Questo è quanto si legge in questo momento sul profilo internazionale del Papa su Twitter |
Padre Antonio Spadaro SJ (direttore della Civiltà Cattolica) pubblica sul suo blog Cyberteologia quattro risposte
alle obiezioni più comuni in merito alla presenza del Papa su Twitter.
Visto che sono anche le mie obiezioni e che Padre Spadaro mi ha
democraticamente bannato su Facebook, gli rispondo da questo blog.
Aggiungo che la presenza di Claire Diaz-Ortiz (responsabile della Social
innovation a Twitter dal 2009) almeno sin dal 2 dicembre a Roma non fa
altro che confermare il grande interesse che per Twitter riveste la
presenza del Papa sul social network. Ripeto, interesse. E non un
interesse spirituale, ma economico, visto che il 2013 è indicato da
tutti come l'anno della probabile quotazione in borsa del social
network. Ora, salvaguardare gli interessi dell'azienda Twitter, senza
proteggere l'immagine del Papa dalle oscene offese visibili ovunque nel
mondo sul suo profilo credo sia oltre che un segno di scarsa devozione
al Pontefice, una evidente dimostrazione di incapacità comunicativa (per
non parlar d'altro), con buona pace di Greg Burke e padre Lombardi.
1.
I messaggi del Papa su Twitter corrono il rischio di essere banalizzati
perché esposti al commento stupido o alle battute ironiche.
Ogni
messaggio lanciato pubblicamente può essere oggetto di accuse,
ridicolizzazioni e banalizzazioni in quanto esposto al pubblico
giudizio. La differenza sta nel fatto che queste banalizzazioni, queste
offese, non vengono espresse in riviste satiriche di nicchia o sui siti
dei Radicali o dell'Arcigay, ma restano a perpetua memoria sul profilo
del Santo Padre. In questo caso è come se si utilizzasse il profilo del
Papa come un albo sul quale appuntare tutte le miserie e le dabbenaggini
di certo mondo adolescenziale e immaturo che passa il tempo a twittare.
Insomma, se il compito dei comunicatori vaticani è quello di comunicare
il messaggio del Papa, ma anche quello di difendere il Sommo Pontefice
dagli insulti e dalle ingiurie, in questo caso ogni filtro cade e la
figura del Sommo Pontefice è esposta ad un inutile ludibrio. Inutile,
perché non è offeso da chi la pensa diversamente da lui, da chi ha in
odio la Chiesa di Cristo in una sorta di agone spirituale e teologico,
ma è offeso da insulsi anonimi ragazzini o da frustrati cibernauti.
Senza aggiungere che i messaggi su Twitter non li scrive neanche il Papa
ma i suoi scaltri ventriloqui.
2. Il
messaggio su Twitter è frammentato, legato a contesti di consumo rapido,
manca il silenzio. Non c’è il contesto giusto per la riflessione.
Sembra assurdo, ma per smentire questo giudizio p. Spadaro ricorre ad una giustificazione usata da molti in questo periodo: anche il genere letterario degli haiku, anche le poesie di Ungaretti, anche talune affermazioni di Gesù (lo ha detto persino Tornielli) sono composte di brevi incisivi pensieri.
A questo punto dico: "fermi tutti!". Francamente mi sono rotto di sentir dire delle simili sciocchezze da gente la cui intelligenza non reputo scadente o corrotta. Il genere letterario epigrammatico o lo stesso aforisma sono vecchi come il cucco, ma non hanno nulla a che vedere con Twitter. E' infatti il medium e la loro funzione a definirne il carattere, non la brevitas. In sostanza non possiamo paragonare un genere letterario ad un Tweet. Sarebbe come mescolare la storia con la geografia! L'epigramma così come la narrazione evangelica non sono banalità verbali, ma opere scritte. Scritte per essere diffuse su rotoli papiracei o in codici. Dovevano esser lette di seguito, ad alta voce. E preferibilmente dovevano esser memorizzate. Pensare che Spadaro e lo stesso Andrea Tornielli siano così ingenui da paragonare i tweets ai messaggi di Cristo mi fa rabbrividire. Siamo ad un livello di confusione superiore a quello di Grillo quando invoca la sostituzione dei libri cartacei con gli ebooks nelle scuole.
3. Il Papa è su Twitter ma non “segue” nessuno e dunque non rispetta le regole di una comunicazione adatta ai netorks sociali.
Spadaro ammette la validità di questa obiezione, ma si giustifica affermando che in realtà il Papa non segue nessuno "per non fare delle discriminazioni". Il punto è che al di là delle giustificazioni questa è la negazione del "social networking". Perché quest'ultimo è fatto di condivisione e compartecipazione, non di messaggi a senso unico. Dunque il Papa su Twitter che ci va a fare? Per mitigare questa comunicazione a senso unico adesso i ventriloqui papali scrivono sul suo profilo delle domande. Domande che sono la negazione dell'autorità magisteriale del Pontefice. Il Papa insegna, non fa domande a dei pischelli (a che livello di decerebrazione sono arrivati questi cyberteologi!).
4. Ma la Rete è un luogo “finto”, pieno di rischi e di alienazioni… Il Papa non fa bene a essere presente in questo ambiente.
Il buon padre Spadaro si giustifica così: "Anche se volessimo non potremmo cancellare il cambio sociale e forse potremmo dire antropologico che la rete sta imprimendo. Occorre dunque ragionare con coraggio. A mio avviso la strada giusta è evitare di pensare che viviamo due vite: una fisica e una digitale, una vera e una finta. Così si fa crescere l’alienazione e la mancanza di responsabilità (cioè il rischio è di arrivare a dire: se una cosa è finta è finta e dunque anche il male in rete è finto…). La vita è unica, e l’ambiente digitale è parte di essa."
Bene, caro padre Spadaro, se per lei non v'è differenza fra vita fisica e digitale perché allora mi ha bannato su Facebook? Perché proprio lei che fa tanto il comunicatore "banna" chi non la pensa come lei e le fa soltanto presente che su Twitter dei deficienti stanno offendendo il Santo Padre?
Evidentemente lei che vuol essere un guru della Cyberteologia non è altro che un banalissimo paraguru...
Sembra assurdo, ma per smentire questo giudizio p. Spadaro ricorre ad una giustificazione usata da molti in questo periodo: anche il genere letterario degli haiku, anche le poesie di Ungaretti, anche talune affermazioni di Gesù (lo ha detto persino Tornielli) sono composte di brevi incisivi pensieri.
A questo punto dico: "fermi tutti!". Francamente mi sono rotto di sentir dire delle simili sciocchezze da gente la cui intelligenza non reputo scadente o corrotta. Il genere letterario epigrammatico o lo stesso aforisma sono vecchi come il cucco, ma non hanno nulla a che vedere con Twitter. E' infatti il medium e la loro funzione a definirne il carattere, non la brevitas. In sostanza non possiamo paragonare un genere letterario ad un Tweet. Sarebbe come mescolare la storia con la geografia! L'epigramma così come la narrazione evangelica non sono banalità verbali, ma opere scritte. Scritte per essere diffuse su rotoli papiracei o in codici. Dovevano esser lette di seguito, ad alta voce. E preferibilmente dovevano esser memorizzate. Pensare che Spadaro e lo stesso Andrea Tornielli siano così ingenui da paragonare i tweets ai messaggi di Cristo mi fa rabbrividire. Siamo ad un livello di confusione superiore a quello di Grillo quando invoca la sostituzione dei libri cartacei con gli ebooks nelle scuole.
3. Il Papa è su Twitter ma non “segue” nessuno e dunque non rispetta le regole di una comunicazione adatta ai netorks sociali.
Spadaro ammette la validità di questa obiezione, ma si giustifica affermando che in realtà il Papa non segue nessuno "per non fare delle discriminazioni". Il punto è che al di là delle giustificazioni questa è la negazione del "social networking". Perché quest'ultimo è fatto di condivisione e compartecipazione, non di messaggi a senso unico. Dunque il Papa su Twitter che ci va a fare? Per mitigare questa comunicazione a senso unico adesso i ventriloqui papali scrivono sul suo profilo delle domande. Domande che sono la negazione dell'autorità magisteriale del Pontefice. Il Papa insegna, non fa domande a dei pischelli (a che livello di decerebrazione sono arrivati questi cyberteologi!).
4. Ma la Rete è un luogo “finto”, pieno di rischi e di alienazioni… Il Papa non fa bene a essere presente in questo ambiente.
Il buon padre Spadaro si giustifica così: "Anche se volessimo non potremmo cancellare il cambio sociale e forse potremmo dire antropologico che la rete sta imprimendo. Occorre dunque ragionare con coraggio. A mio avviso la strada giusta è evitare di pensare che viviamo due vite: una fisica e una digitale, una vera e una finta. Così si fa crescere l’alienazione e la mancanza di responsabilità (cioè il rischio è di arrivare a dire: se una cosa è finta è finta e dunque anche il male in rete è finto…). La vita è unica, e l’ambiente digitale è parte di essa."
Bene, caro padre Spadaro, se per lei non v'è differenza fra vita fisica e digitale perché allora mi ha bannato su Facebook? Perché proprio lei che fa tanto il comunicatore "banna" chi non la pensa come lei e le fa soltanto presente che su Twitter dei deficienti stanno offendendo il Santo Padre?
Evidentemente lei che vuol essere un guru della Cyberteologia non è altro che un banalissimo paraguru...
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