ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 13 agosto 2012

Salvati dagli "omissis"

Coperti nella sentenza i nomi degli altri possibili complici del "corvo"
''C'e' una volonta' di trasparenza e rispetto nei confronti della magistratura vaticana per la sua competenza e autonomia'', ha detto il portavoce vaticano padre Federico Lombardi durante una lunga conferenza stampa in merito al caso Vatileaks sottolineando che da parte di Benedetto XVI c'e' ''grande rispetto'' per il lavoro della magistratura che ha invitato ''a proseguire il proprio lavoro senza interferenze e devo testimoniare anche un estremo rispetto da parte della segreteria di Stato vaticana''. ''C'e' una chiara intenzione del Papa - ha aggiunto padre Lombardi - di rispettare il lavoro della magistratura e questo spiega anche la non pubblicazione di risultanze della commissione cardinalizia per non sembrare di influire o condizionare il lavoro autonomo della magistratura''.Sui nomi dei testi e dei possibili complici di Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa rinviato oggi a giudizio dalla magistratura vaticana per il caso Vatileaks, la Santa Sede ha scelto di ricorrere a lettere che nascondono l'identità delle persone (A, B, C...).
I soli nomi in chiaro della requisitoria del promotore di giustizia Nicola Picardi e della sentenza di rinvio a giudizio del giudice istruttore Piero Antonio Bonnet sono quelli di Paolo Gabriele e di Claudio Sciarpelletti, le due persone rinviate a giudizio   Il corvo ha (almeno) un complice. La magistratura vaticana ha rinviato oggi a giudizio Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa accusato di furto aggravato delle carte riservate del Papa. Nella sentenza di rinvio a giudizio del giudice istruttore Piero Antonio Bonnet si rivela che viene rinviato a giudizio - per concorso in furto aggravato, favoreggiamento e violazione del segreto - anche una seconda persona, Claudio Sciarpelletti, dipendente della segreteria di Stato, informatico, arrestato - senza che sinora se ne sapesse nulla - lo scorso 25 maggio. Il suo ruolo, ha puntualizzato il portavoce vaticano Federico Lombardi, è “marginale”. Tra il materiale sequestrato a Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa rinviato oggi a giudizio per furto aggravato delle carte riservate della Santa Sede, i gendarmi hanno rinvenuto anche “un assegno del 26 marzo 2012 intestato a Sua Santità Benedetto XVI relativo a una somma di 100mila euro, di una pepita presunta d'oro e di una edizione della traduzione dell'Eneide di Annibal Caro del 1581. Nel corso della detenzione, iniziata con l'arresto del 23 maggio e conclusa con la concessione degli arresti domiciliari il 21 luglio, Paolo Gabriele è stato sottoposto ad una perizia psichiatrica. Negli interrogatori a cui è stato sottoposto durante la detenzione che ha portato all'odierno rinvio a giudizio, Paolo Gabriele ha raccontato di avere incontrato il giornalista Gianluigi Nuzzi, autore del best-seller di 'Sua Santità', nell'appartamento di quest'ultimo. Gabriele ha precisato di non aver "ricevuto versamenti in denaro o altri benefici" e di aver agito spinto "da diverse ragioni quali i miei interessi personali, inoltre ritenevo che anche il Sommo Pontefice non fosse correttamente informato su alcuni fatti. In questo contesto (fui) spinto nche dalla mia fede profonda e dal desiderio chenella Chiesa si dovesse far luce su ogni fatto". Paolo Gabriele riferisce anche di essere stato intervistato anonimamente d Nuzzi per la trasmissione 'Gli Intoccabili' (La7). Nel documento, presentato oggi in Vaticano, si riferisce anche di un confronto tra Paolo Gabriele e il segretario del Papa, mons. Georg Gaenswein, al momento in cui quest'ultimo, accertato il furto delle carte riservate, ha comunicato a Paolo Gabriele la sospensione 'ad cautelam'. "Lui ha allora detto che in questo modo era stato trovato il capro espiatoria della situazione. Molto freddamente - prosegue- mi ha poi detto che era tranquillo e sereno avendo a posto la coscienza vendo un colloquio con il suo padre spirituale". Gabriele riferisce di aver passato le stesse carte date a Nuzzi anche a questo padre spirituale, il quale - sempre secondo la sentenza della magistratura vaticana - ha poi bruciato i documenti. All'indomani della pubblicazione del libro «Sua Santità» di Gianluigi Nuzzi, si è svolta «una riunione ristretta della 'Famiglia Pontificià alla quale partecipavano monsignor Georg Gaenswein, monsignor Alfred Xuereb, la signorina Birgit Wansing, le quattro Memores e l'imputato Paolo Gabriele». Lo rivela il giudice istruttore Piero Bonnet nella sentenza di rinvio a giudizio pubblicata oggi. L'incontro si tenne il 21 maggio come confermano negli atti i testimoni, P, O, N, M oltre che lo stesso imputato. «In questa riunione - spiega il giudice - ciascuno dei presenti dava una risposta negativa alla domanda se fosse stato lui o lei a consegnare i documenti al giornalista Gianluigi Nuzzi». «Successivamente in quella medesima riunione, monsignor Georg Gaenswein - scrive ancora Bonnet - ebbe ad indicare all'imputato alcuni documenti non ancora usciti dall'ufficio, tra i quali vi erano due lettere che l'imputato stesso aveva certamente avuto tra le mani, poichè era stato incaricato di preparare la risposta». «Al riguardo - si legge - il testimone monsignor Georg Gaenswein precisa: 'Avendo detto a Paolo Gabriele davanti a tutti che questo pur non dando la prova creava un forte sospetto nei suoi confronti ho avuto come risposta una negazione decisa ed assoluta del fatto». Due giorni dopo, mercoledì 23, lo stesso monsignor Georg Gaenswein veniva avvertito della decisione relativa alla sospensione 'ad cautelam' dello stesso imputato Paolo Gabriele, al quale l'avrebbe potuta comunicare, pur se il medesimo imputato l'avrebbe poi dovuta formalmente ricevere dal prefetto della Casa Pontificia. In proposito, il segretario del Papa ha rivelato di aver allora chiamato davanti alle altre persone della Casa Pontificia Paolo Gabriele e di avergli comunicato la sospensione 'ad cautelam'. «Lui ha allora detto che in questo modo era stato trovato il capro espiatorio della situazione. Molto freddamente mi ha poi detto che era tranquillo e sereno avendo a posto la coscienza avendo avuto un colloquio con il suo Padre spirituale».Poche ore dopo, racconta ora la requisitoria di Picardi, «il Direttore dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile informava che, a seguito della perquisizione a carico del Gabriele, era stata rinvenuta una enorme quantità di documenti, alcuni dei quali, di proprietà e di stretto interesse della Santa Sede e dello Stato della Città Vaticano, risultavano, già ad un primo esame, pubblicati nel libro del Nuzzi». Con l'autorizzazione del pm, «si procedeva, quindi, all'arresto del Gabriele, arresto immediatamente convalidato dal sottoscritto, che, nella stessa data, autorizzava la Polizia Giudiziaria a provvedere ad una analisi preliminare della documentazione sequestrata». Lo stesso generale Domenico Giani, riferisce ancora la requisitoria, «segnalava, inoltre, che il signor Claudio Sciarpelletti risultava avere avuto continui contatti con il Gabriele e veniva quindi eseguita, nello stesso giorno 25 maggio, una ulteriore perquisizione, nei locali della Segreteria di Stato, e delle relative pertinenze in uso allo Sciarpelletti. Anche questa perquisizione dava esito positivo, in quanto venivano sequestrati ulteriori documenti rilevanti ai fini della presente procedura».



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.