Non che in passato la Santa Sede non si occupasse
delle questioni di fede. Ma, soprattutto con il pontificato di Giovanni
Paolo II, molta attenzione è stata assorbita da altri problemi, a
partire dalla politica. Karol Wojtyla passerà alla storia per essere
stato un profeta, forse, prima o poi, un santo, sicuramente un gigante
della sua epoca. Uno dei principali nemici del comunismo e dell’Unione
sovietica, se non il suo avversario più efficace. Sulla linea
dell’anticomunismo wojtyliano si sono coagulate alleanze sociali,
strategie geopolitiche, focalizzazioni pastorali, nonché flussi di
finanziamento che – dall’Occidente all’Oriente, passando non di rado
dallo Ior – foraggiarono la resistenza dei cattolici di oltrecortina.
Defunto il maestoso pontefice polacco, archiviata la sua corte
variopinta, non senza resistenze e colpi di coda, chiusa la lunga e
drammatica parentesi della guerra fredda, eletto al soglio petrino
Joseph Ratzinger, la Santa Sede è tornata ad occuparsi, principalmente,
di teologia e liturgia, peccato e virtù, vita di Gesù e eredita del
Concilio vaticano II. Insomma, della fede cattolica.
E la sostituzione del grigio cardinale statunitense William Levada con Gerhard Ludwig Mueller – amico personale del papa, confidente del fratello, sinora arcivescovo della città tedesca d’adozione della famiglia Ratzinger – sancisce che un’epoca, quella wojtyliana, è definitivamente tramontata. E con lei – almeno questa sembra l’intenzione – vanno in soffitta le polarizzazioni ideologiche che hanno intriso gli ultimi trent’anni di storia ecclesiale. Accusato in Germania di essere un conservatore, temuto come un teologo della liberazione dalla destra della Curia romana (che prima della nomina ha fatto circolare fino all’ultimo l’accusa di eterodossia poi abbracciata entusiasticamente dai tradizionalisti), Mueller, nei prossimi mesi, dovrà affrontare più di un dossier spinoso. Si dovrà occupare di concludere – o sotterrare – il negoziato con i lefebvriani, con i quali già in passato ha avuto più di un attrito e ai quali, di fronte all’accusa di eresia, ha risposto senza giri di parole: “Non devo rispondere a ogni stupidaggine”. Dovrà gestire i postumi dello scontro dei mesi scorsi tra il Vaticano e le suore statunitensi. Dovrà proseguire nella delicatissima politica di contrasto alla pedofilia dei preti. In un’intervista all’Osservatore romano del 26 luglio, ad ogni modo, ha chiarito: “I problemi che ci si prospettano sono molto grandi se guardiamo alla Chiesa universale, con le molte sfide che occorre affrontare e di fronte a un certo scoramento che si sta diffondendo in alcuni ambienti ma che dobbiamo superare. Abbiamo anche il problema di gruppi — di destra o di sinistra, come si usa dire — che occupano molto del nostro tempo e della nostra attenzione. Qui nasce facilmente il pericolo di perdere un po’ di vista il nostro compito principale, che è quello di annunciare il Vangelo e di esporre in modo concreto la dottrina della Chiesa. Siamo convinti che non esista alternativa alla rivelazione di Dio in Gesù Cristo. La Rivelazione risponde alle grandi domande degli uomini di ogni tempo. Qual è il senso della mia vita? Come posso affrontare la sofferenza? Esiste una speranza che va oltre la morte, visto che la vita è breve e difficile?”.
E la sostituzione del grigio cardinale statunitense William Levada con Gerhard Ludwig Mueller – amico personale del papa, confidente del fratello, sinora arcivescovo della città tedesca d’adozione della famiglia Ratzinger – sancisce che un’epoca, quella wojtyliana, è definitivamente tramontata. E con lei – almeno questa sembra l’intenzione – vanno in soffitta le polarizzazioni ideologiche che hanno intriso gli ultimi trent’anni di storia ecclesiale. Accusato in Germania di essere un conservatore, temuto come un teologo della liberazione dalla destra della Curia romana (che prima della nomina ha fatto circolare fino all’ultimo l’accusa di eterodossia poi abbracciata entusiasticamente dai tradizionalisti), Mueller, nei prossimi mesi, dovrà affrontare più di un dossier spinoso. Si dovrà occupare di concludere – o sotterrare – il negoziato con i lefebvriani, con i quali già in passato ha avuto più di un attrito e ai quali, di fronte all’accusa di eresia, ha risposto senza giri di parole: “Non devo rispondere a ogni stupidaggine”. Dovrà gestire i postumi dello scontro dei mesi scorsi tra il Vaticano e le suore statunitensi. Dovrà proseguire nella delicatissima politica di contrasto alla pedofilia dei preti. In un’intervista all’Osservatore romano del 26 luglio, ad ogni modo, ha chiarito: “I problemi che ci si prospettano sono molto grandi se guardiamo alla Chiesa universale, con le molte sfide che occorre affrontare e di fronte a un certo scoramento che si sta diffondendo in alcuni ambienti ma che dobbiamo superare. Abbiamo anche il problema di gruppi — di destra o di sinistra, come si usa dire — che occupano molto del nostro tempo e della nostra attenzione. Qui nasce facilmente il pericolo di perdere un po’ di vista il nostro compito principale, che è quello di annunciare il Vangelo e di esporre in modo concreto la dottrina della Chiesa. Siamo convinti che non esista alternativa alla rivelazione di Dio in Gesù Cristo. La Rivelazione risponde alle grandi domande degli uomini di ogni tempo. Qual è il senso della mia vita? Come posso affrontare la sofferenza? Esiste una speranza che va oltre la morte, visto che la vita è breve e difficile?”.
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