''C'e'
una volonta' di trasparenza e rispetto nei confronti della magistratura
vaticana per la sua competenza e autonomia'', ha detto il portavoce
vaticano padre Federico Lombardi durante una lunga conferenza stampa in
merito al caso Vatileaks sottolineando che da parte di Benedetto XVI
c'e' ''grande rispetto'' per il lavoro della magistratura che ha
invitato ''a proseguire il proprio lavoro senza interferenze e devo
testimoniare anche un estremo rispetto da parte della segreteria di
Stato vaticana''. ''C'e' una chiara intenzione del Papa - ha aggiunto
padre Lombardi - di rispettare il lavoro della magistratura e questo
spiega anche la non pubblicazione di risultanze della commissione
cardinalizia per non sembrare di influire o condizionare il lavoro
autonomo della magistratura''.Sui
nomi dei testi e dei possibili complici di Paolo Gabriele, il
maggiordomo del Papa rinviato oggi a giudizio dalla magistratura
vaticana per il caso Vatileaks, la Santa Sede ha scelto di ricorrere a
lettere che nascondono l'identità delle persone (A, B, C...).
I soli
nomi in chiaro della requisitoria del promotore di giustizia Nicola
Picardi e della sentenza di rinvio a giudizio del giudice istruttore
Piero Antonio Bonnet sono quelli di Paolo Gabriele e di Claudio
Sciarpelletti, le due persone rinviate a giudizio Il corvo ha (almeno)
un complice. La magistratura vaticana ha rinviato oggi a giudizio Paolo
Gabriele, il maggiordomo del Papa accusato di furto aggravato delle
carte riservate del Papa. Nella sentenza di rinvio a giudizio del
giudice istruttore Piero Antonio Bonnet si rivela che viene rinviato a
giudizio - per concorso in furto aggravato, favoreggiamento e violazione
del segreto - anche una seconda persona, Claudio Sciarpelletti,
dipendente della segreteria di Stato, informatico, arrestato - senza che
sinora se ne sapesse nulla - lo scorso 25 maggio. Il suo ruolo, ha
puntualizzato il portavoce vaticano Federico Lombardi, è “marginale”.
Tra il materiale sequestrato a Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa
rinviato oggi a giudizio per furto aggravato delle carte riservate della
Santa Sede, i gendarmi hanno rinvenuto anche “un assegno del 26 marzo
2012 intestato a Sua Santità Benedetto XVI relativo a una somma di
100mila euro, di una pepita presunta d'oro e di una edizione della
traduzione dell'Eneide di Annibal Caro del 1581. Nel corso della
detenzione, iniziata con l'arresto del 23 maggio e conclusa con la
concessione degli arresti domiciliari il 21 luglio, Paolo Gabriele è
stato sottoposto ad una perizia psichiatrica. Negli interrogatori a cui è
stato sottoposto durante la detenzione che ha portato all'odierno
rinvio a giudizio, Paolo Gabriele ha raccontato di avere incontrato il
giornalista Gianluigi Nuzzi, autore del best-seller di 'Sua Santità',
nell'appartamento di quest'ultimo. Gabriele ha precisato di non aver
"ricevuto versamenti in denaro o altri benefici" e di aver agito spinto
"da diverse ragioni quali i miei interessi personali, inoltre ritenevo
che anche il Sommo Pontefice non fosse correttamente informato su alcuni
fatti. In questo contesto (fui) spinto nche dalla mia fede profonda e
dal desiderio chenella Chiesa si dovesse far luce su ogni fatto". Paolo
Gabriele riferisce anche di essere stato intervistato anonimamente d
Nuzzi per la trasmissione 'Gli Intoccabili' (La7). Nel documento,
presentato oggi in Vaticano, si riferisce anche di un confronto tra
Paolo Gabriele e il segretario del Papa, mons. Georg Gaenswein, al
momento in cui quest'ultimo, accertato il furto delle carte riservate,
ha comunicato a Paolo Gabriele la sospensione 'ad cautelam'. "Lui ha
allora detto che in questo modo era stato trovato il capro espiatoria
della situazione. Molto freddamente - prosegue- mi ha poi detto che era
tranquillo e sereno avendo a posto la coscienza vendo un colloquio con
il suo padre spirituale". Gabriele riferisce di aver passato le stesse
carte date a Nuzzi anche a questo padre spirituale, il quale - sempre
secondo la sentenza della magistratura vaticana - ha poi bruciato i
documenti. All'indomani della pubblicazione del libro «Sua Santità» di
Gianluigi Nuzzi, si è svolta «una riunione ristretta della 'Famiglia
Pontificià alla quale partecipavano monsignor Georg Gaenswein, monsignor
Alfred Xuereb, la signorina Birgit Wansing, le quattro Memores e
l'imputato Paolo Gabriele». Lo rivela il giudice istruttore Piero Bonnet
nella sentenza di rinvio a giudizio pubblicata oggi. L'incontro si
tenne il 21 maggio come confermano negli atti i testimoni, P, O, N, M
oltre che lo stesso imputato. «In questa riunione - spiega il giudice -
ciascuno dei presenti dava una risposta negativa alla domanda se fosse
stato lui o lei a consegnare i documenti al giornalista Gianluigi
Nuzzi». «Successivamente in quella medesima riunione, monsignor Georg
Gaenswein - scrive ancora Bonnet - ebbe ad indicare all'imputato alcuni
documenti non ancora usciti dall'ufficio, tra i quali vi erano due
lettere che l'imputato stesso aveva certamente avuto tra le mani, poichè
era stato incaricato di preparare la risposta». «Al riguardo - si legge
- il testimone monsignor Georg Gaenswein precisa: 'Avendo detto a Paolo
Gabriele davanti a tutti che questo pur non dando la prova creava un
forte sospetto nei suoi confronti ho avuto come risposta una negazione
decisa ed assoluta del fatto». Due giorni dopo, mercoledì 23, lo stesso
monsignor Georg Gaenswein veniva avvertito della decisione relativa alla
sospensione 'ad cautelam' dello stesso imputato Paolo Gabriele, al
quale l'avrebbe potuta comunicare, pur se il medesimo imputato l'avrebbe
poi dovuta formalmente ricevere dal prefetto della Casa Pontificia. In
proposito, il segretario del Papa ha rivelato di aver allora chiamato
davanti alle altre persone della Casa Pontificia Paolo Gabriele e di
avergli comunicato la sospensione 'ad cautelam'. «Lui ha allora detto
che in questo modo era stato trovato il capro espiatorio della
situazione. Molto freddamente mi ha poi detto che era tranquillo e
sereno avendo a posto la coscienza avendo avuto un colloquio con il suo
Padre spirituale».Poche ore dopo, racconta ora la requisitoria di
Picardi, «il Direttore dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile
informava che, a seguito della perquisizione a carico del Gabriele, era
stata rinvenuta una enorme quantità di documenti, alcuni dei quali, di
proprietà e di stretto interesse della Santa Sede e dello Stato della
Città Vaticano, risultavano, già ad un primo esame, pubblicati nel libro
del Nuzzi». Con l'autorizzazione del pm, «si procedeva, quindi,
all'arresto del Gabriele, arresto immediatamente convalidato dal
sottoscritto, che, nella stessa data, autorizzava la Polizia Giudiziaria
a provvedere ad una analisi preliminare della documentazione
sequestrata». Lo stesso generale Domenico Giani, riferisce ancora la
requisitoria, «segnalava, inoltre, che il signor Claudio Sciarpelletti
risultava avere avuto continui contatti con il Gabriele e veniva quindi
eseguita, nello stesso giorno 25 maggio, una ulteriore perquisizione,
nei locali della Segreteria di Stato, e delle relative pertinenze in uso
allo Sciarpelletti. Anche questa perquisizione dava esito positivo, in
quanto venivano sequestrati ulteriori documenti rilevanti ai fini della
presente procedura».
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