ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 15 aprile 2013

Qualunquisti aspiranti papisti


In un articolo pubblicato venerdì scorso sul quotidiano ex papista “Il Foglio”, Mattia Rossi parla della “ininterrotta volontà di Papa Francesco di dare demagogici segnali di discontinuità che si manifestano proprio nella rinuncia o nella sostituzione di abiti o simboli…”. La demagogia di Papa Bergoglio, secondo l’autore dell’articolo, consisterebbe nella rinuncia alla mozzetta bordata d’ermellino, nella volontà di mantenere la croce di ferro, nel non aver voluto mettere le scarpe rosse.
Come pure nel ripristino del pastorale argenteo dell’artista napoletano Lello Scorzelli al posto della grande ferula d’oro in stile Pio IX. Non si tratta di critiche nuove, dato che circolano da giorni su siti web e blog tradizionalisti o sedicenti ratzingeriani (mi auguro che Benedetto XVI non legga i commenti di quei blog, perché certo ne soffrirebbe) i quali, in nome dell’ormai ben nota “dottrina Bush” sulla “guerra preventiva”, appena eletto il nuovo Papa, dall’alto delle loro “cattedre” si sono messi a scrutarne ogni mossa per giudicare su continuità-discontinuità, attratti non dalla parola e dal messaggio del nuovo vescovo di Roma, ma dal suoabbigliamento e dalla gioielleria. Su uno di questi siti, l’ennesimo articolo critico su Francesco si concludeva con l’invito ad abitare l’appartamento papale perché così i romani tornano a essere confortati dalla luce accesa nella stanza del Papa visibile da piazza San Pietro (se il problema è questo e l’esigenza è così sentita si può prevedere una lampadina a basso consumo e accesione a tempo per illuminare la stanza durante le ore serali…). Ovviamente le mie parole valgono anche per tutti quei siti e blog che salutano scarpe nere e croce di ferro come l’avvento di una nuova era e una liberazione dal passato.
Non ho partecipato fino ad ora a questa discussione – un efficacissimo esempio di quella auto-referenzialità della Chiesa che rappresenta uno dei mali denunciati proprio da Bergoglio – perché non sono mai stato attratto da un dibattito che sembra voler ammantare di profondissimi significati semplici questioni di gusto. E come non mi sono a suo tempo esaltato nel vedere riesumata la ferula di Pio IX – limitandomi come cronista a registrarne la ricomparsa – così non cado in depressione ora nel rivedere il pastorale di Scorzelli (che peraltro a me non dispiace). Né ermellini, pizzi, dorature di croci, altezza e preziosità delle mitrie rappresentano ai miei occhi motivi sufficienti per dare del demagogo al successore di Pietro a pochi giorni dalla sua elezione.
Quello che mi ha colpito nell’articolo del “Foglio” è la citazione, anche questa non nuova, di alcune argomentazioni di san Francesco, il quale affermava che “i calici, i corporali, gli ornamenti dell’altare e tutto ciò che serve l sacrificio, debbano averli di materia preziosa”. Come dire al buon Papa Bergoglio: guarda che anche se ti chiami Francesco non devi rinunciare all’oro. Devo dire, da ignorante quale sono in materia liturgica, che non mi sembra di poter riferire queste parole del Poverello di Assisi all’ermellino della mozzetta, al metallo della croce pettorale, né al colore delle scarpe o delle babbucce o alla forma della ferula. Così come non mi sembra che fino ad oggi il nuovo Papa abbia celebrato usando calici di legno o boccali di terracotta.
Permettetemi, per concludere, qualche appunto in merito alla continuità-discontinuità in riferimento all’abbigliamento e alla gioielleria. Ad esempio, la ferula. Ho 49 anni da poco compiuti, e per me quel pastorale di Scorzelli è sempre stato “il bastone del Papa”: l’ho visto per la prima volta impugnato da Paolo VI, quindi da Giovanni Paolo I, poi per 27 anni da Giovanni Paolo II e per due anni da Benedetto XVI. La grande ferula d’oro di Pio IX utilizzata successivamente da Papa Ratzinger (prima l’originale, poi una copia identica realizzata dai fratelli Savi) era usata rarissimamente dai Pontefici, che arrivavano alle celebrazioni in sedia gestatoria senza bastone pastorale e solitamente assistevano alla messa celebrata da altri. Una semplice ricerca di immagini aiuta a capire: Pio XII è stato immortalato con la ferula in occasione dell’apertura della Porta Santa nel 1950, ma non l’ha mai o quasi mai usata in altre circostanze. La grande croce d’oro, insomma, non rappresentava l’usuale bastone pastorale del Papa, semplicemente perché il Papa non utilizzava abitualmente il pastorale.
Con Paolo VI il Papa ha preso a celebrare messa pubblicamente molto di più. Montini chiese al suo cerimoniere Virgilio Noè di risolvere il problema ed ecco arrivare il pastorale di Scorzelli. Usato da quattro Papi. Dov’è la continuità e dove la discontinuità? Se Francesco ritiene di non continuare a usare la grande croce d’oro e preferisce tornare a quella dei Pontefici precedenti è un demagogo?
Veniamo rapidamente alla mozzetta con ermellino: Giovanni Paolo II non la indossò mai. Benedetto XVI ne riprese l’uso. Francesco non ritiene di doverla utilizzare. Dov’è la continuità e dove la discontinuità? Per quanto riguarda le scarpe rosse, Giovanni Paolo II le abolì di fatto, usando sia scarpe nere, sia marroni, sia rosso scuro. Con Benedetto XVI sono state utilizzate di nuovo, riprendendo una tradizione durata fino a Wojtyla, e ora Francesco, che ha i piedi un po’ piatti e usa calzature comode, ritiene di continuare a indossarle nere, come ha sempre fatto prima dell’elezione. Demagogia? Forse che così intende rinunciare al rosso, il colore del martirio? E che dire di Giovanni Paolo II, che non indossava le scarpe rosse ma ha comunque versato il suo sangue in piazza San Pietro? Mi piacerebbe poi sapere in quale libro liturgico o in quale manuale sta scritto che la croce pettorale del vescovo debba essere d’oro e non d’argento o di ferro. Le prime foto ufficiali di Papa Luciani, scattate subito dopo l’elezione, lo ritraggono con una semplice e piccola croce di ferro smaltato. Poi lo convinsero a cambiarla, non senza il suo rammarico, perché quella croce era un dono a lui caro. Francesco ha semplicemente deciso di usare la croce che usava prima, il cui valore – mi pare di poter azzardare nella pur nella mia già dichiarata ignoranza – sta nel segno, non nel metallo di cui è fatta.
Un’ultima parola sull’anello. Qualcuno ha notato che Francesco non ha voluto indossare l’anello del pescatore, quello di considerevoli dimensioni che riproduceva una sorta di sigillo papale, predisposto per Benedetto XVI all’inizio del pontificato dall’allora cerimoniere Piero Marini. Ha deciso invece di usare un anello d’argento dorato quando celebra messa pubblicamente, e di continuare invece a indossare il piccolo anello d’argento che ha sempre portato. Vale la pena ricordare che gli ultimi Papi hanno sempre usato anelli delle fogge più diverse, senza che per questo sia stata messa in dubbio la successione apostolica né si siano levate accuse di demagogia: Pio XII ne usava uno fatto con una pietra di una collana della madre, Paolo VI negli ultimi anni usava il semplice anello d’oro detto “del Concilio” che lui aveva regalato ai padri del Vaticano II, lo stesso portato anche da Giovanni Paolo I. Mentre Papa Wojtyla per 27 anni di pontificato ha continuato a portare il semplice anello a forma di croce che gli venne donato al momento della creazione cardinalizia, nel 1967. Dove sta la continuità e dove la discontinuità? O meglio: ma di che cosa stiamo parlando? Ci rendiamo conto che mentre circoli e circoletti autoreferenziali disquisiscono di queste amenità c’è un Papa che, sulle orme dei predecessori, invita la Chiesa a uscire da se stessa per raggiungere le periferie geografiche ed esistenziali, per evangelizzare?

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