ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 25 dicembre 2012

noi a che ora moriremo?


“Noi a che ora moriremo?”


Tra Natale e la tempesta, la famiglia siriana è stretta in una tenaglia... Da una parte il canto degli angeli per la pace, e dall’altro la tempesta senza scampo. La tempesta selvaggia e crudele offre:

1) morte sotto le bombe
2) proiettili dei cecchini
3) auto-bombe
4) sequestri a scopo di estorsione e scambi di ostaggi
5) strade non sicure
6) inflazione e ogni tipo di miseria
7) l'embargo e il soffocamento dell'economia
8) vita da nomadi, senza fissa dimora
9) anno scolastico perso, chiuse le scuole ...
10) vivere l'inverno senza vestiti caldi o riscaldamento.
11) morire lontano dalla Parrocchia, dalla famiglia, dalle tombe dei genitori
12) nessun lavoro né risorse, in attesa di elemosine saltuarie.

Questa litania infinita di sofferenza e di miseria continua ogni giorno, mentre il mondo rimane in silenzio. Anche gli aiuti umanitari arrivano solo a una minoranza di milioni di rifugiati e le famiglie sono vittime abbandonate al loro triste destino. Di fronte a questa crisi senza fine e senza remissione, la famiglia siriana porta da sola i suoi pesanti fardelli e si rivolge al Presepe Divino per trovare rifugio nella Sacra Famiglia, pregare in silenzio e ascoltare la sinfonia degli angeli che cantano: “Gloria a Dio … e pace sulla Terra”. Ascoltando le bombe che cadevano sul suo quartiere, un bambino di quattro anni avvinghiato a sua madre chiedeva tutto il giorno, in lacrime: “mamma, a che ora moriremo noi?”

http://oraprosiria.blogspot.com/2012/12/8-dicembre-tutti-parigi-questa-notte.html


“Preghiamo per i fratelli siriani martoriati dalla guerra”

 
 
Fouad Twal
FOUAD TWAL

L’omelia del Patriarca latino di Gerusalemme Twal nella messa celebrata nella chiesa di Santa Caterina

GIORGIO BERNARDELLIROMA

“Noi fedeli di religioni monoteiste, concordiamo sul fatto che le divisioni tra gli uomini sono opera del diavolo, mentre la riconciliazione è opera di Dio. Da questo Luogo Santo, invito i politici e gli uomini di buona volontà a lavorare risolutamente per un progetto di pace e di riconciliazione che abbracci la Palestina e Israele e questo Medio Oriente sofferente”.

Da Betlemme - là dove il mistero del Natale ha avuto inizio - ha lanciato di nuovo il suo appello di pace il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal. Lo ha fatto ieri sera nella Messa di mezzanotte celebrata come ogni anno nella chiesa di Santa Caterina, a poche decine di metri dalla grotta dove nacque Gesù. E lo ha fatto parlando davanti al presidente palestinese Abu Mazen e al ministro degli esteri giordano Nasser Judah, presente al rito in rappresentanza di re Abdallah II. Due presenze di cui ha lodato apertamente gli sforzi “per la pace, la non violenza e la giustizia”. Ricordando il recente riconoscimento della Palestina all'Onu che “deve essere un passo decisivo verso la pace e la sicurezza per tutti. Solo la giustizia e la pace in Terra Santa potranno portare a ristabilire un equilibrio regionale e mondiale”.

Ha ben presenti tutti i drammi della regione, il patriarca Twal: “Preghiamo con fervore per i nostri fratelli in Siria, che muoiono inesorabilmente senza pietà! Preghiamo per il popolo egiziano che lotta per un’intesa nazionale, per la libertà e l’uguaglianza. Preghiamo per l’unità e la riconciliazione in Libano, Iraq, Sudan, e negli altri paesi della regione e del mondo. Preghiamo per la prosperità e la stabilità della Giordania”.

Ma davanti a quel Bambino che facendosi uomo si è fatto carico delle ferite di tutta l'umanità, il patriarca ha ricordato anche le tante sofferenze più nascoste della Terra Santa . Comprese quelle che è più difficile nominare: “Migliaia di giovani in carcere attendono con impazienza di riacquistare la loro libertà. Le famiglie sono separate e attendono un permesso per potersi riunire sotto lo stesso tetto. Soffrite per una occupazione che non ha fine. Gaza e il sud di Israele sono usciti da una guerra le cui conseguenze sono ancora visibili sul terreno e negli animi. La nostra preghiera abbraccia tutte le famiglie, arabe ed ebree, colpite dal conflitto. Che il Signore doni loro pazienza, conforto e consolazione, e che la società doni loro assistenza e sostegno”.

“In questa notte – ha aggiunto ancora - abbiamo bisogno di un momento di silenzio e di preghiera. Guardiamo il Bambino di Maria e ascoltiamolo: “Beati i miti, perché erediteranno la terra; beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati” (Mt 5, 5-10). O Bambino di Betlemme, che dopo essere sfuggito alla crudeltà di Erode, conoscesti, assieme a tua Madre e a San Giuseppe, tuo padre adottivo, la povertà e l’esilio in Egitto, liberaci da tutti i tiranni di questo mondo e fa’ di noi un santuario ove Tu possa costantemente rinnovare la Tua nascita, così da essere testimoni del tuo amore!”.

Il ministero del turismo palestinese stima siano circa 15 mila i turisti stranieri giunti nella città della Natività in occasione del Natale. Ad accoglierli hanno trovato una città illuminata a festa con l'albero sormontato da un gigantesca stella, ma anche il clima festoso della parata di circa 3500 scout provenienti da tutta la Palestina.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.