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domenica 2 giugno 2013

Francesco come Roncalli

 Francesco riprende molti elementi della «visione di papa Giovanni», in particolare «l'approccio profetico alla Chiesa, non più istituzione chiusa ma aperta, che si mischia con il mondo, con i poveri e le situazioni di marginalità». Lo afferma lo storico Giovanni Sale, del collegio degli scrittori della Civiltà cattolica, in una conversazione con l'Ansa a 50 anni dalla morte di Giovanni XXIII. Padre Sale rileva anche che la «rinuncia di Benedetto XVI ha reso possibile una fase nuova», «una accelerazione della fase di applicazione del Concilio, nei suoi principi di collegialità, vicinanza al mondo, dialogo con le culture». «Penso che la svolta del Concilio di cui ha parlato Alberigo con una espressione criticata da molti storici - ha commentato padre Sale - si stia attuando adesso, dal punto di vista istituzionale, ecclesiale, che si stia assimilando, con una nuova coscienza, lo spirito del Concilio». E questo, rimarca, avviene con il primo papa che «non ha partecipato al Concilio, ma che imprime una «accelerazioni alla fase esecutiva» di questo. Con papa Francesco, riassume Sale, «stiamo assistendo a una svolta non in discontinuità con la tradizione, ma in profondo radicamento e attuazione dello spirito conciliare e giovanneo». «Il punto focale della esperienza di Giovanni XXIII - sottolinea lo storico gesuita - è la Pacem in terris, con il riconoscimento delle istituzioni internazionali, e per la prima volta in un documento papale, il riconoscimento ufficiale dei diritti che venivano riconosciuti in sede Onu». L'ultima enciclica di Roncalli ben esprime «un avvicinamento della Chiesa al mondo, nel senso più ampio, più globale possibile. Tutto questo - commenta padre Sale - ha aperto le porte della Chiesa, un nuovo umanesimo, e tutto quello che oggi viviamo ha il suo inizio proprio in questo». Con Roncalli e dal Concilio si sviluppa una Chiesa più legata al Vangelo che alla politica, «c'è dialogo, non contrapposizione, diversamente dalla Chiesa pacelliana - sottolinea il padre gesuita - si guarda alla politica con maggiore libertà». Negli anni Sessanta in Italia nasce «all'interno del mondo cattolico una riflessione rapporto tra cristianesimo e socialismo» e se la «svolta» di cui ha parlato Alberigo riguardava la politica italiana, «il pontificato di Francesco per la Chiesa rappresenta una svolta sul piano globale». Non che papa Giovanni fosse un impolitico, spiega padre Sale, «durante gli anni nelle nunziature, per esempio in Turchia, fece esperienze significative, di una politica non strettamente legata al `particulare´: papa Giovanni aveva presente che soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, la Chiesa dovesse entrare in un contesto internazionale molto largo, e il fatto che ci fosse un primato del resto del mondo sulla politica italiana è la svolta copernicana di Giovanni XXIII».  
L'apertura al mondo del Concilio, l'ecumenismo di Roncalli, il suo rapporto con la Chiesa d'Oltrecortina, da una parte affondano nelle esperienze diplomatiche del «papa buono», dall'altra trovano il loro fulcro nella Pacem in terris. Nella enciclica, sottolinea padre Sale, «non c'è un semplice pacifismo, ma una considerazione larga del problema della pace in un contesto internazionale e in evoluzione rispetto alla minaccia atomica». Inoltre c'è «l'impossibilità della nozione di guerra giusta come la riteneva la morale cattolica tradizionale». 
Giacomo Galeazzi
http://www.lastampa.it/Page/Id/1.0.2266182709

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