O LE SOLITE FORMINCHIATE PER BUTTARE FUMO NEGLI OCCHI?
Formigoni, neo-presidente di Commissione, fa buon viso a cattivo gioco del rinvio a giudizio: “Ora i giudici dovranno ascoltare anche la mia versione” - Ma la Procura gli contesta associazione a delinquere per corruzione e malgoverno di 16 anni - Gli ex vertici della Fondazione hanno scelto di patteggiare...
Emilio Randacio per "La Repubblica"
ROBERTO FORMIGONISAN RAFFAELE
Nemmeno il tempo di insediarsi, e per il neo presidente della Commissione Agricoltura di Palazzo Madama, arriva l'ora di una richiesta di rinvio a giudizio. L'interessato, Roberto Formigoni, dal canto suo si dice sollevato visto che «ora i magistrati milanesi sentiranno anche la mia versione».
LOGO FONDAZIONE MAUGERIj'accuse a 16 anni di presunto malgoverno.
Lo si intuisce anche dall'imputazione: associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Reati, secondo la procura di Milano, commessi poco dopo il primo insediamento di Formigoni al Pirellone, «dal 1997», e terminati nel novembre di due anni fa. Insieme al potente ex governatore, tutto l'entourage più stretto.
Uomini che hanno condiviso anni di politiche sanitarie, che dalle carte in mano all'accusa, tramutano quello che era il fiore all'occhiello della politica formigoniana in un gioco basato su bustarelle milionarie, intrallazzi loschi, sperpero di fiumi di denaro pubblico. Con Formigoni, nello scandalo Maugeri, c'è Nicola Sanese, ex capo di gabinetto del governatore, Carlo Lucchina, direttore generale della Sanità lombarda, il suo sodale in Comunione e Liberazione, Alberto Perego, e i due «facilitatori», Pierangelo Daccò e Antonio Simone.
FONDAZIONE MAUGERI BMPPIERANGELO DACCO'
Gli uomini, quest'ultimi due, che attraverso consulenze fittizie ottenute dalla Fondazione Maugeri, sostiene la procura, hanno avuto quasi 70 milioni di euro spalmati in 10 anni. Un decimo di questa cifra astronomica, sarebbe servito a garantire «utilità» al governatore.
Quali? Le più disparate. In un minuzioso rapporto della sezione di Pg della procura, gli investigatori si spingono a sostenere come Formigoni praticamente non toccasse i suoi conti bancari, utilizzando come veri e propri «bancomat» Simone e Daccò.
Quali? Le più disparate. In un minuzioso rapporto della sezione di Pg della procura, gli investigatori si spingono a sostenere come Formigoni praticamente non toccasse i suoi conti bancari, utilizzando come veri e propri «bancomat» Simone e Daccò.
Due yacht a disposizione per vacanze o semplici week end in Liguria o in Sardegna. Le più banali spese per il mantenimento delle lussuose imbarcazioni - comprese perfino le focacce e le briosche per la colazione - , venivano saldate dai facilitatori Daccò e Simone. E il primo si sarebbe sobbarcato anche più lunghi e salati soggiorni ai Caraibi durante le feste natalizie, girato una villa in Costa Smeralda svendendola al governatore Formigoni rispetto al suo reale valore.
ROBERTO FORMIGONI OSPITE A BORDO DELLO YACHT DI PIERO DACCO
«Finalmente ora saranno costretti ad ascoltare la difesa», la replica dai microfoni di
Tgcom24 del neo senatore del Pdl, alla notizia della sua richiesta di rinvio a giudizio. «Finora - ha spiegato Formigoni - abbiamo sentito solo le voci dell'accusa che non stanno né in cielo né in terra. Non c'è reato, San Raffaele e Maugeri non hanno avuto un trattamento privilegiato in nulla. Hanno raccontato versione mirabolanti e ora dovranno ascoltare. La mia innocenza verrà dimostrata. Ho sempre governato la Lombardia portando i risultati che tutti conoscono e nel pieno rispetto delle leggi».
ANTONIO SIMONE JPEGTgcom24 del neo senatore del Pdl, alla notizia della sua richiesta di rinvio a giudizio. «Finora - ha spiegato Formigoni - abbiamo sentito solo le voci dell'accusa che non stanno né in cielo né in terra. Non c'è reato, San Raffaele e Maugeri non hanno avuto un trattamento privilegiato in nulla. Hanno raccontato versione mirabolanti e ora dovranno ascoltare. La mia innocenza verrà dimostrata. Ho sempre governato la Lombardia portando i risultati che tutti conoscono e nel pieno rispetto delle leggi».
In realtà, nella richiesta di rinvio a giudizio un primo importante tassello i magistrati milanesi lo hanno già incassato. Tra i 12 imputati per cui si chiede il processo - c'è anche la ex moglie di Simone, Carla Vives, accusata di riciclaggio - , gli ex vertici della Fondazione Maugeri non compaiono. Perché? Semplicemente hanno deciso di patteggiare la pena, previo versamento di un congruo risarcimento. Solo Maugeri ha versato 17 milioni di euro. Un bel vantaggio per la tesi della procura.
Gli ex manager della fondazione pavese, infatti, hanno già messo a verbale che il «prezzo» pagato per le false consulenze a Daccò e Simone, serviva per ottenere delibere favorevoli al centro sanitario convenzionato. Dalla Regione Lombardia sarebbero stati così stanziati in dieci anni circa 200 milioni di euro.
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