Il disperato appello di alcune comunità monastiche del Paese. La drammatica situazone di Aleppo dove i fondamentalisti hanno dato vita ad un emirato islamico
“Ora pro Siria”, il sito web che in Italia si fa voce di alcune comunità monastiche cristiane in Siria, e che svolge una preziosa opera di informazione sulla situazione religiosa nel conflitto in corso, da notizia da testimonianza di una crescente pressione sulla minoranza cristiana, in particolare ad Aleppo. “Nella parrocchia di San Dimitri molti cristiani si ritrovano ridotti alla fame e alla miseria più nera: benefattori musulmani offrono alle famiglie cristiane tra €600 e €1200, per ogni membro che si converte all'Islam”.
Ad Aleppo, una città storicamente tollerante e culturalmente eteroclita, i ribelli fondamentalisti hanno dato vita all’Emirato islamico di Aleppo, e hanno pubblicato una fatwa "l'immorale usanza di permettere alle donne di guidare l'automobile". A Idlib, secondo altre fonti, sarebbe ormai obbligatorio per le donne apparire in pubblico con il capo coperto dal velo l’hijab.
I siti cristiani, in Siria e altrove, rilanciano le parole di padre Jules Baghdassarian, direttore delle Pontificie Opere missionarie, morto qualche giorno fa per un arresto cardiaco causato dalle preoccupazioni (si era dedicato anima e corpo alle attività caritative, all’assistenza, alla sistemazione di famiglie sfollate, all’organizzazione degli aiuti ), dalla situazione di stress psico-fisico, dall’ansia e dalla fatica.
"Non c'è una guerra civile in Sira, ci sono tentativi di renderla una guerra civile, c'è un pressione per trasformare il conflitto in un conflitto settario, abbiamo vissuto questa esperienza in Libano, si è visto in Iraq e ora lo vediamo in Siria La gente non vuole la guerra e la violenza: il mondo ci aiuti a ritrovare la pace!...Chiediamo alla comunità internazionale e all’Unione Europea di aiutarci a ritrovare la pace, non di fomentare la guerra!”
Nel frattempo da Mosca, dove è giunto oggi il Comitato di coordinamento nazionale per il cambiamento democratico (NCC), giungono testimonianze precise sulle caratteristiche di fondamentalismo religioso che sta assumendo il conflitto siriano. Il corrispondete di “Voice of Russia” ha intervistato il coordinatore del NCC, Heisam Manaa, che non è stato in Siria da molto tempo. “Sfortunatamente – ha detto Manaa – le autorità siriane non mi hanno dato garanzie di sicurezza. E non ho neanche potuto incontrare Ban Ki-moon a Beirut. Sento la pressione da parte di una parte dei servizi di sicurezza siriani. Comunque, non solo da parte loro. Per quanto ne so, anche i radicali islamici non mi amano”.
Il comitato ha pubblicato la lista dei mercenari sauditi presenti in Siria. “Siamo contro la presenza di mercenari stranieri…questa gente distrugge la Siria. Sfortunatamente ci sono dei ‘giocatori’ politici, come la Turchia, che permette loro di invadere la Siria. E l’obiettivo non è solo la Siria. Noi siamo solo un anello nella catena”.
MARCO TOSATTI
ROMASiria, il Nunzio: «Cento morti al giorno, ma non fanno più notizia»
La denuncia di mons Mario Zenari. «Non dimentichiamo 1,3 milioni di sfollati». Il contributo della Chiesa? «La nostra presenza»
REDAZIONEROMA
«Ogni giorno le cronache parlano di circa 100 o più morti. Purtroppo c’è assuefazione nel vedere queste cifre e ci si accorge di questo conflitto quando, come è accaduto ieri, sono scoppiate due autobombe e hanno fatto strage». È quanto denuncia ai microfoni della Radio Vaticana monsignor Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria. «Non dobbiamo, però, dimenticare - aggiunge - la situazione di più di un milione e mezzo di sfollati - un numero in aumento - che vivono lontani dalle proprie abitazioni, che hanno visto distrutte e hanno dovuto abbandonare e ora vivono in una situazione di estrema precarietà. Purtroppo, questo con il tempo rischia di non fare più notizia».
Quanto al ruolo e al contributo che può svolgere la Chiesa in questo momento, Zenari osserva: «Il contributo è dato dalla nostra presenza. Tante persone si dedicano a questa gente in necessità e la loro presenza vuol dire moltissimo, alle volte più di quello che può offrire: più del cibo, più del vestito. Essere presenti è un aiuto straordinario». «Stiamo avvicinandoci alla preparazione del Natale - aggiunge - e qui, purtroppo, non abbiamo bisogno di preparare il presepio perchè abbiamo sotto gli occhi un presepio vivente: bambini che nascono in situazioni di emergenza, fuori dalle proprie case, in luoghi di rifugio, bambini che nascono nelle tende, che nascono al freddo, senza case riscaldate, nella penuria di cibo, nella penuria di vestiti».
«Questo presepio, quest’anno più dell’anno scorso - rileva ancora il diplomatico - è reale e scuote profondamente i sentimenti. Il Signore nasce ancora in queste condizioni, da queste parti, in questo clima freddo perchè anche qui si sente molto il freddo».
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