L'autore di "Sua Santità" svela in una trasmissione televisiva che «alcuni documenti mi sono stati dati da chi li ha scritti».
Nuzzi e le fonti del Vatileaks
Il giornalista di Libero e La7, Gianluigi Nuzzi, autore del libro "Sua Santità". (foto Ansa)
Se
rispondesse a verità l’affermazione di Gianluigi Nuzzi – «alcuni
documenti mi sono stati dati da chi li ha scritti» – il livello di
complicità interno al Vaticano risulterebbe decisamente alto, al punto
da lasciare stupefatti.
Nel libro Sua Santità i documenti riservati vengono infatti presentati con due diverse modalità: una ventina, presumibilmente ritenuti dall’autore i più interessanti, appaiono nell’appendice fotografica; gli altri sono semplicemente trascritti all’interno dei nove capitoli nei quali il testo è suddiviso.
Nel libro Sua Santità i documenti riservati vengono infatti presentati con due diverse modalità: una ventina, presumibilmente ritenuti dall’autore i più interessanti, appaiono nell’appendice fotografica; gli altri sono semplicemente trascritti all’interno dei nove capitoli nei quali il testo è suddiviso.
I documenti fotografati sono sottoscritti dall’ex direttore di Avvenire Dino Boffo (alcune lettere), dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò (lettera), da Gianni Letta (biglietto di raccomandazione), da Bruno Vespa e Giovanni Bazoli (offerte per il Papa), dall’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi (diversi promemoria), da monsignor Georg Gänswein (alcuni appunti), dai cardinali Tarcisio Bertone e Dionigi Tettamanzi (scambio di lettere), da monsignor Giampiero Gloder e dall’arcivescovo Dominique Mamberti (osservazioni dalla segreteria di Stato), dal comandante della Gendarmeria Domenico Giani (relazioni di servizio), dal responsabile di Comunione e liberazione Julian Carron (lettera) e dal preposito dei Gesuiti Adolfo Nicolas (lettera).
Sarebbe davvero sorprendente che qualcuno di loro avesse fatto da passacarte verso l’esterno, mettendo in grave difficoltà la Santa Sede e provocando una ricaduta mediatica che non si può certo considerare utile allo scopo espressamente indicato dall’anonima fonte di Nuzzi come motivo ispiratore: «Se queste carte diverranno pubbliche, l’azione di riforma avviata da Ratzinger avrà una sua inevitabile accelerazione».
Ma anche i firmatari dei documenti presentati soltanto in trascrizione farebbero sobbalzare chiunque sulla sedia, se si trattasse delle “manine infedeli”. A parte lo stesso Benedetto XVI, che ha siglato diversi appunti proposti, i testi sono sottoscritti dai cardinali Paolo Sardi, Angelo Scola, Velasio De Paolis, Zen Zekiun e dall’arcivescovo Ante Jozic. Nessun altro nome: a restar fuori ci sono unicamente le scarne relazioni di agenti della Gendarmeria vaticana e una lettera di un anonimo monsignore del Governatorato. Troppo marginali per poter assurgere al ruolo di “corvi”.
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