ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...
Perché papa Francesco non dà la comunione
Perché, dice, tra i fedeli potrebbero infilarsi dei pubblici
peccatori non pentiti e lui non vuole assecondare la loro ipocrisia. Il
caso dei politici cattolici fautori dell'aborto
di Sandro Magister
ROMA, 9 maggio 2013 – C'è una particolarità, nelle messe
celebrate da papa Francesco, che suscita degli interrogativi rimasti
finora senza risposta.
Al momento della comunione, papa Jorge
Mario Bergoglio non la amministra di persona ma lascia che siano altri a
dare l'ostia consacrata ai fedeli. Si siede e aspetta che la
distribuzione del sacramento sia completata.
Le eccezioni sono
pochissime. Nelle messe solenni il papa, prima di sedersi, dà la
comunione a chi lo assiste all'altare. E nella messa dello scorso
Giovedì Santo, nel carcere minorile di Casal del Marmo, ha voluto dare
lui la comunione ai giovani detenuti che si sono accostati a riceverla.
Una spiegazione esplicita di questo suo comportamento Bergoglio non l'ha data, da quando è papa.
Ma c'è una pagina di un suo libro del 2010 che fa intuire i motivi all'origine del gesto.
Il libro è quello che raccoglie i suoi colloqui con il rabbino di Buenos Aires Abraham Skorka.
Al termine del capitolo dedicato alla preghiera, Bergoglio dice:
"Davide
era stato adultero e mandante di un omicidio, e tuttavia lo veneriamo
come un santo perché ebbe il coraggio di dire: 'Ho peccato'. Si umiliò
davanti a Dio. Si possono commettere errori enormi, ma si può anche
riconoscerlo, cambiare vita e riparare a quello che si è fatto. È vero
che tra i parrocchiani ci sono persone che hanno ucciso non solo
intellettualmente o fisicamente ma indirettamente, con una cattiva
gestione dei capitali, pagando stipendi ingiusti. Sono membri di
organizzazioni di beneficenza, ma non pagano ai loro dipendenti quel che
gli spetta, o fanno lavorare in nero. […] Di alcuni conosciamo l'intero
curriculum, sappiamo che si spacciano per cattolici ma hanno
comportamenti indecenti di cui non si pentono. Per questa ragione in
alcune occasioni non do la comunione, rimango dietro e lascio che siano
gli assistenti a farlo, perché non voglio che queste persone si
avvicinino a me per la foto. Si potrebbe anche negare la comunione a un
noto peccatore che non si è pentito, ma è molto difficile provare queste
cose. Ricevere la comunione significa ricevere il corpo del Signore,
con la coscienza di formare una comunità. Ma se un uomo, più che unire
il popolo di Dio, ha falciato la vita di moltissime persone, non può
fare la comunione, sarebbe una totale contraddizione. Simili casi di
ipocrisia spirituale si presentano in molti che trovano riparo nella
Chiesa e non vivono secondo la giustizia che predica Dio. E non mostrano
pentimento. È ciò che comunemente chiamiamo condurre una doppia vita".
Come
si può notare, Bergoglio spiegava nel 2010 il suo astenersi dal dare
personalmente la comunione con un ragionamento molto pratico: "Non
voglio che queste persone si avvicinino a me per la foto".
Da
pastore sperimentato e da buon gesuita, egli sapeva che tra chi si
accostava a ricevere la comunione potevano esserci dei pubblici
peccatori non pentiti, che peraltro si professavano cattolici. Sapeva
che a quel punto sarebbe stato difficile negare loro il sacramento. E
sapeva degli effetti pubblici che quella comunione avrebbe potuto avere,
se ricevuta dalle mani dell'arcivescovo della capitale argentina.
Si
può arguire che Bergoglio avverta lo stesso pericolo anche da papa,
anzi ancor più. E per questo adotti lo stesso comportamento prudenziale:
"Non do la comunione, rimango dietro e lascio che siano gli assistenti a
farlo".
I pubblici peccati che Bergoglio ha portato ad esempio,
nel suo colloquio con il rabbino, sono l'oppressione del povero e la
negazione del giusto salario all'operaio. Due peccati tradizionalmente
elencati tra i quattro che "gridano vendetta al cospetto di Dio".
Ma
il ragionamento è lo stesso che in questi ultimi anni è stato applicato
da altri vescovi a un altro peccato: il pubblico sostegno alle leggi
pro aborto da parte di politici che si professano cattolici.
Quest'ultima controversia ha il suo epicentro negli Stati Uniti.
Nel
2004 l'allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione
per la dottrina della fede, trasmise alla conferenza episcopale
statunitense una nota con i "principi generali" sulla questione.
La
conferenza episcopale decise di "applicare" volta per volta i principi
richiamati da Ratzinger affidando "a ciascun vescovo di esprimere
prudenti giudizi pastorali nelle circostanze a lui proprie".
Da Roma il cardinale Ratzinger accettò questa soluzione e la definì "in armonia" con i principi generali della sua nota.
In
realtà i vescovi degli Stati Uniti non sono unanimi. Alcuni, anche tra i
conservatori, come i cardinali Francis George e Patrick O'Malley, sono
riluttanti a "fare dell'eucaristia un campo di battaglia politica".
Altri sono più intransigenti. Quando il cattolico Joe Biden fu scelto
come vicepresidente da Barack Obama, l'allora vescovo di Denver Charles
J. Chaput, oggi a Filadelfia, disse che l'appoggio dato da Biden al
cosiddetto "diritto" all'aborto è una grave colpa pubblica e "quindi per
coerenza egli si dovrebbe astenere dal presentarsi a ricevere la
comunione".
Sta di fatto che lo scorso 19 marzo, nella messa
d'inaugurazione del pontificato di Francesco, il vicepresidente Biden e
la presidente del partito democratico Nancy Pelosi, anch'essa cattolica
pro aborto, facevano parte della rappresentanza ufficiale degli Stati
Uniti.
E tutti e due hanno ricevuto la comunione. Ma non dalle mani di papa Bergoglio, che se ne stava seduto dietro l'altare.
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Il libro:
Jorge Bergoglio, Abraham Skorka, "Il cielo e la terra", Mondadori, Milano, 2013.
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La
controversia negli Stati Uniti sul dare o no la comunione ai politici
cattolici pro aborto, con il testo integrale della nota di Ratzinger del
2004:
> Il vice di Obama è cattolico. Ma i vescovi gli negano la comunione (27.8.2008)
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Quando papa Francesco dà la comunione a quelli che lo assistono all'altare, la dà in bocca e mentre sono inginocchiati.
Proprio come faceva Benedetto XVI con tutti.
Nel suo libro-intervista del 2010 "Luce del mondo", Joseph Ratzinger motivò così questa sua scelta:
"Non
sono contro la comunione in mano per principio, io stesso l'ho
amministrata così ed in quel modo l'ho anche ricevuta. Facendo sì che la
comunione si riceva in ginocchio e che la si amministri in bocca, ho
voluto dare un segno di profondo rispetto e mettere un punto esclamativo
circa la presenza reale. Non da ultimo perché proprio nelle
celebrazioni di massa, come quelle nella basilica di San Pietro o sulla
piazza, il pericolo dell'appiattimento è grande. Ho sentito di persone
che si mettono la comunione in borsa, portandosela via quasi fosse un
souvenir qualsiasi. In un contesto simile, nel quale si pensa che è
ovvio ricevere la comunione – della serie: tutti vanno avanti, allora lo
faccio anch'io – volevo dare un segnale forte. Deve essere chiaro
questo: 'È qualcosa di particolare! Qui c'è Lui, è di fronte a Lui che
cadiamo in ginocchio. Fate attenzione! Non si tratta di un rito sociale
al quale si può partecipare o meno'".
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350515
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