La mia prima Madonna di Lourdes l’ho vista da bambino in casa di viticoltori renani. I miei genitori assaggiavano in cucina del vino da comprare, mentre la figlia dei proprietari, che aveva la mia età, mi mostrava le stanze al piano di sopra. La camera da letto dei suoi genitori si presentava in una fresca e festiva immobilità, i piumoni enormi ben distesi, i cuscini separati da una sottile fessura come due grandi orecchie da coniglio, mentre sul comò di fronte stava lei, ritta come una principessa di ghiaccio nel freddo tutt’intorno, stranamente viva, con il suo viso di bambola delicatamente truccato. Mia madre sorrise con un velo di ironia quando le raccontai di quella bellissima figura che mi era apparsa: era una “santa da comò”.
Il sorriso ironico di mia madre mi aveva fatto capire questo: nel nostro ambiente, fra intellettuali, dotti, esperti d’arte, la Madonna di Lourdes non era presa sul serio. Era kitsch. Eppure guardiamo a un fatto, cioè che nell’intero xx secolo non c’è stata una creazione artistica così netta, comprensibile, capace di parlare al di là dei confini culturali, così funzionale in senso liturgico e identificabile in quanto cattolica come la Madonna di Lourdes. Il suo anonimo creatore ha avuto la stessa genialità del disegnatore di Mickey Mouse e di chi ha ideato il marchio della Coca Cola. Dove c’è la Madonna di Lourdes c’è la Chiesa cattolica. Di fronte a una tale e intrinseca forza ogni giudizio estetico si riduce a un’insignificante attestazione di gusto personale.
È sorprendente: la Madonna di Lourdes, un prodotto industriale, corrisponde alla visione fondativa dell’iconografia cristiana. E questo non si deve alla creatività di un’artista, ma alla visione di una santa, che ha descritto come in una grotta una «bianca signora» le sia venuta incontro per presentarsi, nel dialetto dei Pirenei, come «Immacolata Concezione»: non la concepita immacolata, ma un concetto astratto in figura umana, l’incarnazione di una parola. In seguito, uno o più modellisti di una fabbrica di oggetti devozionali, i cui nomi probabilmente nessuno riuscirebbe più a rintracciare, ascoltando il racconto della pastorella hanno prodotto una statua: vera icona, vera immagine dell’apparizione, che da allora infinite volte è passata sul nastro trasportatore. Davvero acheropita, con i suoi tratti non personalizzati, come una bambola, simile a ognuno e a nessuno, come si addice alla prima creatura della nuova creazione, alla perfetta nuova Eva.
Martin Mosebach
2012-07-07 L’Osservatore Romano
http://www.news.va/it/news/licona-piu-geniale-del-xx-secolo
Lourdes, nata senza retina ora ci vede: il miracolo di Erminia Pane
Secondo il positivista Émile Zola, basterebbe un solo miracolo
per confutare gli argomenti di chi non crede. E’ un’ovvietà abbastanza
palese, ma non c’è nessun interesse a confutare nulla o a dimostrare di
aver ragione, la fede è un dono e un atto di libertà e chi non vuole
credere riuscirà sempre a divincolarsi anche davanti al più palese
miracolo.
Tuttavia non si può tacere sul fatto che di eventi miracolosi ce ne sono stati diversi, nonostante l’arroganza degli scettici, «dei
positivisti e degli atei di professione, che si sentono paghi per la
coscienza di avere con successo non solo liberato il mondo da Dio, ma
persino di averlo privato dei miracoli» (Albert Einstein, “Lettera a Maurice Solovine”, GauthierVillars, Parigi 1956 p.102).
Uno di questi eventi inspiegabili è quello della signora Erminia Pane, la cui vicenda è finita anche sui maggiori quotidiani. Una storia recente, incredibile e decisamente documentata, si potrebbe dire addirittura inconfutabile. Erminia è nata senza la retina dell’occhio destro e dunque cieca da quell’occhio, si è sempre definita «atea e disperata, partecipavo alle sedute spiritiche». Nata a Napoli, ha vissuto poi a Milano dove si è sposata, ha avuto una figlia, e poi è rimasta vedova. Nel 1977 è stata colpita da una paresi alla parte sinistra del corpo,
che le ha immobilizzandoto il braccio, la gamba e la palpebra, quella
dell’unico occhio sano, rendendola così completamente cieca. L’Inps le ha infatti riconosciuto la pensione di invalidità e l’Unione Italiana dei Ciechi l’ha accolta come associata.
Cinque anni dopo, nel 1982,
ha deciso di operarsi per riaprire la palpebra dell’occhio sano.
Erminia, nella sua camera di ospedale, si è chiusa in bagno per fumare
una sigaretta. Così ha raccontato quel momento: «Sentii aprire la porta e un fruscio di vesti, mi tirai su la palpebra con la mano e vidi una signora vestita di bianco, con la testa coperta». La visione ha detto di essere la Madonna di Lourdes e le ha promesso la guarigione: «Voglio
che tu vada in pellegrinaggio a piedi scalzi e con tanta fede. Per
adesso non dire niente a nessuno di questo nostro incontro, parlerai di
me solo al tuo ritorno». I medici ovviamente hanno cercato di
dissuaderla, la sala operatoria era già prenotata, ma invece dell’
intervento, la mattina del 3 novembre 1982 Erminia si è
recata a Lourdes con la madre, entrando scalza nel santuario,
inginocchiandosi nella grotta e bagnandosi alla fontana.
Immediatamente, con l’occhio destro, quello al buio da sempre, ha visto il volto della donna apparsale in ospedale. Da quello sinistro invece, la paralisi alla palpebra è scomparsa, il braccio e la gamba hanno ricominciato a muoversi. Tornata a casa, vedendoci da entrambi gli occhi, ha fatto domanda di rinuncia alla pensione di invalidità,
ma l’Inps gliel’ha sempre rifiutata: il certificato medico attestava la
mancanza della retina e dunque l’impossibilità a vedere. Ma lei da
quell’occhio vedeva benissimo, e anche nell’altro aveva riacquistato la
vista. I suoi occhi sono stati esaminati, controllati e verificati tanti oculisti , per ultimi i medici della motorizzazione che le hanno rilasciato la patente, dopo che la signora Pane ha superato la visita oculistica, cominciando a guidare senza problemi.
Nel 1994 la Commissione del “Bureau Médical” di Lourdes, dopo aver analizzato a lungo i documenti medici precedenti e successivi alla “guarigione”, ha riconosciuto il carattere miracoloso dell’evento. Nel 2007 la donna ha accettato di scrivere la sua storia in un libro, «Erminia
Pane, uno strumento al servizio di Dio – La storia e le testimonianze
di una miracolosa guarigione asseverata a Lourdes», di cui l’autore è Alcide Landini. Erminia Pane, morta nel 2010,
è stata l’unica “falsa invalida” d’Italia ad autodenunciarsi
regolarmente, senza nessun esito. Non sappiamo se questo è uno dei casi
analizzati dal premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, il quale ha riconosciuto: «Riguardo ai miracoli di Lourdes che ho studiato, credo effettivamente che si tratti di qualcosa non spiegabile». Un altro premio Nobel per la medicina, Alexis Carrel, a Lourdes ha trovato la fede constatando in prima persona una guarigione miracolosa.
Quando la vicenda è finita sui media, Avvenire ne ha approfittato per ironizzare sugli acchiappa-fantasmi del Cicap (Centro italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale), i cosiddetti “positivisti e atei di professione” per dirla con Einstein, quelli dell’imbarazzante Seconda Sindone per intenderci. Gianni Gennari ha scritto sul quotidiano cattolico: «Loro il “Corsera” lo leggono” qualche volta, qualcuno ci scrive anche, e io ero certo che si sarebbero “fiondati” dalla signora Pane: verificare, svergognare, sfatare, smentire e sventolarne poi lo scalpo. Invece niente! Dormono? Hanno chiuso l’esercizio? Se ci sono, battano un colpo». Inutile dire che i Cicappini hanno preferito far finta di nulla (avrebbero dovuto chiudere bottega se no?), preferendo continuare la caccia alle streghe nei castelli infestati.
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