E' risultato evidente fin dalla prima udienza che il ruolo degli uomini della sicurezza vaticana nel processo all'ex maggiordomo del Papa Paolo Gabriele sul caso della fuga di documenti riservati dal Vaticano, sia stato decisivo.
D'altro canto i testimoni chiamati in causa sulla posizione dei due imputati sono per la maggior parte agenti e guardie svizzere. Su ben 13 testi infatti indicati nel corso della prima udienza da accusa e difesa per i due imputati (l'altro è Claudio Sciarpelletti, tecnico informatico della Segreteria di Stato), 7 erano uomini della Gendarmeria vaticana e uno il vice comandante delle guardie svizzere William Kloter. Con una particolarità però: quest'ultimo, insieme al capo della Gendarmeria Domenico Giani e all'agente Gianluca Guzzi Broccoletti, non testimonieranno, almeno per ora, in quanto erano stati convocati per l'accusa di favoreggiamento di Sciarpelletti, la cui posizione è stata stralciata e la data del processo da definirsi. Quando questo procedimento verrà celebrato si chiariranno aspetti che aiuteranno a illuminare l'intera vicenda.
E tuttavia emergono fin da subito particolari interessanti che rischiano di far tremare non poco i vari corpi della sicurezza vaticana. Il più significativo è il seguente. Fra le eccezioni sollevate dalla difesa di Paolo Gabriele sostenuta dall'avvocato Cristiana Arru, una riguarda la perquisizione compiuta nell'appartamento di Gabriele a Castel Gandolfo, "la seconda sede del vescovo di Roma" come l'ha chiamata due giorni fa il Papa. Si è appreso che l'appartamento di Gabriele si troverebbe in territorio italiano e, secondo la difesa, la perquisizione sarebbe stata messa in atto senza autorizzazione.
Il pubblico ministero vaticano, l'avvocato Nicola Picardi, ha replicato che il capo della Gendarmeria Domenico Giani, aveva chiesto il via libera a monsignor Angelo Becciu, Sostituto per la Segreteria di Stato. Perché proprio a lui? Becciu ha in carico le relazioni con lo Stato italiano, dunque un'eventuale perquisizione doveva avvenire in accordo con le autorità del nostro Paese. Sulla questione il tribunale ha scelto una strada 'pilatesca': non ha né accolto né respinto l'eccezione, e ha rimandato tutta la faccenda al dibattimento. Il fatto non è secondario: se infatti si stabilisse che l'indagine a casa di Gabriele ha dei difetti formali, una parte delle 82 casse di materiale sequestrato a Gabriele potrebbe essere esclusa dal procedimento, ma va ricordato che - sempre secondo la difesa - gli stessi documenti non sono stati inventariati in modo chiaro. A ciò si collega un altro fatto.
Oltre all'appartamento nella cittadina di Castel Gandolfo e a quello all'interno delle mura vaticane, la stessa famiglia di Gabriele ne ha un terzo in Borgo Angelico, adiacente al Vaticano ma in territorio italiano. Questa casa è stata mai perquisita dalla sicurezza vaticana? Fonti della Segreteria di Stato ce lo smentiscono, e lo stesso fa padre Federico Lombardi in una dichiarazione al Secolo XIX: "Fuori del Vaticano (quindi in Italia, fuori della giurisdizione vaticana) abitano i suoceri, non Gabriele, e non è stata fatta alcuna perquisizione e non vi era motivo di farla". Resta la curiosità del fatto che un appartamento dove potevano trovarsi altre carte rilevanti non sarebbe stato preso in esame dagli inquirenti.
Ancora sono stati espulsi dagli atti processuali due interrogatori a Gabriele condotti dallo stesso Giani, all'inizio di quest'inchiesta, perché fatti in assenza degli avvocati difensori. Altro documento che non verrà preso in considerazione è quello del colloquio di nuovo fra il capo della Gendarmeria e il segretario del Papa don Gaenswein. La motivazione è che i due avevano parlato della possibilità che l'assegno di 100mila euro sottratto dall'ex maggiordomo potesse essere da questi incassato. Il che, pare, sarebbe poco inerente all'indagine.
Sullo sfondo rimangono poi i riferimenti contenuti nel libro di Gianluigi Nuzzi, "Sua Santità", sulle attività imprenditoriale extra-vaticane di alcuni dei gendarmi specializzati in sistemi di alta sicurezza. Si fa il nome di Gianluca Gauzzi Broccoletti, di Stefano Fantozzi, e di Enzo Sammarco, le società citate nel volume sono quelle della Egss Advising e della Consulting Security. Si tratta di sicurezza informatica altamente qualificata, attività da moderni 007. Sul piano giudiziario ovviamente non c'è nulla di specifico, tuttavia resta un nodo formale non da poco: si tratta di agenti che agirebbero in due Stati, probabilmente con doppia cittadinanza, svolgendo attività di intelligence a cavallo fra Italia e Vaticano.
Di Francesco Peloso
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