tutto ciò che riguarda la fede dev’essere mantenuto «in eodem dogmate, eodem sensu, eademque sententia» («nella stessa credenza, nello stesso senso e nello stesso pensiero»).
- Testi
la cui dottrina è ambigua
È
comprensibile che un insieme così vasto come quello dei documenti
conciliari contenga alcuni testi ambigui. Ciò che risulta meno
comprensibile è che le ambiguità siano così frequenti. Ecco tre
esempi:
- La
formula Ecclesia
subsistit
Nella
Costituzione conciliare sulla Chiesa Lumen
gentium (del
21 novembre 1964) figura la seguente formula: «Questa
Chiesa [...] sussiste
nella Chiesa cattolica» («Hæc
Ecclesia [...] subsistit
in Ecclesia catholica») 22.
Tale formulazione è stata più volte interpretata come se volesse
dire: «La
Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica; ma
potrebbe sussistere anche in un'altra
chiesa cristiana».
È ciò che sostiene il teologo brasiliano Padre
Leonardo Boff o.f.m. nella
sua libro intitolato Chiesa,
carisma e potere 23.
A partire da questa interpretazione può svilupparsi tutto un
«ecumenismo» che mette sullo stesso piano le chiese protestanti e
la Chiesa cattolica 24.
- L'inizio
della Costituzione pastorale Gaudium
et spes
Il primo capitolo («La dignità della persona umana») della prima parte (§ 12) di tale Costituzione comincia con queste parole: «Credenti e non credenti sono generalmente d'accordo nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra dev'essere riferito all'uomo, come a suo centro e a suo vertice». Così commentava questa frase Mons. Marcel Lefebvre (1905-1991) nel suo libro Lettera aperta ai cattolici perplessi: «(Questa frase) si spiega nel senso cristiano badando a quel che segue. Non di meno, essa ha un significato intrinseco, vale a dire quello che effettivamente vediamo tradursi in atto dappertutto nella Chiesa postconciliare, sotto forma di una salvezza ridotta alla prosperità economica e sociale dell'umanità»25.
Il primo capitolo («La dignità della persona umana») della prima parte (§ 12) di tale Costituzione comincia con queste parole: «Credenti e non credenti sono generalmente d'accordo nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra dev'essere riferito all'uomo, come a suo centro e a suo vertice». Così commentava questa frase Mons. Marcel Lefebvre (1905-1991) nel suo libro Lettera aperta ai cattolici perplessi: «(Questa frase) si spiega nel senso cristiano badando a quel che segue. Non di meno, essa ha un significato intrinseco, vale a dire quello che effettivamente vediamo tradursi in atto dappertutto nella Chiesa postconciliare, sotto forma di una salvezza ridotta alla prosperità economica e sociale dell'umanità»25.
San
Vincenzo di Lerino
|
Leonardo
Boff
|
Mons. Lefebvre
|
- La
prefazione alla Costituzione pastorale Gaudium
et spes
Ecco
come il Cardinale Ratzinger commenta questo testo: «Mi accontenterò
qui di analizzare alcuni tratti caratteristici di questa prefazione.
Anche in questo caso, non è mia intenzione esaurire in tal modo il
testo stesso, ma la storia della sua influenza, quale doveva
mostrarsi, si ricollega proprio allo spirito di questa prefazione e
ha subito largamente l'impronta della sua ambiguità. Un primo punto
caratteristico mi sembra risiedere nel concetto di "mondo"
che si trova utilizzato e che, malgrado i molteplici tentativi di
definizione proposti al n° 2, è rimasto in gran parte ad un stadio
pre-teologico, ed è grazie proprio a ciò che ha potuto esercitare
la sua influenza particolare. Per "mondo", la Costituzione
intende un faccia a faccia con la Chiesa. Il testo deve servire a
portarli entrambi in un rapporto positivo di cooperazione il cui
scopo è la costruzione del "mondo". La Chiesa coopera col
"mondo" per costruire il "mondo"; è in tal modo
che si potrebbe caratterizzare la visione così determinante del
testo. Non si precisa se il mondo che coopera e il mondo in
costruzione sia lo stesso; non si precisa ciò che in ogni caso si
intende per "mondo"» 26.
Simili ambiguità possono essere indubbiamente risolte grazie ad una
giusta interpretazione che permette di comprendere i testi in causa
nel senso della dottrina tradizionale. Ma bisogna riconoscere che
molti di essi, letti alla lettera, deformano la dottrina in senso
contrario.
- Testi
in opposizione con la dottrina tradizionale
Affrontiamo
ora la questione relativa al disaccordo che si manifesta e del quale
abbiamo già parlato: c'è continuità (di tutti i testi conciliari)
o rottura (di alcuni testi) con la dottrina tradizionale? Che per
alcuni di questi testi ci sia rottura od opposizione, la cosa è
stata abbondantemente provata da numerosi studi, i quali hanno
sollevato interrogativi che non hanno mai ricevuto una risposta 27.
Ecco alcune testimonianze a questo riguardo:
- Testimonianze
che si riferiscono alla Dichiarazione conciliare sulla libertà
religiosa Dignitatis Humanæ (del 7
dicembre 1965)
- R. Teverence (pseudonimo
di un teologo): «Su
tre punti essenziali, la suddetta Dichiarazione è in contraddizione
con l'insegnamento tradizionale della Chiesa in materia. In effetti,
essa nega che il potere civile possa intervenire legiferando in
materia religiosa a vantaggio della religione cattolica, cosa che
prima era stata insegnata costantemente. Essa afferma, senza altra
limitazione che quella dell'"ordine pubblico", che la
libertà religiosa al foro esterno sia un diritto inscritto nella
natura della persona umana e nella Rivelazione divina, altra
affermazione che era stata costantemente e solennemente condannata
fino al Concilio [...].
Infine, la Dichiarazione conciliare chiede che questo diritto,
assoluto sul piano religioso, sia iscritto nella Legge civile, altra
proposizione che era stata severamente condannata, particolarmente
dall'Enciclica Quanta Cura (dell'8
dicembre 1864),
in cui Pio IX ha impegnato in modo manifesto e in tutta la sua forza,
la sua autorità apostolica di Successore di Pietro» 28.
- Padre
Yves Congar o.p.
(1904-1995): «Non
si può negare che questo testo (la
Dichiarazione conciliare Dignitatis
Humanæ) contraddica
materialmente il Sillabo del
1864, e che affermi esplicitamente le proposizioni condannate ai nn.
15, 77 e 79 di questo documento» 29. «Ciò
che è nuovo in questa dottrina rispetto all'insegnamento di Leone
XIII e anche di Pio XII, sebbene il movimento si avviasse allora, è
la determinazione del fondamento proprio e prossimo di questa libertà
che non è ricercata nella verità oggettiva del bene morale o
religioso, ma nella qualità ontologica della persona umana» 30.
In questo ultimo testo, Padre Congar mette bene in evidenza il punto
essenziale: la Dichiarazione conciliare introduce una nuova
concezione della libertà; la libertà non è più fondata su ciò
che è vero e ciò che è giusto, ma sulla persona umana presa in sé
stessa (si passa dall'oggetto al soggetto).
- Padre
René Laurentin: «In
breve, con i suoi limiti e a dispetto delle sue imperfezioni, la
Dichiarazione sulla libertà religiosa segna una tappa; essa assicura
al tempo stesso la rottura di certi ormeggi con un passato compiuto e
l'inserimento realista della Chiesa e della sua testimonianza
nell'unico posto possibile nel mondo d'oggi» 31.
- Mons. Roger
Etchegaray: «Dopo
lo Stato cristiano, del
quale la Dichiarazione conciliare ha segnato la fine,
dopo lo Stato ateo che ne è l'esatta e tanto intollerabile antitesi,
lo Stato laico neutro, passivo e disimpegnato, è stato certamente un
progresso» 32.
Se la Dichiarazione conciliare «ha
segnato la fine» dello
Stato cristiano, essa è necessariamente in rottura con la dottrina
tradizionale sui doveri dello Stato verso la religione cattolica,
espressa in particolare nell'Enciclica Quas
Primas di Papa
Pio XI (1857-1939).
Padre
Yves Congar
|
Padre
René Laurentin
|
Roger
Etchegaray
|
- Mons. Marcel
Lefebvre: «Al
Concilio le discussioni più serrate sono state sollevate dallo
schema sulla libertà religiosa [...].
Sono passati vent'anni e adesso possiamo vedere come i nostri timori
non fossero esagerati quando quello schema fu promulgato sotto forma
di una Dichiarazione, che riuniva nozioni contrarie alla Tradizione e
all'insegnamento di tutti gli ultimi Papi. È vero infatti che alcuni
principî falsi, o espressi in maniera ambigua, hanno ora
immancabilmente applicazioni pratiche rivelatrici dell'errore
commesso nell'adottarli» 33.
- Contre-Réforme
Catholique: «Cento
anni dopo il Sillabo, il Concilio ha voluto riconciliare la Chiesa e
la società moderna mediante la proclamazione del diritto dell'uomo
alla libertà religiosa [...].
Questa libertà, dichiarata un diritto naturale, è stata estesa
dall'intimo delle coscienze alla vita pubblica, dagli individui alle
società religiose, e infine dalle religioni alle ideologie, fino
all'ateismo stesso! La sola barriera ammessa resta quella
dell'"ordine pubblico", vale a dire... della ragion di
Stato»! 34.
- Padre
John Courtney-Murray
s.j.
(perito al Concilio): «I
Papi del XIX secolo hanno disapprovato il "liberalismo
cattolico", sbarrando la strada per sempre e in anticipo a
quelli che avessero cercato di far penetrare questa dottrina nella
Chiesa. Ora, quasi esattamente un secolo più tardi, la Dichiarazione
sulla libertà religiosa sembra affermare come dottrina cattolica ciò
che Gregorio XVI considerava come un "delirio",
un'idea folle. Tali sono i termini del problema» 35.
- Testimonianze
che si riferiscono in generale alle tesi liberali
- Commissione
mista cattolico-luterana: «Tra le idee del
Concilio Vaticano II in cui è possibile vedere un'accoglienza delle
richieste di Lutero, si trovano ad esempio:
- la descrizione della Chiesa come "Popolo di Dio" [...];
- l'accento posto sul sacerdozio di tutti i battezzati;
- Paolo
Bevani,
sull'Osservatore
Romano: «La
Chiesa che, con il Concilio, ha
assunto e superato le conquiste liberali democratiche della
Rivoluzione Francese,
e che nella sua marcia in avanti (vedi l'Enciclica Laborem exercens)
si pone come qualcosa di successivo alla Rivoluzione russa marxista,
offre una soluzione al fallimento del marxismo in questa "chiave"
di socialismo post-marxista, democratico, di radice cristiana,
autogestionario e non totalitario. La risposta all'Est è
rappresentata da Solidarnosc che pianta la croce di fronte ai
Cantieri Lenin» 37.
- Yves
Maursaudon,
massone della Gran Loggia di Francia: «Pensiamo
che un massone degno di questo nome, e che sia anch'egli impegnato a
praticare la tolleranza, non possa che felicitarsi senza alcuna
restrizione dei risultati irreversibili del Concilio, qualunque ne
siano le conclusioni momentanee. Noi applaudiamo a queste
manifestazioni così inattese da essere talvolta brutali, ma
era evidente che la Chiesa più dogmatica doveva un giorno scomparire
o adattarsi,
e per adattarsi ritornare alle sorgenti [...].
(I cattolici) non
dovranno dimenticare che ogni
strada conduce a Dio (e
tante sono le dimore nella casa del Padre mio...) e mantenersi in
questa coraggiosa
nozione di libertà di pensiero che
- si può veramente parlare di rivoluzione - partita
dalle nostre Logge massoniche, si
è magnificamente estesa sotto la Basilica di San Pietro» 38.
- Gran
Loggia di Francia: «È
proprio di tutti gli integralismi religiosi sostituirsi alla Divinità
di cui reclamano essere un'istituzione codificante la rivelazione,
potendo condannare, con la coscienza perfettamente tranquilla e in
nome di Dio, chiunque contravviene alle sue regole. Più di un secolo
fa la Chiesa cattolica romana non era lontana da somigliare a questo
modello. Il suo autoritarismo dogmatico non ci aveva risparmiati. Ma
fortunatamente, sotto l'impulso di uomini generosi come i Papi
Giovanni XXIII e Paolo VI un Concilio risvegliò grandi speranze
e diede
a questa Chiesa un altro volto.
La libertà
di coscienza cominciò
ad essere presa in considerazione nello stesso momento in cui si
avviava un dialogo con la Massoneria»39.
Le espressioni «libertà di coscienza» e «libertà di pensiero»
di questo testo e del testo precedente sono evidentemente da
intendere nel loro senso massonico. Esse designano due di queste
«libertà liberali», nate nelle Logge e costantemente condannate
dal Magistero della Chiesa fino al 1962.
- Marcel
Prelot,
senatore del dipartimento del Doubs e cattolico liberale: «Abbiamo
lottato per un secolo e mezzo per far prevalere le nostre idee
all'interno
della Chiesa,
e non ci siamo riusciti. È
venuto infine il Vaticano II e abbiamo trionfato.
Le tesi e i principî del cattolicesimo liberale sono ormai stati
accettati definitivamente e ufficialmente dalla santa Chiesa» 40.
P. Courtney-Murray
|
Yves
Maursaudon
|
Marcel
Prelot
|
- Testimonianze
di carattere generale
- Padre
Yves Congar o.p.:
«(Con il Concilio) la
Chiesa ha fatto, pacificamente, la
sua Rivoluzione d'Ottobre» 41.
- Don
Georges de Nantes (1924-2010): «In
effetti, il Concilio riformatore Vaticano II ha provocato non un
perfezionamento, né un stile nuovo di espansione religiosa, ma una
rivoluzione che impone per mezzo della costrizione un taglio radicale
col passato e un rigetto globale della sua plurisecolare eredità» 42.
- Don
De Linarès: «Questa
sottile mescolanza di verità e di errore che costituisce il fatto
globale del Concilio» 43.
- Mons. Marcel
Lefebvre: «A
ben guardare, la Rivoluzione è penetrata nella Chiesa di Dio proprio
sotto la sua livrea. È la libertà, la libertà religiosa da noi
descritta pagine addietro che dà un diritto all'errore. È
l'uguaglianza, cioè la collegialità, che si afferma con la
distruzione dell'autorità personale, dell'autorità di Dio, del
Papa, dei Vescovi, con la legge del numero. È la fratellanza,
infine, che è rappresentata dall'ecumenismo. Con queste tre parole,
l'ideologia rivoluzionaria del 1789 è diventata la Legge e i
Profeti. I modernisti sono arrivati a quello che volevano» 44.
- Alain
Woodrow,
giornalista di Le
Monde: «Grazie
ai valori scoperti dal Concilio Vaticano II, quali il primato della
coscienza, la libertà religiosa, la povertà dei mezzi, la verità
professata anche dalle Chiese non cattoliche e dalle religioni non
cristiane, la
roccaforte cattolica edificata dal Concilio di Trento è stata
largamente demolita» 45.
- Testis,
giornalista di Aspects
de la France: «L'inviato
speciale di Le Monde, il San Giovanni Crisostomo del modernismo, dice
anch'egli ciò che affermano sempre quelli che non hanno accettato le
innovazioni introdotte dal Concilio Vaticano II: che grazie a
quest’ultimo la religione cattolica è stata "largamente
demolita". Che Alain Woodrow se ne rallegri, mentre i cattolici
tradizionalisti lo deplorano, non cambia nulla al fatto in sé» 46.
Don
Georges de Nantes
|
Alain
Woodrow
|
Queste
citazioni (di cui alcune - quelle di R. Teverence, di don Georges de
Nantes e di Mons. Marcel Lefebvre - non fanno solamente che
riassumere studi più evoluti) manifestano una stupefacente identità
di vedute tra «tradizionalisti» e liberali (cattolici o meno),
sulla seguente constatazione: i testi conciliari hanno fatto proprî
una parte delle tesi e dei principî del liberalismo. Questo fatto
giustifica il titolo del summenzionato studio del teologo R.
Teverence: Il Concilio Vaticano II sfugge all'accusa di
liberalismo? 47.
l La
tesi della discontinuità dottrinale accreditata dal Cardinale
Ratzinger
Qualunque sia
la notorietà delle personalità fin qui citate, qualunque sia la
qualità delle loro argomentazioni sulla questione del Concilio,
bisogna tuttavia riconoscere che la loro tesi non è stata abbastanza
diffusa negli ambienti cattolici, all'infuori di quelli che si
qualificano come «integristi» e di quelli che proclamano, senza
problemi, il loro modernismo. Da qui il disaccordo sul fatto del
Concilio al quale abbiamo fatto allusione, un disaccordo carico di
gravi conseguenze. Quando, in materia di testi conciliari, la
maggioranza di sacerdoti e dei fedeli che si interessano a queste
tematiche, vedono le cose come vorrebbero che fossero e non come sono
realmente, finiscono per accecarsi da sé stessi sul fatto conciliare
e si separano da quelli che rifiutano un simile disordine.
- Il
giudizio del Cardinale su tre testi conciliari
Dunque, è
particolarmente importante vedere come il Cardinale Ratzinger - con
l'autorità che di fatto è legata al suo nome - abbia messo i
puntini sulle «i» su di un aspetto essenziale dell'argomento
dibattuto. Rendendo nota la sua presa di posizione, possiamo
contribuire a ridurre il nefasto disaccordo tra i cattolici. Che cosa
dice il Cardinale? Nel suo libro Les principes de la
théologie catholique, nell'ultimo capitolo intitolato L'Église
e le monde («La Chiesa e il mondo»), parlando a proposito
della questione della ricezione del Concilio Vaticano II, egli si
sofferma sull'influenza esercitata dalla Costituzione
pastorale Gaudium et spes, «(testo) considerato
- ci dice - dopo il Concilio sempre più come il suo vero
testamento». Ecco i passi di questo capitolo che si riferiscono
direttamente al soggetto che stiamo trattando. I sottotitoli sono
nostri.
- Una
diagnosi globale
«Se si
cerca una diagnosi globale del testo (Gaudium et spes),
si potrebbe dire che esso è (insieme ai testi sulla libertà
religiosa e sulle religioni nel mondo) una revisione del Sillabo di
Pio IX, una sorta di contro-Sillabo».
- Il
ruolo del Sillabo
«(Il
Sillabo) ha
tracciato una linea di separazione davanti alle forze determinanti
del XIX secolo: le concezioni scientifiche e politiche del
liberalismo. Nella controversia modernista, questa doppia frontiera è
stata ancora una volta rafforzata e fortificata» 48.
Il Cardinale precisa in nota: «Ricordiamo
che il Sillabo è un insieme di dichiarazioni in cui Pio IX aveva
preso posizione sui problemi spirituali e politici prodotti nella sua
epoca dalla secolarizzazione. Nella lotta di Pio X contro il
modernismo, la linea del Sillabo venne ripresa e spinta più
lontano» 49.
Il Sillabo
|
Papa
Pio IX
|
«Da
allora, senza dubbio, le cose erano cambiate. La nuova politica
ecclesiastica di Pio XI aveva creato una certa apertura a riguardo
della concezione liberale dello Stato. L'esegesi e la storia della
Chiesa - impegnate in un combattimento silenzioso, ma perseverante -
avevano adottato sempre più i postulati della scienza liberale e,
d'altro canto, il liberalismo si era visto nella necessità, durante
i grandi rivolgimenti del XX secolo, di accettare alcune correzioni
notevoli. Ciò accadde perché, soprattutto nell'Europa centrale,
l'attaccamento unilaterale, condizionato dalla situazione, alle
posizioni prese dalla Chiesa, per iniziativa di Pio IX e di Pio X,
contro il nuovo periodo storico inaugurato dalla Rivoluzione
Francese, era stato in una larga misura corretto via facti 50;
ma una nuova determinazione fondamentale dei rapporti con il mondo,
come si presentava a partire dal 1789, mancava ancora».
- Il
ruolo del contro-Sillabo Gaudium
et spes
«Accontentiamoci
qui di constatare che questo testo (Gaudium
et spes) ha
giocato il ruolo di contro-Sillabo nella misura in cui ha
rappresentato un tentativo di riconciliazione ufficiale della Chiesa
con il mondo come era diventato dopo il 1789 [...].
Solo questa prospettiva permette di comprendere il senso di questo
strano faccia a faccia della Chiesa e del mondo: per "mondo",
si intende, in fondo, lo spirito dei tempi moderni, di fronte al
quale la coscienza di gruppo nella Chiesa si sentiva come un soggetto
separato che, dopo una guerra ora calda e ora fredda, ricercava il
dialogo e la cooperazione» 51.
Riassumendo:
- Il Sillabo di Pio IX costituiva, contro il liberalismo generato della Rivoluzione Francese, una barriera che fu rafforzata da San Pio X;
- In seguito, la Chiesa fu spesso condotta a tollerare, nella sua pratica politica, il liberalismo e lo Stato liberale, ma senza cambiare la«determinazione fondamentale» dei suoi rapporti con il mondo liberale;
- Il contro-Sillabo Gaudium et spes costituisce una nuova «determinazione fondamentale» dei rapporti tra la Chiesa e «il mondo come era diventato dopo il 1789»: l'obiettivo è la riconciliazione ufficiale della Chiesa con questo mondo, con lo spirito dei tempi moderni.
Dunque, al Sillabo del
1864 corrisponde il contro-Sillabo del
1964. Alla
dottrina del Sillabo corrisponde la dottrina del contro-Sillabo. Siamo quindi in presenza di un cambiamento dottrinale.
dottrina del Sillabo corrisponde la dottrina del contro-Sillabo. Siamo quindi in presenza di un cambiamento dottrinale.
- Due
obiezioni
- Prima
obiezione
Come
spiegare il fatto - direte voi - che il Cardinale Ratzinger sembra
approvare questo cambiamento dottrinale? C'è veramente approvazione
da parte del Cardinale? Non risponderemo a questa domanda che esula
dai limiti del nostro scritto. Accontentiamoci di notare che il
libro Rapporto
sulla fede condanna
a più riprese lo spirito del 1789, detto anche lo «spirito
dei tempi moderni» 52.
Ciò che ci interessa qui, nelle prese di posizione del Cardinale,
non sono i giudizi che egli può esprimere sul fatto in causa - un
contro-Sillabo che
va a sostituirsi al Sillabo -
ma il riconoscere l'esistenza di questa discontinuità dottrinale. Lo
ripetiamo: sarebbe un progresso considerevole se tutti i fedeli
potessero riconoscere il fatto del Concilio così com'è (e non come
vorrebbero che fosse). A questo fine, il contributo del Cardinale
Ratzinger nel testo citato ci sembra di grande importanza.
- Seconda
obiezione
Se
il Cardinale riconosce il cambiamento dottrinale operato dal
passaggio della dottrina del Sillabo a
quella del contro-Sillabo,
come spiegare che abbia potuto scrivere nel libro-intervista Rapporto
sulla fede che «il
Vaticano II si pone in stretta continuità con i due Concilî
precedenti li riprende letteralmente in punti decisivi»? 53.
Non spieghiamo, ma constatiamo. Constatiamo che il Cardinale
riconosce la discontinuità dottrinale introdotta dal Concilio in un
testo sufficientemente dettagliato in cui mostra che la Chiesa, dopo
avere condannato il liberalismo nel Sillabo,
e in mille altri testi, ha cercato di «riconciliarsi
ufficialmente» con
quest'ultimo (il che presuppone, evidentemente, la soppressione delle
condanne precedenti). Il testo in cui afferma la continuità
dottrinale dei testi conciliari è una semplice affermazione e non è
corredata da nessun argomento. Poiché bisogna scegliere tra questi
due testi, il primo si impone senza contraddizione.
IV
IL DISACCORDO SUL LEGAME DI CAUSA ED EFFETTO TRA
IL DISACCORDO SUL LEGAME DI CAUSA ED EFFETTO TRA
IL CONCILIO E GLI
AVVENIMENTI CHE LO HANNO SEGUITO
Bisogna
imputare al Concilio gli avvenimenti catastrofici che lo hanno
seguito? O bisogna imputarli non al Concilio stesso, ma alla sua
interpretazione in senso contrario alla Tradizione? Questo è il
terzo punto di disaccordo tra i cattolici in buona fede che solleva
ancora oggi l'avvenimento del Vaticano II.
l Prima
tesi: è
colpa del Concilio
Ecco come
viene presentata da due personalità così diverse come Mons. Marcel
Lefebvre e Padre Joseph Gélineau s.j.
(1920-2008).
- Mons. Marcel
Lefebvre
«Dunque,
il Vaticano II non è un Concilio come gli altri, ed è per questo
che abbiamo il diritto di giudicarlo, seppure con prudenza e riserva.
Di questo Concilio e delle relative riforme, io accetto tutto ciò
che è in piena concordanza con la Tradizione. L'opera da me fondata
lo prova ampiamente. I nostri seminari, in particolare, rispondono
perfettamente ai desideri espressi dal Concilio e alla Ratio
fundamentalis della Sacra Congregazione per l'insegnamento cattolico.
Ma è impossibile andare blaterando che solamente le applicazioni
postconciliari sono cattive. Le ribellioni del clero, la
contestazione dell'autorità pontificia, tutte le stravaganze della
liturgia e della nuova teologia, la desertificazione delle chiese,
non avrebbero dunque nulla a vedere, come si è affermato anche
recentemente, con il Concilio? Ma andiamo! Ne sono invece i
frutti» 54.
- Presa
di posizione di Padre Joseph Gélineau s.j. sui
legami tra Concilio e riforma liturgica
«La
riforma decisa dal Concilio Vaticano II ha dato il segnale del
disgelo [...].
Alcuni pezzi interi crollano [...]. Che
non ci si inganni: tradurre
non è dire la stessa cosa con altre parole. È cambiare
la forma. Ora, la liturgia non è solamente un'informazione o un
insegnamento di cui importano unicamente i contenuti. È un'azione
simbolica mediante le "forme" significative. Se
le forme cambiano, il
rito cambia.
Se un elemento è cambiato, la totalità significata è
modificata [...].
Bisogna dirlo senza mezzi termini: il
rito romano come l'abbiamo conosciuto non esiste più. Esso
è stato distrutto» 55.
l Seconda
tesi: la
responsabilità non dev'essere
imputata al Concilio, ma
ad una sua errata interpretazione
Tesi
sostenuta in particolare dal Cardinale Ratzinger nel suo
libro Rapporto
sulla fede,
il quale contiene un paragrafo intitolato «Riscopriamo
il Vaticano II vero».
Eccone un passaggio: «Non
è dunque il Vaticano II e i suoi documenti (è appena il caso di
ricordarlo) che fanno problema. Semmai, per molti - e Joseph
Ratzinger è tra questi, non da ieri - il problema è costituito da
molte interpretazioni di quei documenti che avrebbero condotto a
certi frutti dell'epoca postconciliare» 56. «Sono
convinto che i guasti cui siamo andati incontro in questi vent'anni
non siano dovuti al Concilio "vero", ma allo scatenarsi,
all'interno della Chiesa, di forze latenti aggressive, centrifughe,
magari irresponsabili, oppure semplicemente ingenue, di facile
ottimismo, di un'enfasi sulla modernità che ha scambiato il
progresso tecnico odierno con un progresso autentico, integrale. E,
all'esterno, all'impatto con una rivoluzione culturale:
l'affermazione in Occidente del ceto medio-superiore, della nuova
"borghesia del terziario" con la sua ideologia
liberal-radicale di stampo individualistico, razionalistico,
edonistico. Dunque, la sua parola d'ordine, l'esortazione a tutti i
cattolici che vogliano rimanere tali, non è certo un "tornare
indietro"; bensì "tornare ai testi autentici del Vaticano
II autentico" [...].
È all'oggi della Chiesa che dobbiamo restare fedeli, non allo ieri o
al domani: e questo oggi della Chiesa sono i documenti del Vaticano
II nella loro autenticità. Senza riserve che li amputino. E senza
arbitrî che li sfigurino» 57.
l Si
può accusare l'interpretazione
dei testi conciliari senza accusare il Concilio stesso?
Quest'ultima
tesi sembra difficile da sostenere a partire dal momento in cui si
riconosce che l'interpretazione del Concilio in un senso contrario
alla dottrina tradizionale era stata programmata in certi testi
conciliari, e ciò per tre ragioni principali:
- a causa dello spirito generale che ha regnato durante la redazione di parecchi documenti conciliari;
- a causa della presenza tra essi di numerosi testi ambigui, che possono essere interpretati in un senso ortodosso, ma la cui inclinazione naturale è diretta in senso opposto;
- a causa della presenza di testi in opposizione con la dottrina tradizionale. L'ottimo libro del verbita Ralph Wiltgen (1921-2007) intitolato Le Rhin se jette dans le Tibre («Il Reno si getta nel Tevere») 58, spiegando la genesi dei documenti conciliari, da un'idea sorprendente di questa programmazione.
Padre
Joseph Gélineau
|
Padre
Ralph Wiltgen
|
l Le
constatazioni del Cardinale Ratzinger
Le
constatazioni fatte dal Cardinale Ratzinger avvalorano la tesi della
responsabilità diretta del Concilio:
- Prima
constatazione: uno dei principali orientamenti conciliari, quello
dato da Gaudium et spes, è stato «un tentativo
di riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo come era
diventato dopo il 1789», con «lo spirito dei tempi
moderni». Abbiamo già citato il testo in cui questa idea è
stata sviluppata.
- Seconda
constatazione: molte delle pessime attitudini dei cattolici
risultano oggi la messa in pratica, nella vita quotidiana, della
riconciliazione della Chiesa cattolica con il mondo, con lo «spirito
dei tempi moderni». È noto che questo «spirito» si traduce:
- in una religione: quella dell'uomo che si fà Dio;
- in una politica: l'organizzazione della società che non tiene conto delle esigenze divine.
L'uomo
è diventato il padrone assoluto di sé stesso e del suo destino, il
suo creatore e il suo signore; egli ha rotto i legami con Dio; il suo
«progetto di salvezza» è essenzialmente temporale. Si tratta di
ciò che è stato definito «umanesimo
laico».
Il Cardinale lo descrive con precisione 59 e
ne constata la presenza invadente negli ambienti cattolici.
- Un «progetto
di salvezza solamente storico e umano»
Secondo il
Cardinale, c'è un ritorno in forza dell'eresia ariana che conduce ad
una nuova cristologia tendente a ridursi al «progetto Gesù», ossia
ad un «progetto di salvezza solamente storico e umano».
- Il
compromesso di una certa morale cattolica con l'etica della
società liberal-radicale
«Questo
è dunque per lui lo scenario drammatico dell'etica nella società
liberal-radicale, "opulenta". Ma come reagisce a tutto
questo la teologia morale cattolica? 60. "La
mentalità ormai dominante aggredisce alle fondamenta stesse la
morale della Chiesa che - l'osservavo - se resta fedele a sé stessa
rischia di apparire come un anacronistico, fastidioso corpo estraneo.
Così, per tentare di essere ancora "credibili", i teologi
morali dell'Occidente finiscono col trovarsi davanti ad
un'alternativa: sembra loro di dover scegliere tra il dissenso con la
società attuale e il dissenso con il Magistero [...].
Ecco dunque la pesante alternativa: o la Chiesa trova un'intesa, un
compromesso con i valori accettati dalla società alla quale vuole
continuare a servire, oppure decide di restare fedele ai suoi valori
proprî (e che, a suo avviso, sono quelli che tutelano l'uomo nelle
sue esigenze profonde) e allora si trova spiazzata rispetto alla
società stessa". Così, il Cardinale crede di constatare che
"oggi l'ambito della teologia morale è diventato il luogo
principale delle tensioni tra Magistero e teologi, specialmente
perché qui le conseguenze si fanno immediatamente percepibili.
Potrei citare alcune tendenze: talvolta i rapporti prematrimoniali
vengono giustificati, almeno a certe condizioni; la masturbazione è
presentata come un fenomeno normale nella crescita dell'adolescente;
l'ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti è continuamente
rivendicata; il femminismo anche radicale sembra guadagnare terreno a
vista d'occhio nella Chiesa, specialmente in alcuni ordini religiosi
femminili [...].
Perfino riguardo al problema dell'omosessualità sono in atto
tentativi di giustificazione» 61.
Ecco la conclusione che deriva dalla messa a confronto di questi
testi: alcuni dei comportamenti catastrofici constatati oggi in
ambiente cattolico (un «progetto
di salvezza solamente storico e umano»,
un compromesso tra la morale cattolica e «l'etica
nella società liberal-radicale»),
non fanno che tradurre nella pratica l'orientamento conciliare
espresso da Gaudium
et spes:
la «riconciliazione
ufficiale della Chiesa con il mondo come era diventato dopo il 1789».
Ecco dunque apparire in piena luce la relazione di causa ed effetto
tra l'orientamento conciliare e i comportamenti presi in esame.
V
CONCLUSIONE
Sono più di
quarant'anni che il popolo cristiano è vittima di una mistificazione
a proposito del Concilio: quest'ultimo, totalmente ispirato dallo
Spirito Santo, avrebbe inaugurato un'era di rinnovamento per la
Chiesa pur mantenendosi in perfetta continuità con i Concilî
precedenti. Gli autori che denunciavano questa visione erronea delle
cose erano ignorati dai media cattolici e
sistematicamente screditati ed emarginati. Salvo che in alcune
cerchie ristrette, ogni discussione ragionevole sull'argomento era
praticamente impossibile. Il Cardinale Ratzinger, prima autorità
della Chiesa dopo Giovanni Paolo II, è venuto a portare il suo
contributo alla necessaria demistificazione del Concilio. Ecco un
fatto nuovo di grande importanza. Due verità fondamentali che fino
ad oggi erano state occultate e che erano state talvolta colte in
maniera confusa solamente da alcune persone di buonsenso, sono state
messe alla portata del grande pubblico da una voce che non si può
soffocare, da una personalità che non si può trattare con
disprezzo:
- Gli avvenimenti del periodo postconciliare costituiscono, nel loro insieme, una catastrofe per la Chiesa;
- il Concilio ha sostituito il Sillabo, che condannava il liberalismo, con un contro-Sillabo che «rappresenta un tentativo di riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo come era diventato dopo il 1789». Una terza verità comincia ad essere meglio percepita; c'è relazione di causa ed effetto tra il Concilio e la crisi detta postconciliare. Gli avversari della Chiesa hanno ben compreso l'importanza di questa presa di coscienza da parte dei cattolici. Da qui le campagne onde evitare il pericolo che si torni alle dottrine preconciliari. Sarebbe veramente imperdonabile se anche noi non traessimo partito da questa lezione;
- La fase di demistificazione del Concilio che sembra essere iniziata, è un fase preliminare alla sua necessaria rettifica. Nel suo discorso durante la riunione plenaria del Sacro Collegio del 5 dicembre 1979, Giovanni Paolo II ha parlato della «dottrina integrale del Concilio, ossia compresa alla luce della santa Tradizione e riferita al Magistero costante della Chiesa stessa». Ciò evidentemente suppone che sia emendato tutto ciò che non è conforme a detto Magistero.
Ecco il
nocciolo del problema. Purtroppo, dobbiamo constatare che, almeno
fino ad oggi, a tale dichiarazione non ha fatto seguito alcun atto
concreto di rettifica.
«Dai
frutti li riconoscerete» (Mt 7, 16)
Nel
1985, in Francia, i sacerdoti erano 28.629, mentre nel 1904 erano
58.400. II calo si è manifestato soprattutto a partire dal 1965,
vale a dire dopo il Concilio. Si può prevedere un aggravamento
crescente negli anni a venire, poichè le ordinazioni sono calate
da 285 nel 1970, a 161 nel 1975; dal 1977 al 1983, esse oscillano
tra 95 e 125 per anno. Il deficit riduce ogni
anno gli effettivi. Siamo ben lontani dai 2.000 preti ordinati
nel 1830. Questo calo non può essere spiegato con i soli
decessi, mal compensati da troppo rare ordinazioni. Bisogna
ammettere ciò che si chiama pudicamente le «partenze»; le si
stima circa 10.000 dal 1965 al 1985, e l'emorragia continua.
Questo non incoraggia l'entrata nei seminari: anche lì, il calo
è stato fulminante, poichè si è passati da 845 a 150, tra il
1965 e il 1975. All'inizio del XVIII sec., la Francia cristiana
contava 22 milioni di abitanti e 20.000 preti, cioè lo 0,1%
della popolazione. La Francia della fine del XX secolo non ne
conta più dello 0,02% con meno di sessantacinque anni, vale a
dire 10.000 al massimo. Queste cifre sono fulminanti; lo stesso
calo si constata globalmente nel resto del mondo, poichè il
numero dei preti è passato da 413.000 nel 1969 a 343.000 nel
1976. Diminuiscono anche gli effettivi dei religiosi in Francia:
stimati in 24.000 nel 1966, essi scendono a 14.294 nel 1985. Lo
stesso vale per le religiose che passano da 111.303 nel 1969 a
74.771 nel 1984. Un ordine così potente come quello dei gesuiti
ha perduto, tra il 1964 e il 1977, 7.930 membri, cioè il 22% del
suo effettivo. Questa crisi religiosa senza precedenti si traduce
anche in un abbandono della preghiera personale e collettiva.
Indirizzandosi, il 10 febbraio 1978, al clero secolare e regolare
di Roma, Paolo VI disse a proposito delle defezioni
sacerdotali: «Le statistiche ci abbattono, ogni caso
particolare ci sconcerta, le motivazioni ci impongono, di certo,
rispetto e compassione, ma ci causano una pena immensa. La sorte
dei deboli che hanno trovato la forza di disertare il loro dovere
ci confonde» (cfr. Osservatore Romano, del
12 febbraio 1978). «Il Vescovo di Coira dichiarò che
nel decennio 1954-1964 vi furono nella sua diocesi (150.000
anime) 993 conversioni di protestanti al cattolicesimo, e nel
seguente decennio solo 318... Negli Stati Uniti, prima del
Concilio si contavano annualmente circa 170.000 conversioni:
adesso poche centinaia» (cfr. D.Le Roux, Pietro
mi ami tu?, Edizioni Gotica, Ferrara 1986, pagg. 55-58).
|
NOTE
1 Traduzione
dall'originale francese Vatican II: rupture ou
continuité? («Vaticano II: rottura o continuità»?), a
cura di Paolo Baroni.
2 Questo
libro è stato pubblicato in Germania nel 1982 e in Francia nel 1985
(Ed. Téqui). Esso riunisce alcuni testi datati, di cui certi sono
stati redatti nel 1975.
3 Ed.
San Paolo, 1985; questo libro è un'antologia di interviste del
Cardinale Ratzinger raccolte dal giornalista Vittorio Messori.
4 Utilizzando
i due libri precitati del Cardinale Ratzinger - citandoli abbastanza
spesso - ci asteniamo dal portare su di essi un giudizio.
Consideriamo questi libri come fatti che bisogna prendere in
considerazione; fatti che possono sostenere un ruolo importante
nell'attuale battaglia delle idee e che possono contribuire a sanare
il clima in cui si dibatte sulla questione del Concilio.
22 Questa
espressione è stata ripresa nel canone 204 § 2 del nuovo Codice di
Diritto Canonico del 1983.
23 Ecco
il passo corrispondente della traduzione francese di questo libro
(Ed. Lieu Commun, pag. 138): «Se da un lato la Chiesa
cattolica, apostolica e romana è la Chiesa di Cristo, dall'altro non
lo è. È la Chiesa di Cristo perché appare al mondo sotto questa
mediazione concreta. Ma allo stesso tempo non lo è, perché non può
pretendere di essere l'unica ad identificarsi con la Chiesa di
Cristo, in quanto quest'ultima può esistere anche in altre chiese
cristiane. Il Concilio Vaticano II, superando un'ambiguità
teologica, retaggio delle ecclesiologie anteriori, che tendevano ad
identificare puramente e semplicemente la Chiesa di Cristo con la
Chiesa cattolica romana, insegna con ragione: "Questa Chiesa, in
questo mondo organizzata e costituita come società, sussiste nella
Chiesa cattolica" ("subsistit in", ossia prende la sua
forma concreta nella Chiesa cattolica). Si evita così di ripetere
ciò che affermavano i documenti anteriori: "La Chiesa cattolica
è la Chiesa di Cristo"». Per la cronaca, Padre Boff ha
gettato la veste alle ortiche e si è spretato nel 1992 (N.d.T.).
24 L'ambiguità
della formula «Ecclesia subsistit in» è stata
recentemente sollevata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede
nel documento intitolato Notifica sul libro «Chiesa, carisma
e potere» [...] di Padre Leonardo Boff o.f.m.: «Partendo
dalla famosa espressione del Concilio "Hæc
Ecclesia [...] subsistit in Ecclesia catholica",
Boff elabora una tesi diametralmente opposta al significato del testo
conciliare quando afferma: "Di fatto, questa Chiesa, l'unica
Chiesa di Cristo, può sussistere anche nelle altre chiese cristiane"
(pag. 131). Al contrario, il Concilio aveva scelto precisamente
l'espressione "subsistit" per mostrare che esiste solamente
un'unica "sussistenza" della vera Chiesa, mentre "al
di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di
santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono
di Dio alla Chiesa di Dio, spingono verso l'unità cattolica (Lumen
gentium § 8)» (cfr. Osservatore Romano in
lingua francese, del 14 maggio 1985). Insomma, secondo tale documento
romano, la frase «sussiste nella Chiesa cattolica» sarebbe
da interpretarsi come «sussiste unicamente nella Chiesa
cattolica». Ma allora perché non usare la formula da sempre
utilizzata «la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica»?...
25 Cfr. Mons.
M. Lefebvre, Lettera aperta ai cattolici perplessi,
Spadarolo di Rimini 1985, pag. 114.
27 In
Italia, questi studi sono stati pubblicati da riviste come Sì
sì no no, La Tradizione
Cattolica, Sodalitium, Controrivoluzione,
ecc... In Francia ricordiamo Itinéraires, Le
Courrier de Rome e La Contre-Réforme Catholique.
Negli Stati Uniti rammentiamo The Remnant e Approaches.
28 Cfr.
R. Teverence, «Le Concile Vatican II échappe il à
l'accusation de libéralisme»? («Il Concilio Vaticano II
sfugge all'accusa di liberismo»?), in Le Courrier de Rome,
n° 162, ottobre 1976.
29 Cfr. P.
Y. Congar, «La crise dans l'Église et Mgr Lefebvre» («La
crisi nella Chiesa e Mons. Lefebvre»), in La Pensée
Catholique, n° 169, pag. 50.
30 Cfr. P.
Y. Congar, in Études et Documents, bollettino della
Segreteria dell'Episcopato francese, del 15 giugno 1965, n° 5, pag.
5. Nonostante fosse stato più volte ripreso dal Sant'Uffizio sotto
Pio XII a causa delle sue dottrine eterodosse, Padre Congar venne
nominato «esperto» durante il Concilio e creato Cardinale da
Giovanni Paolo II nel 1994 (N.d.T.).
32 Cfr. Mons.
R. Etchegaray, Intervento davanti alla Commissione per l'Educazione
dell'Assemblea Nazionale; testo riprodotto nel n° 36 di Enseignement
catholique documents, pag. 33.
35 Cfr. Contre-Réforme
Catholique, n° 57, giugno 1971, pag. 5. Lo scritto di Padre
Courtney-Murray è apparso sulla rivista US, pag. 111.
38 Cfr.
Y. Maursaudon, L'œcuménisme vu par un franc-maçon de
tradition («L'ecumenismo visto da un massone di
tradizione»), Ed. Vitiano, pagg. 120-121. Il libro del Barone Yves
Maursaudon è apparso mentre era ancora in corso il Concilio...
39 Intervista
mandata in onda il 17 marzo 1985 durante la rubrica
radiofonica France Culture. La trasmissione era
intitolata La Grande Loge de France vous parle («La
Gran Loggia di Francia vi parla»); testo riprodotto nel n° 57
di Points de vue initiatiques.
49 Il Sillabo,
che corredava l'Enciclica Quanta Cura (dell'8
dicembre 1864) di Papa Pio IX, si definisce come una «raccolta
che racchiude i principali errori del nostro tempo che sono stati
segnalati nelle Allocuzioni concistoriali, nelle Encicliche e nelle
altre Lettere apostoliche del nostro Santo Padre, Papa Pio IX».
Ecco, nell'ordine, i principali argomenti trattati: panteismo -
naturalismo - razionalismo - indifferentismo - socialismo - comunismo
- Società Segrete - errori sulla società civile considerata sia in
sé stessa che nei suoi rapporti con la Chiesa - errori sulla morale
- errori sul matrimonio cristiano - errori sul primato civile del
Romano Pontefice - errori che si riferiscono al liberalismo
contemporaneo. Si tratta dunque di un testo essenzialmente
dottrinale.
51 Qualche
riga dopo, il Cardinale Ratzinger dice che si trattava di
un «attaccamento ad una concezione superata dei rapporti tra
la Chiesa e lo Stato» (op. cit., pag. 427).
55 Cfr.
P. J. Gélineau s.j., Demain la liturgie («La
liturgia domani»), Ed. du Cerf, 1976, pagg. 9-10. In Francia, Padre
Gélineau è tristemente famoso per avere abolito il canto gregoriano
e introdotto le canzonette in chiesa (N.d.T.).
58 Ed.
du Cèdre. Il libro è un minuzioso resoconto steso da un testimone
oculare di tutti i raggiri, gli escamotages e le
scorrettezze messi in atto dai Vescovi più progressisti (soprattutto
da quelli tedeschi, olandesi, belgi e francesi) per fare approvare
dai Padri conciliari i documenti più innovatori e mettere in
minoranza i Padri più conservatori e meno propensi
all'«aggiornamento» della Chiesa.
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