ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 23 dicembre 2012

Percuoterò il Pastore e le pecore saranno disperse



Nei giorni scorsi un sacerdote ha trasmesso al direttore di questo sito alcuni interessanti articoli, tra i quali uno in cui, riecheggiando il misterioso castigo di Zc 13,7, «Percuoterò il Pastore e le pecore saranno disperse» (che, ci avevate mai pensato? È il senso del Terzo Castigo di Fatima), e il Commentario di S. Giovanni Eudes che citiamo spesso (Se il mio popolo ascolta, Io gli darò sacerdoti buoni, ma se il mio popolo non ascolta, Io gli darò sacerdoti cattivi), o pensiamo anche a quell’analogo «li farò governare da ragazzi», compariva – con riferimento a certi dolorosi sbandamenti e oscillazioni nella Gerarchia della Santa Chiesa – un’osservazione che richiama l’attenzione su un aspetto, non unico ma molto importante, della questione:

«Vediamo oggi la Chiesa ridotta a poco più di un’organizzazione umana e le dichiarazioni pompose e le celebrazioni ufficiali e spesso trionfalistiche non riescono a nascondere le sue piaghe. Come Gesù flagellato. È il suo Corpo Mistico. “La testa è tutta malata, tutto il cuore langue. Dalla pianta dei piedi alla testa non c’è in esso una parte illesa, ma ferite e lividure e piaghe aperte, che non sono state ripulite, né fasciate, né curate con olio” (Isaia, 1,5-6). Sono le mie, sono le nostre colpe. L’intero corpo è febbricitante e ferito, e noi vogliamo che la testa, il capo, sia bello, sorridente e lucido, profumato e ben pettinato? Che non abbia a volte vertigini e tremiti? Ma non è colpa sua: è dovuto al ruolo della persona pubblica che occupa. Così, in modo particolare, i Pontefici del nostro tempo. A causa dei peccati delle membra, Dio è costretto a ritirare a momenti la sua Luce, la sua Grazia, al Capo, al Pastore, e non perché lui non sia personalmente fedele. “La collera del Signore si accese di nuovo contro Israele e incitò Davide contro il popolo…” (2 Samuele 24,1)».

Questo è il punto saliente. Poi questo pio sacerdote fa diverse altre considerazioni interessanti e profonde: «Queste considerazioni sono per non scandalizzarci – come si scandalizzarono di Cristo gli stessi Apostoli la notte della Passione –, per non giudicare la coscienza altrui [specialmente quella del vertice umano della Chiesa; senza con ciò dispensarci dal giudicare i fatti, una tale situazione di crisi e tali sbandamenti, infatti questo sacerdote poche righe prima aveva riconosciuto, in maniera non contraddittoria ma complementare, la gravità oggettiva della situazione: sul giudicare non bisogna fare né poco né troppo, ndr]. E non incorrere noi stessi in una condanna, anzi, per uscire rafforzati nella Fede […] su dodici Apostoli uno solo fu il traditore, ma gli altri (spensierati e superficiali) non lo immaginavano, e così li sorprese “l’ora delle tenebre” […] E adesso credo che stiamo ormai al suo [della Chiesa, ndr] Venerdì Santo… Per ben due volte ho sentito in incontri del Movimento Sacerdotale Mariano raccontare [sulle confidenze in privato del card. Ratzinger, che non a caso conosceva già allora il Terzo Segreto di Fatima, ci sono più testimonianze, tra loro autonome e convergenti: difficile pensare che non ci sia nulla di vero, ndr] che nel 1990, interrogato il Card. Ratzinger da un giornalista (mi pare) su come vedeva la Chiesa per il 2000 [su questo è detto qualcosa nel libro Non esiste perché distrutto?, ndr], egli avrebbe risposto che, a meno che Dio non fosse intervenuto in un modo a noi impensabile, prevedeva che: “nella grande Chiesa Cattolica rimarrà un resto fedele del tre per cento, perché tutto il resto non avrà più fede”. È l’ “apostasia silenziosa” in parole di Giovanni Paolo II, è la “grande apostasia” che deve precedere l’arrivo del figlio della perdizione, in parole di San Paolo (2 Tes.)». Il che, detto per inciso, non sembra proprio una situazione ordinaria.

Ma ritorniamo al cuore dell’aspetto particolare di cui dicevamo. Rileggiamolo: «è dovuto al ruolo della persona pubblica che occupa. […] A causa dei peccati delle membra, Dio è costretto a ritirare a momenti la sua Luce, la sua Grazia, al Capo, al Pastore». È una prospettiva rara, quella qui richiamata. Spesso ai dolori che vengono dalle Autorità della Chiesa, da parole e atti con una certa contraddizione (nel migliore dei casi), si risponde all’insegna di una lettura soltanto umana, una lettura paradossalmente razionalista e superficiale: intimorendosi e non osando, oppure arrabbiandosi e magari indurendosi; nella linea (più diffusa) della paura e della debolezza sfrenate o in quella (più minoritaria) della durezza… ma raramente all’insegna dell’andare più a fondo nella comprensione di tali dolorosi avvenimenti: con uno sguardo né moderatista né estremista ma profondo, spirituale, soprannaturale. Appunto vedendone la natura di castigo di un popolo spiritualmente sordo. Un popolo la cui fede e il cui amore alla verità cattolica si sono largamente intiepiditi e raffreddati; un popolo (o piuttosto una massa) il cui libero arbitrio rifiuta la doverosa cooperazione… Sicché è castigo e, al contempo, via dolorosa ma pressoché obbligata (perché altri richiami sono stati scarsamente efficaci, perché sull’indifferenza ricordiamo Ap3,14-15, perché quando si tratta della fede è «il peccato che conduce alla morte» e la rovina è a un livello radicale) per il necessario rinnovamento spirituale e per il grande ritorno della fede. Sicché l’andamento di queste situazioni ecclesiali, l’uscita da questi mali anche interni, dipende anche – ad esempio – da ciascun lettore di questo sito. Uno per uno.
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