Poiché è stato detto che, quando si scrive un libro, ciò che si scoprirà alla fine va scritto all’inizio, vorrei ricordare quanto disse, circa 1500 anni fa, San Doroteo di Gaza[1]: «Quando il Divisore[2] vede qualcuno che non vuole peccare, non è così sprovveduto nella sua malizia da suggerirgli un peccato evidente e manifesto; non gli dice: “Và a prostituirti”, oppure “Và a rubare”. Egli sa che non vogliamo fare queste cose e non prova a dirci quello che non vogliamo, ma, come dicevo, appena trova in noi una volontà propria o una pretesa di autogiustificazione, se ne serve a nostro danno con pretesti apparentemente ragionevoli. Quando ci attacchiamo alla nostra volontà e ci affidiamo alle nostre pretese di giustizia, allora, proprio quando crediamo di fare qualcosa di buono, tendiamo insidie a noi stessi e non ci accorgiamo che ci stiamo perdendo»[3]. Vedremo in che modo ciò abbia a che fare con quanto scopriremo alla fine di questo pezzo, dedicato ad un argomento apparentemente completamente diverso, cioè l’animalismo…
Innanzitutto va chiarito che per “animalismo” si intende «la posizione di chi ritiene che vada accresciuta la tutela giuridica ed etica nei confronti delle specie animali differenti dall’uomo»[4]. E già qui faccio notare un primo piccolo indizio di problematicità… perché si parla di “specie animali differenti dall’uomo”? Si tratta di una svista o di un termine inutilmente ampolloso e ridondante? Niente affatto! Per l’ideologia moderna (materialista, evoluzionista, laicista etc etc) l’uomo È un animale. Per cui gli “altri” animali sono designati, da coloro che a vario titolo si riconoscono nell’ideologia animalista, con termini quali: “animali differenti dall’uomo”, “animali non umani”, etc. E già, perché forse un’altra citazione sarebbe stata al suo posto all’inizio di questo articolo: «su un piano inclinato non ci si ferma mai a metà». Negato il principio (“uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio”) ne derivano conseguenze “bestiali” in un moto di caduta dall’alto in basso accelerato, proprio come la caduta di un grave.
La prima e più nota conseguenza dell’animalismo è il rifiuto di cibarsi di carne e pesce: il “vegetarianesimo”. A questo primo stadio di “animalismo”[5] ne segue un successivo, ovvero il “veganismo”: il vegano non solo, come il vegetariano, non mangia carne o pesce (perché la considererebbe una forma di “cannibalismo”… in fondo siamo tutti animali, no?), ma si rifiuta, per motivi “etici”, di mangiare anche qualsiasi altro prodotto che derivi dallo “sfruttamento degli animali”. Quindi ad esempio niente latte (povere mucche sfruttate), niente uova (povere galline sfruttate), niente miele (povere api sfruttate) e via delirando per giungere al boicottaggio di tutti quei prodotti che in qualsiasi modo abbiano comportato lo sfruttamento degli animali (pellicce e prodotti in pelle, ça va sans dire, ma anche cosmetici testati sugli animali, detersivi testati sugli animali, etc etc). Dunque un vegano si ciba essenzialmente solo di verdure e frutta o loro derivati (pasta, pane, etc). Ma, pensateci bene: il povero cavolfiore, la povera spiga di grano, la povera patata, il povero cece, che hanno fatto di male per essere strappati dalla madre terra ed essere divorati? Non sono anche loro “esseri viventi”? Si arriva dunque ad un terzo stadio (ricordatevi del piano inclinato!) quello dei “fruttariani”, che giustamente e coerentemente si cibano esclusivamente dell’unica cosa che la natura ha creato (anzi, no: “l’unica cosa che si è casualmente evoluta”) appositamente per essere mangiata, cioè la frutta!
Ma torniamo ai diritti degli animali. Qualcuno ricorderà forse che nel 2006 il governo Zapatero propose di estendere alle “grandi scimmie” gli stessi diritti degli uomini[6]. Fra le (prevedibili) approvazioni degli animalisti e gli (altrettanto prevedibili) sberleffi dei cattolici, colpisce la dichiarazione critica del professor Gary Francione[7], definito da Repubblica un’autorità mondiale sui diritti degli animali, che ritiene che «volerli concedere [i diritti umani] solo alle grandi scimmie perché “sono come noi” rischia di discriminare altri animali e creare nuove gerarchie invece di eliminarle del tutto». E già perché dopo una cinquantina d’anni di “anti-razzismo” (non c’è alcuna differenza né deve esserci alcuna discriminazione fra le diverse razze umane), si fa largo un nuovo concetto che si farà certamente strada nei prossimi anni o decenni nella cultura politically correct del globo: il concetto di “anti-specismo”, ovvero nessuna differenza e nessuna discriminazione fra le varie specie animali (uomo, scimmia, cane, gatto, topo, zanzara, etc…).
Personalmente, essendo particolarmente affezionato ad una statuetta in pietra che mi ricorda un amore infelice, spero che giunga presto il momento dell’affermazione dell’anti-regnismo (no alla discriminazione fra i vari regni: animale, vegetale e minerale) in modo che la mia statuetta possa anch’essa godere dei “diritti umani”, ad oggi beceramente riservati ai soli animali (umani e non umani) ed a breve anche ai vegetali…
Ma, limitandoci al semplice e banale anti-specismo, facciamo notare quanto è accaduto poco tempo fa a Damien Hirst: reso celebre nel 2004 per aver venduto un’opera d’“arte”[8] consistente in uno squalo di 4 metri morto e messo in una vasca di formaldeide[9], divenendo il secondo artista vivente più quotato, l’artista britannico non ha tenuto conto che i tempi, in soli 8 anni, erano cambiati. La sua recente installazione, consistente in due camere senza finestre nelle quali erano racchiuse migliaia di farfalle, ha scatenato l’ira delle associazioni animaliste, indignate per le circa 9 mila farfalle morte nelle 23 settimane di esposizione di questa opera d’“arte”[10]. In prima fila, la britannica RSPCA, Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals, il cui portavoce ha dichiarato: «Ci sarebbe una rivolta popolare [sic] se la mostra coinvolgesse altri animali, come i cani. Solo perché sono farfalle, non significa che non meritino di essere trattate con gentilezza»[11]. Come si vede i “diritti dei cani” sono ormai dati per scontati e si procede dialetticamente con lo strumento dell’anti-specismo per estendere tali diritti anche alle farfalle. L’americana PETA, People for the Ethical Treatment of Animals, invece, con un linguaggio più consono alla cultura americana[12], ha dichiarato: «Non importa se Hirst abbia massacrato lui stesso le farfalle o se rimanesse seduto mentre migliaia di esse venivano ingiustificatamente massacrate»[13]. Per fortuna di Hirst non sono ancora scattate le rappresaglie dell’Animal Liberation Front, un vero e proprio gruppo terroristico animalista[14] (esiste anche quello), che sin dagli anni ottanta compie attentati terroristici in tutto il mondo, con tanto di rivendicazioni, con tanto di leader lasciatosi morire di fame nelle carceri inglesi per protesta[15], e con una prima azione terroristica molto significativa: nel 1977 dissacrarono la tomba di un famoso cacciatore britannico, tale John Peel. [continua]
Pierfrancesco Palmisano
[1] abate vissuto nel VI secolo;
[2] cioè il Diavolo;
[3] Doroteo di Gaza, Scritti ed insegnamenti spirituali, Ed. Paoline;
[4] wikipedia, voce “Animalismo”;
[5] ammetto di essermi autocensurato…;
[6]
non si trattò affatto (purtroppo) di una boutade… la cosa è teorizzata
ad alti livelli da “fior fiore” di professori universitari… si veda su
wikipedia “Progetto Grande Scimmia”;
[7] vi prego, andate a vedere la sua foto su wikipedia…;
[8] virgolette d’obbligo;
[9] wikipedia, voce “David Hirst”;
[10] Corriere della Sera del 15 ottobre 2012;
[11] Corriere della Sera del 14 ottobre 2012;
[12] Roberto Dal Bosco su effedieffe.com ha parlato di “un linguaggio da tribunale di Norimberga”. Mi sento di condividere…;
[13] Huffington Post del 16 ottobre 2012;
[14]
L’ALF ha nel proprio codice etico la proibizione di arrecare danni
fisici agli uomini nel corso delle proprie azioni. Esiste un altro
gruppo, l’Animal Rights Militia, che non si fa tutti questi scrupoli:
se, ad esempio, l’ALF si limita a liberare gli animali soggetti a
vivisezione o sperimentazioni, l’ARM procede anche col piazzare bombe o
ordigni incendiari nelle auto degli scienziati coinvolti in tali studi;
[15]
si tratta dell’operatore ecologico (nel senso che di mestiere faceva lo
spazzino) Barry Horne, morto il 5 novembre 2001 dopo l’ennesimo
sciopero della fame condotto in carcere (era stato arrestato nel 1996
mentre cercava di piazzare una bomba in un centro commerciale e
condannato a 18 anni di reclusione per terrorismo) per sensibilizzare il
governo inglese sul tema della sperimentazione sugli animali;
http://radiospada.wordpress.com/2012/11/22/il-dolce-musetto-di-satana/
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