Non dobbiamo perdere la Speranza e pregare: sapevamo che il tempo della prova doveva arrivare, ed è arrivato. Fra le profezie più note si annovera un grande santo, Giovanni Bosco e "il sogno delle due colonne in mezzo al mare"
di Francesco Lamendola
Lo stato d’animo di gran lunga più diffuso fra le persone che conosciamo direttamente, e anche fra quelle che ci scrivono o ci telefonano da ogni pare del mondo, si può descrivere come una mescolanza di amarezza, frustrazione, sgomento, tristezza e fiera indignazione. Tutte si sentono colpite al cuore, si sentono ferite sino in fondo all’anima, si sentono tradite e abbandonate da coloro nei quali avevano fiducia: dai politici – verso i quali la fiducia era, ed era sempre stata, relativa – e dal clero, verso il quale la fiducia era sempre stata grande. Mai avrebbero immaginato che sarebbe arrivato il momento cui non solo non li avrebbero più capiti, non li avrebbero più riconosciuti, ma in cui loro, proprio loro, le pecorelle fedeli del gregge, sempre obbedienti e mansuete, e più che mai bisognose di ricevere guida e conforto in questi tempi così difficili e perigliosi, sarebbero state rimproverate con durezza dai loro pastori per il loro rifiuto di cambiare, di aprirsi, di aggiornarsi; in cui sarebbero state criticate, denigrate, insultate, con parole taglienti, dai loro vescovi e dal loro papa, in un crescendo d’irrisione e sarcasmo; in cui i loro sacerdoti le avrebbero snobbate, guardate con disprezzo, accusate di essere delle nostalgiche del passato.
Ogni giorno leggiamo confessioni di questo tipo: Abbiamo il cuore spezzato, insieme a toccanti parole di ringraziamento per quel poco che proviamo a fare per lenire le ferite, per spargere un balsamo sulle piaghe vive, offrendo il sostegno delle nostre riflessioni e del nostro incoraggiamento, del nostro richiamo a non disperare mai, a pregare e confidare sempre in Dio, secondo le sue sante e indefettibili promesse.
Abbiamo visto queste persone, in particolare quelle che conosciamo direttamente, ripiegarsi, intristirsi e allontanarsi dalla pratica religiosa, talvolta dalla fede, sotto i nostri occhi; le abbiamo viste cambiare, le abbiamo viste passare da un atteggiamento di fiducia a uno di confusione, di scoraggiamento, di vera e propria disperazione. Si sentono spogliate della cosa più preziosa, la speranza: sia la speranza umana, cioè la speranza in un futuro ancora a misura d’uomo, non tanto per se stessi, ma per i loro figli e i loro nipotini, sia la vera Speranza, quella cristiana, la virtù teologale che sostiene il credente nei momenti difficili, che gli riscalda il cuore e gli permette di tenere sempre lo sguardo rivolto verso Dio. Le abbiamo viste indurirsi, rinchiudersi in se stesse, perdere la loro serenità e mutare atteggiamento verso gli uomini e verso le cose; molte di loro, esasperate e arrabbiate, sono diventate, ebbene sì, xenofobe e razziste, senza esserlo mai state, al contrario, essendo sempre state miti, accoglienti, disponibili verso il prossimo, di qualsiasi colore avesse la pelle, e specialmente se povero e bisognoso. Ma davanti a questa incessante e sistematica invasione contrabbandata per emergenza umanitaria; davanti all’arroganza di questi invasori e, più ancora, di coloro i quali li sponsorizzano, di quei politici e di quei religiosi che ne hanno fatto un imperativo categorico, una vera e propria nuova religione, nel quale esiste un unico comandamento: Cedi la tua casa, la tua terra, la tua fede e la tua civiltà, tutto quello che hanno costruito, con lavoro e sacrificio, intelligenza e bellezza, generazioni di tuoi antenati, al primo venuto, il quale ha il diritto di sostituire tutto ciò con la sua lingua, la sua cultura, la sua fede, e di trasformare, per sempre, questo bellissimo Paese in una provincia dell’Africa profonda, di religione maomettana a e di totale rifiuto dei valori cristiani, davanti a tutto ciò essi si sono indignati, si sono ribellati, si sono resi conto di poter contare solo su se stessi e su nessun’altra forza umana; e, in alcuni casi, hanno perso sia la speranza che la fede.
Di tutto ciò i nostri politici pieni di zelo umanitario, e il nostro clero completamente infervorato dalla “opzione preferenziale per i poveri”, dimenticando sia i diritti dei nuovi poveri italiani, dei quali non parlano mai, sia, soprattutto, che i “poveri” del Vangelo non sono tali solamente in senso economico, e fanno così di Gesù Cristo, non il Figlio di Dio venuto a vincere il peccato e la morte, ma uno dei tanti leader rivoluzionari e dei tanti assertori della lotta di classe, di tutto ciò dovranno rendere conto: innanzitutto davanti a Dio, ma anche, forse, davanti agli uomini. Perché quel che essi stanno facendo si può definire con una parola soltanto, “tradimento”: tradimento dell’interesse nazionale e della sicurezza nazionale; tradimento della Patria; tradimento dei nostri cittadini e delle generazioni a venire; tradimento dei nostri valori e della nostra civiltà; e tradimento, nel caso del neoclero, della nostra santa Chiesa, cattolica, apostolica e romana, in cambio della quale vorrebbero offrirci una neochiesa sincretista, massonica, buonista e filo-islamista, filo-giudaica, filo-protestante, insomma l’esatto contrario di ciò che essa è, è sempre stata e deve continuare ad essere, pena l’infedeltà nei confronti del suo divino Sposo. E quelli che oggi sono piombati nella tristezza e nello sconforto, quelli ai quali è stata rubata la speranza e ai quali si sta tentando di strappare l’identità, sono anche i migliori: i più sensibili, i più coerenti, i più lucidi, i più responsabili, i più maturi: quelli che hanno preso sul serio il fatto di essere italiani e di essere cristiani; quelli che hanno sempre amato la Patria, rispettato le leggi, onorato la Chiesa e i sacerdoti, adorato Dio secondo l’insegnamento ricevuto dai loro genitori. Quelli che, in caso di bisogno, sono disposti a scarificarsi, così, per idealismo e senso del dovere, senza aspettarsi lodi, né medaglie, ma con umiltà e semplicità, consapevoli del fatto che la vita è una lotta e che, quando occorre combattere contro la menzogna, l’ingiustizia, la cattiveria, bisogna armarsi e andare a fronte alta incontro al nemico; quelli che sanno che esiste anche il nemico, e dietro di lui il vero, l’antico Nemico, e che non tutti a questo mondo sono amici, non tutti sono bravi e buoni e disposti a dialogare, ma c’è anche il male, se non altro perché ce l’ha insegnato Gesù Cristo, se proprio non si vuole imparare nulla dalla propria esperienza personale. Di uomini e donne così, laboriosi, generosi, leali, pronti a sacrificarsi per qualcosa di più grande, ce ne sono ancora, grazie a Dio: ma ora lo Stato e la Chiesa non sanno più che farsene di loro, li hanno anzi in antipatia, perché la loro esistenza equivale a un muto rimprovero nei confronti del loro male operare, del tradimento che stanno perpetrando verso noi tutti; e quindi vorrebbero sbarazzarsene, vorrebbero non trovarseli fra i piedi, vorrebbero che scomparissero addirittura, per tirare su una nuova generazione di italiani e di cattolici, vuoti, superficiali, conformisti, fabbricati con lo stampino, senza carattere, senza dignità, senza onore, senza fierezza, senza giudizio, senza prudenza, senza virtù. Una massa amorfa da poter manipolare come una mandria di vacche, da poter sfruttare e da poter ingannare, da poter condurre al macello, se occorre – e sicuramente occorrerà, perché ciò rientra nei piani della élite globale, di cui essi, a loro volta, non sono che i venali e spregevoli servitori.
A tutti costoro vogliamo dire: non perdete la speranza! Sapevamo che il tempo della prova doveva arrivare; ed è arrivato. Ne ha parlato, innanzitutto, Gesù Cristo; poi, nei tempi moderni, ne ha parlato, sempre più insistentemente, la Madonna, a Lourdes, a La Salette, a Fatina e in cento altri luoghi; poi, ne hanno parlato i Santi e le Sante, nelle loro visioni del Cielo e dell’inferno, anime ispirate da Dio, che hanno visto quel che si stava preparando, e hanno esortato a stare saldi, ad aver fede, a pregare e a confidare sempre in Gesù Cristo. Fra le profezie più note delle prove che verranno si annovera un grande santo, Giovanni Bosco. C’è forse qualcuno che non conosce il sogno delle due colonne in mezzo al mare, avuto da san Giovanni Bosco, che poi lo raccontò ai suoi ragazzi la sera del 30 maggio 1862, penultimo giorno del mese dedicato alla Madonna? Lo si può trovare praticamente su qualsiasi biografia di don Bosco, nonché su moltissime riviste e siti internet, per esempio sul sito Parrocchia di San Giovanni Bosco, Roma. Poiché ci sembra particolarmente significativo e illuminante per capire il momento storico che stiamo vivendo, ci piace riportarlo:
Figuratevi - disse - di essere con me sulla spiaggia del mare, o meglio sopra uno scoglio isolato, e di non vedere attorno a voi altro che mare. In tutta quella vasta superficie di acque si vede una moltitudine innumerevole di navi ordinate a battaglia, con le prore terminate a rostro di ferro acuto a mo’ di strale. Queste navi sono armate di cannoni e cariche di fucili, di armi di ogni genere, di materie incendiarie e anche di libri. Esse si avanzano contro una nave molto più grande e alta di tutte, tentando di urtarla con il rostro, di incendiarla e di farle ogni guasto possibile.
A quella maestosa nave, arredata di tutto punto, fanno scorta molte navicelle che da lei ricevono ordini ed eseguono evoluzioni per difendersi dalla flotta avversaria. Ma il vento è loro contrario e il mare agitato sembra favorire i nemici.
A quella maestosa nave, arredata di tutto punto, fanno scorta molte navicelle che da lei ricevono ordini ed eseguono evoluzioni per difendersi dalla flotta avversaria. Ma il vento è loro contrario e il mare agitato sembra favorire i nemici.
In mezzo all’immensa distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco distanti l’una dall’altra. Sopra di una vi è la statua della Vergine Immacolata, ai cui piedi pende un largo cartello con questa iscrizione: “AUXILIUM CHRISTIANORUM”; sull’altra, che è molto più alta e grossa, sta un’OSTIA di grandezza proporzionata alla colonna, e sotto un altro cartello con le parole: “SALUS CREDENTIUM”.
Il comandante supremo della grande nave, che è il Romano Pontefice, vedendo il furore dei nemici e il mal partito nel quale si trovano i suoi fedeli, convoca intorno a sé i piloti delle navi secondarie per tenere consiglio e decidere sul da farsi. Tutti i piloti salgono e si adunano intorno al Papa. Tengono consesso, ma infuriando sempre più la tempesta, sono rimandati a governare le proprie navi.
Fattasi un po’ di bonaccia, il Papa raduna intorno a sé i piloti per la seconda volta, mentre la nave capitana segue il suo corso. Ma la burrasca ritorna spaventosa.
Fattasi un po’ di bonaccia, il Papa raduna intorno a sé i piloti per la seconda volta, mentre la nave capitana segue il suo corso. Ma la burrasca ritorna spaventosa.
Il Papa sta al timone e tutti i suoi sforzi sono diretti a portare la nave in mezzo a quelle due colonne, dalla sommità delle quali tutto intorno pendono molte ancore e grossi ganci attaccati a catene.
Le navi nemiche tentano di assalirla e farla sommergere: le une con gli scritti, con i libri, con materie incendiarie, che cercano di gettare a bordo; le altre con i cannoni, con i fucili, con i rostri. Il combattimento si fa sempre più accanito; ma inutili riescono i loro sforzi: la grande nave procede sicura e franca nel suo cammino. Avviene talvolta che, percossa da formidabili colpi, riporta nei suoi fianchi larga e profonda fessura, ma subito spira un soffio dalle due colonne e le falle si richiudono e i fori si otturano.
Le navi nemiche tentano di assalirla e farla sommergere: le une con gli scritti, con i libri, con materie incendiarie, che cercano di gettare a bordo; le altre con i cannoni, con i fucili, con i rostri. Il combattimento si fa sempre più accanito; ma inutili riescono i loro sforzi: la grande nave procede sicura e franca nel suo cammino. Avviene talvolta che, percossa da formidabili colpi, riporta nei suoi fianchi larga e profonda fessura, ma subito spira un soffio dalle due colonne e le falle si richiudono e i fori si otturano.
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