ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 21 gennaio 2013

Gran brutti segnali


“Un ordinariato luterano? Brutto segnale”

Una raffigurazione di Martin Lutero
UNA RAFFIGURAZIONE DI MARTIN LUTERO

Il segretario della Federazione Luterana Mondiale respinge l'ipotesi rilanciata qualche giorno fa dal prefetto dell'ex-Sant'Uffizio


Un ordinariato per accogliere i luterani che vogliono tornare in comunione con il Vaticano conservando almeno parte della loro tradizione? L'ipotesi di allargare anche ai seguaci di Martin Lutero la soluzione offerta da papa Benedetto XVI a gruppi di tradizionalisti anglicani era stata suggerita per la prima volta dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani. 

Ma mentre l'idea viene rilanciata dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, monsignor Gerhard Ludwig Müller, inizia già a suscitare – come era accaduto in ambito anglicano – le vive proteste e le preoccupazioni dei partner ecumenici della Chiesa cattolica. 

 La creazione dell'ordinariato – pensato per quei gruppi di anglicani che vogliono entrare nella Chiesa cattolica mantenendo la loro identità peculiare – “non è un'iniziativa di Roma ma è arrivata dalla Chiesa anglicana”, aveva detto Koch lo scorso 30 ottobre. “Il Santo Padre ha cercato una soluzione e, per me, ne ha trovata una di largo respiro, in cui le tradizioni ecclesiali e liturgiche anglicane vengono prese in grande considerazione. Se un simile desiderio venisse espresso dai luterani – aveva aggiunto il porporato –, allora dovremmo riflettere sulla loro situazione. Ma l'iniziativa rimane nelle mani dei luterani”. 

Sull'argomento è tornato recentemente monsignor Müller. Il teologo tedesco scelto da papa Ratzinger per guidare l'ex-Sant'Uffizio ha riconosciuto che “il mondo luterano è diverso da quello anglicano, perché nell'anglicanesimo c'è sempre stata una parte più vicina al cattolicesimo”. Tuttavia questo non impedirebbe alla Chiesa di permettere a gruppi luterani di convertirsi al cattolicesimo, conservando però “le legittime tradizioni sviluppate” nei secoli. 

Per monsignor Müller, nella sua nativa Germania ci sono luterani che sperano di rientrare in piena comunione con Roma e che considerano le riforme chieste da Lutero cinque secoli fa finalmente realizzate con le innovazioni del Concilio Vaticano II. “I protestanti – ha aggiunto – non sono contrari al cattolicesimo, perché hanno conservato molte tradizioni cattoliche”. 

L'ipotesi di un ordinariato luterano è stata però respinta recisamente al mittente dal segretario generale della Federazione Luterana Mondiale,  che riunisce i circa 70 milioni di cristiani luterani. Fermo restando il naturale diritto di ogni singolo credente di convertirsi, la possibile creazione di un ordinariato, secondo il reverendo Martin Junge, non suscita solo “problemi teologici” ma avrebbe anche “profonde ripercussioni ecumeniche”. 

Le Chiese protestanti si preparano a festeggiare il 500esimo anniversario della Riforma nel 2017, e hanno invitato la Chiesa cattolica ad essere parte delle celebrazioni. Ma la creazione di un ordinariato, secondo Junge, “manderebbe il segnale sbagliato alla Chiese luterane che si impegnano ad affrontare l'anniversario della Riforma in un spirito di comprensione e cooperazione ecumenica”. Per questo suscitano “grande preoccupazione” le parole di  Müller dirette a quel “piccolissimo numero” di luterani che desiderano farsi cattolici.
ALESSANDRO SPECIALECITTÀ DEL VATICANO


Dopo 160 anni pace fatta tra cattolici e valdesi

Tanasini e Lucarini
IL VESCOVO DI CHIAVARI ALBERTO TANASINI STRINGE LA MANO A CARLO LUCARINI DELEGATO DELLA COMUNITÀ VALDESE DI CHIAVARI

Chiavari: incontri, strette di mano e una lapide per sanare la ferita

MARCO RAFFAFAVALE DI MALVARO (GE)


Cattolici e valdesi: ieri a Favale di Malvaro, nell’entroterra di Chiavari, è stato compiuto un gesto di riconciliazione atteso da oltre 160 anni dai cristiani evangelici che in questa parte di Liguria alla metà Ottocento avevano dato vita a una piccola comunità di fedeli duramente osteggiata dalla Chiesa cattolica locale. Tanto che alcuni di loro, appartenenti alla famiglia dei Cereghino, erano stati incarcerati, processati e condannati «per aver offeso la religione di Stato».


Una ferita mai rimarginata anche perché dal 1853, nel santuario della Madonna del Rosario che domina la vallata, una lapide murata in chiesa scandisce: «A guardia del cattolico dogma, contro la qui intrusa valdese eresia». Nella coscienza collettiva dei valdesi, queste parole e la storia dei confratelli umiliati dalla Chiesa e ripudiati dai loro concittadini non erano mai state completamente rimosse. Nel corso dell’Ottocento molti dei valdesi di Favale emigrarono nelle Americhe fondando chiese e comunità, mentre dall’entroterra la loro fede si spostò sulla costa, a Chiavari. Gli ultimi Cereghino rimasti a Favale, Teresa e Carlo, fratello e sorella, sono morti quarant’anni fa senza eredi e riposano nel piccolo e malandato cimitero valdese di località Castello. Restava quella ferita da sanare, simboleggiata da quella lapide in chiesa.


Ieri, con una decisione quasi a sorpresa, il vescovo di Chiavari Alberto Tanasini è salito fin quassù per scoprire e benedire una nuova lapide, voluta dai parrocchiani e murata proprio sotto quella del 1853, che prova a chiudere quella pagina antica e dolorosa. «Dove c’è stata incomprensione e sofferenza, là ci siano riconciliazione e pace» si legge nel lungo testo che, poi, sottolinea «il particolare riguardo verso la comunità cristiana valdese» e fa riferimento al «dialogo ecumenico» ispirato dal Concilio Vaticano II. L’occasione è quella, solenne, della festa di San Vincenzo diacono e martire patrono di Favale, e in chiesa c’è una piccola delegazione dei valdesi di Chiavari. «È un gesto importante - dice il delegato Carlo Lucarini - che arriva dopo un percorso di avvicinamento tra le nostre comunità partito a settembre».

A volere quell’incontro era stato il giovane parroco di Favale, don Gianemmanuele Muratore, qui dal 2006, che ricorda: «Un’occasione di confronto e di comunità in cui, tra l’altro, il grande teologo valdese Paolo Ricca ci ha ricordato le “cinque perle” portate dal Concilio Vaticano II al dialogo ecumenico. E da lì è nata l’idea di un gesto concreto che potesse farci fare un passo avanti, anche qui a Favale». Centosessant’anni fa la parabola umana dei valdesi Cereghino fu costellata di umiliazioni ed episodi oggi impensabili che il vescovo Tanasini sceglie di non commentare. «Non sta a noi, oggi, giudicare quegli avvenimenti lontani. La Chiesa ci chiede un gesto di incontro ed è ciò che abbiamo fatto: una mano tesa, che è già stata stretta dall’altra parte».

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