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giovedì 22 novembre 2012

Jean-Daniel Kaestli spiega il “mistero” degli apocrifi
Proponiamo la traduzione italiana di alcuni passaggi di un’intervista di Florence Quentin a Jean-Daniel Kaestli, apparsa nell’ultimo numero di “Le Monde des Religions”.
Kaestli è professore onorario presso la Facoltà di Teologia e Scienze religiose dell’Università di Losanna. Studioso di grande finezza ed erudizione, ha curato per Gallimard, assieme a Pierre Geoltrain, il secondo volume degli Écrits apocryphes chrétiens della Pléiade (2005). Tra le sue pubblicazioni più recenti, ricordiamo anche la raccolta di saggi Le mystère apocryphe. Introduction à une littérature méconnue (con D. Marguerat, 2007), il cui titolo fornisce lo spunto per la prima domanda dell’intervista.
Esiste un “mistero” degli apocrifi?

Propriamente parlando non c’è nessun mistero, anche se il termine “apocrifo”, che significa letteralmente “nascosto”, potrebbe lasciarlo pensare [...] Tuttavia, non è scorretto affermare che alcuni testi apocrifi siano “misteriosi”, in primo luogo perché pongono problemi tuttora irrisolti – molto spesso non ne conosciamo l’autore, la data di composizione o il luogo di origine; e poi perché sono gli stessi apocrifi, in qualche caso, a presentarsi come “misteri”, come rivelazioni concesse a personaggi particolari delle origini cristiane o a un gruppo scelto di destinatari.
Molti dei testi rinvenuti a Nag Hammadi rimandano fin dal titolo a una dimensione di segretezza: pensiamo alla Lettera apocrifa di Giacomo, oppure ai Detti segreti (apocryphoi) che Gesù il Vivente ha pronunciato e che Giuda Didimo Tommaso ha trascritto (è il titolo originario del Vangelo di Tommaso). In quest’ultimo caso, il termine “apocrifo” assume un significato positivo. Serve a sottolineare il carattere occulto, misterioso della rivelazione: le parole di Gesù hanno un senso nascosto, che dev’essere cercato al di là della loro formulazione letterale.
Ma qual è il messaggio religioso degli apocrifi?
Direi che ci sono tanti messaggi quanti sono gli apocrifi. I Libri di Enoc, per esempio, trasmettono un sapere che non è semplicemente religioso, ma che ha piuttosto un carattere “enciclopedico”: i misteri rivelati a Enoc comprendono informazioni sui percorsi tracciati dalle stelle, o sui “depositi” che si trovano agli estremi confini del mondo, dove si formano i venti, la grandine e la neve. Alcuni apocrifi, poi, rientrano perfettamente all’interno di una cornice ortodossa. Molti, certamente, se ne discostano, come alcuni dei testi gnostici di Nag Hammadi, o come il Vangelo di Giuda, scoperto di recente. Altri sono più difficili da collocare, come la Rivelazione dei Magi, che conosciamo grazie a un solo manoscritto, in lingua siriaca [...]. I Magi, in questo testo, provengono da una regione remota, appartengono a un popolo di sapienti che vive attendendo l’arrivo della stella divina. Quest’attesa del Cristo, “luce del mondo”, viene fatta risalire alle origini del mondo: sarebbe stata tramandata inizialmente da Adamo, al suo figlio Seth. Il testo presenta così una particolare prospettiva universalista, che non sembra dipendere dalle profezie dell’Antico Testamento.
Cosa distingue i testi apocrifi da quelli canonici?
Da un punto di vista letterario, non c’è nessuna reale differenza fra i testi del Nuovo Testamento e gli apocrifi [...] Ciò che li distingue è il semplice fatto di essere gli uni diventati “canonici”, e gli altri “apocrifi”. In altre parole, la differenza deriva dal modo in cui sono stati recepiti a partire dal II secolo, e dal modo in cui sono stati utilizzati in seguito. Mentre i primi hanno acquisito un carattere normativo, e sono stati raccolti all’interno di un canone, i secondi ne sono rimasti esclusi, oppure sono stati composti dopo la chiusura definitiva del canone. Da qui deriva un’altra differenza, che riguarda la storia della loro trasmissione: mentre i testi canonici sono stati copiati e trasmessi con grande cura, conservando una relativa stabilità testuale, gli apocrifi hanno subìto un continuo processo di riscrittura, di ampliamento o di correzione, a seconda dei gusti e delle esigenze del momento.
Lo studio degli apocrifi può aiutarci a comprendere la nascita del Nuovo Testamento?
Lo studio degli apocrifi – e della loro ricezione nei primi secoli – è di fondamentale importanza per comprendere il processo storico di formazione del canone. Ma gli apocrifi possono anche aiutarci a interpretare gli scritti del Nuovo Testamento: non di rado, fanno appello agli stessi modelli esegetici, oppure cercano di spiegare passaggi poco chiari presenti nei testi canonici. Mi limito a due esempi. Il primo è offerto dal racconto della passione che troviamo nel Vangelo di Pietro, dove alcuni brani dell’Antico Testamento, esattamente come accade nei vangeli canonici, vengono riletti in chiave profetica, per confermare o avvalorare la vicenda di Gesù. Un secondo esempio è offerto dalle Questioni di Bartolomeo. Mentre il Nuovo Testamento accenna di sfuggita a questo apostolo, una tradizione molto antica vede in lui il depositario di alcuni “misteri”, relativi alla discesa agli inferi di Gesù e alla sua risurrezione, fornendo così una spiegazione alle enigmatiche parole che Gesù rivolge a Natanaele (ossia Bartolomeo), nel Vangelo di Giovanni (1,50-51) [...]
Gli storici moderni, ad ogni modo, non guardano agli apocrifi come a serbatoi di informazioni attendibili su “ciò che è realmente accaduto”, sulle parole o sulle azioni di Gesù o dei personaggi del Nuovo Testamento. Il loro valore storico è un altro: essi rappresentano, innanzitutto, una testimonianza del modo in cui i cristiani dei primi secoli hanno fatto memoria del tempo delle origini, reinterpretando i dati tradizionali offerti dalle Scritture e dal ricordo di Gesù e dei suoi primi discepoli.
Questo tipo di testi ha avuto qualche influenza sui dogmi e la liturgia?
L’influenza sui dogmi è difficile da misurare. Possiamo dire, però, che gli apocrifi testimoniano la diffusione di alcune convinzioni di fede ben prima della loro formulazione dogmatica. Pensiamo ai vari racconti sulla dormizione e l’assunzione di Maria, che cominciano a diffondersi a partire dal V secolo, precedendo di secoli la promulgazione del dogma cattolico dell’Assunzione (1950) [...] Quanto alla loro influenza sulla liturgia, questa è davvero considerevole. Per le festività dei santi, non è raro che si leggano storie di martiri: e nel caso degli apostoli, questi racconti provengono tutti, senza eccezione, da fonti apocrife [...]
Come si spiega l’attuale risveglio di interesse nei confronti di questi testi?
È un segnale di sfida alle chiese istituzionali. Si cercano risposte alternative, in testi marginali o poco conosciuti. Questo spiega il successo del Vangelo di Tommaso, spesso elevato al rango di “quinto vangelo”, o considerato come unica fonte valida per comprendere l’insegnamento autentico di Gesù, trasformato in un maestro di saggezza. Questa ricerca di una nuova saggezza, quest’attrazione per l’esoterismo e per lo gnosticismo, dovrebbe spingere tutte le chiese a un’attenta e profonda analisi.
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Domande a cura di F. Quentin.
Testo originale: “Le Monde des Religions”, n. 56, novembre-décembre 2012, pp. 49-51.
Mer Nov 21, 2012 
Filed under: Cristianesimo e dintorni

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