di L. P.
A Sua Ecc.za Mons. Domenico Mogavero
Vescovo di Mazara del Vallo
Monsignore Rev.mo:
fra i tanti passaggi interessanti che costellano il libro “Vaticano Massone – G. Galeazzi/F. Pinotti – Ed. Piemme 2013”, mi è parso importante coglierne tre, relativi ad altrettante sue affermazioni rese in un’intervista agli autori e riportate nel libro citato.
Sono tre aspetti culturali su cui credo sia necessario puntualizzare perché si prestano, per la loro peculiarità, ad essere dibattuti ed anche controbattuti in quanto, secondo il mio parere suffragato da motivazioni, essi non disegnano la vera realtà che si vuol loro accreditare, ma esprimono una visione che non mi vieto di definire “conformista” e allineata in pieno sentire postconciliare.
E cioè:
Premetto che questo argomento non sarebbe, di per sé, pertinente al commento di cui in appresso, ma ciò che mi spinge ad esaminarlo è la patente e universale pesantezza di giudizio etico che lo caratterizza rispetto ad altri e più gravi casi.
Pertanto, le contesto – col rispetto che Lei merita - quanto afferma riguardo l’uomo di cui non mi sento però di fare né l’apologìa né l’accusa per taluni suoi comportamenti considerati indegni di un pubblico personaggio, i quali comportamenti però, se la magistratura, usa a scrutare dal buco della serratura “alcuni” italiani, non avesse sentito l’uzzolo di sbatterli sulla piazza, sarebbero rimasti fatti interni, pertinenti alla riservatezza della persona e senza destare effervescenza e clamore.
Mi indigna la diversità di giudizio che opinionisti, censori e moralisti hanno adottato per casi analoghi e più gravi. Stupisce, però, che sia stata la stessa Chiesa, per bocca del cardinal Bagnasco – presidente CEI – ad aver dato il via alla profluvie di esecrazioni e di reprimende – così come la sua, Monsignore - quando lo stesso prelato, nell’ottobre del 2010 s’era sentito di elogiare la condotta di “esemplare cattolicità” (!) di un pubblico sodomita regolarmente “fidanzato” ad un uomo, quale risulta essere il governatore della Puglia, Nichi Vendola, augurandogli addirittura “la presa del potere politico”.
Stupisce, e indigna che, mentre si indaga tra le lenzuola di Berlusconi, il cardinal Ruini trovi naturale, e morale, dispensare la Santa Comunione allo stesso Vendola, in quel di Barianticipando lo stesso cardinale Bagnasco che, sabato 25 maggio scorso, nella chiesa del Carmine, a Genova, in occasione di un parossistico baccanale – le esequie, cioè, del tristo don Gallo Andrea - officiato in una blasfema atmosfera di gazzarra, turpiloquio e sacrilegio, ha comunicato il Corpo e il Sangue di Cristo a un altro celebre, pubblico ed impenitente peccatore, ateo e buddista dichiarato, tale Vladimiro Guadagno in arte “Luxuria” – nomen omen!
Riguardo alla segnalazione che Lei, Monsignore fa dei grandi politici che, nel dopoguerra rappresentarono degnamente l’Italia nel consesso interno ed estero, sarebbe da verificare se davvero, prendendo ad esempio di probità e di integrità morale il De Gasperi o il Moro o il Colombo, o lo Scalfaro o l’Andreotti, questi siano stati, effettivamente, grandi e meritevoli davanti alla storia e, soprattutto, davanti a Dio.
Dei primi due si vocifera, da tempo, di un processo di beatificazione.
Il primo – fondatore della Democrazia Cristiana – in un discorso del 1944, citato dal segretario DC Benigno Zaccagnini nel 15 agosto 1975, non ebbe remore a paragonare Cristo a Marx in nome della comune origine israelitica, dell’ispirazione internazionalistica, del messianismo e dello spirito di rivolta contro lo Stato (cfr. Il Borghese, 3/9/1975). Per un futuro beato ciò non sarebbe – se ancora fosse in vigore, l’“advocatus diaboli” – titolo e benemerenza cattolica e apostolica. Ma tant’è, perché Giovanni Paolo II, beato, non si peritò (cfr. Osservatore romano10 settembre 1998) di mettere Cristo nel mazzo dei grandi fondatori di religioni – quelli che E. Schurè chiama “grandi iniziati” – quali Zoroastro, Buddha, Maometto, Lao Tse, Confucio - i quali “hanno realizzato con l’aiuto dello Spirito di Dio, una più profonda esperienza religiosa”!!!
Il secondo, Aldo Moro, oltre a tramare un governo con il PCI - quello che se non fosse stato sconfitto dai cattolici “tradizionalisti” (i “bigotti”, contro cui ha tuonato recentemente Papa Francesco I) - avrebbe, nel post 18 aprile 1948, trasformato l’Italia in un grande gulag – ebbe a sottolineare, in morte di Giuseppe Stalin (1953), il sanguinario e satanico macellaio dell’umanità, “che, certo, un grande vuoto si è determinato nel mondo” (Romano Amerio –Zibaldone - ed. Lindau 2010 – pag. 29). Sarebbe stato il caso di cantare un Te Deum, altro che commuoversi, caro futuro beato! Dovremmo ricordare, a margine della tragica e compassionevole sua morte, che sant’Agostino spiega bene che il “martirio” non è tale per la morte in sé, ma per la “causa” che l’ha provocata. Ciò valga per i postulatori.
Del terzo grande statista, il senatore Emilio Colombo, è nota la penosa vicenda della cocaina che, lo si dica, tra i parametri del giudizio morale è molto ma molto più grave che una copula berlusconiana, ma la consorteria e la fratellanza hanno anche cancellato dalla memoria degli italiani, e dei cattolici, che costui fu presidente del Consiglio al tempo della promulgazione della delittuosa legge sull’aborto, la 194 - G. U. 22 maggio n. 140 anno 119 - il giorno in cui la Chiesa celebra santa Rita da Cascia.
E che dire del defunto ex presidente Scalfaro, magistrato reso famoso per aver condannato a morte due giovani piemontesi, a ridosso della cosiddetta “resistenza” e di cui le cronache, rievocando anche la faccenda dei 100 milioni mensili percepiti dai servizi segreti, si sono interessate, timidamente sollevando la coltre dell’ipocrisìa che coprì la condotta di un personaggio che si piccava del titolo di “mariologo”?
Il recentemente scomparso Giulio Andreotti può fregiarsi del titolo di “padre della nuova Italia” ma, complice Giovanni Leone, Emilio Colombo già mentovato, e la Tina Anselmi – tutti democristiani e benedetti da Paolo VI (il quale aveva già dato ai cattolici licenza di votare a favore del divorzio) – è anche il “padre” di milioni di bambini mai nati perché uccisi nel grembo in forza di una legge, la criminale predetta 194 da lui approvata perché, così si giustificò, diversamente la DC avrebbe perduto la presidenza.
Ebbene, Monsignore, Le sembra che l’Italia debba sentirsi più umiliata per un Berlusconi di cui, oramai, tutti conoscono vita, miracoli, fasti e nefasti erotici che non per codesti statisti, probabili “beati” ma con ben più pesanti magagne da scontare?
Se non rischiassi di prolungare all’infinito questa mia ricognizione, dovrei rammentarLe che altri “Padri della Patria” di lontana memoria, onusti e belli di fama e di ventura, titolari di monumenti, vie, piazze, istituzioni, altro non furono che manigoldi cialtroni, pedofili, ladri, stragisti.
Vittorio Emanuele II: in continua foja eiaculatoria tale che faceva rapire, dal commissario Filippo Curletti, su ordine di Cavour, giovani maggiorenni e minorenni (J. A. – La verità sugli uomini e sulle cose del regno d’Italia – ed. Le Fonti 2005 pag. 37);
Cavour: psicotico, coprofilo, massone, accaparratore, figlio di un ladro di abbazie, promulgatore di leggi antiecclesiastiche;
Garibaldi: violatore di minorenni, assassino, ladro, mercante di schiavi cinesi;
Mazzini: terrorista e codardo, sacrificatore di giovani vite.
Personaggi loschi e massoni che, nello scorso 2011, ricorrendo un fantomatico 150° dell’Unità d’Italia, la Santa Chiesa ha celebrato in quel 20 di settembre, a Roma, alla presenza dei cardinali Tarcisio Bertone, Angelo Bagnasco, e che la rivista di informazione cattolica “Frate Indovino”, edita dai Francescani di Perugia, ha, puntualmente mese per mese, incensato inneggiando “alle gloriose e mitiche giornate della repubblica romana del ‘48” vergognosamente dimenticando che, in quelle giornate, si perpetrarono i delitti più sacrileghi da parte di Mazzini e di Garibaldi i quali non si fecero scrupolo di organizzare lo scannatoio e la mattanza di suore e frati a San Pancrazio (P. K. O’ Clery – La rivoluzione italiana – ed. Ares 2000 pag. 216).
Le sembra, Monsignore, che l’Italia si debba strappare le vesti o prorompere in disperato pianto per le giravolte sessuali di Berlusconi che, a confronto di questi tagliagole, passa per un fanciullo ingenuo tutt’al più gaudente?
La massoneria, di cui parlano i due autori, è riuscita a farci trangugiare le nefandezze dei padri risorgimentali tramutandole per eroismo e, viceversa, le banali prestazioni virili di Berlusconi per oscenità omeriche.
Un detto latino dice: “In alio peduculum vides, in te ricinum non vides” (Petronio, 57,7) – noti il pidocchio altrui, ma non ti accorgi delle tue zecche - che fa eco alla più famosa apostrofe di Cristo, quella che parla della pagliuzza nell’occhio altrui e della trave nel proprio.
Del resto, il mondo ha santificato i due fratelli Kennedy – John e Ted, eredi di una famiglia arricchitasi col traffico mafioso di alcoolici - protagonisti di fatti delittuosi legati a tragiche orge, dico tragiche, perché tutti sappiamo delle due misteriose morti, della Monroe e di Mary Jo Kopechne, avvenute proprio nel bel mezzo e dopo uno dei tanti vomitevoli baccanali. Eppure, a costoro resta l’aura mitica della grandezza politica e la intitolazione di parchi, istituzioni, biblioteche, borse di studio.
Le vorrei ricordare la scandalosa vicenda del boss della “banda/Magliana”, Luigi de Pedis, sepolto – ma poi traslato - chissà perché in S. Apollinare, a Roma. O, ancora, la pari scandalosa sepoltura di Raffaele Mattioli, ex presidente Comit, ateo, pagano, tumulato, con tutti gli onori, nella vietata Abbazia di Chiaravalle di Milano. Il cardinale Angelo Scola lo sa.
Forse, se Berlusconi venisse assassinato, come si augura l’indegno e “protetto” prete, Giorgio de’ Capitani, allora avremmo il parce sepulto e l’assoluzione, con qualche via a lui dedicata.
Come vede, Monsignore, non ho fatto cenno agli scandali che uomini di Chiesa hanno scatenato in termini di pedofilìa che, stando al monito di Cristo, sono irredimibili, veri gridi di vendetta davanti a Dio, più umilianti per coscienze che non gli scotimenti dell’ex presidente del consiglio. Ma è bastato che l’attuale papa imboccasse la via del “pauperismo”, tanto caro al popolo, perché i mezzi d’informazione calassero la tela sull’ignominia di tanti preti e vescovi. Di queste vergogne non si parla più mentre dell’uomo di Arcore…
Io sarei stato più cauto, e forse anche gli autori dell’intervista, perché la caduta del governo Berlusconi non è da attribuire a questioncelle sessuali, ma a un vero colpo di stato programmato e condotto dai poteri forti “tre puntini”che hanno sede a Berlino, Londra e New York: Trilateral, Bilderberg, CFR, BCE, poteri che riscuotono la stima della Pontificia Commissione per la Giustizia la quale ha auspicato un organismo sovranazionale – una specie di torre di Babele – che diriga le dinamiche economiche globali.
Ma così va il mondo, nel sec. XXI…
Eccellenza: l’ateo è il più dogmatico essere in circolazione perché mentre non crede al dogma e a Lei che glielo propone, pretende che si creda a lui, al suo nichilismo, alla sua ragione illuminata.
L’ateo sopra il suo Non/Dogma costruisce un Dogma. È colui che ritiene tutto relativo non accorgendosi che, in forza della famosa “consequentia mirabilis”, di scolastica medievale memoria, anche il suo affermare “essere tutto relativo” è… relativo.
Oltre ad essere dogmatico è anche illogico.
La prova della sua intolleranza? La storia ce ne offre a iosa: il giacobinismo, il bolscevismo marxista, il nazismo, il maoismo sono gli esempi del dogmatismo ateo.
Altro che tolleranza, quella di Voltaire – non condivido le tue idee ma darò la vita perché tu le possa esprimere - (frase spuria e mai pronunciata o scritta), che tanto vien citata senza ricordare che lo scaltro illuminista, al riparo del suo “Trattato sulla tolleranza”, commerciava nel traffico degli schiavi!
L’ateismo antropocentrico non crede al paradiso dei cieli, ma soltanto a quello in terra e, per affermare e diffondere questo paradiso, non si è fatto scrupolo di massacrare popoli e nazioni, milioni di persone, come dimostra la sanguinosa strada del leninismo e dello stalinismo, del nazismo, del maoismo.
Io ci andrei cauto nel definire tollerante ed aperto l’ateo che, individualmente forse lo è, ma in un contesto di potere politico altro non sarebbe che quello vigente in Cina o a Cuba.
In Italia, i compagni comunisti, erano definiti “trinariciuti” o “utili idioti” tanto per raffigurare la cecità culturale, l’asservimento, l’ottusità e la chiusura mentale. “Tra verità e rivoluzione, scelgo la rivoluzione”, esclamava compiaciuto il PCI Giancarlo Pajetta.
Scriveva Gustave Lebon : “Se l’ateismo si propagasse, diventerebbe una religione non meno intollerante delle antiche religioni” (Aforismi del tempo presente), che vale conferma di quanto detto sui giacobini, comunisti e nazisti.
Ma vediamo l’ateo e la Chiesa cattolica.
Il vanesio e dannoso esperimento della “Cattedra dei non credenti”, voluta dall’utopista, altero e disobbediente cardinal Martini, l’incistamento di docenti atei nelle Università Cattoliche – vedi la misera ed ingloriosa fine del San Raffaele – ed ora il pomposo e sterile “Cortile dei Gentili” di ravasiana istituzione, sono solo vetrina e passerella per accademie, sorrisi compiaciuti, bon ton, pacche sulle spalle e reciproci riconoscimenti di tipo vip.
Conversioni? . . .boh!
Nel destino di queste geniali trovate c’è il fallimento.“Nisi Dominus aedificaverit domum, in vanum laboraverunt qui aedificant eam” (Ps. 126, 1). Ma non mi meraviglio dacché il cardinale Gianfranco Ravasi è colui che, a pro degli atei (Il Giornale – 26/5/2010), teorizza e asserisce che “l’arte che dissacra cerca ancora l’assoluto” – assoluto come Dio, s’intende – come l’arte blasfema, quella ad esempio del pittore ateo/comunista Alfred Hrdlicka, amico del cardinale Schonborn, autore (ANSA - aprile 2008) di una squallida opera (Ultima Cena sodomitica) esposta nelle sale del Museo del Duomo di Vienna – maggio 2008.
E sempre il cardinale Ravasi è colui che ha imposto che nello spazio espositivo del Vaticano, presente per la prima volta quest’anno 2013 alla Biennale d’Arte, non figurassero segni o simboli religiosi, men che mai la Santa Croce. Con soddisfazione del mondo laico.
Gran signore, gran dialogante il cardinale Ravasi! meglio così ! hanno titolato i giornali e le cronache (Il Giornale 30 maggio 2013) memori che anche Papa Francesco I aveva, per delicatezza – s’intende – negato la benedizione orale ai giornalisti presenti alla sua prima udienza – 16 marzo - in segno di rispetto di coloro che, atei o protestanti, si sarebbero… offesi! Il Papa che a casa sua ossequia l’ateismo: roba da apostasìa!
Il “tradizionalista” – che sarebbe filologicamente e concettualmente proprio definire “Tradizionista” – è colui che, in accordo appunto con la Tradizione, in piena legittimità e giustizia, rifiuta, su temi di metafisica e di dogmatica, ogni sorta di “dialogo” che porti a transazioni, a compromessi, a tradimenti, a concessioni a detrimento della Fede praticando, invece, l’insegnamento funzionale alla conversione. “Andate, dunque, e fate miei discepoli tutti i popoli. . . insegnando loro ad osservare tutte le cose che Io ho comandato a Voi” (Mt. 28, 18/20).
Insegnare, non dialogare, far conoscere le cose comandate, non consigliate.
Il tradizionista osserva il monito di Cristo : “Il vostro parlare sia Si Si No No, ciò che è in più viene dal maligno” (Mt. 5,37) e, perciò, ritiene che lo strumento del tanto acclamato “dialogo” altro non sia che il cavallo di Troia fatto entrare da Papi, cardinali, vescovi e teologi nelle mura leonine della Catholika.
Dal fetido ventre di questo escono, puntualmente, col favor delle tenebre, i nemici di Dio: agnostici, massoni, atei, immanentisti, illuminati, corruttori, pedofili, mercanti, “teologi”, epicurei. È la legione di satana di cui ha parlato la Vergine a La Salette.
Le fessure nel tempio di Dio sono diventate crepacci e varchi.
Il tradizionista è tale perché CREDE : nelle verità rivelate e contenute nel Symbolum Apostolorum; nei 10 Comandamenti, specialmente nel primo; nella parola di Cristo, dei suoi evangelisti, dei santi Padri e Dottori; nel mistero e nel dogma Eucaristico; nel dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, sempre Vergine spirituale e fisica; nel culto di Maria quale Madre di Dio; nella gravità del peccato mortale e nell’inferno; nei Concilii che hanno definito, sotto l’ispirazione e l’assistenza dello Spirito Santo, le verità di fede pena l’anatema; nell’infallibilità ex cathedra del Papa; nell’esclusiva unicità della Chiesa Apostolica Cattolica e Romana e, pertanto, nel principio assoluto “Nulla salus extra Ecclesiam”; nell’unità dei cristiani in un solo gregge e sotto un unico pastore; nella salvezza quale conquista personale mediante i meriti di Cristo; nella Santa Messa intesa quale Sacrificio di Cristo; nelle parole di Gesù il cui Sangue è stato versato “per voi e per molti”; nell’inanità delle confessioni pagane e delle chiese separate; nella perversità di tutte le religioni diverse dal cattolicesimo, siccome dice il Salmo 95, 5 “Omnes dii gentium daemonia”; nell’obbligo missionario di evangelizzare il mondo secondo il comandamento “Euntes in mundum universum predicate evangellium omni creaturae. Qui crediderit et baptizatus fuerit salvus erit; qui vero non crediderit condemnabitur” (Mc. 16, 15) che la dottrina vaticansecondista stravolge a vantaggio di accordi con le conseguenze di sbiadimento dottrinario, concordantia oppositorum, relativismo; nella condanna dell’errore e nell’espiazione dell’errante; nel timore del sacro e nel decoro della casa di Dio; nella preghiera; nella carità fatta in nome di Cristo; nell’obbligo della confessione; nella santità dei suoi pastori; nella ricerca delle “cose di lassù”; nella vigilanza su scritti e su prodotti relativi alla Fede.
Il tradizionista, su questi punti, è intransigente.
Per contro RIFIUTA: altra professione di fede che non sia quella del Credo cattolico; l’interpretazione relativistica dei comandamenti così come pare stia nelle convinzioni di varii prelati (Paglia, Marini, Lombardi) circa il riconoscimento delle coppie omosessuali; l’analisi e l’esegesi critico/storica delle sacre Scritture; la democratica collegialità episcopale quale esproprio del primato petrino; la dottrina dell’attuale Prefetto della SCDF secondo il quale l’Eucaristìa è da vedersi non tanto come “Transustanziazione” quanto come “Transfinalizzazione”; la traduzione paolosesta della formula consacratoria “sparso ( il mio sangue) per voi e per tutti”; il modernismo mariologico secondo cui Maria è Vergine in solo senso spirituale e “donna dei nostri tempi” a cui è bene togliere l’aureola (Cfr. K. Rahner – T. Bello); il silenzio sul peccato e sulla giustizia divina a vantaggio della sola misericordia; il considerare il Vaticano II, concilio pastorale che ha taciuto vilmente sul comunismo, come dogmatico; la dottrina per la quale viene conferita ad ogni religione valenza soteriologica e conseguente sincretismo assisiate; la teologia postconciliare della redenzione universale e della rivelazione sdoppiata; il bacio al Corano, al Talmud o alle Upanishad; il concetto di unità dei cristiani nella diversità delle troppe confessioni scismatiche o pagane; la dottrina vaticasecondista dell’ecumenismo irenico con cui si rinuncia ad evangelizzare, così come testimoniato da Teresa da Calcutta la quale dichiarò non aver mai battezzato bambini moribondi in quanto l’importante, per lei, era: “… diventare indù migliori, musulmani migliori, cattolici migliori o qualunque cosa siamo, e dunque, essendo migliori, ci avviciniamo a Dio” (La Gioia di amare – Mondadori 2008 – 8 dicembre); la Comunione sulle mani; la pedagogia giovanvigesimaterza che distingue peccato e peccatore lasciando, di fatto, circolare liberamente l’errore; la dottrina secondo cui la salvezza dipenda da un’opzione etica e che sia per tutti, a prescindere; l’ignominia dell’abbigliamento con cui i fedeli entrano nelle chiese e il chiacchierìo da mercato che vi si pratica, non meno che la celebrazione dei sacramenti in stile rodeo/ollivudiano; l’uso della chiesa quale teatro, sala conferenze, cinema; il fracasso di chitarre, tamburi, tastiere come accompagnamento al rito della Santa Messa; il servizio di adorazione al Santissimo completamente impegnato in letture e canti senza soste di silenzio; la dismissione della talare che, se per un verso non “faceva il monaco”, gli ricordava – come bene osserva mons. Brunero Gherardini – d’esserlo; l’adesione a campagne di filantropìa massonica ove è assente la cifra e il segno di Gesù; l’esercizio della catechesi affidato a persone non in regola con la morale cattolica; la ossessiva campagna politica della CEI e la centralità antropologica della sua azione; la libertà di scrivere e pubblicare in tema di Fede senza l’approvazione dell’autorità ecclesiastica.
Il cristiano cattolico, Eccellenza, si domanda come, dove e quando la Chiesa abbia comminato, in questi 50 anni postconciliari, o tuttora commini, pubbliche scomuniche o private sanzioni alla massoneria in quanto istituzione, o al massone come individuo. Lei afferma che il massone sa di essere incompatibile col cattolicesimo così come il cattolico sa di essere parimenti incompatibile con la massoneria. Sanno, o dovrebbero sapere, che lo stato di appartenenza massonica mette, ipso facto, fuori dalla Comunione. Ma è una considerazione che, presa isolatamente è chiara di per sé, ma che, all’analisi giuridica, si dimostra claudicante, vaga e suscettibile di variegata interpretazione.
Il nuovo CJC del 1983 ha abrogato, cancellato il canone 2335 del vecchio CJC del 1917, quello che così recitava. “Chi si ascrive alla setta massonica o carbonara, o ad altre sette di egual genere le quali ordiscono contro la Chiesa o contro le legittime autorità di nascosto o apertamente, nonché coloro che dànno il proprio qual che sia contributo, o quanti non denunciano i loro esponenti e guide, fino a quando non li avranno denunciati ipso facto incorrono nella scomunica latae sententiae riservata simpliciter al romano Pontefice” (Cfr. Zbigniew Suchecki – Chiesa e massoneria – LEV 2000, pag. 15/16).
Giovanni Paolo II e il cardinale Ratzinger, allora Prefetto della SCDF, lo hanno sostituito con il canone 1374 che così recita. “Chi dà nome ad una associazione che complotta contro la Chiesa, sia punito con una giusta pena; chi poi tale associazione promuove o dirige sia punito con l’interdetto”. È palese che, con la cassazione del 2335, è scomparsa la menzione speciale di “Massoneria” onde tutto viene a diluirsi nel mare magnum e indistinto delle associazioni ostili alla Chiesa le quali, non essendo specificate, possono continuare, clandestinamente o coperte da statuti di facciata filantropica, ad operare nel modo proprio istituzionale anche perché: come si misura una giusta pena?
Nella “Dichiarazione sulla Massoneria” – 26 novembre 1983 – a firma Joseph Ratzinger Prefetto SCDF e Fr. J. Hamer O.P. Segretario, approvata dal Pontefice GP II, è scritto che tale circostanza “è dovuta a un criterio redazionale seguito anche per altre associazioni ugualmente non menzionate in quanto comprese in categorie più ampie”(sic).
Viene spiegato da autorevoli studiosi che, per criterio redazionale, si intende l’impossibilità di elencare le centinaia di associazioni che si titolano col nome di massoneria o di eguale connotazione. Bene: accettiamo questo criterio. Ma, allora, perché nella lunga e articolata riflessione “Inconciliabilità tra fede cristiana e massoneria” (23 febbraio 1985) – attenzione: non si dice “cattolica” ma soltanto “cristiana” – lo stesso ex Prefetto e attuale Papa emerito, cardinal Ratzinger, dopo aver premesso il carattere ostile di ogni tipo di massoneria, scrive: «Considerando tutti questi elementi la Dichiarazione della SCDF afferma che la iscrizione alle associazioni massoniche “rimane proibita dalla Chiesa” e i fedeli che vi si iscrivono sono “in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione”». ? Praticamente come nel vecchio e cancellato 2335.
Sorgono, obbligatorie, due domande:
Ma, allora: non si poteva mantenere il 2335 così com’era, visto che il “canone” (regola) è diventato una “riflessione”, priva di agganci giuridici?
Se il CJC tace sulla massoneria in quanto tale, da dove, il cardinale Ratzinger, l’ha tirata in ballo nella successiva Dichiarazione? Appellandosi al Magistero dei precedenti pontefici, egli scrive. Ma quei pontefici son gli stessi che hanno concorso, con la loro propria dottrina, a comporre il CJC del 1917, poi dallo stesso GP II e da Ratzinger cancellato. Cioè: nel 2335 c’è tutto il Magistero precedente al 1983; la sua cancellazione ha comportato l’erasione della intera dottrina contenuta.
Questo è il punto.
Ma noi sappiamo che già Paolo VI coltivò frequenti ed amichevoli rapporti con questa sètta, nella persona del G. M. Giordano Gamberini – vescovo, tra l’altro, della satanica “Chiesa gnostica” di Jules Doinel - che ricevette spesso i membri della potente loggia ebraica del B’nai B’erith, che incaricò taluni ecclesiastici, padre Caprile e padre Esposito, di studiare e sviluppare strategìe e modalità per futuri accordi con i massoni e che, per la revisione del NOVUS ORDO MISSAE, aveva nominato il massone mons. Annibale Bugnini. Noi sappiamo, inoltre, che Giovanni Paolo II continuò, con maggior impegno, in questa impresa tanto che, la revisione del CJC, è opera sua.
In un loro precedente libro (Wojtyla segreto – ed. Chiarelettere 2001), gli autori hanno percorso tutto l’itinerario della vicenda Solidarnosc/Mafia/Massoneria. Eh sì, che in quel marasma c’era materia per una pubblica scomunica!
Ancora, gli stessi autori del loro ultimo libro, a proposito di queste contiguità, a pag. 45 scrivono: «Forse è proprio a causa di queste contraddizioni e di questi debiti “segreti” che nel 1983, quando viene promulgato il nuovo codice di diritto canonico, la parola “massoneria” scompare, lasciando il posto all’espressione più generale “sètte che cospirano contro la Chiesa”… come stipulazione di un delicato “patto” all’interno della curia…».
Sic stantibus rebus, non è possibile dire se i tanti cattolici/massoni che accedono alla Santa Comunione sanno del divieto e della scomunica, ma è certo che il pasticcio, operato con la revisione del canone 2335, ha facilitato questa indifferenza. Ma, il Magistero, sarebbe capace di fulminare la scomunica – non l’interdetto, come postula il 1374 – in forma pubblica?
Un caso eclatante è dato dalla concelebrazione cattomassonica avvenuta il 20 agosto 2012 in Brasile, a Belo Jardim, nella parrocchia di “Nossa Senhora da Conceicao” diocesi di Pesqueira, dall’indegno e spregevole prete Geraldo de Mangela Silva attorniato, sull’altare, da grembiuli, compassi, squadre, gioielli e maglietti: l’abominio della profanazione del Tempio di Dio!!!!
Papa Francesco ne è a conoscenza o ne è ignaro?
Ciò che preoccupa, Monsignore, è il silenzio che circonda e tumula questa vicenda. Se la Chiesa non si preoccuperà di diffondere dal pulpito e tramite la catechesi, questa come tante altre norme di importanza vitale, i fedeli saranno facile preda nella rete della lusinghevole ed ambigua azione che la massoneria porta avanti e senza troppi sforzi. Manca il coraggio di farlo sapere.
La spia della debolezza e della indecisione che connota la condotta degli ultimi Papi è data, tanto per citarle una delle tante circostanze, dalla mancata reazione di GP II alla lettera del cardinale Silvio Oddi (cfr. pag. 47): avrebbe dovuto, in nome della santità della Chiesa, e di Cristo di cui fu Vicario, non ignorarla ma, anzi, renderla, quella lettera, occasione di pubblica, esemplare punizione per il porporato confinandolo in qualche convento a meditare.
Ma questa forza, tanto Paolo VI che GP II se la sono sentita esclusivamente nei confronti di Mons. Marcel Lefebvre, bersaglio facile a colpire in quanto dipinto, dalla stampa massonica mondiale, come reazionario, ribelle, apòstata, anticonciliare e… di destra.
In Christo et cum Maria Matre ejus
1 giugno 2013
L.P.
(lettera firmata)
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV517_LP_Commento_Mogavero.html
Vescovo di Mazara del Vallo
Monsignore Rev.mo:
fra i tanti passaggi interessanti che costellano il libro “Vaticano Massone – G. Galeazzi/F. Pinotti – Ed. Piemme 2013”, mi è parso importante coglierne tre, relativi ad altrettante sue affermazioni rese in un’intervista agli autori e riportate nel libro citato.
Sono tre aspetti culturali su cui credo sia necessario puntualizzare perché si prestano, per la loro peculiarità, ad essere dibattuti ed anche controbattuti in quanto, secondo il mio parere suffragato da motivazioni, essi non disegnano la vera realtà che si vuol loro accreditare, ma esprimono una visione che non mi vieto di definire “conformista” e allineata in pieno sentire postconciliare.
E cioè:
pag. 190 – “Riguardo alle vicende che hanno visto l’ex presidente del consiglio (Berlusconi) implicato nel “caso Ruby”, non c’è dubbio che tutto il contesto è caratterizzato da grande squallore morale e da compiacenze buoniste. Sicuramente i grandi uomini di governo e i politici che hanno contribuito a risollevare le sorti dell’Italia dopo il disastroso secondo conflitto mondiale e la dittatura fascista avevano ben altra statura e prestigio, all’interno e presso l’opinione pubblica internazionale”.
Premetto che questo argomento non sarebbe, di per sé, pertinente al commento di cui in appresso, ma ciò che mi spinge ad esaminarlo è la patente e universale pesantezza di giudizio etico che lo caratterizza rispetto ad altri e più gravi casi.
Pertanto, le contesto – col rispetto che Lei merita - quanto afferma riguardo l’uomo di cui non mi sento però di fare né l’apologìa né l’accusa per taluni suoi comportamenti considerati indegni di un pubblico personaggio, i quali comportamenti però, se la magistratura, usa a scrutare dal buco della serratura “alcuni” italiani, non avesse sentito l’uzzolo di sbatterli sulla piazza, sarebbero rimasti fatti interni, pertinenti alla riservatezza della persona e senza destare effervescenza e clamore.
Mi indigna la diversità di giudizio che opinionisti, censori e moralisti hanno adottato per casi analoghi e più gravi. Stupisce, però, che sia stata la stessa Chiesa, per bocca del cardinal Bagnasco – presidente CEI – ad aver dato il via alla profluvie di esecrazioni e di reprimende – così come la sua, Monsignore - quando lo stesso prelato, nell’ottobre del 2010 s’era sentito di elogiare la condotta di “esemplare cattolicità” (!) di un pubblico sodomita regolarmente “fidanzato” ad un uomo, quale risulta essere il governatore della Puglia, Nichi Vendola, augurandogli addirittura “la presa del potere politico”.
Stupisce, e indigna che, mentre si indaga tra le lenzuola di Berlusconi, il cardinal Ruini trovi naturale, e morale, dispensare la Santa Comunione allo stesso Vendola, in quel di Barianticipando lo stesso cardinale Bagnasco che, sabato 25 maggio scorso, nella chiesa del Carmine, a Genova, in occasione di un parossistico baccanale – le esequie, cioè, del tristo don Gallo Andrea - officiato in una blasfema atmosfera di gazzarra, turpiloquio e sacrilegio, ha comunicato il Corpo e il Sangue di Cristo a un altro celebre, pubblico ed impenitente peccatore, ateo e buddista dichiarato, tale Vladimiro Guadagno in arte “Luxuria” – nomen omen!
Riguardo alla segnalazione che Lei, Monsignore fa dei grandi politici che, nel dopoguerra rappresentarono degnamente l’Italia nel consesso interno ed estero, sarebbe da verificare se davvero, prendendo ad esempio di probità e di integrità morale il De Gasperi o il Moro o il Colombo, o lo Scalfaro o l’Andreotti, questi siano stati, effettivamente, grandi e meritevoli davanti alla storia e, soprattutto, davanti a Dio.
Dei primi due si vocifera, da tempo, di un processo di beatificazione.
Il primo – fondatore della Democrazia Cristiana – in un discorso del 1944, citato dal segretario DC Benigno Zaccagnini nel 15 agosto 1975, non ebbe remore a paragonare Cristo a Marx in nome della comune origine israelitica, dell’ispirazione internazionalistica, del messianismo e dello spirito di rivolta contro lo Stato (cfr. Il Borghese, 3/9/1975). Per un futuro beato ciò non sarebbe – se ancora fosse in vigore, l’“advocatus diaboli” – titolo e benemerenza cattolica e apostolica. Ma tant’è, perché Giovanni Paolo II, beato, non si peritò (cfr. Osservatore romano10 settembre 1998) di mettere Cristo nel mazzo dei grandi fondatori di religioni – quelli che E. Schurè chiama “grandi iniziati” – quali Zoroastro, Buddha, Maometto, Lao Tse, Confucio - i quali “hanno realizzato con l’aiuto dello Spirito di Dio, una più profonda esperienza religiosa”!!!
Il secondo, Aldo Moro, oltre a tramare un governo con il PCI - quello che se non fosse stato sconfitto dai cattolici “tradizionalisti” (i “bigotti”, contro cui ha tuonato recentemente Papa Francesco I) - avrebbe, nel post 18 aprile 1948, trasformato l’Italia in un grande gulag – ebbe a sottolineare, in morte di Giuseppe Stalin (1953), il sanguinario e satanico macellaio dell’umanità, “che, certo, un grande vuoto si è determinato nel mondo” (Romano Amerio –Zibaldone - ed. Lindau 2010 – pag. 29). Sarebbe stato il caso di cantare un Te Deum, altro che commuoversi, caro futuro beato! Dovremmo ricordare, a margine della tragica e compassionevole sua morte, che sant’Agostino spiega bene che il “martirio” non è tale per la morte in sé, ma per la “causa” che l’ha provocata. Ciò valga per i postulatori.
Del terzo grande statista, il senatore Emilio Colombo, è nota la penosa vicenda della cocaina che, lo si dica, tra i parametri del giudizio morale è molto ma molto più grave che una copula berlusconiana, ma la consorteria e la fratellanza hanno anche cancellato dalla memoria degli italiani, e dei cattolici, che costui fu presidente del Consiglio al tempo della promulgazione della delittuosa legge sull’aborto, la 194 - G. U. 22 maggio n. 140 anno 119 - il giorno in cui la Chiesa celebra santa Rita da Cascia.
E che dire del defunto ex presidente Scalfaro, magistrato reso famoso per aver condannato a morte due giovani piemontesi, a ridosso della cosiddetta “resistenza” e di cui le cronache, rievocando anche la faccenda dei 100 milioni mensili percepiti dai servizi segreti, si sono interessate, timidamente sollevando la coltre dell’ipocrisìa che coprì la condotta di un personaggio che si piccava del titolo di “mariologo”?
Il recentemente scomparso Giulio Andreotti può fregiarsi del titolo di “padre della nuova Italia” ma, complice Giovanni Leone, Emilio Colombo già mentovato, e la Tina Anselmi – tutti democristiani e benedetti da Paolo VI (il quale aveva già dato ai cattolici licenza di votare a favore del divorzio) – è anche il “padre” di milioni di bambini mai nati perché uccisi nel grembo in forza di una legge, la criminale predetta 194 da lui approvata perché, così si giustificò, diversamente la DC avrebbe perduto la presidenza.
Ebbene, Monsignore, Le sembra che l’Italia debba sentirsi più umiliata per un Berlusconi di cui, oramai, tutti conoscono vita, miracoli, fasti e nefasti erotici che non per codesti statisti, probabili “beati” ma con ben più pesanti magagne da scontare?
Se non rischiassi di prolungare all’infinito questa mia ricognizione, dovrei rammentarLe che altri “Padri della Patria” di lontana memoria, onusti e belli di fama e di ventura, titolari di monumenti, vie, piazze, istituzioni, altro non furono che manigoldi cialtroni, pedofili, ladri, stragisti.
Vittorio Emanuele II: in continua foja eiaculatoria tale che faceva rapire, dal commissario Filippo Curletti, su ordine di Cavour, giovani maggiorenni e minorenni (J. A. – La verità sugli uomini e sulle cose del regno d’Italia – ed. Le Fonti 2005 pag. 37);
Cavour: psicotico, coprofilo, massone, accaparratore, figlio di un ladro di abbazie, promulgatore di leggi antiecclesiastiche;
Garibaldi: violatore di minorenni, assassino, ladro, mercante di schiavi cinesi;
Mazzini: terrorista e codardo, sacrificatore di giovani vite.
Personaggi loschi e massoni che, nello scorso 2011, ricorrendo un fantomatico 150° dell’Unità d’Italia, la Santa Chiesa ha celebrato in quel 20 di settembre, a Roma, alla presenza dei cardinali Tarcisio Bertone, Angelo Bagnasco, e che la rivista di informazione cattolica “Frate Indovino”, edita dai Francescani di Perugia, ha, puntualmente mese per mese, incensato inneggiando “alle gloriose e mitiche giornate della repubblica romana del ‘48” vergognosamente dimenticando che, in quelle giornate, si perpetrarono i delitti più sacrileghi da parte di Mazzini e di Garibaldi i quali non si fecero scrupolo di organizzare lo scannatoio e la mattanza di suore e frati a San Pancrazio (P. K. O’ Clery – La rivoluzione italiana – ed. Ares 2000 pag. 216).
Le sembra, Monsignore, che l’Italia si debba strappare le vesti o prorompere in disperato pianto per le giravolte sessuali di Berlusconi che, a confronto di questi tagliagole, passa per un fanciullo ingenuo tutt’al più gaudente?
La massoneria, di cui parlano i due autori, è riuscita a farci trangugiare le nefandezze dei padri risorgimentali tramutandole per eroismo e, viceversa, le banali prestazioni virili di Berlusconi per oscenità omeriche.
Un detto latino dice: “In alio peduculum vides, in te ricinum non vides” (Petronio, 57,7) – noti il pidocchio altrui, ma non ti accorgi delle tue zecche - che fa eco alla più famosa apostrofe di Cristo, quella che parla della pagliuzza nell’occhio altrui e della trave nel proprio.
Del resto, il mondo ha santificato i due fratelli Kennedy – John e Ted, eredi di una famiglia arricchitasi col traffico mafioso di alcoolici - protagonisti di fatti delittuosi legati a tragiche orge, dico tragiche, perché tutti sappiamo delle due misteriose morti, della Monroe e di Mary Jo Kopechne, avvenute proprio nel bel mezzo e dopo uno dei tanti vomitevoli baccanali. Eppure, a costoro resta l’aura mitica della grandezza politica e la intitolazione di parchi, istituzioni, biblioteche, borse di studio.
Le vorrei ricordare la scandalosa vicenda del boss della “banda/Magliana”, Luigi de Pedis, sepolto – ma poi traslato - chissà perché in S. Apollinare, a Roma. O, ancora, la pari scandalosa sepoltura di Raffaele Mattioli, ex presidente Comit, ateo, pagano, tumulato, con tutti gli onori, nella vietata Abbazia di Chiaravalle di Milano. Il cardinale Angelo Scola lo sa.
Forse, se Berlusconi venisse assassinato, come si augura l’indegno e “protetto” prete, Giorgio de’ Capitani, allora avremmo il parce sepulto e l’assoluzione, con qualche via a lui dedicata.
Come vede, Monsignore, non ho fatto cenno agli scandali che uomini di Chiesa hanno scatenato in termini di pedofilìa che, stando al monito di Cristo, sono irredimibili, veri gridi di vendetta davanti a Dio, più umilianti per coscienze che non gli scotimenti dell’ex presidente del consiglio. Ma è bastato che l’attuale papa imboccasse la via del “pauperismo”, tanto caro al popolo, perché i mezzi d’informazione calassero la tela sull’ignominia di tanti preti e vescovi. Di queste vergogne non si parla più mentre dell’uomo di Arcore…
Io sarei stato più cauto, e forse anche gli autori dell’intervista, perché la caduta del governo Berlusconi non è da attribuire a questioncelle sessuali, ma a un vero colpo di stato programmato e condotto dai poteri forti “tre puntini”che hanno sede a Berlino, Londra e New York: Trilateral, Bilderberg, CFR, BCE, poteri che riscuotono la stima della Pontificia Commissione per la Giustizia la quale ha auspicato un organismo sovranazionale – una specie di torre di Babele – che diriga le dinamiche economiche globali.
Ma così va il mondo, nel sec. XXI…
Pag. 191 – “Gli atei, per il fatto di non essere legati a un patrimonio dogmatico, sono più aperti e tolleranti; al contrario, ad esempio, deicosiddetti tradizionalisti che non sentono ragioni e che non sono portati al dialogo”.
Eccellenza: l’ateo è il più dogmatico essere in circolazione perché mentre non crede al dogma e a Lei che glielo propone, pretende che si creda a lui, al suo nichilismo, alla sua ragione illuminata.
L’ateo sopra il suo Non/Dogma costruisce un Dogma. È colui che ritiene tutto relativo non accorgendosi che, in forza della famosa “consequentia mirabilis”, di scolastica medievale memoria, anche il suo affermare “essere tutto relativo” è… relativo.
Oltre ad essere dogmatico è anche illogico.
La prova della sua intolleranza? La storia ce ne offre a iosa: il giacobinismo, il bolscevismo marxista, il nazismo, il maoismo sono gli esempi del dogmatismo ateo.
Altro che tolleranza, quella di Voltaire – non condivido le tue idee ma darò la vita perché tu le possa esprimere - (frase spuria e mai pronunciata o scritta), che tanto vien citata senza ricordare che lo scaltro illuminista, al riparo del suo “Trattato sulla tolleranza”, commerciava nel traffico degli schiavi!
L’ateismo antropocentrico non crede al paradiso dei cieli, ma soltanto a quello in terra e, per affermare e diffondere questo paradiso, non si è fatto scrupolo di massacrare popoli e nazioni, milioni di persone, come dimostra la sanguinosa strada del leninismo e dello stalinismo, del nazismo, del maoismo.
Io ci andrei cauto nel definire tollerante ed aperto l’ateo che, individualmente forse lo è, ma in un contesto di potere politico altro non sarebbe che quello vigente in Cina o a Cuba.
In Italia, i compagni comunisti, erano definiti “trinariciuti” o “utili idioti” tanto per raffigurare la cecità culturale, l’asservimento, l’ottusità e la chiusura mentale. “Tra verità e rivoluzione, scelgo la rivoluzione”, esclamava compiaciuto il PCI Giancarlo Pajetta.
Scriveva Gustave Lebon : “Se l’ateismo si propagasse, diventerebbe una religione non meno intollerante delle antiche religioni” (Aforismi del tempo presente), che vale conferma di quanto detto sui giacobini, comunisti e nazisti.
Ma vediamo l’ateo e la Chiesa cattolica.
Il vanesio e dannoso esperimento della “Cattedra dei non credenti”, voluta dall’utopista, altero e disobbediente cardinal Martini, l’incistamento di docenti atei nelle Università Cattoliche – vedi la misera ed ingloriosa fine del San Raffaele – ed ora il pomposo e sterile “Cortile dei Gentili” di ravasiana istituzione, sono solo vetrina e passerella per accademie, sorrisi compiaciuti, bon ton, pacche sulle spalle e reciproci riconoscimenti di tipo vip.
Conversioni? . . .boh!
Nel destino di queste geniali trovate c’è il fallimento.“Nisi Dominus aedificaverit domum, in vanum laboraverunt qui aedificant eam” (Ps. 126, 1). Ma non mi meraviglio dacché il cardinale Gianfranco Ravasi è colui che, a pro degli atei (Il Giornale – 26/5/2010), teorizza e asserisce che “l’arte che dissacra cerca ancora l’assoluto” – assoluto come Dio, s’intende – come l’arte blasfema, quella ad esempio del pittore ateo/comunista Alfred Hrdlicka, amico del cardinale Schonborn, autore (ANSA - aprile 2008) di una squallida opera (Ultima Cena sodomitica) esposta nelle sale del Museo del Duomo di Vienna – maggio 2008.
E sempre il cardinale Ravasi è colui che ha imposto che nello spazio espositivo del Vaticano, presente per la prima volta quest’anno 2013 alla Biennale d’Arte, non figurassero segni o simboli religiosi, men che mai la Santa Croce. Con soddisfazione del mondo laico.
Gran signore, gran dialogante il cardinale Ravasi! meglio così ! hanno titolato i giornali e le cronache (Il Giornale 30 maggio 2013) memori che anche Papa Francesco I aveva, per delicatezza – s’intende – negato la benedizione orale ai giornalisti presenti alla sua prima udienza – 16 marzo - in segno di rispetto di coloro che, atei o protestanti, si sarebbero… offesi! Il Papa che a casa sua ossequia l’ateismo: roba da apostasìa!
Il “tradizionalista” – che sarebbe filologicamente e concettualmente proprio definire “Tradizionista” – è colui che, in accordo appunto con la Tradizione, in piena legittimità e giustizia, rifiuta, su temi di metafisica e di dogmatica, ogni sorta di “dialogo” che porti a transazioni, a compromessi, a tradimenti, a concessioni a detrimento della Fede praticando, invece, l’insegnamento funzionale alla conversione. “Andate, dunque, e fate miei discepoli tutti i popoli. . . insegnando loro ad osservare tutte le cose che Io ho comandato a Voi” (Mt. 28, 18/20).
Insegnare, non dialogare, far conoscere le cose comandate, non consigliate.
Il tradizionista osserva il monito di Cristo : “Il vostro parlare sia Si Si No No, ciò che è in più viene dal maligno” (Mt. 5,37) e, perciò, ritiene che lo strumento del tanto acclamato “dialogo” altro non sia che il cavallo di Troia fatto entrare da Papi, cardinali, vescovi e teologi nelle mura leonine della Catholika.
Dal fetido ventre di questo escono, puntualmente, col favor delle tenebre, i nemici di Dio: agnostici, massoni, atei, immanentisti, illuminati, corruttori, pedofili, mercanti, “teologi”, epicurei. È la legione di satana di cui ha parlato la Vergine a La Salette.
Le fessure nel tempio di Dio sono diventate crepacci e varchi.
Il tradizionista è tale perché CREDE : nelle verità rivelate e contenute nel Symbolum Apostolorum; nei 10 Comandamenti, specialmente nel primo; nella parola di Cristo, dei suoi evangelisti, dei santi Padri e Dottori; nel mistero e nel dogma Eucaristico; nel dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, sempre Vergine spirituale e fisica; nel culto di Maria quale Madre di Dio; nella gravità del peccato mortale e nell’inferno; nei Concilii che hanno definito, sotto l’ispirazione e l’assistenza dello Spirito Santo, le verità di fede pena l’anatema; nell’infallibilità ex cathedra del Papa; nell’esclusiva unicità della Chiesa Apostolica Cattolica e Romana e, pertanto, nel principio assoluto “Nulla salus extra Ecclesiam”; nell’unità dei cristiani in un solo gregge e sotto un unico pastore; nella salvezza quale conquista personale mediante i meriti di Cristo; nella Santa Messa intesa quale Sacrificio di Cristo; nelle parole di Gesù il cui Sangue è stato versato “per voi e per molti”; nell’inanità delle confessioni pagane e delle chiese separate; nella perversità di tutte le religioni diverse dal cattolicesimo, siccome dice il Salmo 95, 5 “Omnes dii gentium daemonia”; nell’obbligo missionario di evangelizzare il mondo secondo il comandamento “Euntes in mundum universum predicate evangellium omni creaturae. Qui crediderit et baptizatus fuerit salvus erit; qui vero non crediderit condemnabitur” (Mc. 16, 15) che la dottrina vaticansecondista stravolge a vantaggio di accordi con le conseguenze di sbiadimento dottrinario, concordantia oppositorum, relativismo; nella condanna dell’errore e nell’espiazione dell’errante; nel timore del sacro e nel decoro della casa di Dio; nella preghiera; nella carità fatta in nome di Cristo; nell’obbligo della confessione; nella santità dei suoi pastori; nella ricerca delle “cose di lassù”; nella vigilanza su scritti e su prodotti relativi alla Fede.
Il tradizionista, su questi punti, è intransigente.
Per contro RIFIUTA: altra professione di fede che non sia quella del Credo cattolico; l’interpretazione relativistica dei comandamenti così come pare stia nelle convinzioni di varii prelati (Paglia, Marini, Lombardi) circa il riconoscimento delle coppie omosessuali; l’analisi e l’esegesi critico/storica delle sacre Scritture; la democratica collegialità episcopale quale esproprio del primato petrino; la dottrina dell’attuale Prefetto della SCDF secondo il quale l’Eucaristìa è da vedersi non tanto come “Transustanziazione” quanto come “Transfinalizzazione”; la traduzione paolosesta della formula consacratoria “sparso ( il mio sangue) per voi e per tutti”; il modernismo mariologico secondo cui Maria è Vergine in solo senso spirituale e “donna dei nostri tempi” a cui è bene togliere l’aureola (Cfr. K. Rahner – T. Bello); il silenzio sul peccato e sulla giustizia divina a vantaggio della sola misericordia; il considerare il Vaticano II, concilio pastorale che ha taciuto vilmente sul comunismo, come dogmatico; la dottrina per la quale viene conferita ad ogni religione valenza soteriologica e conseguente sincretismo assisiate; la teologia postconciliare della redenzione universale e della rivelazione sdoppiata; il bacio al Corano, al Talmud o alle Upanishad; il concetto di unità dei cristiani nella diversità delle troppe confessioni scismatiche o pagane; la dottrina vaticasecondista dell’ecumenismo irenico con cui si rinuncia ad evangelizzare, così come testimoniato da Teresa da Calcutta la quale dichiarò non aver mai battezzato bambini moribondi in quanto l’importante, per lei, era: “… diventare indù migliori, musulmani migliori, cattolici migliori o qualunque cosa siamo, e dunque, essendo migliori, ci avviciniamo a Dio” (La Gioia di amare – Mondadori 2008 – 8 dicembre); la Comunione sulle mani; la pedagogia giovanvigesimaterza che distingue peccato e peccatore lasciando, di fatto, circolare liberamente l’errore; la dottrina secondo cui la salvezza dipenda da un’opzione etica e che sia per tutti, a prescindere; l’ignominia dell’abbigliamento con cui i fedeli entrano nelle chiese e il chiacchierìo da mercato che vi si pratica, non meno che la celebrazione dei sacramenti in stile rodeo/ollivudiano; l’uso della chiesa quale teatro, sala conferenze, cinema; il fracasso di chitarre, tamburi, tastiere come accompagnamento al rito della Santa Messa; il servizio di adorazione al Santissimo completamente impegnato in letture e canti senza soste di silenzio; la dismissione della talare che, se per un verso non “faceva il monaco”, gli ricordava – come bene osserva mons. Brunero Gherardini – d’esserlo; l’adesione a campagne di filantropìa massonica ove è assente la cifra e il segno di Gesù; l’esercizio della catechesi affidato a persone non in regola con la morale cattolica; la ossessiva campagna politica della CEI e la centralità antropologica della sua azione; la libertà di scrivere e pubblicare in tema di Fede senza l’approvazione dell’autorità ecclesiastica.
Pag. 193 – “La scomunica per i massoni è fondata sul carattere segreto della società e sul vincolo che lega gli adepti, fortemente limitativo della libertà e responsabilità individuali.”
Il cristiano cattolico, Eccellenza, si domanda come, dove e quando la Chiesa abbia comminato, in questi 50 anni postconciliari, o tuttora commini, pubbliche scomuniche o private sanzioni alla massoneria in quanto istituzione, o al massone come individuo. Lei afferma che il massone sa di essere incompatibile col cattolicesimo così come il cattolico sa di essere parimenti incompatibile con la massoneria. Sanno, o dovrebbero sapere, che lo stato di appartenenza massonica mette, ipso facto, fuori dalla Comunione. Ma è una considerazione che, presa isolatamente è chiara di per sé, ma che, all’analisi giuridica, si dimostra claudicante, vaga e suscettibile di variegata interpretazione.
Il nuovo CJC del 1983 ha abrogato, cancellato il canone 2335 del vecchio CJC del 1917, quello che così recitava. “Chi si ascrive alla setta massonica o carbonara, o ad altre sette di egual genere le quali ordiscono contro la Chiesa o contro le legittime autorità di nascosto o apertamente, nonché coloro che dànno il proprio qual che sia contributo, o quanti non denunciano i loro esponenti e guide, fino a quando non li avranno denunciati ipso facto incorrono nella scomunica latae sententiae riservata simpliciter al romano Pontefice” (Cfr. Zbigniew Suchecki – Chiesa e massoneria – LEV 2000, pag. 15/16).
Giovanni Paolo II e il cardinale Ratzinger, allora Prefetto della SCDF, lo hanno sostituito con il canone 1374 che così recita. “Chi dà nome ad una associazione che complotta contro la Chiesa, sia punito con una giusta pena; chi poi tale associazione promuove o dirige sia punito con l’interdetto”. È palese che, con la cassazione del 2335, è scomparsa la menzione speciale di “Massoneria” onde tutto viene a diluirsi nel mare magnum e indistinto delle associazioni ostili alla Chiesa le quali, non essendo specificate, possono continuare, clandestinamente o coperte da statuti di facciata filantropica, ad operare nel modo proprio istituzionale anche perché: come si misura una giusta pena?
Nella “Dichiarazione sulla Massoneria” – 26 novembre 1983 – a firma Joseph Ratzinger Prefetto SCDF e Fr. J. Hamer O.P. Segretario, approvata dal Pontefice GP II, è scritto che tale circostanza “è dovuta a un criterio redazionale seguito anche per altre associazioni ugualmente non menzionate in quanto comprese in categorie più ampie”(sic).
Viene spiegato da autorevoli studiosi che, per criterio redazionale, si intende l’impossibilità di elencare le centinaia di associazioni che si titolano col nome di massoneria o di eguale connotazione. Bene: accettiamo questo criterio. Ma, allora, perché nella lunga e articolata riflessione “Inconciliabilità tra fede cristiana e massoneria” (23 febbraio 1985) – attenzione: non si dice “cattolica” ma soltanto “cristiana” – lo stesso ex Prefetto e attuale Papa emerito, cardinal Ratzinger, dopo aver premesso il carattere ostile di ogni tipo di massoneria, scrive: «Considerando tutti questi elementi la Dichiarazione della SCDF afferma che la iscrizione alle associazioni massoniche “rimane proibita dalla Chiesa” e i fedeli che vi si iscrivono sono “in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione”». ? Praticamente come nel vecchio e cancellato 2335.
Sorgono, obbligatorie, due domande:
1 – da dove trae origine e legittimità questa incompatibilità Chiesa/Massoneria così come espressa dalla “riflessione”, dal momento che il CJC attualmente vigente ne ignora la denominazione?
2 – perché, per abolire il 2335, l’ex Prefetto Ratzinger ha dichiarato la necessità intrinseca di non poter citare tutte le massonerie, trasferendo, poi, nella Riflessione di cui sopra, chiara e netta l’indicazione di una “sola” massoneria?
Ma, allora: non si poteva mantenere il 2335 così com’era, visto che il “canone” (regola) è diventato una “riflessione”, priva di agganci giuridici?
Se il CJC tace sulla massoneria in quanto tale, da dove, il cardinale Ratzinger, l’ha tirata in ballo nella successiva Dichiarazione? Appellandosi al Magistero dei precedenti pontefici, egli scrive. Ma quei pontefici son gli stessi che hanno concorso, con la loro propria dottrina, a comporre il CJC del 1917, poi dallo stesso GP II e da Ratzinger cancellato. Cioè: nel 2335 c’è tutto il Magistero precedente al 1983; la sua cancellazione ha comportato l’erasione della intera dottrina contenuta.
Questo è il punto.
Ma noi sappiamo che già Paolo VI coltivò frequenti ed amichevoli rapporti con questa sètta, nella persona del G. M. Giordano Gamberini – vescovo, tra l’altro, della satanica “Chiesa gnostica” di Jules Doinel - che ricevette spesso i membri della potente loggia ebraica del B’nai B’erith, che incaricò taluni ecclesiastici, padre Caprile e padre Esposito, di studiare e sviluppare strategìe e modalità per futuri accordi con i massoni e che, per la revisione del NOVUS ORDO MISSAE, aveva nominato il massone mons. Annibale Bugnini. Noi sappiamo, inoltre, che Giovanni Paolo II continuò, con maggior impegno, in questa impresa tanto che, la revisione del CJC, è opera sua.
In un loro precedente libro (Wojtyla segreto – ed. Chiarelettere 2001), gli autori hanno percorso tutto l’itinerario della vicenda Solidarnosc/Mafia/Massoneria. Eh sì, che in quel marasma c’era materia per una pubblica scomunica!
Ancora, gli stessi autori del loro ultimo libro, a proposito di queste contiguità, a pag. 45 scrivono: «Forse è proprio a causa di queste contraddizioni e di questi debiti “segreti” che nel 1983, quando viene promulgato il nuovo codice di diritto canonico, la parola “massoneria” scompare, lasciando il posto all’espressione più generale “sètte che cospirano contro la Chiesa”… come stipulazione di un delicato “patto” all’interno della curia…».
Sic stantibus rebus, non è possibile dire se i tanti cattolici/massoni che accedono alla Santa Comunione sanno del divieto e della scomunica, ma è certo che il pasticcio, operato con la revisione del canone 2335, ha facilitato questa indifferenza. Ma, il Magistero, sarebbe capace di fulminare la scomunica – non l’interdetto, come postula il 1374 – in forma pubblica?
Un caso eclatante è dato dalla concelebrazione cattomassonica avvenuta il 20 agosto 2012 in Brasile, a Belo Jardim, nella parrocchia di “Nossa Senhora da Conceicao” diocesi di Pesqueira, dall’indegno e spregevole prete Geraldo de Mangela Silva attorniato, sull’altare, da grembiuli, compassi, squadre, gioielli e maglietti: l’abominio della profanazione del Tempio di Dio!!!!
Papa Francesco ne è a conoscenza o ne è ignaro?
Ciò che preoccupa, Monsignore, è il silenzio che circonda e tumula questa vicenda. Se la Chiesa non si preoccuperà di diffondere dal pulpito e tramite la catechesi, questa come tante altre norme di importanza vitale, i fedeli saranno facile preda nella rete della lusinghevole ed ambigua azione che la massoneria porta avanti e senza troppi sforzi. Manca il coraggio di farlo sapere.
La spia della debolezza e della indecisione che connota la condotta degli ultimi Papi è data, tanto per citarle una delle tante circostanze, dalla mancata reazione di GP II alla lettera del cardinale Silvio Oddi (cfr. pag. 47): avrebbe dovuto, in nome della santità della Chiesa, e di Cristo di cui fu Vicario, non ignorarla ma, anzi, renderla, quella lettera, occasione di pubblica, esemplare punizione per il porporato confinandolo in qualche convento a meditare.
Ma questa forza, tanto Paolo VI che GP II se la sono sentita esclusivamente nei confronti di Mons. Marcel Lefebvre, bersaglio facile a colpire in quanto dipinto, dalla stampa massonica mondiale, come reazionario, ribelle, apòstata, anticonciliare e… di destra.
In Christo et cum Maria Matre ejus
1 giugno 2013
L.P.
(lettera firmata)
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV517_LP_Commento_Mogavero.html
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