Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il "Corriere della Sera"
ROBERTO FORMIGONI
ROBERTO FORMIGONI IN CONFERENZA STAMPA
Più che a un presidente di Regione Lombardia nel suo ufficio, Roberto Formigoni - almeno per come lo descrive il capo area della Banca Popolare di Sondrio dove aveva un conto - somiglia a un maneggiatore di banconote da 500 euro che, di sicuro, non vengono dai suoi stipendi pubblici ufficiali: «Tra il 2003 e il 2005 - racconta il bancario ai pm il 3 agosto 2012 - mi capitava di recarmi al Pirellone, di essere ricevuto da Formigoni e di avere da lui somme in contanti per importi variabili, compresi tra i 5.000 e i 20.000 euro. I soldi mi venivano consegnati personalmente da Formigoni negli incontri a "quattr'occhi" che avevamo al Pirellone, e servivano per eseguire dei bonifici a favore di Emanuela Talenti» (alla quale il governatore era in quel momento legato).
ROBERTO FORMIGONI IN CONFERENZA STAMPA
L'AMICA E LE BANCONOTE DA 500
«Il taglio delle banconote che Formigoni mi consegnava era generalmente da 500 euro», aggiunge il bancario. «Per consentire di bonificare le somme in concreto trasferite, mi venivano consegnati questi importi in contanti che venivano versati su un conto di appoggio "per cassa" della banca, e usati come provvista per i bonifici a favore della Talenti».
«Il taglio delle banconote che Formigoni mi consegnava era generalmente da 500 euro», aggiunge il bancario. «Per consentire di bonificare le somme in concreto trasferite, mi venivano consegnati questi importi in contanti che venivano versati su un conto di appoggio "per cassa" della banca, e usati come provvista per i bonifici a favore della Talenti».
Perché tutto questo mistero? «Formigoni - riferisce il bancario - non voleva far figurare uscite dal suo conto corrente personale per importi significativi a favore di questa persona». Ma la polizia giudiziaria ritiene «improbabile» questa tesi, perché in altre occasioni Formigoni aveva versato a Talenti molti soldi con normali e tracciabilissimi bonifici bancari dai suoi conti, circa 230.000 euro dal 2003 al 2009: per gli inquirenti, dunque, lo scopo di Formigoni era un altro, far girare il contante che riceveva da Pierangelo Daccò, nel senso che «si può ragionevolmente dedurre che ciò che doveva essere "celato" ad una prima analisi del conto corrente di Formigoni non era il rapporto tra il suo conto e il conto corrente di Talenti, ma la disponibilità, da parte del primo, di denaro contante».
ROBERTO FORMIGONI
FORMIGONI-DACCÒ, CENE DI LAVORO
È un famoso ristoratore, Claudio Sadler, a fare crollare la linea Maginot sulla quale Formigoni si era sempre attestato per contestare l'inopportunità, quanto meno, dell'accettare lussuosi benefit (stimati in 8 milioni di euro dai pm tra vacanze ai Caraibi, aerei, cene, uso di tre yacht e di una villa in Sardegna) da parte di chi, come Daccò, era non soltanto suo amico, ma anche rappresentante in Regione delle richieste economiche di degli istituti privati San Raffaele di don Verzé e Fondazione Maugeri.
DACCO' - FORMIGONIÈ un famoso ristoratore, Claudio Sadler, a fare crollare la linea Maginot sulla quale Formigoni si era sempre attestato per contestare l'inopportunità, quanto meno, dell'accettare lussuosi benefit (stimati in 8 milioni di euro dai pm tra vacanze ai Caraibi, aerei, cene, uso di tre yacht e di una villa in Sardegna) da parte di chi, come Daccò, era non soltanto suo amico, ma anche rappresentante in Regione delle richieste economiche di degli istituti privati San Raffaele di don Verzé e Fondazione Maugeri.
Sadler, interrogato come teste il 27 luglio 2012 sui suoi rapporti con Daccò che presso la sua cantina teneva in custodia una collezione di vini pregiati da 250.000 euro, ricorda che «Daccò chiedeva sempre che gli fosse riservata una saletta, che volle fosse chiamata Don Pedro in suo onore». Qui riceveva i suoi ospiti di alto livello: «Ricordo il presidente Formigoni, Renato Pozzetto, Mario Cal, don Verzé». E il problema è che a quei tavoli non si mangiava soltanto: si pianificava la sanità lombarda.
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COMITATI DI LAVORO
«Formigoni veniva spesso soprattutto in occasione di feste (circa sei-dieci volte in un anno), qualche volta in gruppi più ristretti, sei sette persone, quello che definirei una sorta di comitato di lavoro. Intendo dire che erano per lo più persone della Regione, in genere uomini, e parlavano intensamente di lavoro. C'era spesso il segretario Willy. Raramente è capitato che Formigoni sia venuto da solo con Daccò, il più delle volte c'erano personaggi legati alla Regione Lombardia: Buscemi (ex assessore, ndr), Willy, Perego (il coinquilino di Formigoni,ndr), Simone (l'altro mediatore con Daccò della Maugeri, ndr) e altri. Parlavano di cose che stavano facendo nell'ambito della sanità, di ostacoli politici da superare.
«Formigoni veniva spesso soprattutto in occasione di feste (circa sei-dieci volte in un anno), qualche volta in gruppi più ristretti, sei sette persone, quello che definirei una sorta di comitato di lavoro. Intendo dire che erano per lo più persone della Regione, in genere uomini, e parlavano intensamente di lavoro. C'era spesso il segretario Willy. Raramente è capitato che Formigoni sia venuto da solo con Daccò, il più delle volte c'erano personaggi legati alla Regione Lombardia: Buscemi (ex assessore, ndr), Willy, Perego (il coinquilino di Formigoni,ndr), Simone (l'altro mediatore con Daccò della Maugeri, ndr) e altri. Parlavano di cose che stavano facendo nell'ambito della sanità, di ostacoli politici da superare.
Ricordo che il più autoritario era Formigoni, dirigeva la conversazione o comunque si capiva che era lui che decideva. Qualche volte era un po' "incazzuto". Alle volte ricordo che Daccò e i suoi ospiti avevano anche delle cartellette, dei fogli o documenti che esaminavano e su cui discutevano.
FONDAZIONE MAUGERI BMP
Daccò era sempre molto attento agli umori del presidente, ci teneva che lo stesso fosse sempre contento, e, se qualcosa non andava nelle serata o se il presidente mostrava disappunto per qualcosa, Daccò era molto nervoso e ci trasmetteva una certa tensione. Perego soprattutto era tra i più assidui ospiti di Daccò e avevo la netta sensazione che Perego fosse una sorta di filtro, cuscinetto tra Daccò e Formigoni, in quanto Daccò con Perego aveva particolare confidenza, mentre aveva una sorta di sudditanza verso Formigoni. Questi incontri, che io definirei cene di lavoro, si tenevano con una frequenza di circa due volte al mese e, comunque, non meno di 10 volte all'anno».
IL CONTO? PAGA SEMPRE DACCÒ
E chi pagava il conto? Mai Formigoni, dice il ristoratore (ed è confermato dagli zero versamenti di Formigoni): sempre Daccò, che risulta aver versato a Sadler almeno 177.000 euro. «In tutti questi anni non ho visto altri, pagava sempre Daccò anche quando Formigoni veniva da solo, accompagnato da alcuni ospiti - afferma il ristoratore -, avevamo ricevuto personalmente da Daccò la disposizione che i conti del presidente fossero a suo carico.
E chi pagava il conto? Mai Formigoni, dice il ristoratore (ed è confermato dagli zero versamenti di Formigoni): sempre Daccò, che risulta aver versato a Sadler almeno 177.000 euro. «In tutti questi anni non ho visto altri, pagava sempre Daccò anche quando Formigoni veniva da solo, accompagnato da alcuni ospiti - afferma il ristoratore -, avevamo ricevuto personalmente da Daccò la disposizione che i conti del presidente fossero a suo carico.
Questa regola valeva solo per il presidente. Del resto Formigoni, anche quando veniva senza Daccò, non si preoccupava affatto del conto, e una volta finita la cena si alzava e andava via. Ringraziava e andava senza neppure chiedere quale fosse l'importo. Ordinava peraltro con libertà, bevendo solo champagne del quale è particolarmente appassionato». Guarda caso, solo dopo l'avvio delle prime indagini su Daccò e sul San Raffaele, «è capitato solo due volte che al momento della prenotazione la segreteria di Formigoni ci abbia detto che il conto lo avrebbe pagato la Regione: è successo a giugno/luglio del 2011».
LA CREMA DA VISO DEL CELESTE
La polizia giudiziaria, spulciando i conti bancari di Formigoni, nota che parecchie volte «le operazioni bancarie sono state eseguite con modalità tali da non rendere visibile, ad una normale attività di analisi bancaria dei conti correnti, la disponibilità del contante». In altri «l'operazione è stata svolta da persona diversa da Formigoni ma in nome e per conto dello stesso», per la verità grazie anche al fatto che «la Banca Popolare di Sondrio ha omesso di comunicare all'anagrafe dei rapporti informazioni di natura finanziaria che, riconducibili a Formigoni, avrebbe invece avuto l'obbligo giuridico di comunicare».
La polizia giudiziaria, spulciando i conti bancari di Formigoni, nota che parecchie volte «le operazioni bancarie sono state eseguite con modalità tali da non rendere visibile, ad una normale attività di analisi bancaria dei conti correnti, la disponibilità del contante». In altri «l'operazione è stata svolta da persona diversa da Formigoni ma in nome e per conto dello stesso», per la verità grazie anche al fatto che «la Banca Popolare di Sondrio ha omesso di comunicare all'anagrafe dei rapporti informazioni di natura finanziaria che, riconducibili a Formigoni, avrebbe invece avuto l'obbligo giuridico di comunicare».
Di questo inspiegabile maxi-ricorso di Formigoni al contante ci sono, nelle carte dei pm, esempi grandi (come il caso dei soldi a Talenti) e piccoli. E, paradossalmente, a volte sono proprio quelli piccoli e persino banali a essere più significativi. Nel settembre del 2011 una serie di intercettazioni colgono Formigoni e il suo segretario particolare Mauro «Willy» Villa discettare dell'«acquisto di una crema-viso che il primo chiedeva al secondo di acquistare.
Nel premurarsi di reperire questa particolare crema, Villa evidenzia come Formigoni ne facesse un uso intensivo ("la usa come colla per i manifesti"), avendone acquistate due confezioni poco prima dell'estate e chiedendone l'acquisto di una nuova confezione nel settembre dello stesso anno».
Ogni confezione «costa 50/200 euro, e anche di tali acquisti non vi è alcuna traccia» nella contabilità di Formigoni: «Apparentemente inconferenti con l'attività di indagine - scrivono gli inquirenti -, queste conversazioni assumono invece una particolare valenza: pur nella banalità del loro limitato contenuto, rivelano la dicotomia tra i contenuti dei conti correnti e la reale operatività finanziaria di Formigoni».
LA PELLE (CIELLINA) DELL'ORSI - L’EX AD È UN CATTOLICO ALL’INIZIO E’ VICINO ALLA DC, POI PASSA ALL'UDC MA SEMPRE CIELLINO - LA BUFALA DELLA SIMPATIA LEGHISTA È DOVUTA AL FATTO CHE E’ RESIDENTE A VARESE - INFATTI A DIFENDERLO CI PENSANO TABACCI (“POCO RISPETTO PER LA SUA CARATURA PROFESSIONALE”) E PIERFURBY (“È UNA PERSONA PER BENE”) - MENTRE MARONI LO SCARICA: “È SEMPRE STATO ASSAI PIÙ VICINO A CASINI E ALL'UDC. PER TACER DI BERSANI, PIACENTINO COME LUI E SUO BUON AMICO”…
Paolo Bracalini per "il Giornale"
GIUSEPPE ORSI IN AUTO VERSO IL CARCERE JPEG
Orsi, l'ad di Finmeccanica agli arresti, un manager leghista? A dieci giorni dal voto è un piatto succulento per il centrosinistra messo in difficoltà dagli scandali bancari del Monte dei Paschi di Siena. Ma davvero Orsi sta alla Lega come Mussari al Pd? Più complicato sostenerlo.
GUARGUAGLINI E ORSI
«L'ultimo miglio» per la scalata dei vertici di Finmeccanica si deve certamente alla Lega, come lo stesso Orsi riconosce in una telefonata amichevole a Maroni a fine 2011, non ancora segretario federale ma tra gli sponsor leghisti, da ministro e da varesino, della nomina dell'allora ad di Agusta Westland al posto che era di Guarguaglini, sponsorizzato invece per la riconferma da Tremonti e parte Pdl (Letta) E certamente la Lega (non solo Calderoli ma anche Maroni-Giorgetti, entrambi varesini), ha seguito le vicende di Agusta e Alenia-Aermacchi, aziende «padane» (sedi in Brianza, zona Varese), in cui tra l'altro, da decenni, lavora la moglie di Maroni, mentre nel Cda di Finmeccanica siede l'ex presidente della Provincia di Varese, Dario Galli.
Dunque, se l'ultimo miglio di Orsi è leghista, tutti i chilometri precedenti li ha fatti senza Carroccio (ieri Maroni su twitter è stato chiaro: «Su Finmeccanica oggi faccio partire nuove querele contro la banda dei diffamatori di professione, comincio da Repubblica e Falso Quotidiano»): in larga parte coi risultati ottenuti - con lui Agusta Westland ha raggiunto nel 2011 3,9 miliardi di ricavi, più del 7% rispetto all'anno prima - per il resto, non essendoci manager in aziende pubbliche che non abbiano sponde politiche, grazie agli appoggi di ambienti molto lontani da Pontida.
SEDE FINMECCANICAFINMECCANICADunque, se l'ultimo miglio di Orsi è leghista, tutti i chilometri precedenti li ha fatti senza Carroccio (ieri Maroni su twitter è stato chiaro: «Su Finmeccanica oggi faccio partire nuove querele contro la banda dei diffamatori di professione, comincio da Repubblica e Falso Quotidiano»): in larga parte coi risultati ottenuti - con lui Agusta Westland ha raggiunto nel 2011 3,9 miliardi di ricavi, più del 7% rispetto all'anno prima - per il resto, non essendoci manager in aziende pubbliche che non abbiano sponde politiche, grazie agli appoggi di ambienti molto lontani da Pontida.
«Noi eravamo d'accordo, certo, era un esponente del nostro territorio che andava alla testa di una multinazionale - ha spiegato Maroni -. Ma non dimentichiamo che lui è sempre stato assai più vicino a Casini e all'Udc. Per tacer di Bersani, piacentino come lui e suo buon amico». Si racconta di un'amicizia personale di Orsi con Casini, e un ex big leghista riporta un gossip surreale: «Si dice che Orsi ha fatto le scuole insieme a Casini, andate a controllare...».
Fonti interne ai summit di quei giorni ricordano i molti «dubbi» del quartier generale leghista verso Orsi, considerato un «cattolico, vicino a Comunione e liberazione», corrente che non rientra nella galassia leghista (chiedere informazioni a Formigoni...), e quindi per nulla un leghista.
FINMECCANICACASINI
L'allora viceministro alle Infrastrutture Roberto Castelli, proposto dalla Lega per Finmeccanica e Enel (ma incompatibile per legge come politico), ricorda lo stupore di quando, sui giornali, lesse tra i candidati in quota Lega, proprio Orsi: «Non era uno vicino al partito - racconta Castelli -. Ma è sicuramente un ottimo manager, e quel che sta succedendo è un danno gravissimo per l'azienda e per tutto il Paese».
Le apparizioni dell'ad Finmeccanica in contesti politici, in effetti, vanno cercate nei Meeting di Cl, a Rimini, cui ha preso parte diverse volte, e mai in compagnia di leghisti. È ospite nel 2007, poi nel 2008, poi nel 2010 insieme Sergio Dompè (Fermindustria) e Tajani (Pdl), quindi nel 2011, già ad di Finmeccanica, insieme a Conti (Enel) e Corrado Passera, ancora Ceo di Intesa Sanpaolo e non ministro.
COMUNIONE E LIBERAZIONE E LA COMPAGNIA DELLE LMARONILe apparizioni dell'ad Finmeccanica in contesti politici, in effetti, vanno cercate nei Meeting di Cl, a Rimini, cui ha preso parte diverse volte, e mai in compagnia di leghisti. È ospite nel 2007, poi nel 2008, poi nel 2010 insieme Sergio Dompè (Fermindustria) e Tajani (Pdl), quindi nel 2011, già ad di Finmeccanica, insieme a Conti (Enel) e Corrado Passera, ancora Ceo di Intesa Sanpaolo e non ministro.
«È stata attribuita in maniera maldestra a Giuseppe Orsi una presunta fedeltà leghista, per il solo fatto di essere residente a Varese. Davvero poco rispetto per la sua caratura professionale». Chi lo ha detto? Maroni? No, Bruno Tabacci, ex Udc ed esperto di nomine. Mentre Pier Ferdinando Casini assicura: «Se vogliamo parlare di Orsi ho sempre avuto, come decine di altre persone, l'idea che sia una persona per bene». Questo prima dell'arresto. Adesso, per Casini, Tabacci come decine di altre persone, conviene considerarlo leghista.
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