ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 6 febbraio 2013

Cristo rifiutato emigra? Mentre qui ci si titilla coi banalitantedeschi


Mosca “Terza Roma”?

Quando Costantino trasferì la sede imperiale sul Bosforo, Costantinopoli divenne la “Seconda Roma”, splendida fino all’ottavo secolo, ma non abbastanza da oscurare il mito della “Prima”Caput – questa – di una europea “Res Pubblica Christianorum” in espansione evangelizzatrice e fondamentale protettrice anche dell’ultima avventura missionaria di Costantinopoli tra i Popoli slavi.

Entrati gli Slavi di Kiev in solidarietà coi Normanni di Novgorod divenuti cristiani, ecco che la bandiera della “Rus” scende conquistatrice fin sotto le mura di Costantinopoli, che resiste, ma inizia la sua decadenza, culminante con la resa del XV secolo ai Mussulmani. Tuttavia la “Rus” abbatte tra il X e il XIII secolo il vastissimo regno mongolico dei Cazari, che pur pagani, avevano cambiato il culto del fallo con quello del Talmud. In tal modo inglobò questi Yiddish (detti così perché avevano adattato i caratteri ebraici alla fonetica della loro lingua tradizionale) nell’Impero cristiano, imperniato progressivamente su Mosca, che si dimostra capace di sconfiggere, nel 1380, i barbari asiatici dell’Orda d’Oro.
Contemporaneamente Roma riprende in mano la propria missione evangelizzatrice, ma perde i contatti con l’Oriente per due secoli. Infatti nei decenni seguenti Mosca si impone a tutti i Principati slavi confinanti fino al Baltico e agli Urali e, caduta Costantinopoli, non solo si avanza minacciosa su terre lituane e ucraine, ma con Ivan III si arroga di ereditare – in antagonismo con la Roma papale – perfino la missione di Roma; ecco quindi la “Terza Roma” con il suo “Cesare”, Ivan IV il Terribile, contemporaneo ai fatti tremendi che devastano l’Europa protestante.
Un secolo dopo, sotto la nuova dinastia dei Romanov, anche la crisi religiosa interna cresce, con la rivolta dei “Vecchi Credenti”, per culminare con Pietro detto il Grande (1682-1725), aperto all’influsso protestante, supportato dal monaco Teophane Procoviev. Gli succede la protestante sassone Caterina (1729-1796), che accoglie la massoneria illuminista, saldata, nell’Ottocento, coi fermenti talmudisti (storia, questa, ben narrata da Solgenitsin che fu testimone degli esiti della rivoluzione novecentesca).
Sotto guida ateistica, la “Terza Roma” diventò – con la sua stella a cinque punte – determinante negli equilibri mondiali novecenteschi; negli anni ’70 del secolo scorso, anzi, tenne sotto la minaccia di migliaia di missili con testata nucleare il mondo intero.
Ma proprio allora, mentre il Successore dell’Apostolo Pietro in Roma cade sotto i colpi d’un oscuro complotto (13 maggio 1981), una frana travolge il potere a Mosca: muore Breshnev (1982) , muore Andropov (1984) e il 13 maggio 1984 una spaventosa esplosione distrugge il più grande deposito di missili a Severomorsk.
Prende il potere Gorbaciov, che sostituisce l’ateo Gromyko con il credente Chevardnadze, il quale annuncia l’arresto degli esperimenti nucleari e il ritiro dall’Afganistan. L’8 dicembre 1987 Gorbaciov firma con Reagan l’eliminazione di gran parte delle armi nucleari. Negli anni seguenti Gorbaciov mette inconsapevolmente l’economia sovietica sulla strada del capitalismo e il 9 novembre 1989 assiste al crollo del muro di Berlino. Nel 1991 Boris Eltsin prende il posto di Gorbaciov e si mette sotto l’ala della Banca Mondiale e del Fondo Monetario: tutta la struttura economica e monetaria sovietica viene smantellata e un’oligarchia di sette banchieri amministra il collasso della politica russa, mentre gli Stati Uniti portano la Nato ai confini stessi della Russia e, nello sfacelo della Jugoslavia, intervengono militarmente contro la Serbia cristiana a favore dei mussulmani del Kosovo, e forse anche di quelli del Daghestan e della Cecenia. Ma, a questo punto, 1999, un colonnello, ai più sconosciuto, Vladimir Putin, prende il potere.
Nel 2000 la “Prima Roma” celebra un Anno Santo con partecipazione mondiale. Putin si dimostra credente e invita il Papa in Russia. Ma questo invito non può avere effetto per l’ostilità della gerarchia ortodossa russa, compromessa col decaduto regime persecutore e, soprattutto, con la teologia protestante fin dai tempi dei Romanov.
Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito con Putin al progressivo risanamento economico, alla sottomissione dell’oligarchia finanziaria, alla normalizzazione della partecipazione sociale nella dialettica politica, al contenimento dell’aggressività statunitense e alla ripresa dell’iniziativa russa in politica estera in Asia, in Medio Oriente e anche in Europa. Una potente orchestrazione ha eliminato Berlusconi che procedeva in accordo con Putin per garantire maggiormente sia il fabbisogno energetico europeo sia l’equilibrio pacifico in Medio Oriente, ma i problemi che persuadono all’intesa fra EU e Russia restano insoluti e forse più aggravati e urgenti.
In questo quadro colpisce l’inerzia del centro direzionale della Roma Papale, del suo vago e ondeggiante ecumenismo; colpisce la sua impacciata (e contraddittoria) interpretazione della profezia di Fatima che riguarda la Russia, la sua incomprensione dell’inevitabile (e dimostrato) collasso dell’ipocrita imperialismo materialistico statunitense.
La Chiesa Russa, che durante il regime sovietico dichiarò dieci milioni di fedeli, ora ne vanta almeno cento (e rivendica le radici cristiane dell’anima russa e della sua cultura tradizionale), ma resta impari ai bisogni pastorali ben più impellenti che nella Chiesa Romana.
Ecco un dato più importante della troppo lenta meditazione dei rabbini contemporanei su Gesù, del tutto ininfluenti sulla rischiosa politica sionista, un dato che dovrebbe sollecitare alla massima generosità chi è preminente nel promuovere l’evangelizzazione del mondo: la Roma degli Apostoli Pietro e Paolo, detentrice della condizionata profezia fatimita (13 maggio 1917) che promette la conversione della Russia, ossia la sua perfezionata comunione con il Successore di Pietro.
Ennio Innocenti

Russia, si fortifica l'alleanza "trono-altare"


Putin con Kirill
PUTIN CON KIRILL

I primi quattro anni di patriarcato di Kirill, la sintonia con Putin e Medvedev. La chiesa ortodossa protagonista con il sostegno dello Stato

Kirill festeggia quattro anni da Patriarca e il Cremlino chiede maggiore influenza della Chiesa sulla società. Per l'occasione, Putin incontra il capo della Chiesa russo-ortodosso e invita il Paese a liberarsi da una "primitivo e volgare" concezione della laicità. Medvedev riconosce una "relazione speciale" tra Stato e Chiesa in Russia. Cremlino e Casa Bianca (la sede del governo russo) si sono uniti nel lodare l'operato di Kirill, evidenzia l'agenzia d'informazione del Pime, AsiaNews. Da parte sua il Patriarca ha identificato nella nascita di una "nuova generazione di vescovi" - passati da 200 a 300 - uno dei principali traguardi dei suoi quattro anni di lavoro.

La crescita è legata alla riforma del sistema diocesano realizzato da Kirill, che ha istituito 30 metropolie e quasi 90 nuove diocesi, ordinando 88 vescovi. Sotto il suo patriarcato si è assistito anche a una significativa spinta all'attività pastorale dentro e fuori la Russia. Il capo della Chiesa ortodossa ha visitato finora oltre 100 diocesi di cui alcune più di una volta. Azerbaijan, Armenia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Egitto, Siria, Turchia, Bulgaria, Giappone, Palestina, Giordania e Cipro sono solo alcuni dei Paesi stranieri visitati. Un vero e proprio "patto d'acciaio" tra potere temporale e potere spirituale in occasione del quarto anniversario della sua elezione a Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Il presidente Vladimir Putin, che il 1 febbraio ha incontrato la gerarchia ecclesiastica al Cremlino, ha sottolineato la necessità che alla Chiesa sia data più voce in capitolo su questioni come il "sostegno alla famiglia e alla maternità", "l'istruzione dei giovani", lo "sviluppo sociale" e "il rafforzamento dello spirito patriottico delle forze armate", sottolinea AsiaNews."Al cuore delle vittorie della Russia e dei suo traguardi - ha ricordato Putin, nell'incontro con Kirill - ci sono patriottismo, fede e forza di spirito".

Il capo del Cremlino ha poi invitato la società a liberarsi da una concezione "volgare e primitiva" di laicità per dare alla Chiesa, e alle altre religioni tradizionali, maggiore controllo sulle questioni sociali. Lo stesso Kirill, nel suo discorso, ha ammesso che negli ultimi quattro anni il dialogo tra Chiesa e Stato si è rafforzato e "ha contribuito a risolvere molti problemi" presentatisi nella società. La pensa alla stessa maniera  il capo del governo, Dmitri Medvedev, il quale ha parlato di "relazione speciale" tra il potere politico, quello spirituale e la società. "Spero che questo rapporto si rafforzi e lavori per il bene della nostra patria", ha auspicato il premier dopo la liturgia officiata da Kirill nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca Dopo il crollo dell'Unione Sovietica e la fine dell'ateismo di Stato, il legame tra potere politico e religioso in Russia è andato rafforzandosi. Nel suo terzo mandato presidenziale, inaugurato con le più vaste proteste anti-governative degli ultimi 13 anni, Putin ha cercato l'appoggio sempre maggiore della Chiesa, ritenuta dalla maggior parte dei russi l'istituzione ancora più affidabile di quelle sopravvissute all'Urss. L'appello al rispetto dei valori morali tradizionali e a una spiritualità, che spesso sconfina nel patriottismo, fanno parte ormai del discorso politico quotidiano. Negli ultimi mesi si sono susseguite iniziative legislative ispirate alle battaglie del Patriarcato, come la bozza di legge per il "rispetto dei sentimento religioso" e quella per vietare "la propaganda gay".

Entrambe criticate dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani. In precedenza era arrivata l'investitura da parte del potere religioso allo zar della Russia del terzo millennio, nelle cui mani si concentra una quantità impressionante di potere da quando ha liquidato i cosiddetti nuovi oligarchi, ossia i neo-miliardari che si erano arricchiti con la svendita (voluta dal predecessore Boris Eltsin) delle aziende statali russe e in grado di condizionare fortemente anche la politica. Vladimir Putin, dunque, come  uomo forte della Grande Madre Russia. Per molti, ma non per i leader religiosi che lo hanno "benedetto", un gradino sotto la dittatura. La Chiesa russo-ortodossa ha espresso il suo appoggio anche al giro di vite sull’immigrazione in Russia deciso da Putin.
GIACOMO GALEAZZICITTÀ DEL VATICANO



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