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domenica 2 giugno 2013

LA CONCELEBRAZIONE - Che cosa pensarne?

Importanza e attualità del problema
Monsignor Brunero Gherardini ha scritto un recente articolo sul tema pungente e scottante della  Concelebrazione,[1] la quale da eccezione è diventata ormai la regola. Riassumo in questo breve articolo quanto egli ha scritto sull’ argomento.
La Rivoluzione concelebrativa del Vaticano II
Nell’immediato post-concilio Padre Tito Centi nel “Commento alla Somma Teologica a cura dei Domenicani Italiani” scriveva: “La concelebrazione eucaristica [sacramentale, ndr] prima del Concilio Vaticano II era ridotta in Occidente al solo caso dell’ordinazione sacerdotale e di quella episcopale; mentre nelle chiese orientali ci si contentava di una concelebrazione di sola cerimonia [cerimoniale, ndr], poiché i sacerdoti assistenti si limitano là a seguire in silenzio lo svolgimento del rito. La situazione è cambiata radicalmente con la Costituzione sulla Sacra Liturgia [del Concilio Vaticano II, ndr]” (S. Th., III, q. 82, a. 2, Firenze, Salani, 1971, vol. XXVIII, nota 1, p. 331)[2].
Giustamente osserva mons. Gherardini che il Vaticano II e il post-concilio hanno avviato e perfezionato «una “rivoluzione” impressionante, e, sotto vari aspetti selvaggia: l’ uomo s’è sostituito a Dio […], ha ridimensionato tutto sul metro dell’ immanenza e del più piatto orizzontalismo all’interno di essa. Tutto, anche la Liturgia […], e si serve anche della Concelebrazione per allinearsi su finalità che chiamerei “dai tetti in giù”» (p. 78).

Un solo Sacrificio e riservato a poche occasioni
La Concelebrazione in sé non è una novità introdotta dal Concilio Vaticano II e dalla Riforma liturgica che ne è nata nel 1970. Infatti di essa tratta il CIC del 1917 (can. 803), ha parlato Pio XII nel 1954 e nel 1956 ed ancor prima papa Innocenzo III (†1216)[3] e San Tommaso d’Aquino, come vedremo meglio dopo.
Costoro, però, asseriscono che
1°) vi è un solo Sacrificio della Messa, nonostante il numero dei celebranti[4] (e questa è la problematica che ci interessa di più);
2°) che la Concelebrazione va riservata a poche e ben precise occasioni (per esempio, i Sacerdoti il giorno in cui vengono ordinati concelebrano assieme al Vescovo, che conferisce loro l’Ordine sacerdotale pronunziando assieme a lui le parole della consacrazione, ma la Messa è una sola).
Invece la Costituzione su ‘La Liturgia’ del 1963 (Sacrosanctum Concilium) del Concilio Vaticano II e la Riforma liturgica del 1970 hanno esteso la portata della Concelebrazione, contrariamente alla pratica bimillenaria della Chiesa, rendendola pian piano da eccezione una norma. Inoltre molti liturgisti progressisti asseriscono comunemente oggi, contro la Tradizione ecclesiastica, che tante sono le Messe quanti sono i concelebranti. In breve la pratica e la teoria della Chiesa sulla Concelebrazione hanno subìto un’ inversione di tendenza che non è esagerato definire ad “U”.
Mons. Gherardini distingue, analogamente a padre Centi, la Concelebrazione sacramentale, nella quale i concelebranti ministeriali secondari pronunciano le parole della consacrazione assieme al Ministro concelebrante primario[5], dalla Concelebrazione cerimoniale in cui i “concelebranti” secondari non pronunciano la forma consacratoria assieme al concelebrante primario (che ordinariamente è un Vescovo, ma – soprattutto in Oriente – lo attorniano, lo assistono per manifestare l’unione del clero con il proprio Vescovo, che solo consacra (p. 66)[6].
Gherardini, inoltre, cita numerosi liturgisti secondo i quali anche le antiche liturgie cattoliche orientali provano l’esistenza della Concelebrazione sacramentale (caratterizzata dalla recita simultanea della formula di consacrazione da parte di tutti i concelebranti) distinta da quella semplicemente cerimoniale (p. 67)[7]. Alcuni liturgisti progressisti negano, tuttavia, questa distinzione, ma senza prove cogenti[8].

Il Magistero
Oltre Innocenzo III, di cui diremo più avanti, Pio XII si è pronunciato più volte nel suo Magistero autentico, e non come dottore privato, sulla Concelebrazione.
Nell’Allocuzione del 2 novembre 1954 insegnò che nella  concelebrazione vi è un solo Sacrificio della Messa e che alla pluralità dei concelebranti non consegue una pluralità di Messe o Sacrifici. Il 22 settembre 1956 al “Congresso Internazionale di Liturgia Pastorale” ribadì che la Messa, anche quando è concelebrata, è una sola[9].

San Tommaso d’Aquino
San Tommaso d’Aquino, il Dottore Comune o Ufficiale della Chiesa, nella Somma Teologica (III, q. 82, a. 2) insegna che più Sacerdoti possono celebrare assieme o concelebrare, ma che uno solo è il Sacrificio della Messa. Infatti, siccome Gesù è il Sacerdote personale principale e insieme la Vittima del Sacrificio della Messa, l’effetto è identico: un solo Sacrificio eucaristico, indipendentemente dal fatto che i Sacerdoti ministeriali(primario/secondari) siano parecchi o uno solo, poiché agiscono in persona Christi e Cristo è uno solo e quindi la sua azione consacratoria personaletramite il Sacerdozio ministeriale è una sola.
Secondo San Tommaso anche i Ministri secondari che pronunciano assieme al Ministro primario la forma sacramentale eucaristica consacrano realmente, poiché ripetono in persona Christi le parole dell’ Istituzione eucaristica, ma non moltiplicano le Messe: la Messa è una sola e non tante quanti sono i concelebranti. L’Angelico riprende l’ insegnamento di papa Innocenzo III secondo cui “nella concelebrazione la medesima ostia non viene consacrata più volte, perché tutti hanno l’ intenzione di consacrare nel medesimo tempo” (4 De Sacro Altaris Mysterio, cap. 25)[10].

La ragione teologica
È questa: vi è una sola Persona: Gesù Cristo, una sola actio Christi, quindi un solo Sacrificio della Messa (Sacerdozio personale); il Prete ministeriale (Sacerdozio ministeriale) agisce in persona Christi, ossia egli è il Ministro di cui si serve Gesù per riattuare il Suo Sacrificio personale. Nella Concelebrazione uno solo è il Sacerdote ministeriale primario e gli altri sono Sacerdoti ministeriali secondari, che, pur pronunciando la forma consacratoria assieme al Ministro primario, non offrono tante Messe quanti sono i concelebranti, ma una sola Messa perché il numero dei concelebranti non moltiplica il Soggetto o la Persona principale (Gesù Cristo) e la sua azione personale di offrirsi Vittima immacolata al Padre per la Redenzione dell’umanità. Quindi il Sacrificio resta uno solo riattuato ministerialmente, indipendentemente dal numero dei Ministri.

Conclusione: diminuzione delle Messe ed impoverimento della Chiesa
La conclusione pratica è che la «attuale sconfinata e caotica diffusione della Concelebrazione gioca più contro che a favore di un giudizio positivo a suo riguardo. […] Ma non è questa l’unica ragione per cui una tale risposta è plausibile. Si pensi al valore infinito di ogni singolo Sacrificio eucaristico[…], ne discende che quante più Messe si celebrino, tanto maggiore sarà la pioggia redentiva che inonderà la faccia della terra. Ovvia pertanto la conclusione, non certo favorevole alla Concelebrazione, nella quale […] si offre un solo Sacrificio» (p. 81).
La Concelebrazione, perciò, è un impoverimento della Chiesa dato che se ognuno celebrasse la sua Messa vi sarebbero tante Messe quanti sono i Ministri. Monsignor Gherardini conclude: «Il problema è delicato e, proprio per questo, ne auspico il riesame per una soluzione più seria e più coerente» (p. 86).
La “rivoluzione impressionante e selvaggia” del Concilio Vaticano II e del post-concilio in tema di Concelebrazione praticata abitualmente e presentata nell’ottica di tante Messe quanti sono i concelebranti,  va affrontata e risolta mediante il ritorno alla Tradizione della Chiesa nella teoria (vi è un solo Sacrificio della Messa nonostante il numero dei celebranti) e nella pratica (la Concelebrazione va riservata a poche e ben precise occasioni: la Ordinazione sacerdotale e la Consacrazione episcopale).
Tale “contro-riforma” è necessaria e urgente più che mai, soprattutto in questo mondo secolarizzato che ha un bisogno estremo della Grazia divina, meritataci da Gesù nel suo Sacrificio cruento sul Monte Calvario il Venerdì Santo del 33 e applicataci nel corso della Messa, che riattua il medesimo Sacrificio della Croce in maniera incruenta.
sì sì no no


[1] Sulla Concelebrazione, in “Divinitas”n. 1°, 2013, pp. 65-86.
[2] Con la Costituzione del Concilio Vaticano II Sacrosanctum Concilium su ‘La Sacra Liturgia’ (4 dicembre 1963), la Concelebrazione è ammessa il Giovedì Santo, alle Messe nei Concili ecumenici, nelle Riunioni dei Vescovi, nei Sinodi particolari, nelle Messe conventuali, alla Messa principale nelle diverse chiese, nelle Riunioni sacerdotali. Dopo il Concilio la Concelebrazione è diventata la pratica dominante.
[3] De sacro altaris mysterio, 111, 6, PL 217, 845.
[4] «L’essenza della Concelebrazione sta nel fatto che essa è una Messa in cui più sacerdoti, in virtù dell’unico Sacerdozio di Cristo, che è stato loro partecipato nella sacra Ordinazione, in un solo volere e con una sola voce, con un atto sacramentale unico, consacrano e offrono un solo Sacrificio ed insieme vi partecipano» (F. Roberti – P. Palazzini, Dizionario di Teologia Morale, Roma, Studium, IV ed., 1968, I vol., p. 354).
[5] Gesù Cristo è la Persona o il Sacerdote personale principale, che offre Se stesso in Sacrificio per la Redenzione del genere umano. Il Ministro oSacerdote ministeriale secondario è colui che offre Gesù in virtù della sua ordinazione ministeriale o sacerdotale. Nella Concelebrazione vi è un’ulteriore distinzione da fare: Cristo è sempre il Sacerdote personale principale, i Preti vanno suddivisi nel Sacerdote il quale consacra che vien detto Sacerdote ministeriale primario, e coloro che lo assistono partecipando alla consacrazione, che sono detti Ministri o Sacerdoti ministeriali secondari. Tutti i Ministri, primario e secondari, pronunciano la forma consacratoria, ma la Messa è una sola.
[6] J. M. Hanssens, De concelebratione eucharistica, in “Periodica de re morali, canonica, liturgica”, n. 16°, 1927, pp. 143-154; ivi, pp. 181-210; n. 17°, 1928, pp. 93-127; n. 21°, 1932, pp. 193-219.
[7] A. Raes Alfonso, La concélébration eucharistique dans les rites orientaux, in  «La Maison Dieu», n. 35°, 1953, pp. 25-47.
[8] B. Botte, Note historique sur la concélébration dans l’Eglise ancienne, in «La Maison Dieu», n. 35°, 1953, p. 11.
[9] AAS n. 48, 1956, pp. 717-718.
[10] In breve, secondo l’Angelico, «il sacerdote ministeriale non consacra per virtù propria, ma in persona di Cristo. Nella Concelebrazione, pur essendovi molti concelebranti, essi “sono una sola cosa in Cristo” (Gal., III, 28); perciò purché si rispetti il rito della Chiesa non importa se consacri uno solo o che molti pronunzino le parole consacratorie» (S. Th., III, q. 82, a. 2, ad 2).

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