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domenica 5 maggio 2013

Pop vibration?


Quella vibrazione pop di due Papi a passeggio che potrebbe funzionare

Certo, se anziché il piccolo e austero monastero Mater Ecclesiae in fondo ai giardini, tra alberi da frutto e orti biologici,Benedetto XVI avesse scelto l’abbazia di Le Barroux, il nascondimento sarebbe stato totale e definitivo. Là, tra lavande in fiore e canti in gregoriano magistralmente eseguito, Ratzinger avrebbe potuto coronare il sogno di una vita: ritirarsi come un monaco, nella famiglia benedettina che lui tanto apprezza. Ma il teologo bavarese ha preferito rimanere entro quel chilometro quadrato che è la superficie della Città del Vaticano. Il perché lo ha spiegato lui stesso, nell’ultima udienza generale prima di partire alla volta di Castel Gandolfo: “Non ritorno alla vita privata, non abbandono la croce. Non porto più la potestà degli uffici per il bene della chiesa, ma resto nel recinto di San Pietro” per sostenere con la preghiera la chiesa.

Dopo sessantadue giorni di riposo sul lago Albano, è tornato a casa, accolto dal suo successore Francesco. I due Papi di nuovo insieme, uno vicino all’altro, sorridenti e sereni come era già accaduto a fine marzo, quando il neoeletto Bergoglio andò a trovare “il venerato predecessore” nella villa pontificia fuori Roma. Abiteranno a pochi metri di distanza, l’emerito nel monastero riadattato e il regnante in un residence spartano. Una situazione nuova, inedita, strana che ha fatto storcere il naso a qualcuno: e se i due si incontrassero mentre fanno due passi nei giardini? Si sa che entrambi sono affezionati alla grotta di Lourdes, davanti alla quale Benedetto si raccoglieva in preghiera ogni pomeriggio in completa solitudine. “L’impressione che si può ricavare dall’esterno è che l’emerito possa in qualche modo influenzare, suo malgrado, il successore”, ha detto ieri un pensieroso Vittorio Messori in un’intervista alla Stampa. Situazioni di protocollo che complicano la convivenza: “L’idea dell’emerito che viene considerato come il consigliere non mi piace”, aggiunge lo scrittore cattolico. Ecco perché sarebbe stato meglio se il Pontefice tedesco avesse deciso di chiudersi in qualche monastero lontano da quegli ambienti che per più di un ventennio come cardinale e per otto anni come Papa ha frequentato. Per non disturbare il successore, nel pieno dei suoi poteri. Paure cui fanno da contraltare i comportamenti dei due Papi – pregano insieme, si salutano, si scambiano cordiali telefonate – e l’apprezzamento popolare per quella strana coabitazione. Immagini e scene che hanno già fatto breccia nel muro del sentimentalismo pop: eccoli lì, vicini, vestiti uguale, che passeggiano parlottando a bassa voce. E’ una situazione nuova, mai vista nella bimillenaria storia della chiesa. Ma nella sua storia la chiesa più di una volta è andata incontro a situazioni inedite. Anche di recente, come quando Paolo VI decise di pensionare i vescovi diocesani al compimento del 75esimo anno d’età. Una norma che anche l’arcivescovo di Milano, Giovanni Colombo, non mandò giù tanto facilmente. Non era d’accordo con la scelta di Montini, ma ubbidì. Non era l’unico perplesso: due vescovi nella stessa diocesi, quello emerito che guarda e controlla ciò che dice il successore? Troppo imbarazzo, troppo difficile una coesistenza, dicevano i più riottosi ad accettare la svolta. Qui si governa uno alla volta, ripetevano i tradizionalisti, riecheggiando antichi motti di Casa Savoia.
Quarant’anni dopo, non solo la convivenza tra vescovo emerito e vescovo in carica è diventata la consuetudine, ma si è applicata al più alto livello: due Papi che si consultano al telefono e si rilassano tra le aiuole floreali dei giardini vaticani.

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