Tentazione sudamericana per il primo Papa extraeuropeo
L’ipotesi di un Pontefice latinoamericano per dare un forte segnale di cambiamento
ANDREA TORNIELLICITTA' DEL VATICANO
«Quattro anni di Bergoglio basterebbero per cambiare le cose...», sussurra un porporato amico di lunga data dell’arcivescovo di Buenos Aires.
C’è il nome di un cardinale che non entra nelle rose dei «papabili» di questi giorni, a motivo della sua età: quello del settantaseienne gesuita Jorge Mario Bergoglio, di origini torinesi, arcivescovo della capitale argentina. Il candidato che alla terza votazione del rapidissimo conclave del 2005 ottenne una quarantina di consensi risultando il candidato più votato dopo Ratzinger. Negli ultimi anni il suo prestigio si è accresciuto nella Chiesa latinoamericana e anche all’interno del collegio cardinalizio. Non è escluso che possa ancora raccogliere dei voti, ma certamente sarà una delle figure chiave destinate ad avere peso nelle congregazioni generali e sul conclave. Nella sua diocesi, già da tempo la Chiesa va nelle strade, nelle piazze, nelle stazioni per evangelizzare e amministrare i sacramenti.«Tutta l’attività ordinaria della Chiesa si è impostata in vista della missione - ha detto Bergoglio parlando dell’evangelizzazione - Questo implica una tensione molto forte tra centro e periferia, tra la parrocchia e il quartiere. Si deve uscire da se stessi, andare verso la periferia. Si deve evitare la malattia spirituale della Chiesa autoreferenziale: quando lo diventa, la Chiesa si ammala. È vero che uscendo per strada, come accade a ogni uomo e a ogni donna, possono capitare degli incidenti. Però se la Chiesa rimane chiusa in se stessa, autoreferenziale, invecchia. E tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima».
In occasione del concistoro del febbraio 2012, celebrato nel pieno della bufera dei vatileaks, Bergoglio aveva affermato che il «peccato peggiore nella Chiesa» è «l’atteggiamento della mondanità spirituale», nel quale rientrano anche «il carrierismo e la ricerca di avanzamenti». A lui potrebbero guardare coloro che si augurano un significativo cambio di passo.
Della possibilità di eleggere un candidato proveniente dall’America Latina ha parlato il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi: «A mio parere è giunto il momento di guardare anche fuori dall’Italia e dall’Europa e in particolare di considerare l’America Latina».
I questa direzione potrebbero orientarsi anche porporati che sono stati nunzi apostolici in quei Paesi, come il presidente del Governatorato Giuseppe Bertello e il prefetto della Congregazione delle Chiese orientali Leonardo Sandri. Ma anche curiali navigati ormai emeriti come Giovanni Battista Re. Uno dei nomi che viene fatto con maggiore frequenza è quello dell’arcivescovo di San Paolo del Brasile, Odilo Pedro Scherer, 63 anni, un prelato che non ha - e questo potrebbe non giovargli un carattere «latino» e brasiliano. Dal 1994 al 2001 è stato officiale della Congregazione dei vescovi. E oggi è inserito nelle commissioni cardinalizie che sovrintendono lo Ior e gli affari economici e finanziari della Santa Sede. Un altro possibile candidato dell’aerea geografica latinoamericana è l’arcivescovo di Guadalajara, il messicano José Francisco Robles Ortega, 64 anni. Ma i cardinali elettori dell’America Latina voterebbero per un loro connazionale? È possibile che alcuni di loro dirigano le preferenze verso altri candidati, come ad esempio il canadese Marc Ouellet, che ha abitato per molti anni in Sudamerica.
Per quanto riguarda invece i «papabili» europei, nei pourparler si consolidano, in vista delle prime votazioni, le posizioni dell’arcivescovo di Milano Angelo Scola, 71 anni, e dell’arcivescovo di Budapest Peter Erdö, 60 anni.
Un elemento comune che emerge è la voglia di un cambiamento di rotta, innanzitutto nella gestione della Curia romana, ma non solo. In quale direzione attuarlo, sarà oggetto delle discussioni nelle congregazioni generali che iniziano lunedì. La settimana prossima sarà decisiva per sapere quale Papa uscirà dal conclave.
Per quanto riguarda invece i «papabili» europei, nei pourparler si consolidano, in vista delle prime votazioni, le posizioni dell’arcivescovo di Milano Angelo Scola, 71 anni, e dell’arcivescovo di Budapest Peter Erdö, 60 anni.
Un elemento comune che emerge è la voglia di un cambiamento di rotta, innanzitutto nella gestione della Curia romana, ma non solo. In quale direzione attuarlo, sarà oggetto delle discussioni nelle congregazioni generali che iniziano lunedì. La settimana prossima sarà decisiva per sapere quale Papa uscirà dal conclave.
Un ticket per votare il primo Papa latinoamericano
Crescono le quotazioni del brasiliano Odilo Scherer, che diversi porporati curiali - da Re a Sodano - vorrebbero Papa insieme a un Segretario di Stato italiano
GERARD O'CONNELL - ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
Nel 2005, alcuni influenti cardinali curiali avevano lavorato per l'elezione di Joseph Ratzinger. Ora, otto anni dopo, confermano fonti autorevoli interne ed esterne al Vaticano, una nuova «cordata» d'Oltretevere si sta muovendo per portare sul Soglio di Pietro il primo Papa latinoamericano della storia, accompagnato da un Segretario di Stato italiano o argentino di origini italiane. Tra i protagonisti di questa iniziativa ci sono due porporati di peso come il decano del collegio, Angelo Sodano, e il cardinale Giovanni Battista Re. Altri importanti cardinali curiali italiani potrebbero associarsi all'iniziativa.
Il «papabile» di questo gruppo è l'arcivescovo di San Paolo del Brasile Odilo Pedro Scherer, 63 anni, che dal 1994 al 2001 ha lavorato come officiale alla Congregazione dei vescovi e che lo stesso cardinale Re, alla guida di quello stesso dicastero, ha promosso all'episcopato. Scherer è un latinoamericano che gode di buona considerazione, ha un cognome tedesco, ha modi misurati che lo fanno apparire poco «latino», parla bene italiano.
Il suo nome viene fatto circolare tra i cardinali in questi giorni. Nell'intenzione dei suoi sponsor curiali italiani c'è quella di portare per la prima volta un prelato del Sudamerica sul trono di Pietro, potendo allo stesso tempo farlo accompagnare - quasi in un «ticket» - da un Segretario di Stato che conosca bene la Curia romana. Fra i nomi che si fanno per questa seconda carica c'è quello del Prefetto della Congregazione del clero, Mauro Piacenza. Un altro nome che circola per la Segreteria di Stato è quello dell'argentino di origini italiane Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali e già Sostituto durante l'ultima fase di Giovanni Paolo II e l'inizio di Benedetto XVI.
L'idea del ticket non è nuova nella storia recente della Chiesa: è noto infatti che qualcosa di simile accadde nel conclave dell'ottobre 1958, quando alcuni porporati della Curia romana si assicurarono che in caso di elezione il patriarca di Venezia Angelo Roncalli non nominasse Segretario di Stato l'arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, ma scegliesse monsignor Domenico Tardini. Che in effetti venne nominato la sera stessa dell'elezione di Giovanni XXIII. La storia si ripeterà nei prossimi giorni?
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/conclave-22818/
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/conclave-22818/
l prossimo Papa, un missionario?
Nell'analisi del Blog Missione 2.0 la forza dell'evangelizzazione che accomuna molti porporati presenti al Conclave
DOMENICO AGASSO JR.ROMA
Cardinali papabili con esperienza missionaria: si è soffermato su questo aspetto, che accomuna tre Porporati, Gerolamo Fazzini, nel suo blog Missione 2.0.
I Cardinali sono: Philippe Barbarin, Arcivescovo di Lione; Sean Patrick O’Malley, Arcivescovo metropolita di Boston; Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina.
L’analisi inizia da card. Barbarin: «E’ nato in Africa, precisamente a Rabat in Marocco (da famiglia francese) nel 1950», scrive Fazzini; «ha trascorso un breve periodo in Madagascar», ricorda; «nel 2006 si è reso protagonista di un gesto molto significativo, accompagnando l’imam della regione di Rhones-Alpes Azzedine Gaci in pellegrinaggio a Thibirine, sulla tomba dei monaci trappisti uccisi nel 1996 in Algeria».
Ecco poi card. O’Malley (nato nel 1944): «Mostra di aver ricevuto molto dal suo passato “in frontiera”. È stato missionario nelle Isole Vergini, nonché impegnato nell’assistenza alle comunità dei latinos statunitensi. Nel 1984 diventa vescovo nella diocesi di Saint Thomas, nelle Isole Vergini Americane».
Card. Ouellet (nato nel 1944) «può vantare un passato (11 anni) in Colombia come missionario; è accaduto tra gli anni Settanta e Ottanta, sull’asse Bogotá-Cali; insegnava teologia nei seminari della Compagnia dei sacerdoti di San Sulpizio».
«Tutti e tre i personaggi», afferma Fazzini, «hanno alle spalle un’esperienza missionaria significativa. Insomma: tre papabili doc sono pronti, almeno dal punto di vista biografico, a una visione davvero “globale” della missione, avendo fatto esperienza sia dei contesti post-cristiani dell’Occidente che di ambienti più consoni al “primo annuncio”».
Conclave, è caos Oltretevere. E torna l'incubo della pedofilia
di Antonino D'Anna
Lunedì 4 marzo 2013: è questa la data in cui si terrà la prima Congregazione generale che discuterà dei problemi della Chiesa e inizierà a preparare il Conclave che sceglierà il successore di Joseph Ratzinger. I cardinali che stanno arrivando a Roma da tutto il mondo sono di varia estrazione e non tutti hanno le idee chiare. Alcuni hanno poca dimestichezza con l'italiano, oggi lingua franca della Chiesa, “altri nemmeno sanno com'è fatta la Casa di Santa Marta”, dicono ad Affaritaliani da Oltretevere. Non sanno cioè com'è fatto il loro alloggio romano in cui, stando alla Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis del 1996, dovranno dimorare fino a quando non sarà eletto il nuovo Papa e potranno rientrare nelle loro diocesi.
LE VOCI DEL CONCLAVE- Intanto inizia a circolare un po' di colore. Le solite storie: dopo un Papa magro uno grasso (cosa più o meno verificatasi nel XX secolo); uno con la R nel cognome e uno senza (ma dopo Giovanni Battista Montini venne Albino Luciani); uno che è stato in pellegrinaggio a Lourdes nell'anno precedente. Vecchie tradizioni che riprendono a girare in questi giorni di primi contatti e pensieri. E ovviamente, riprende il dossieraggio. Mentre scriviamo Oltretevere iniziano a prendere corpo e a girare voci su questo o quel candidato; e c'è chi ricorda la leggenda sulla presunta espulsione, motivata per “settarismo”, di Angelo Scola – arcivescovo di Milano – dal seminario di Venegono, alla fine degli anni '60. L'accusa per l'allora giovane seminarista di Malgrate sarebbe stata di riconoscere l'autorità di don Luigi Giussani, ma meno quella dei superiori in seminario.
E WIKIPEDIA...- Sulla vicenda, peraltro, si è alzato un polverone finito anche a colpi di modifiche (e discussioni) alla pagina Wikipedia dedicata a Scola. In realtà, Andrea Tornielli – vaticanista della Stampa – spiega che Scola avrebbe lasciato per sua scelta (e dunque niente espulsione) il seminario nell'estate del '69 perché a Venegono non volevano ammetterlo al suddiaconato (ordine minore allora esistente, poi abolito da Paolo VI nel '72), cosa che gli avrebbe permesso di evitare il servizio militare. I superiori non vollero anticiparlo e così il futuro cardinale decise di non entrare a Venegono per l'anno 1969/'70 e – grazie al vescovo di Teramo monsignor Abele Conigli, interpellato per un parere da don Giussani e un amico del Gius, don Francesco Ricci – Scola viene accolto nella diocesi di Teramo, ottenendo il suddiaconato e nel 1970 diventando sacerdote nella diocesi di Teramo.
GEORG CHE FARA'?- Naturalmente gli occhi si sono appuntati adesso su monsignor Georg Gaenswein, atletico segretario particolare di Benedetto XVI al momento trasferitosi a Castel Gandolfo insieme al Papa emerito. La domanda di fondo è: sarà discretamente presente come don Stanislao Dziwisz, il segretario particolare di Giovanni Paolo II oggi arcivescovo di Cracovia e cardinale elettore che il 4 marzo prenderà parte alle Congregazioni? C'è chi è disposto a giurare che sarebbe pronto ad appoggiare un candidato in funzione antibertoniana, ma è lontano da Roma e nei giorni cruciali del Conclave non ci sarà. C'è ancora chi si chiede come mai la sua deposizione al processo Vatileaks sia rimasta secretata, quali fossero i suoi rapporti con Paolo Gabriele, il maggiordomo papale che aveva accumulato casse di documenti. Ma non importa, come non importa che chi conosce bene Ratzinger in piena Vatileaks dicesse: “Piuttosto che cacciare segretario e Segretario di Stato, sarebbe disposto a dimettersi. Sono collaboratori troppo preziosi per lui”. Resta il fatto che adesso Georg è arcivescovo titolare, tra un po' magari sarà inviato a gestire una diocesi in Germania e fra qualche annetto promosso al cardinalato come Stanislao. Ce la farà?
ARRIVA MEA MAXIMA CULPA- Chiudiamo con l'uscita nelle sale italiane, il 20 marzo, di “Mea Maxima Culpa”. Si tratta di un docu-film prodotto dalla HBO ed uscito negli States nel novembre 2012. Il regista è Alex Gibney, vincitore di un Oscar nel 2007, che racconta gli oltre 200 abusi commessi da Lawrence Murphy, prete violentatore di bambini della Scuola per Sordomuti St. John in Wisconsin tra gli anni '50 e i '70. Poi passa a ricordare gli abusi del prete irlandese Tony Walsh e di Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo. Un film che ha suscitato notevoli polemiche negli USA dove la stampa cattolica ha sottolineato come già nel 1973 le vittime abbiano accusato pubblicamente Murphy e portandolo in tribunale nel '75. L'arcidiocesi lo portò all'attenzione del PM di Milwaukee più o meno nello stesso periodo, ma polizia e PM non presero alcuna iniziativa. Murphy venne, peraltro, allontanato dall'insegnamento e la cura d'anime di minori nel maggio del '74 e allontanato da qualsiasi incarico pastorale, finendo per essere trasferito con i parenti a 300 miglia dalla scuola in cui aveva lavorato. Un film che arriva proprio mentre il cardinale Roger Mahony emerito di Los Angeles viene immortalato intento a baciare l'anello al Papa dimissionario. Proprio lui che ha coperto i pedofili nella diocesi californiana negli anni '80.
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