~ CI SCRIVE ACCORATO UN LETTORE ~
In questi giorni terribili, ho ricevuto varie telefonate e messaggi
d’ogni genere tramite tutto l’armamentario della comunicazione attuale:
le persone più lontane dalla Chiesa di Roma erano quelle che mi dicevano
del loro turbamento di fronte al gesto papale. Anche i più agguerriti
nemici della Catholica non possono negare che nel mondo
contemporaneo così piatto, nel globetto dei piccoli diritti, dei
capricci, dei desideri irresponsabili, c’è un’unica eccentrica
istituzione, la Chiesa che parla (che dovrebbe parlare) della morte e
della vita, dell’apoteosi della carne sottratta alla fine umiliante,
della sensualità del mondo (che non va confusa con le banalizzazioni
correnti, che va anzi contrapposta alle astrattezze gnostiche), della
parola evangelica che risuona eterna più dell’arte, dell’immensa
questione del peccato (che non è la caricatura proposta dai laici)...
Ebbene, l’11 febbraio questa eccentricità ha ricevuto un altro duro
colpo. La sacralità del pontefice è stata ridotta a una faccenda di età e
di dimissioni, come per un qualsiasi leader politico. Anche a San
Pietro, la vecchiaia estrema è stata sottratta alla vista, come si fa
nei condomini di mezzo mondo occidentale, imprigionata con qualche
badante. Ecco la gioia dei peggiori: finalmente anche quell’angolo della
terra che non segue la regola del così fan tutti è stato
ridimensionato. Perché poi il sapiente professor Ratzinger si sia
piegato alle regole secolari resta per me un mistero doloroso.
Un papa nascosto come succede ai vecchi nel mondo dei consumi: dopo aver
creato per loro migliaia di prodotti, a cominciare da quelli
farmaceutici e sanitari, li si cancella dallo spazio pubblico. Non sono
belli da vedere, agghindati con quelle tute plasticose, con quei
cappellini ridicoli, con le scarpe da ginnastica colorate come i
ragazzotti, perché bisogna fare sport fino alla fine, frequentare le
palestre più delle chiese, correre goffamente ogni giorno. Li si inganna
con gli eufemismi, «terza età» non è quella gioachimita dello Spirito
ma una categoria di compratori di merci senza glamour. A sentire la
pubblicità, creme e chirurgia plastica garantirebbero una giovinezza
perenne, ma poi, zac, d’improvviso arriva la condanna all’isolamento,
segregati con una persona cui spesso è arduo anche comunicare per via
della lingua straniera: nascosti e in silenzio. C’erano una volta
patriarchi e matriarche che vivevano in case affollate nell’ossequio dei
discendenti e anche nella rabbia malcelata di nuore e generi – perché
no? – in attesa di eredità, comunque c’era vita, affetti e animosità;
adesso anche per i papi sembra affacciarsi la singolare pena della morte
anticipata in vita, della casa-tomba.
Prigionieri che escono soltanto per le innumerevoli analisi prescritte
da medici pilateschi che si affidano alle macchine, trascinati da una
Asl all’altra, per una continua sperimentazione sui loro corpi fragili,
sciupio di quei pochi giorni che restano per infilarsi in stanze
d’ospedale con luci artificiali a sottoporsi alle scansioni
computeristiche dell’interno del corpo. Non si curano i vecchi, si
mantengono in vita per il trionfo dei primari.
San Giuseppe già sul letto di morte in divina compagnia, Sant’Anna
grinzosissima, Padre Pio con la bianca barba e piagato nel corpo erano i
loro eroi e amici, i santi vecchi che testimoniano nella gloria degli
altari che la decadenza fisica comporta compensi d’altro tipo, in un
universo armonico e bello; e se le forze venivano a mancare, miracoli
potevano sempre accadere: Abramo e Sara, carichi di secoli, figliarono
addirittura. Ma la memoria è debole a quest’età, lontano dalle chiese e
dalle immagini dei santi (che del resto cominciano a scarseggiare anche
nelle chiese nuove delle periferie), durante le ore vuote nelle sale di
attesa dei medici di base ci si riempie la testa di nomi enigmatici di
farmaci, di malanni, di terrore dei corpi cui hanno asportato l’anima.
Il dolore è ormai senza riscatto. E senza la consolazione celeste.
I «supercrip» come li chiamano in inglese, i superzoppi, come si traduce
in italiano, sono coloro che afflitti da qualche invalidità puntano a
eguagliare i ‘normali’, son riconosciuti come eroi perché imitano bene i
sani. La Chiesa invece ha sempre affermato che i corpi dei vecchi e dei
malati hanno qualcosa di divino proprio in quanto testimoni della
sofferenza, sono sacri. Con buona pace di Nietzsche, il rovesciamento
dei valori è lì, i vecchi e i malati hanno un posto più in alto nella
gerarchia rispetto ai giovani e ai validi. Anche l’essere umano con il
più schifoso dei morbi merita la venerazione dei santi. E i corpi sacri
dei papi continuavano a esser sacri anche quando si decomponevano tra le
infermità, anche quando si deturpavano per qualche accidente fisico,
anche quando si intorpidivano per la decrepitezza.
«A sua immagine»: il privilegio che divinizza l’uomo vale soprattutto
per storpi, malati, vecchi. Il Cristo con il volto massacrato dalle
torture, che invoca il Padre perché il corpo si sente abbandonato, è
addirittura la migliore rappresentazione del Dio incarnato, l’emblema
del cattolicesimo, quel crocifisso che non a caso irrita tanti moderni
con il mito della salute…
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