ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 23 dicembre 2012

I veri eretici

L’instaurazione della Messa protestante in Inghilterra (1547-1553)
Hugh Ross Williamson, autore di questo scritto, s’interessò per cinquant’anni al problema dell’unità cristiana, e nel 1955, da anglicano si fece cattolico, nella convinzione ben maturata che le 290 sette protestanti fossero eretiche. Egli vide nella chiesa anglicana la distruzione del Canone che in Inghilterra era stato recitato da tutti i sacerdoti dal tempo di Sant’Agostino fino all’avvento del protestantesimo. Autore di molte opere importanti, il Williamson è un’autorità ben conosciuta nel campo degli studi teologici e teoretici. Il suo ultimo lavoro è uno studio sul cardinale Pole (di cui parla anche in questo opuscolo), d’importanza fondamentale per la documentazione storica e religiosa del secolo XVI. Il testo è stato pubblicato su “Documenti di Una Voce”, n. 5 (Pentecoste 1971). 

Thomas Cranmer, il protagonista di questo scritto, fu il vescovo riformatore anglicano, nato a Aslacton (Nottinghamshire) il 2 luglio 1489 e morto sul rogo il 21 marzo 1556. Insegnò teologia a Cambridge partecipando attivamente alla vita politica e religiosa del suo tempo, e soprattutto alla formazione della confessione anglicana che volle attuare con ogni mezzo, non esclusi i più efferati. Nominato arcivescovo di Canterbury dal papa Clemente VII, dopo qualche tempo si ribellò all’autorità di Roma, infrangendo il giuramento di fedeltà. Morto Enrico VIII, fece parte del Consiglio di Reggenza di Edoardo VI, ma quando partecipò al complotto per porre sul trono Jane Gray in luogo di Maria Tudor, fu condannato al rogo, come eretico. Le sue opere famose tra le quali, Il libro della preghiera comune, scritto nel 1549, culminano con la versione in volgare della Bibbia, operata con chiara intenzione antipapale. Egli combatté soprattutto la dottrina cattolica della transustanziazione, della Presenza Reale della carne e del sangue di Cristo nell’Ostia e nel Calice, e il Sacrificio dell’Altare, riducendo la Messa, in armonia con Lutero e gli altri riformatori, ad una semplice commemorazione storica. Per far ciò, distrusse le basi stesse della dottrina cattolica, perseguitando non solo le sue strutture, ma i suoi viventi testimoni. 
Il nuovo rito
Lo storico inglese diffida istintivamente dei cambiamenti liturgici. Sa che questi sono già avvenuti nel suo paese e che hanno avuto per conseguenza lo scardinamento del precedente sistema religioso. Non sempre si rende conto, però, che, se si escludono gli specialisti, solo pochi si interessano di un argomento cosi particolare, e che la generale indulgenza verso certi atti è originata dall’ignoranza più che dalla malafede.
La riforma liturgica compiuta in Inghilterra nel secolo XVI fu opera, in gran parte, di Thomas Cranmer, Arcivescovo di Canterbury, che dal 1547 al 1553 fece il buono e il cattivo tempo in campo religioso.
Egli non faceva mistero delle sue intenzioni e non cercava affatto di celare il suo pensiero: cioè, che la potenza della “grande prostituta, vale a dire della pestifera sede di Roma”, risiedeva nella “dottrina papista della transustanziazione, della presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nel sacramento dell’altare (come essi dicono), e del sacrificio e dell’oblazione del Cristo offerti, mediante il ministero sacerdotale, per la redenzione dei vivi e dei morti”[1]. Ecco quello che occorreva distruggere. Era necessario che il popolo apprendesse che il Cristo non stava nel sacramento, ma soltanto in coloro che lo ricevono degnamente. “Mangiare e bere la carne e il sangue del Cristo non deve essere preso nel significato letterale di mangiare con la bocca e con i denti una cosa reale, ma in quello di assimilare, mediante una fede viva, con il cuore e con lo spirito una cosa in realtà assente”[2].
Il nuovo rito escogitato da Cranmer per giustificare il suo atteggiamento, “la celebrazione della Santa Cena”, non doveva contenere nulla che si prestasse a qualche somiglianza con la messa, “mai abbastanza odiata”. La messa nella quale “è offerto a Dio Padre un sacrificio, cioè il corpo e il sangue di nostro Signore, vero e reale per ottenere il perdono dei peccati e la salvezza dei morti e dei vivi”[3] fu definita un’eresia meritevole della pena di morte.
Tale era l’obiettivo di Cranmer. I tre principali mezzi per raggiungerlo dovevano essere l’uso della lingua volgare, la sostituzione dell’altare con una Santa Tavola e i cambiamenti operati nel canone della messa. 
La Lingua Volgare 
La traduzione della Bibbia in volgare esisteva in Inghilterra fin dall’epoca sassone. Molto prima che Wyclif, nel 1380 proponesse la sua nuova traduzione con “intenti perfidi”, vi erano state, come aveva fatto osservare S. Thomas More, altre traduzioni in inglese ad opera di “uomini virtuosi ed eruditi, buoni e onesti”. E More insisteva sul fatto che non vedeva la ragione per cui la Bibbia non dovesse essere tradotta in inglese, dal momento che “non c’è alcun passaggio della Scrittura tanto ostico da non offrire spunti per gioire e per accrescere la propria devozione sia a un uomo virtuoso e onesto che a una donna”. Ciò a cui doveva resistere era la traduzione della Bibbia deliberatamente orientata “secondo un perfido intento”. Ecco la principale ragione dell’insistenza dei riformatori del VI  secolo nel chiedere la lingua del popolo[4].
La traduzione di William Tyndale, uno dei seguaci di Cranmer , fu fatta bruciare dalle autorità religiose. Interrogato in proposito, San Thomas More rispose: “Mi meraviglio assai che qualche buon cristiano, con appena un briciolo di cervello, si stupisca o si lamenti che questo libro sia stato bruciato, sapendo di che si tratta. Se qualcuno lo chiama il “Nuovo Testamento”, lo chiama con un falso nome, a meno che non lo chiami il Testamento di Tyndale o il testamento di Lutero. Perché Tyndale, dietro consiglio di Lutero, ha corrotto e cambiato la buona e salvifica dottrina del Cristo nelle loro diaboliche eresie al punto tale da renderla cosa nettamente contraria”. Pregato di dare alcuni esempi, scelse tre parole. “Una è la parola sacerdote. La seconda, Chiesa. La terza, Carità. Al posto di Sacerdoti Tyndale usa sempre la parolaAnziani. Chiama la Chiesa assemblea e invece di Carità, dice amore. Poiché tali termini non sono affatto sinonimi della lingua inglese, a ben considerare le cose è chiaro che una intenzione malvagia ha ispirato questi cambiamenti”[5].
D’altra parte Tyndale corredava la sua traduzione di note; come quella, per esempio, che diceva essere la messa una questione di “scuotimenti, dondolamenti e miagolii come un gioco di scimmie”. Coloro che ancora credevano alla fede tradizionale e la praticavano, erano considerati “bestie senza il suggello dello Spirito di Dio, bollati dal Segno della Bestia, coscienze cancerose”.
Ma molto più dannose delle note – come More aveva sottolineato – erano le traduzioni deliberatamente falsate che Tyndale (seguito da Cranmer in una versione pubblicata sei anni dopo), aveva fatte allo scopo di estirpare la dottrina cattolica tradizionale.
Rese la parola “immagini” con “idoli”, creando così un mezzo efficace contro il culto dei Santi e della Santa Umanità del Cristo. La parola “confessare” che potrebbe ricordare il sacramento della penitenza divenne “riconoscere”. Le grandi parole chiave del Vangelo “grazia” e “salvezza” divennero “favore” e “salute”. La parola “sacerdote”, come si è detto, divenne “anziano” e “Chiesa” “assemblea”. Tyndale spiegava in una nota: “Con la parola “sacerdote”, il Nuovo Testamento intende parlare di un “anziano” che intende insegnare ai giovani”. Spiegava ancora che i due sacramenti istituiti dal Cristo, il battesimo e la santa comunione, erano “niente altro che la predicazione delle promesse del Cristo”. Così, per non citare che un esempio, il consiglio apostolico contenuto nell’ Epistola di San Giacomo: “Qualcuno fra voi è malato? Chiami i sacerdoti della Chiesa ed essi preghino su di lui dopo averlo unto con olio in nome del Signore”, non poteva rimanere per il suo riferimento evidente al sacramento dell’Estrema Unzione. Lo stesso Wyclif, nella versione precedente, traducendo correttamente “i sacerdoti della Chiesa”, non aveva operato nessun cambiamento. Ma nella versione di Tyndale e in quella di Cranmer, essi divennero “gli anziani dell’assemblea”.
Così i protestanti potevano esibire la Bibbia in lingua volgare per provare che il Nuovo Testamento non conteneva alcun riferimento che giustificasse l’insegnamento e la pratica cattolica contemporanea delle dottrine discusse; per di più, quando simili traduzioni tendenziose della Bibbia furono, giustamente, sequestrate dalle autorità cattoliche, queste potevano essere accusate “di impedire al popolo di leggere la Bibbia”. Era così semplice.. E l’efficacia di questa doppia menzogna era tale che ancora se ne ha la eco. La parte centrale della messa in lingua volgare conteneva la narrazione dell’ istituzione dell’Eucaristia, ugualmente in volgare. Non solo al Canone recitato a bassa voce, come era stata la regola dell’ottavo secolo, si doveva rinunciare; anche le parole in inglese: “Fate questo in memoria di me” dovevano essere distintamente intese.
La parola greca anamnesis, che viene tradotta in “memoria di”, è difficile da rendere correttamente in inglese. Espressioni come “ricordo”, “memoria”, “memoriale”, implicano l’esistenza di una cosa in se stessa assente, mentre anamnsesis ha il significato di ri-chiamareri-presentare un avvenimento passato in modo che questo divenga attivamente presente. Anche la parola latina “memoria” non rende adeguatamente questo significato. Le parole inglesi ricordare (“recall”) e ripresentare (“represent”) anche se scritte “re-call “ e “re-present” sono insufficienti senza spiegazioni supplementari, e “remembrance” (memoria) “ricordo” e “memorial” (memoriale), per il loro uso e significato convenzionale, sono effettivamente equivoche[6].
“In tutta la tradizione della Chiesa primitiva appare chiaramente – come ha rilevato un teologo – che l’Eucaristia è considerata, per il significato del termine “anamnsesis di me”, come la ri-presentazione davanti a Dio dell’unico sacrificio del Cristo in tutta la sua efficace e completa pienezza, che dà i suoi frutti nel momento attuale. Così San Giovanni Crisostomo: “Noi offriamo ancora oggi ciò che fu offerto allora ed è inesauribile. Questo viene fatto per una anamnesisdi ciò che fu fatto allora, poiché egli disse “fate questo per l’anamnesis di me”. Non offriamo un altro sacrificio, come un tempo il gran sacerdote, ma offriamo il medesimo. O meglio, offriamo l’anamnesis del sacrificio”[7].
Cranmer, volendo distruggere ogni idea della messa-sacrificio, e sostituirle la teoria di una semplice cena commemorativa in cui il Cristo è presente solo nel cuore dei fedeli, non avrebbe potuto trovare arma più efficace della sostituzione del Canone recitato a bassa voce con il racconto dell’istituzione, in inglese. Racconto che si faceva ripetendo: “fate questo in memoria di me”. Nel silenzio assoluto il fedele, istruito sul significato di quel Momento, sapeva ciò che accadeva, anche se non era in grado di formularlo. Ora, invece, poteva ascoltare con le proprie orecchie, per quel che ne potesse capire, che quella era una cena commemorativa. La Bibbia lo diceva. Era invitato al ricordo di qualcosa accaduto in un remoto passato. E questa interpretazione veniva sottolineata dalle parole del pastore che, dandogli la comunione, diceva: “Prendi e mangia questo per ricordare che Cristo è morto per te e nutrisciti di Lui nel cuore per mezzo della fede, con azione di grazie”.
Il nuovo libro di preghiera (Prayer Book) in volgare fu imposto al paese la domenica della Pentecoste, 9 giugno 1549. Il 10 giugno, una folla di paesani del Devonshire, dopo avere assistito al nuovo rito, obbligarono il curato a ridire la Messa. In meno di dieci giorni, una armata popolare di circa seimila persone – è difficile avere le cifre esatte – aveva occupato Crediton e minacciava Exeter. Le loro rivendicazioni erano semplici e precise e non riguardavano che la fede. Chiedevano che fosse loro restituita la messa “come prima” e che il Santissimo fosse di nuovo conservato in un posto preminente. “Non accetteremo, dicevano, il nuovo servizio, perché non è che un giuoco. Vogliamo le nostre antiche funzioni del Mattutino, Messa, Compieta, Processione e le Litanie della Madonna, in latino e che ogni predicatore nell’omelia ed ogni sacerdote nella messa preghi specialmente per le anime del Purgatorio come facevano i nostri avi” Il battesimo doveva essere amministrato “durante la settimana come nei giorni festivi”. Chiedevano inoltre che fosse ristabilita la benedizione degli oggetti semplici, che le palme e le ceneri fossero distribuite nel tempo dovuto e con “tutte le antiche cerimonie in uso fino ad ora nella Santa Madre Chiesa”. (Cose che Cranmer aveva abolito come “superstizioni”)[8].
Cranmer fu irritato non solo da codeste rivendicazioni, in se stesse, ma, ancor più, dal fatto che contadini ignoranti, “Hob, Will e Dick” avessero avuto l’audacia di giudicare la sua teologia. Scrisse loro: “Oh, ignoranti del Devonshire e Cornwall, non appena ho letto i vostri articoli ho pensato che eravate stati spinti dai papisti, esperti nel chiedervi quel che voi non capite. Voi mostrate quale spirito guidi coloro che vi hanno convinto che la Parola di Dio non è che un giuoco. Non è forse ancor più un giuoco ed uno scherzo ascoltare il sacerdote che parla al popolo ad alta voce in latino ? Nel servizio inglese c’è solo la parola eterna di Dio. Se questo è ai vostri occhi solo un giuoco, penso che non si debba biasimare tanto voi, quanto invece i preti papisti che hanno abusato della vostra sincerità. Preferite essere come gazze o pappagalli che vengono addestrati a parlare senza capire una parola di ciò che dicono, piuttosto che essere veri cristiani che pregano Dio nella fede?” [9].
I ribelli, nella semplicità della loro fede, non si lasciarono intimorire dal loro dotto Arcivescovo. Cranmer dovette ricorrere al braccio secolare, ossia all’autorità civile e militare. Mercenari stranieri, principalmente luterani tedeschi, furono impiegati sul suolo inglese, per la prima volta dopo 300 anni, e l’ultimo baluardo della Fede fu battuto dalle armi. “Il massacro fu eseguito alla cieca”, sono le memorabili parole di Hilaire Belloc. “Quattromila di loro furono uccisi, schiacciati dai cavalli o impiccati, prima che gli uomini di Devon accettassero, sia pure, freddamente, la eletta prosa di Cranmer[10].
Si dice che mercenari italiani e spagnoli, impiegati come rinforzo alle truppe tedesche, resisi conto di come stessero le cose, siano andati dal Nunzio Imperiale per essere assolti dalla colpa di aver partecipato a quel massacro.
Quando giunse a Londra la notizia della sua vittoria, Cranmer la fece celebrare con una cerimonia solenne nel coro della cattedrale di San Paolo e, in un sermone pronunciato alla presenza del sindaco e dei consiglieri, l’Arcivescovo si rivolse al suo uditorio con queste parole: “Il flagello delle divisioni quale non si era mai più visto dopo la passione di Cristo, è giunto fra noi per istigazione del Demonio, perché non siamo stati diligenti ascoltatori della Parola di Dio diffusa dai suoi fedeli predicatori, ma siamo stati traviati dai preti papisti”.
In realtà, era completamente falso dire che il popolo non capisse la messa latina. Lo si può giudicare dal gran numero di libri di devozione che circolavano fra una popolazione di tre milioni: infatti, soltanto nell’olocausto della scienza e della pietà cattolica che faceva parte della politica protestante, duecentocinquantamila libri liturgici furono distrutti. L’anno dopo l’entrata in vigore del primo Prayer Book – 1550 – Cranmer inviò dei commissari nelle università. A Oxford furono distrutti migliaia di libri. Cambridge subì una devastazione più lenta, ma ancora più completa, di modo che all’inizio del regno della Regina Elisabetta rimanevano appena 177 volumi “tagliuzzati e lacerati”!
Il risultato era inevitabile. Un predicatore protestante, in un sermone pronunciato alla presenza del Re nel 1552, non esitava a dichiarare: “Ecco invadere l’Inghilterra più ceca ignoranza, più superstizione ed infedeltà di quanta mai ne fosse sotto i vescovi di Roma. Il vostro regno (mi dispiace dirlo) sta per divenire più barbaro della Scizia”[11]. Un altro predicatore deplorando il moltiplicarsi delle sètte che sorgevano, come conseguenza inevitabile della politica di Cranmen, lamenta: “Ecco gli Ariani, i Marcionisti, i Libertini, i Davisti e molte simili mostruosità, occorrono ripari contro i settari e gli Epicurei e i pseudo-evangelici, che cominciano a scuotere le nostre chiese con una violenza mai vista”[12].
Una delle ragioni per cui Cranmer aveva ordinato la distruzione dei libri sacri, era la voce che correva all’estero secondo cui i fedeli avrebbero avuto di nuovo l’antico servizio in latino. Occorreva dunque vigilare affinché il popolo “abbandonasse questa vana attesa di avere di nuovo le pubbliche funzioni e la somministrazione dei Sacramenti in lingua latina”.
L’atto steso dal Cranmer, prescriveva la consegna di tutti i libri liturgici latini alle autorità allo scopo di “manometterli e ridurli in stato tale che mai più potessero servire all’uso previsto”. Vi fu un’eccezione. Furono permesse alcune copie in latino e in inglese del Primer di Enrico VIII, purché vi si cancellasse ogni menzione dei santi. Infatti Cranmer detestava i santi quasi quanto la messa e uno dei vantaggi della lingua volgare fu che egli poté cosi pubblicare nuove litanie dalle quali tutti i nomi dei santi – perfino quello della Madonna – poterono essere radiati e rimpiazzati da questa preghiera: “Dalla tirannia del Vescovo di Roma e da tutti i suoi detestabili errori liberaci buon Dio”; cosa che il popolo poteva comprendere facilmente e recitarla ogni mercoledì e venerdì. 
La Santa Tavola
L’anno seguente l’ascensione di Cranmer all’apogeo del potere ecclesiastico, uno dei protestanti stranieri in Inghilterra scrisse trionfante a Bullinger, successore di Zwingli a Zurigo: “Arae factae sunt harae” – gli altari sono divenuti porcili[13]. Questo, non era ancora del tutto vero perché in vari luoghi, gli altari furono conservati da Sacerdoti e comunità devote. Ma nel novembre del 1550, Cranmer fece pubblicare dal Consiglio privato un editto che stabiliva la distruzione di tutti gli altari del regno.
Ormai, dove si celebrava il rito della Santa Eucaristia, era di rigore una tavola di legno.
Nel decreto era incluso un chiarimento di Cranmer che, come ha detto Philip Hughes nella sua opera definitiva sullaRiforma in Inghilterra, “non lascia alcun dubbio sul fatto che una religione era stata sostituita da un’altra religione”. Secondo “alcune considerazioni[14]”: “La forma di tavola è prescritta per portare la gente semplice dall’idea superstiziosa della messa papista al buon uso della Cena del Signore. Infatti per offrire un sacrificio occorre un altare: al contrario, per servire da mangiare agli uomini occorre una tavola. Se veniamo per nutrirci di Lui, per mangiare il suo corpo spiritualmente e per bere il suo sangue spiritualmente, secondo il buon uso della Cena del Signore, nessuno può negare che la forma di tavola si addica meglio di un altare al banchetto del Signore”.
In seguito, Cranmer spiega che, quando aveva conservato la parola “altare” nel suo nuovo Prayer Book, questo significava “la tavola su cui è distribuita la Santa Comunione e che potrebbe quindi essere chiamata altare perché vi si offre il nostro sacrificio di lode e rendimento di grazie”.
L’editto fu applicato rigorosamente. Uno dei vescovi[15] che si era rifiutato di togliere gli altari nella sua diocesi, venne imprigionato e destituito. A Londra, i cambiamenti furono immediati e totali. Il vescovo della città, che era stato cappellano di Cranmer, decise di installare la nuova tavola in modo che solo i comunicandi potessero accedervi. Una cronaca del tempo riferisce che nella Cattedrale di San Paolo “la tavola fu portata, per ordine del vescovo, nel mezzo del coro superiore, con le estremità poste all’est e all’ovest. Dopo il “Credo” veniva tirato un velo in modo che potessero esser visti solo coloro che ricevevano la comunione; le grate del coro a nord e a sud furono murate affinché nessuno potesse rimanervi”[16].
Poiché non c’era Presenza Reale, né Sacrificio, era logico che si cercasse di impedire che quelli che non si comunicavano assistessero all’Eucaristia. Così Cranmer stabilì: “Non ci sarà celebrazione della Cena del Signore a meno che un discreto numero di persone non si comunichi insieme al prete secondo il giudizio di questi; e se non si raggiungerà il numero di venti persone in una parrocchia non ci sarà comunione a meno che quattro o, come minimo, tre non si comunichino insieme al prete. E, per eliminare ogni superstizione riguardo al pane e al vino basterà che il pane sia come quello che si mangia di solito con altri cibi, purché sia il migliore e più puro pane di frumento che si possa avere. E se resta del pane e del vino, il pastore se ne serva per le sue necessità.”[17]
“L’ultima pietra da aggiungere al tumulo sotto cui giaceva l’antica credenza nell’Eucaristia – queste le parole di Philip Hughes – fa l’attacco contro l’uso di ricevere la Comunione in ginocchio. Che cos’era codesto inginocchiarsi, se non idolatria? Venne quindi inserita una rubrica nel nuovo Prayer Book[18], la quale spiegava che “ciò non significava fare o dover fare un atto di adorazione, sia del pane o del vino sacramentali ricevuti corporalmente, sia di una qualche presenza reale o essenziale della carne e del sangue del Cristo”.
La tavola, col tempo, divenne sempre più una semplice tavola che veniva spostata secondo le necessità pratiche. Esplicite istruzioni prescrivevano che in ogni chiesa la santa tavola dovesse essere messa dove era prima l’altare, eccetto al momento in cui si distribuiva la comunione: “allora la si metta all’interno del coro di modo che sia la preghiera, sia il servizio del pastore possano essere seguiti più comodamente dai comunicandi e il ministro possa meglio farsi udire da questi ed essi possano più agevolmente e in maggior numero comunicarsi insieme al pastore. Dopo la comunione la santa tavola sia rimessa dove era prima”.
Un secolo dopo toccò ai puritani portare l’opera di Cranmer fino alla logica conclusione, non solo ricevendo la comunione seduti, ma anche utilizzando la tavola come il posto più indicato per deporre il cappello. 
Il Canone della Messa
La lingua volgare e la Santa Tavola erano il mezzo pratico con cui Cranmer abituava il popolo alle nuove dottrine. La gente poteva ormai comprendere, con l’azione liturgica, che un semplice pasto non era un sacrificio – il Sacrificio- e che esso non implicava niente altro all’infuori della consumazione del pane e del vino comuni. Poteva anche comprendere che ciò veniva fatto in memoria di un avvenimento remoto. Infatti, per coloro che non avevano istruzione religiosa, questi usi erano più suggestivi di ogni insegnamento dottrinario.
Nel breve periodo di cinque anni in cui, sotto il regno di Maria la Cattolica, l’Inghilterra per l’ultima volta tornava alla Fede tradizionale, il cardinal Pole insisteva non solamente sulla restaurazione degli altari e della messa, ma anche delle semplici cerimonie abolite da Cranmer – acqua benedetta, ceneri, olivo benedetto – “con l’osservanza delle quali inizia l’educazione dei figli di Dio”, tanto che la loro abolizione è “il punto iniziale” per gli eretici che tentano di distruggere la Chiesa[19].
Ma il punto centrale dell’opera di Cranmer risiedeva evidentemente nella esposizione teologica delle nuove credenze insite nella nuova forma liturgica. La versione definitiva di quello che un tempo era stata la messa risultava – come ha sottolineato Gregory Dix- non una disordinata offensiva contro un rito cattolico, ma il solo tentativo, per la prima volta compiuto, di dare una espressione liturgica alla dottrina della “giustificazione per mezzo della sola fede”[20]. E, considerata da questo punto di vista, tale versione è un capolavoro.
La logica conseguenza della dottrina protestante fondamentale della “sola fede” era – e resta – l’abolizione dei sacramenti. Le manifestazioni esteriori, ovviamente, non possono essere accettate come cause di grazia. Lutero, naturalmente, lo aveva previsto fin dall’inizio: mentre da una parte aboliva i cinque sacramenti “minori”, attaccava dall’altra l’uso della comunione sotto una sola specie, la transustanziazione, e la dottrina dell’Eucaristia come sacrificio, cominciando così a minare dal di dentro ciò che non poteva negare – visto che il battesimo, non meno che la santa comunione, erano innegabilmente comandati nel Nuovo Testamento. Essendo impossibile sbarazzare il Cristianesimo degli atti esteriori del Battesimo e dell’Eucaristia, occorreva assolutamente svuotarli di ogni reale significato. Su questo punto furono unanimi tanto i protestanti seguaci di Zwingli, quanto i calvinisti e i luterani.
Cranmer non poteva non convenire con la logica di Zwingli “che la dottrina “Sola fides justificat” costituisce il fondamento e il principio per negare che il Corpo di Cristo è realmente presente nel sacramento”[21]; per questo – come abbiamo visto – attaccava la messa con la stessa violenza di Lutero nel suo famoso: “Dichiaro che tutti i bordelli (benché Dio li abbia disapprovati severamente), tutti gli omicidi, uccisioni, ladrocinii, e adulterii, hanno fatto meno danno che l’abominio della messa papista”[22].
La contraffazione della messa operata da Cranmer si trova nei due Prayer Books del 1549 e del 1552. Ma, come i novatori di epoche posteriori, anch’egli pensava che fosse preferibile introdurre le innovazioni gradualmente per non suscitare reazioni immediate[23]; pertanto non c’è dubbio che la versione del 1552 era da lui prevista fin dall’inizio. E poiché “la versione del 1552 fornisce ancora per il 95% la struttura della liturgia (anglicana) attuale”[24], noi non considereremo qui che la liturgia del 1552.
Il canone fu diviso in tre parti: “Preghiera per la Chiesa militante”, “Preghiera della consacrazione” e la cosiddetta “Preghiera dell’oblazione”. La prima corrisponde, grosso modo, al Te igitur, al Memento Domine e al Comunicantes; la seconda a: Hanc igiturQuam Oblationem e Qui pridie; la terza a: Unde et memoresSupra quae e Supplices te rogamus. (Non c’è parallelismo per il Memento etiam, per il Nobis quoque Peccatoribus e per il Per Quem).
Per capire esattamente ciò che fece Cranmer, bisogna considerare nei particolari queste tre parti.
a) La “Preghiera per la Chiesa Militante” 
Eccone il testo: “Dio onnipotente ed eterno che, per mezzo dei santi apostoli, ci avete insegnato a pregarvi, a supplicarvi e a ringraziarvi per tutti gli uomini, vi imploriamo umilmente di accettare con clemenza le nostre offerte e di accogliere queste preghiere che offriamo alla vostra divina maestà, supplicandovi di ispirare sempre la Chiesa universale con lo spirito di verità, di unità, di concordia, e di giustizia. Concedete che tutti coloro che confessano il vostro santo nome siano concordi nella verità della vostra santa Parola e vivano nell’unità e nel santo amore. Vi supplichiamo anche di proteggere e di difendere tutti i Re, Principi e Governanti cristiani e, particolarmente, il vostro servo Edoardo, nostro Re, affinché sotto di lui noi siamo governati santamente e in pace; accordate al suo intero Consiglio e a tutti coloro che servono sotto la sua autorità di amministrare la giustizia con verità e imparzialità, punendo la malvagità e il vizio, e conservando la vera religione di Dio e la virtù. Concedete, o padre celeste, a tutti i Vescovi, Pastori e Vicari la grazia di manifestare, con la loro vita e il loro insegnamento, la vostra Parola vera e vivente e di amministrare i vostri santi sacramenti correttamente e debitamente; donate la vostra grazia celeste a tutto il vostro popolo, specialmente a questa assemblea qui riunita, affinché essa ascolti e riceva la vostra santa Parola con cuore umile e con la dovuta riverenza, e vi serva in vera santità e giustizia per tutta la vita. E vi imploriamo molto umilmente ( o Signore) di consolare e di aiutare, nella vostra bontà, tutti coloro che, in questa vita, sono soggetti al turbamento, alle pene, al bisogno, alla malattia o ad altre avversità. Concedeteci questo, o Padre, per amor di Gesù Cristo, nostro unico mediatore e avvocato. Amen”.
Il cambiamento è abbastanza drammatico. Oltre alle omissioni del Papa e dei Santi, cosa del resto che non meraviglia, è scomparsa del tutto qualsiasi menzione delle oblazioni – haec donahaec munerahaec sancta sacrificia illibata- parti essenziali del Te igitur.
Nell’antica liturgia della Chiesa un posto preminente avevano sempre avuto le offerte del pane e del vino. Leimmaculatam ostia e il calicem salutaris delle preghiere dell’offertorio, come i sancta sacrificia illibata del Te igitur, vengono presentati a Dio con la richiesta di rendere l’offerta in omnibus benedictamratamrationabilem acceptabilemque, per l’imminente miracolo della transustanziazione.
E, come ha dimostrato Jungmann, “è sempre il pensiero della loro imminente transustanziazione che ha motivato l’insistenza sulla loro santità”[25]. Proprio questo era anatema per Cranmer. “Come Lutero, egli credeva che ogni forma di offertorio puzzasse di oblazione”[26]. Abolì, quindi, tutte le preghiere dell’Offertorio, compresa quella che è generalmente considerata la più bella, “Deus, qui humanae”, e così pure ogni menzione dell’oblazione del pane e del vino.
Restava la difficoltà rappresentata dalla presenza del pane e del vino sull’altare, che per il popolo aveva lo stesso aspettoche aveva avuto l’offertorio. Occorreva qualcosa che inculcasse nell’assemblea un’idea completamente nuova. Cranmer la trovò decidendo che i sagrestani facessero la questua in quel momento, e che nella preghiera si parlasse solo delle “elemosine”. Poiché queste non erano né offerte né toccate dal pastore, non c’èra alcun pericolo che fossero considerate una “oblazione” nell’antico significato. Questa manipolazione liturgica era così ingegnosamente concepita da suscitare ammirazione, come ha detto Gregory Dix.
Evidentemente, l’assemblea non sentiva e non comprendeva che il riferimento alle “elemosine”. Era insito nello spirito della riforma che il Canone recitato in silenzio in uso dall’ottavo secolo[27] fosse abolito, di modo che il nuovo canone in volgare ottenesse sul popolo tutto l’effetto previsto.
Ai cambiamenti effettuati con le omissioni, Cranmer aggiunse un’alterazione importante sostituendo il nome del sovrano a quello del Papa.
Sedici anni prima, il re Enrico VIII aveva ordinato delle “Preghiere universali” in lingua volgare grazie alle quali, sotto forma di petizioni abilmente composte, si presumeva di far esprimere al popolo idee politiche e teologiche corrette. Bisognava anzitutto che la gente si rendesse conto che il Re era il capo supremo della Chiesa in Inghilterra. Il Papa doveva essere nominato solo con disprezzo. Le preghiere universali rappresentavano un mezzo utile per commentare i diversi aspetti della vita contemporanea, ma la ragione essenziale per cui furono introdotte è che si voleva sottolineare la funzione del sovrano della Chiesa.
Pur abolendo le preghiere in vigore, Cranmer conservò e mise in risalto il Te igitur, inserendo la preghiera per il Re e per lo stato (di cui la Chiesa non è più che una parte), nel punto in cui si trova la preghiera per il Papa e per la Chiesa[28].
Così la “Preghiera per la Chiesa Militante”, omettendo da una parte ogni riferimento all’oblazione, alla Madonna e ai Santi, al Papa e alla Chiesa cattolica di tutto il mondo e, dall’altra, sostituendovi la preghiera per il capo ad un tempo dello Stato e della Chiesa, serviva da introduzione alla preghiera della consacrazione.

b) La Preghiera della Consacrazione

Nel Prayer Book del 1549 Cranmer faceva precedere le Parole dell’Istituzione dalla preghiera: “Ascoltateci, o Padre Misericordioso, noi vi supplichiamo e, per mezzo dello Spirito Santo e della vostra Parola, degnatevi di benedire e di santificare questi doni, vostre creature di pane e di vino, affinché essi siano per noi il corpo e il sangue del vostro amatissimo figlio, Gesù Cristo!”
Questa formula fu criticata perché suscettibile di essere interpretata nel senso della transustanziazione. Al che Cranmer, indignato, rispose: “Noi non preghiamo assolutamente che il pane ed il vino siano cambiati nel corpo e nel sangue di Cristo, ma che per noi siano così in questo santo mistero; cioè, che noi possiamo riceverli tanto degnamente, da divenire partecipi del corpo e del sangue del Cristo, e che quindi possiamo essere nutriti in spirito e verità”[29].
Nondimeno, benché questa formula rendesse esattamente il senso del rito secondo Zwingli, cioè che il fatto di “mangiare la carne e bere il sangue” si riferisce alla memoria della passione di Cristo e della sua morte, e che l’offerta al Cristo delle nostre anime e dei nostri corpi costituisce il solo sacrificio, Cranmer nel secondo Prayer Book decise di evitare ogni possibilità di malinteso.
Ma, prima di procedere, facciano una digressione.
È senz’altro vero che la parola “nobis” esiste nel Quam Oblationem del Canone Romano: “Degnateci di rendere questa oblazione interamente benedetta, legittima, perfetta, spirituale e gradita, affinché essa diventi per noi il corpo e il Sangue.” Qui pertanto, il senso non si presta ad equivoci, perché la transustanziazione è stata annunciata dai magnifici TeigiturMemento Domine e Hanc igitur, in cui “i doni sacrificali santi e immacolati” sono descritti in termini appropriati all’imminente trasformazione in Corpo e Sangue, di cui noi siamo gli indegni beneficiari. L’omissione, da parte di Cranmer, di questi riferimenti e cambiamenti circa le oblazioni, giustifica la sua protesta: la sua formula, infatti non poteva essere compresa nel senso della transustanziazione. Essa significava semplicemente “per noi”, nei nostri spiriti, non oggettivamente.
Il Nuovo Canone Anafora II imposto oggi alla Chiesa, segue fedelmente Cranmer. Non esiste preparazione alla consacrazione. Dopo il Benedictus, il celebrante dice semplicemente:”Voi siete veramente santo, Signore, la fonte di ogni santità”, per chiedere subito che “queste offerte divengano per noi” il Corpo e il Sangue. “Nel Canone Romano, è impossibile interpretare “nobis” nel senso datogli da Cranmer. Nell’ Anafora II è quasi impossibile interpretarlo diversamente. Il peggio è che, secondo l’istruzione del Consilium, questo Canone, Anafora II, deve essere detto abitualmente e, in più, essere destinato all’istruzione catechistica dei giovani sulla natura della preghiera Eucaristica. Nel luglio 1968, sapendo che molti di coloro che avevano studiato l’opera di Cranmer si preoccupavano seriamente della possibilità che l’Anafora II fosse redatta e fosse applicata in vista di una falsa “unità” con i protestanti – poiché può chiaramente servire a negare la transustanziazione – sul Catholic Herald apparve un appello indirizzato alla gerarchia inglese (perfettamente al corrente di tutta la storia di Cranmer), affinché intervenisse presso il Consilium, e, per dimostrare la sua buona fede, sopprimesse il “nobis”. Non si ottenne nulla e si fu costretti a ricordare che la Riforma Inglese si era affermata in sèguito all’apostasia di tutti i vescovi inglesi, eccetto il solo S. John Fischer.
Ma torniamo a Cranmer e all’opera da lui compiuta per eliminare ogni possibile falsa interpretazione o ambiguità dalla sua preghiera. Ecco il testo della versione del 1552: “Ascoltateci, Padre misericordioso, vi supplichiamo e concedeteci che, ricevendo il pane e il vino, creature vostre, secondo la santa istituzione del vostro Figlio, il nostro Redentore Gesù Cristo, in memoria della sua morte e della sua passione, diveniamo partecipi del suo Corpo e del suo Sangue santissimi”.
Sopprimendo il passo “col vostro Santo Spirito e la vostra Parola, degnatevi benedire e santificare i vostri doni, il pane e il vino, creature vostre, qui presenti, affinché siano per noi il Corpo e il Sangue del vostro amatissimo Figlio Gesù Cristo”, Cranmer esclude ogni possibilità che il dono del Corpo e del Sangue si riferisca al pane e al vino e che il “santificare” comporti effettivamente la presenza divina.
La preghiera della Consacrazione del 1552 comincia così: “Dio onnipotente, nostro padre celeste che, nella vostra dolce misericordia avete donato il vostro unico Figlio Gesù Cristo, affinché patisse la morte sulla croce per la nostra redenzione, il quale con la sua morte, offrendo se stesso in olocausto ha offerto una unica oblazione di completo sacrificio,perfetto e sufficiente per i peccati del mondo intero, ed ha istituito e ci ha comandato nel suo santo Vangelo di celebrare una perpetua memoria della sua morte preziosa, fino a che Egli rivenga”.
A questo punto Gregory Dix fa notare che l’accento è di proposito posto su “la oblazione unica di se stesso offerta una sola volta, sacrificio, poi oblazione e soddisfacimento completo, perfetto e sufficiente per i peccati del mondo intero”, ossia in un lontano passato – sul Calvario -. Fa notare inoltre che la Eucaristia è stata ridotta ad una “memoria perpetua” – la parola è scelta abilmente – “della sua preziosa morte fino a che Egli rivenga (il ri – assente in San Paolo – è stato aggiunto per dimostrare che la “passione” è un fatto che riguarda il passato mentre la “venuta” riguarda il futuro, non l’Eucaristia[30]

c) La Preghiera di Oblazione

La preghiera di oblazione detta immediatamente dopo la comunione del popolo è la seguente: “O Signore e Padre celeste, noi, vostri umilissimi servitori, desideriamo ardentemente che la vostra paterna bontà accetti con clemenza questo Sacrificio di lode e di azione di grazie che vi abbiamo offerto: umilmente vi supplichiamo di concedere che, per i meriti e per la morte di vostro Figlio, Gesù Cristo, e per la fede nel suo Sangue, noi e tutta la nostra Chiesa otteniamo la remissione dei nostri peccati con tutti gli altri benefici della sua passione. Ecco, vi presentiamo e offriamo, o Signore, noi stessi, le nostre anime ed i nostri corpi, affinché essi siano per voi un Sacrificio giusto, santo e vivente; supplicandovi umilmente che noi tutti che siamo partecipi di questa santa comunione, siamo pieni della vostra grazia e celeste benedizione. E, benché indegni a causa dei nostri infiniti peccati di offrirvi un qualsiasi sacrificio, vi supplichiamo di accettare questo servizio santo e doveroso, non valutando i nostri meriti, ma perdonando le nostre offese per Gesù Cristo, nostro Signore, per il quale e con il quale, in unità con lo Spirito Santo, a Voi siano resi ogni onore e gloria, o Padre onnipossente, nei secoli dei secoli. Amen”.
Si noterà che qui Cranmer toglie ogni dubbio sulla sua nuova interpretazione del rito e, nello stesso tempo, con il triplice impiego della parola “Sacrificio”, trae in inganno le anime semplici che, ascoltando il testo in volgare, sono portate a pensare che la nuova messa abbia qualche continuità con l’ antica.
Secondo la concezione cattolica, il Cristo offre al Padre la perfetta oblazione di se stesso e la Chiesa, in quanto suo Corpo, partecipa al Suo eterno atto sacerdotale per mezzo della Eucaristia. Cranmer, deliberatamente, vi sostituisce l’idea che noi offriamo a Dio “noi stessi, le nostre anime ed i nostri corpi”.
Ugualmente, la conclusione “per il quale e con il quale, in unità con lo Spirito Santo, vi siano resi ogni onore e gloria, o Padre onnipotente, nei secoli dei secoli”, sembra evocare (pur essendo totalmente differente) la più grande dossologia della liturgia: “Per ipsum, et cum ipso et in ipso, est tibi, Deo Patri omnipotenti, in unitate Spiritus Sancti, omnis honor et gloria, per omnia saecula saeculorum”. Qui, i cinque segni di Croce, seguiti dalla simultanea elevazione dell’Ostia e del Calice in un gesto d’offerta (ricordo dell’antica cerimonia in cui il celebrante sollevava il Pane consacrato ed il diacono, con le due mani, il grande Calice, per far toccare l’uno all’altro), erano il segno esteriore e visibile dell’offerta a Dio del Sacrificio Accettabile. L’atto dell’elevazione, coincidendo con le parole omnis honor et gloria, compiva la fusione dei simbolismi del linguaggio e dell’ azione, presentando in questo modo una espressione liturgica del significato della messa.
Cranmer vietò i segni di Croce e l’Elevazione, ma conservò approssimativamente le parole che, pur significando una cosa del tutto diversa, davano l’illusione della continuità.
Così il nuovo rito fu plasmato in modo da esprimere la dottrina della Giustificazione per mezzo della sola Fede, dottrina che non poteva adattarsi al senso che si era sempre attribuito ai sacramenti.


La Questione della Giustificazione e la Messa Tridentina

Alla base di tutti gli argomenti che il Concilio di Trento era stato chiamato a trattare, c’era la questione della Giustificazione e si dimentica troppo spesso che il Concilio era stato convocato per appianare le controversie fra cattolici e protestanti. Ma, dopo dibattiti che durarono diciotto anni, ci si rese conto che le divergenze erano insormontabili. Non poteva esserci compromesso tra la dottrina basata sulla scrittura: “Vedete: l’uomo è giustificato dalle opere e non dalla sola fede. La fede senza le opere è morta” (Giacomo Il,24,26), e la dottrina luterana della sola fede, senza la partecipazione della volontà umana.
La definizione di Trento fu promulgata nel 1547: “Se qualcuno dice che l’uomo peccatore è giustificato dalla sola fede come se non fosse richiesto niente altro per ottenere la grazia della giustificazione, e che non c’è nessun bisogno di essere preparati e disposti dal movimento della volontà, sia anatema”.
Alla fine del Concilio di Trento, durante il quale i protestanti promossero ovunque, come Cranmer, nuovi riti che davano un volto all’eresia, la grande necessità per i cattolici fu quella di unirsi e di serrare le file contro le nuove negazioni. Per questo fine, l’antica liturgia, ovunque nella stessa lingua, era uno strumento troppo prezioso che non bisognava perdere. Ne risultò il Messale Romano riformato di Pio V, che fu imposto dall’autorità centrale a tutti i cattolici di rito latino con un atto legislativo senza precedenti[31].
La messa Tridentina fu promulgata da S. Pio V con la Costituzione apostolica Quo primum del 19 luglio 1570. Il santo Papa dichiarava: “Con il nostro presente decreto, valido in perpetuo, noi determiniamo e ordiniamo che mai niente dovrà essere aggiunto, omesso o cambiato in questo Messale”.
Al fine di vincolare i posteri, affermò che “mai, in avvenire, un sacerdote, sia regolare che religioso, potrà essere costretto ad usare un altro modo di dire la messa”.
E, per prevenire una volta per tutte ogni scrupolo di coscienza o paura di sanzioni e censure ecclesiastiche, aggiunse: “Noi qui dichiariamo che, in virtù della nostra Autorità Apostolica, decretiamo e decidiamo che il nostro presente ordine e decreto durerà in perpetuo, e non potrà mai essere legalmente revocato o emendato in avvenire”.
Si può giudicare l’importanza che Pio V stesso attribuiva al suo atto, leggendo queste sue parole: “E se nondimeno qualcuno osasse attentare con una azione contraria al nostro presente ordine, dato per sempre, sappia che incorrerà nell’ira di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo”.
Di tal tenore sono le interdizioni e le censure di S. Pio V, oltre le quali è andato l’attuale Papa con la sua Costituzione Apostolica Missale Romanum del 3 aprile 1969, decretando forme nuove per la messa e sostenendole con la seguente dichiarazione: “Noi desideriamo che i nostri presenti decreti e prescrizioni siano fermi e validi per il presente e per l’avvenire, nonostante, nella misura necessaria, le ordinanze promulgate dai nostri predecessori”.
La Messa Tridentina, voluta e forgiata come arma indistruttibile contro l’eresia, è stata così sostituita da una nuova liturgia che è troppo compatibile con le eresie di Cranmer e seguaci.
Alcuni di noi si chiedono il perché.




NOTA BIBLIOGRAFICA

Per la storia generale dell’epoca, cfr. P. W. Dixon: History of the Church of England from 1529 to 1570, sei volumi dei quali particolarmente il quarto presenta un valore inestimabile. Da leggere è pure: The Reformation in England di Philip Hughes, pubblicato più recentemente, e particolarmente il volume secondo.

Abbondante è la bibliografia sulla personalità di Cranmer. La Parker Society ha pubblicato sull’argomento:
-          Writings and Disputations of Thomas Cranmer relative to the Sacrament of the Lord’s Supper.
-          Miscellaneous Writings and Letters of Thomas Cranmer.

Vi è poi il famoso Memorial of Cranmer di Strype e il Remains of Thomas Cranmer dello Jenkys. Queste ultime opere, insieme con l’edizione Gairdner di Bishop Cranmer’s Recantacyons, possono fornire un indice completo delle idee teologiche del Cranmer. Una esposizione moderna di queste, fornita da un teologo anglicano, è The Shape of the Liturgy di Gregory Dix.
Per i due Prayer Books di Cranmer, si consulterà con profitto l’edizione Everyman: The First and the Second Prayer Book of Edward VI, con introduzione di Bishop Gibson.
Tra le pubblicazioni italiane sull’argomento, va segnalato il bellissimo volume di P. Celestino Testore S.J., intitolato: Il primato di Pietro difeso dal sangue dei Martiri Inglesi.
Nelle note, l’abbreviazione “Defence”, rinvia all’opera del Cranmer intitolata: The Defence of the True Catholic Doctrine of the Sacrament, che è del 1550; e l’altra abbreviazione “Reformatio” indica il nuovo codice ecclesiastico del 1553, che ha per titolo: Reformatio Legum Ecclesiasticarum.



[1] Cranmer, Defence, I. (Vedi la Nota Bibliografica).
[2] Ibid., III.
[3] Reformatio.
[4] The English  Hexempla, pubblicato nel 1805, contiene sei versioni in volgare (del 1380, del 1534, del 1557, del 1582, e del 1611) stampate in colonne parallele. Comprende quelle di Wyclif, di Tyndale e di Cranmer, d’inestimabile valore per uno studio comparato.
[5] La controversia di More con Tyndale comprende il Dialogue concerning Heresies (1529) – da cui è stato estratto questo passo – e la Confutation of Tyndale’s answer (1532 e 1533).
[6] Che la messa sia la rinnovazione incruenta del sacrificio di N.S. Gesù Cristo è evidente da tutta la tradizione e dalle parole che disse agli apostoli nell’ultima cena, con le quali, dopo aver istituito l’Eucaristia, li ordinò sacerdoti: “Fate questo in mia memoria”. Onde il Concilio di Trento, contro i negatori della presenza reale e del sacrificio della Messa, definisce: “Se qualcuno dirà che con le parole: Hoc facite in meam commemorationem (Lc 22,10; I Cor. 11, 24), Cristo non consacrò gli Apostoli sacerdoti o non ordinò che essi e gli altri sacerdoti offrissero il suo corpo ed il suo sangue, sia anatema” (Sess. XXII can . 2; cfr. il Cap. I della stessa Sessione). Nota del traduttore.
[7] Gregory Dix, The Shape of the Liturgy, p. 243 (1944), citando S. Giovanni Crisostomo in Heb. hom., XVII, 3.
[8] I quindici Articoli dei ribelli sono riprodotti nel Cranmer, dello Stryper, Appendice XI. Esistono altre versioni, ma le richieste sopracitate si trovano in tutte. L’ intera questione è riportata in The Western Rebellion of 1549 di F. Rose-Troup.
[9] L’assai lunga e amara lettera da cui è tolto questo passo è riprodotta integralmente in Jenkis, Remains of Thomas Cranmer, vol. II. Un breve riassunto (sei pagine) si trova nel Cranmer del Mason.
[10] A History of  England, vol. IV.
[11] Sermone di Bernard Gulpin, citato nel F.O.W. Hawels Sketches of the Reformation taken from the Contemporary Pulpit.
[12] Original Letters relative to the English Reformation, vol.II, Micronius a Bullinger, (maggio 1950).
[13]John ab Ulnis a Bullinger, in Original Letters, ecc.
[14] Ragioni per cui il banchetto del Signore dovrebbe avere la forma di una tavola piuttosto che di un Altare: stampato integralmente nel “Parket Society”, Cranmer II.
[15] Georges Day de Chichester.
[16] Wriothesley’s.
[17] Rubriche del Prayer Book (1552Communion Service.
[18] La cosidetta “Black Rubric” del Prayer Book (1552).
[19] Il grande sermone di Pole del giorno di S.Andrea 1557, si trova riassunto mirabilmente in The reformation in Englanddi Philip Hughes, vol.2, pp. 246-253.
[20] Gregory Dix, The Shape of liturgy, p. 672.
[21] Stephen Gardiner, vescovo cattolico di Winchester, fatto imprigionare da Cranmer per aver difeso l’Eucaristia, cita la dichiarazione di Zwingli nel corso della sua controversia con Cranmer. Cfr. The Letters of Stephen Gardiner, p. 277.
[22] Werke (ed. Weimar, 1888), XV, p. 773.
[23] Cfr. la lettera pastorale del cardinale Heenan del 12 ott. 1969. “Perché la messa è in evoluzione?” Qui è la risposta. “Sarebbe stato un atto temerario introdurre i cambiamenti tutti in una volta. Era naturalmente più saggio cambiare gradualmente e pacificamente. Se tutti i cambiamenti fossero avvenuti in una sola volta lo schock sarebbe stato troppo forte”.
[24] Gregory Dix, op. cit., p. 669.
[25] Jungmann, Missae Sollemnia, III, p. 62, n.19.
[26] Gregory Dix, op. cit., p. 661.
[27] L’istruzione “Pontifex tacite intrat in canonem” esigeva il Canone a bassa voce, pur non essendo ovunque interpretata come “voce assolutamente impercettibile” (Jungmann, op.cit., p. 9).
[28] È interessante notare che la recente introduzione delle Preghiere Universali nella messa ha, almeno in Inghilterra, lo stesso effetto. Così la prima petizione può essere considerata una preghiera per la Regina e per la famiglia reale di modo che questi, per il posto che le preghiere occupano nella messa, hanno il primo posto.
[29] Cranmer, Works, ed. Jenkyns, III, 146, e Parker Soc., I, 79.
[30] Gregory Dix, op. cit., p. 664.
[31] Gregory Dix, op.cit., p. 619. Questa citazione è tratta da fonte anglicana. Essa mette l’accento sul fatto che per lo storico e per il teologo è ovvio che Trento ha uno status unico, e non è, come affermano troppi lettori superficiali, “né più né meno di qualsiasi Concilio Ecumenico”.

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