Il teologo Vito Mancuso ha pubblicato un articolo su Repubblica in cui ha mostrato chiaramente il motivo per cui è molto più un riferimento per laicisti e anticlericali di quanto lo sia invece per il mondo cattolico, così come anche altri teologi e preti ribelli (don Andrea Gallo, ecc..).
In cosa consiste secondo noi il loro errore? Riteniamo sia semplice debolezza di fede (cioè mancanza di ragioni e pienezza di dubbi), che si traduce immediatamente in paura verso il mondo (laico) e verso la modernità. Alla base c’è il timore del giudizio della società, il tentativo di evitare qualsiasi confronto
con il laicismo sapendo di non avere (o non avere più) ragioni adeguate
a sostegno della propria posizione come credenti e cristiani. Per
questo questi sedicenti “ribelli” scelgono di passare dalla parte
opposta, conformandosi a quel che il mondo laico sostiene (anche dal
punto di vista bioetico, per esempio) venendo per questo premiati dal mondo. Il teologo Mancuso, il cui pensiero è giudicato da diversi intellettuali come gnostico (vedi Bruno Forte, Gianni Baget Bozzo e Enzo Bianchi), è diventato editorialista di un quotidiano, Repubblica, che “crede nel laicismo” (come spiega in questa intervista il
fondatore, Eugenio Scalfari), il suo successo televisivo è
imparagonabile a quello di altri suoi colleghi ed è giustificato
unicamente dall’aver scelto di non assumere posizioni politicamente scorrette, contrapponendosi
al magistero della Chiesa che però intende seguire definendosi
cattolico. Meglio incoerente nella propria fede che scomodo al mondo,
insomma.
L’esempio perfetto lo ha mostrato recentemente lo stesso Mancuso parlando del dogma dell’infallibilità papale. Esso è poco accettato dal mondo secolarizzato? Benissimo, occorre conformarsi al laicismo e toglierlo di mezzo: «È credibile oggi un dogma come quello dell’infallibilità papale? A mio avviso», dice Mancuso, «esso
finisce piuttosto per allontanare dal sentimento religioso. Io penso
infatti che per la coscienza sia la stessa nozione di infallibilità a
risultare oggi improponibile, quando le stesse scienze
esatte si dichiarano consapevoli di presentare dati sempre sottoposti a
possibile revisione e come tali dichiarabili solo “non falsificati” e
mai assolutamente veri». Tradotto in poche parole: la
secolarizzazione oggi dice che il dogma dell’infallibilità papale è
impresentabile e allora la Chiesa deve mettere da parte la sua dottrina e adeguarsi al mondo, eliminando tutto quello che è difficile da capire.
Da notare poi l’imbarazzante paragone con le scienze esatte….come se
l’esistenza dell’infallibilità papale fosse stata più digeribile durante
il periodo positivista, quando la scienza era ritenuta a sua volta
infallibile!
Prosegue Mancuso: «Viviamo in un’epoca in cui la stessa nozione teoretica di verità
risulta poco credibile, tanto più se si tratta di verità assoluta,
dogmatica, indiscutibile. Ratzinger lo sa bene, e non a caso da tempo
accusa quest’epoca di “relativismo”, ma non è colpa di nessuno se le
cose sono così, è lo spirito dei tempi che si muove e
si manifesta nelle menti dopo un secolo qual è stato il ’900, e occorre
prenderne atto se si vuole continuare a parlare al mondo di oggi».
Tradotto ancora: il laicismo ha problemi anche con l’esistenza stessa
della verità (“verità assoluta” dice Mancuso, come se potesse esistere
una “verità relativa”)? Benissimo, allora è bene prenderne atto, tirare i
remi in barca ed adeguarsi allo “spirito dei
tempi”…basta con la condanna del relativismo, aderiamo anche noi alla
venerazione del dubbio come unica certezza, così il mondo non ci criticherà più! Facile la vita del teologo dissidente…
Poco importa se Mancuso non fa altro che ripetere quel che dice Hans Küng,
uno dei tanti religiosi che non ha retto alle contestazioni
sessantottine alla Chiesa e ha preferito il voltagabbanismo per
assicurarsi una vita tranquilla, coccolato dal mondo secolarizzato. Poco
importa se, come spiega giustamente proprio Mancuso, «dal 1870 a oggi il dogma dell’infallibilità è stato usato solo una volta,
per la precisione da Pio XII nel 1950 quando proclamò il dogma
dell’Assunzione in cielo della Beata Vergine Maria in corpo e anima». L’importante è addolcire la pillola, evitare
di parlare di temi scomodi al mondo, cambiare i nomi alle parole
(modificare infallibilità con indefettibilità, come propone Küng) e
dunque anche il loro significato: il Papa, insomma, dovrebbe dire che
gli piacerebbe essere infallibile, anche se poi di fatto non lo è.
Pensiamo alla lontananza di questa posizione dal Vangelo e dall’esempio di Gesù Cristo, il quale ha proprio scelto invece di essere ”scandalo
per il mondo” e “segno di contraddizione” (Lc 2,34), e proprio per
questo inchiodato alla croce. Mettiamo da parte le illusioni: la vita
del cristiano non è una vita facile, perché sempre risulterà incompreso
dalla società. I teologi mediatici, invece, pur di non essere “segno di
contraddizione” preferiscono cercare il plauso del mondo e combattere la
Chiesa.
Mentre il mondo odia la Chiesa,
inventa menzogne contro Benedetto XVI per screditarne l’autorità,
nessuno critica i teologi cattolici Mancuso e Küng, adorati dalle
associazioni laiciste e portati in trionfo dai media
più anticattolici, applauditi in tutte le trasmissioni televisive e
corteggiati dai principali quotidiani. Eppure Gesù Cristo aveva messo in
guardia i suoi discepoli nel discorso della Montagna: «Guai quando
tutti gli uomini diranno bene di voi [...] Beati voi quando gli uomini
vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e
respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio
dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la
vostra ricompensa è grande nei cieli» (Luca 6,20-26). Questa illuminante riflessione di Antonio Socci
spiegherà sempre perché per seguire il Vangelo non si può cercare
l’applauso del mondo, come invece hanno scelto di fare i nostri amici
cattolici dissidenti (o “adulti”).
La Redazione
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