Vaticano: cercasi bancomat extracomunitario
La lettera che ha decretato la chiusura del bancomat in
Vaticano porta la data del 6 dicembre 2012,
ma da più di due anni la Santa Sede era
informata dei problemi legali del bancomat della Deutsche
Bank Spa. E almeno dal novembre 2011 la filiale della banca
tedesca (soggetta alla vigilanza di
Bankitala) sapeva di non essere in regola. Eppure nessuno aveva
segnalato in tempo il pericolo al
Segretario di Stato Tarcisio Bertone che non l’ha presa
bene. Il direttore generale dello Ior, Paolo
Cipriani, è stato chiamato nei giorni scorsi a spiegare
perché non siano state approntate valide
alternative ai pos di Deutsche Bank.
L’impossibilità di accettare pagamenti con il bancomat ai
musei vaticani e nella farmacia si sta
rivelando un problema serio e in tutta fretta si sta
correndo ai ripari. Giovedì scorso il direttore
dell’Aif, l’Autorità di Informazione Finanziaria del
Vaticano, René Brulhart, ha incontrato in via
Nazionale i vertici dell’Area vigilanza della Banca
d’Italia. La riunione istituzionale era fissata da
tempo ma ovviamente buona parte dell’incontro è stato
dedicato all’emergenza bancomat. Brulhart
giocava fuori casa: l’esperto antiriciclaggio a novembre ha
soppiantato la vecchia guardia dell’Aif,
capeggiata dall’ex funzionario di Bankitalia Marcello
Condemi, ispiratore della linea più rigorosa
poi sconfessata da Bertone. Brulhart in Vaticano non è
passato inosservato, sia per l’aspetto da
attore di fiction che per la sua indubbia competenza. Nato
in Svizzera a Friburgo 40 anni fa è stato
descritto generosamente sui giornali italiani come un
cacciatore di patrimoni dei dittatori, a partire
da Saddam Hussein. Il suo bell’aspetto e l’abilità nei
rapporti con la stampa (si è fatto fotografare
abbronzato con le sue Alpi sullo sfondo) ha fatto
dimenticare che l’Autorità da lui diretta per anni
non è quella di un paese come l’Italia ma quella di un
paradiso fiscale come il Liechtenstein.
Il suo sponsor in Vaticano è stato monsignor Ettore
Balestrero, il 46enne sottosegretario ai rapporti
con gli stati esteri.
Nonostante le sue arti diplomatiche, Brulhart non ha smosso
i vertici dell’Area Vigilanza di via
Nazionale dalle posizioni sostenute nel provvedimento del 16
dicembre. Leggendolo si scopre che il
blocco dei pagamenti pos ha poco a che vedere con l’indagine
della Procura di Roma, come
sostenuto dalla stampa italiana. Il provvedimento ripercorre
la storia dall’inizio: “A conclusione
dell'ispezione di vigilanza condotta fra il 24 maggio e il
10 ottobre 2010 è stato contestato a
Deutsche Bank Spa di prestare servizi di pagamento mediante
apparecchiature Pos installate nello
Stato della Città del Vaticano in assenza
dell’autorizzazione ex articolo 16, comma 2, Testo Unico”.
Dopo un carteggio con Deutsche, Bankitalia ha confermato
all’istituto tedesco il 15 novembre del
2011 che “l’offerta di servizi di pagamento tramite Pos
nello stato extra-comunitario (il Vaticano,
ndr) costituisce una prestazione di servizi senza
stabilimento all'estero”. Quindi soggetta ad
autorizzazione, che però non era mai stata chiesta. In pratica
da venti anni la Deutsche
bank aveva
un bancomat senza permesso. “La banca”, prosegue il
provvedimento , “ha presentato il 18 maggio
2012, istanza di autorizzazione a sanatoria per lo
svolgimento dell'attività di ‘convenzionamento’
degli esercizi commerciali”. E la risposta è stata picche.
“Con lettera del 10 settembre 2012 Banca
d'Italia ha comunicato all’intermediario che l’istanza
relativa allo svolgimento di servizi di
pagamento tramite Pos nello Stato della Città del Vaticano
non era suscettibile di accoglimento”.
“Mancando dei presupposti per il rilascio
dell'autorizzazione relativamente all'adeguatezza della
legislazione e del sistema di vigilanza, anche in materia di
antiriciclaggio dello stato
extracomunitario”. Ora il Vaticano può impugnare il
provvedimento al Tar ma intanto deve risolvere
il problema operativo subito. La soluzione è stata
individuata in una banca extra Ue, quindi non
soggetta alla vigilanza di Bankitalia. La Segreteria di Stato sta
esaminando le offerte. In lizza ci sono una banca svizzera e un istituto
americano. Presto i bancomat del Vaticano ricominceranno a
strisciare lontano dagli occhi della Banca d’Italia.
di Marco Lillo in “il Fatto Quotidiano” del 19 gennaio 2013
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