ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 20 marzo 2013

Loquimini nobis placentia



Il 19 Marzo di quest'anno segna l'inizio del ministero petrino di Jorge Mario Bergoglio: tra poche ore egli riceverà il pallio e l'anello piscatorio, quindi celebrerà la sua prima Messa, alla presenza di centotrentadue delegazioni internazionali. 

La stampa, abituata a cogliere i messaggi mediatici, ha già compreso la cifra di questo anomalo pontificato:
Lui che si definisce solo vescovo di Roma indosserà pallio e anello del "pescatore" e con questi simboli - il primo ereditato dal predecessore e il secondo non in oro ma in argento - prenderà il via il pontificato. Il pallio del pastore e l'anello, nella celebrazione che fino a poco più di 30 anni fa ancora richiamava invece simboli regali e si chiamava Messa di 'intronizzazione' o 'incoronazione'. (Ansa)
 Troni e corone sono stati accantonati e deposti già dai predecessori, sostituiti con insegne la cui debole valenza simbolica allude all'altrettanto debole contenuto ch'esse vorrebbero esprimere. Il Papa non è più Rex regum et Dominus dominantium, al pari di Colui dal quale egli trae la propria potestà, né Vicario di Cristo, bensì semplice successore del primo Vescovo di Roma, che presiede alle altre chiese nella carità

Così, lui che si definisce solo vescovo di Roma - per usare le indicative espressioni dell'agenzia Ansa - ha fatto sapere che l'anello piscatorio non è in oro, ma in argento dorato: dinanzi a questo gesto di pauperismo ben sbandierato, ci torna alla memoria la più genuina povertà di San Pio X, che indossava una croce pettorale tempestata di gemme preziose e che solo dopo la sua morte si è saputo essere una copia identica all'originale, venduto per fare la carità ai poveri senza alcun comunicato della sala stampa vaticana. Quel santo Pontefice, allorché era Patriarca di Venezia, soleva salire in treno nella carrozza di prima classe (come si addice ad un Principe della Chiesa), per poi viaggiare in terza e ridiscendere, una volta giunto a destinazione, dalla prima. Oggi si usa viceversa salire in seconda classe, viaggiare nel salottino di prima e poi ridiscendere dalla seconda, facendosi immortalare dai fotografi in gesti tanto ipocriti quanto demagogici.

Il Concilio ha inaugurato l'era del pauperismo, anzi: del miserabilismo, come espressione di avversione alla ricchezza e al potere e facile lasciapassare ideologico. Eppure non si dovrebbe dimenticare che Lazzaro, uno dei più cari amici di Nostro Signore ch'Egli si degnò resuscitare dai morti, era un ricco, così come molti Santi furono ricchi e potenti, e seppero essere distaccati dai beni senza per questo vestire i panni del mendico. Lo stesso Salvatore indossava l'abito dei rabbini, che Lo contraddistingueva come persona rispettabile e di rango. E quanti ricchi, laici ed ecclesiastici, hanno saputo fare del bene alla Chiesa e ai poveri, senza abdicare alla dignità del loro rango: la storia testimonia secoli di beneficenza e di munificenza senza pari, senza scadere negli estremismi ideologici e nelle deviazioni dottrinali dei pauperisti. 

Rinunziare alle scarpe rosse - reminiscenza dei calzari imperiali concessi in uso al Pontefice Romano - per un paio di scarpe borghesi è un modo semplice ma efficace per ribaltare la prospettiva in cui si deve guardare al Papa: emerge l'uomo e si lascia eclissare il Vicario di Cristo, si innalza il servus servorum e di umilia il Rex regum

Ovviamente questa visione del Papato, contagiata anche al più semplice chierico dalla volontà secolarizzante della chiesa conciliare, mostra la propria incoerenza e le proprie contraddizioni proprio nel momento in cui adotta questi facili mezzi modani anziché dare esempio di santità. E non vi è nulla di peggio dell'orgoglio che si ammanta di umiltà, specialmente quando il soggetto di questo orgoglio indebito sottrae il dovuto onore - anche esteriore - a Colui del quale egli è ministro. 

Sacerdoti che si mimetizzano da laici, Vescovi che viaggiano in metropolitana, Cardinali che ritraggono sdegnosi la mano a chi vorrebbe baciarne l'anello, Papi che rinunciano al plurale majestatis e alle insegne loro proprie confermano di non riconoscere, essi per primi, il proprio status di unti del Signore, e di voler imporre la propria tristissima umanità, con le sue debolezze, i suoi difetti, le sue meschinità. Ma nessun cattolico ha mai voluto, nel gesto di baciare la mano consacrata di un sacerdote o genuflettendo dinanzi al proprio Vescovo, onorare quel sacerdote o quel Vescovo, bensì la loro autorità sacra, anzi: Gesù Cristo, ch'essi indegnissimamente rappresentano. 

Ovviamente, per accettare questa visione ordinata voluta da Dio, bisogna riconoscere che vi sia una gerarchia, appunto un potere sacro, nel quale alcuni sono inferiori ed altri superiori, alcuni devono obbedire ed altri comandare e governare, nelle cose materiali e in quelle spirituali. 

San Pietro non indossava la tiara, né il fanone, ma era l'epoca delle catacombe e delle persecuzioni. La Chiesa non è rimasta nelle catacombe, ha conquistato con il sangue dei suoi Martiri, con la dottrina dei suoi Confessori e con la santità dei suoi Papi un ruolo sociale prima nell'Impero e poi nel mondo, ha convertito intere nazioni, Re e sudditi. Ha vestito e nutrito i poveri, protetto i deboli, insegnato agli ignoranti, illuminato i sapienti, ispirato le arti. Essa è veramente il nuovo Israele, che Dio ha colmato di benedizioni facendola assurgere al ruolo di domina gentium.

Privare la Chiesa dei suoi simboli e dei suoi riti più antichi per farla tornare a forza alla semplicità delle catacombe non è cosa nuova: fu tipico del pauperismo delle sette ereticali, che con i simboli e i riti voleva cancellare secoli di magistero, di dottrina, di erudizione, di fede. Esattamente come hanno fatto il Concilio e i suoi eredi senza tiara.

Se tanto sta a cuore a certi ecclesiastici praticare la povertà vera, è sufficiente che si ritirino in convento o nel deserto, sull'esempio di tanti Santi. Questa è la via regia per la pratica della perfezione evangelica, che non è però obbligatoria per meritare il Cielo. L'ascesi, la contemplazione, la mistica chiedono il distacco dai beni materiali e lo spirito di penitenza, ma con la saggezza propria del Cattolicesimo queste discipline distinguono anche le specifiche condizioni e i doveri di stato di chi le vuole praticare: l'eremita, lo sposo, il padre di famiglia, il soldato, il maestro, il sovrano, il chierico, il Prelato. 

Gli eccessi, le stravaganze, le scarpe da città e i paramenti di scarso valore non hanno nulla a che vedere con la povertà di San Francesco, il quale - giova ricordarlo - lungi dal farsi benedire dagli eretici o dal favorire incontri ecumenici con gli Ebrei, univa la pratica della povertà e della penitenza alla predicazione della Verità cattolica. Senza la Fede e la Carità, la povertà è senz'anima e l'umiltà diventa orgoglio.


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