ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 17 giugno 2013

Modus papandi?

POMPE ADDIO, CONVITTO PAPALE - A SANTA MARTA BERGOGLIO RICEVE I POTENTI, FA LA FILA ALLA MENSA E SI SMARCA DALLA CURIA

Papa Francesco ha trasferito il centro del Vaticano nel suo normalissimo “Convitto”: qui ha ricevuto Barroso e monsignor Dziwisz e cenato a mensa con la Kirchner – Impossibile contare quante volte Bergoglio abbia incontrato Ratzinger nella sua nuova residenza a 200 passi da Santa Marta…

Paolo Conti per il "Corriere della Sera"
Un salotto (un paio di poltrone e un divano) con una scrivania, alle spalle un austero crocifisso, una libreria a vetri, un tappeto a disegni persiani. Molto (troppo?) uso di ne on. Quindi camera da letto, un frigorifero, un disimpegno e un bagno. Un parquet industriale lucidato a specchio, soprattutto quel letto di legno scuro rendono gli ambienti molto freddi. Ma l'inquilino non si lamenta. L'uomo è austero, la sveglia di solito suona alle 4.45, un quarto d'ora dopo è già in preghiera e ci resterà per un'ora, meditando sulle scritture della Messa quotidiana.

PAPA FRANCESCO BERGOGLIOPAPA FRANCESCO BERGOGLIO
La mappa dei centri dei Grandi Poteri del mondo da qualche setti mana è cambiata. Il nuovo Pontefice della chiesa cattolica guida i suoi fedeli (un miliardo e 214 milioni, secondo l'ultimo Annuario Pontificio) dall'appartamento 201 al secondo piano di Casa Santa Marta. Bergoglio usa un altro nome. La chiama «Convitto»: 106 suite, 22 stanze sin gole e un appartamento.
Si trova benissimo, ormai è impensabile che torni ad abitare nel l'immenso Appartamento papale del Palazzo apostolico. Lo ha spiegato durante l'udienza alle scuole italiane dei gesuiti: «Io ho necessità di vivere fra la gente, e se io vivessi so lo, forse un po' isolato, non mi fa rebbebene».
PAPA FRANCESCO BERGOGLIOPAPA FRANCESCO BERGOGLIO
Che Santa Marta, albergo nel cuore della Città del Vati canonato per ospitare i cardinali nei Conclavi, sia ormai uno snodo fondamentale nella nuova pagina della Chiesa lo dimostra la recente nomina di monsignor Battista Ma rio Salvatore Ricca al postochiave di prelato ad interim dello Ior, il di scusso Istituto per le opere di religione. Guarda caso, Ricca è diretto re delle case di ospitalità vaticane, quindi soprattutto di Santa Marta. I suoi frequenti colloqui con Papa Francesco, talvolta a cena, hanno costruito uno schietto rapporto di fiducia.
Papa Francesco si muove a Santa Marta come i gesuiti nelle loro residenze collettive. Appare spesso in atrio senza preavviso (all'accoglien za c'è un turno di personale femminile laico che risponde al telefono).
MERCOLEDÌ GLI SCRITTI
In quanto ai pasti, nessuna formali tà: Bergoglio si siede con chi capita e la sera, se funziona il self service, si arma di vassoio. In fondo, da cardinale di Buenos Aires, si cucinava i pasti da solo e andava fiero del «suo» maialino al forno. La mensa
di Santa Marta ha consolidata fama di mediocrità, in Vaticano.
VATICANO RESIDENZA SANTA MARTAVATICANO RESIDENZA SANTA MARTA
Cucina continentale, da vero albergo qual è Santa Marta. Arrostini, minestroni, pasta al forno. Ma il Papa non obietta. Lì vivono stabilmente una trentina di ecclesiastici della Segreteria di Stato, alcuni funzionari lai ci, quei vescovi che da tutto il mondo raggiungono Roma per qualche giorno. Quando viene a Roma alloggia lì anche Ernst von Freyberg, il nuovo presidente dello Ior.
La gestione della Casa è pilotata da monsignor Ricca che conta su sei suore Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli (un tempo chiamate «le cappellone», per l'immenso velo). Ma il resto del personale, maschile e femminile, è laico. Cucina inclusa. Il servizio di sicurezza è discreto: gendarmeria pontificia, Guardie Svizzere. Nessun corpo speciale.
Bergoglio ama Santa Marta, la trova funzionale. Lì ha ricevuto il 19 marzo Cristina Fernández de Kirchner, la presidente argentina, che ha mangiato in mensa con lui. A Santa Marta sono stati ricevuti sabato scorso, 15 giugno, il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso e il cardinale Stani slaw Dziwisz, arcivescovo di Craco via ed ex segretario particolare di Giovanni Paolo II.
VATICANO RESIDENZA SANTA MARTAVATICANO RESIDENZA SANTA MARTA
Utilizza il grande Appartamento papale soltanto per le visite ufficiali di Stato (quella con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, per esempio) e le benedizioni domenicali. Per il re sto, vive nella «normalissima» Santa Marta. Dopo la sveglia all'alba e la meditazione, Messa alle 7 (ricorre un anticipo di quattrocinque minuti) con breve omelia (sintesi quotidiana su l'Osservatore Romano), saluti al gruppo invitato, fotografie, finalmente colazione in mensa. Alle Messe mattutine si è convocati per raggruppamenti omogenei: dipendenti vaticani all'inizio, la comunità argentina a Roma, recentemente i Gentiluomini di Sua Santità (tra cui il duca romano Leopoldo Torlonia).
VATICANO RESIDENZA SANTA MARTAVATICANO RESIDENZA SANTA MARTA
Poi c'è la giornata di lavoro, l'esame dei vari dossier. Breve pausa per il pranzo, seguita da mezz'ora di riposo (la sveglia all'alba pesa). Poi ancora lavoro, cena alle 19.3020, preghiera, luce spenta poco dopo le 22. L'uso di Santa Marta ha comportato lo sgombero del parcheggio «italiano» in via della Stazione Vaticana, di fronte ai numeri civici 357, una ventina di posti sicuri nel caos ro mano intorno a San Pietro. Qualche mugugno dei residenti, ma era impensabile che ci fossero auto in so sta di notte quasi sotto le Sacre finestre.
Impossibile contare quante volte Papa Francesco abbia incontrato Benedetto XVI nella sua nuova residenza nell'ex monastero Mater Ecclesiae, a duecento passi di distanza da Santa Marta. Bergoglio è imprevedibile, si muove con agilità. Ratzinger continua la sua ritiratissima vita: preghiera, meditazione, lente passeggiate nei giardini vaticani. Nessuna novità. Chissà quante volte si saranno visti al riparo da occhi indiscreti. Lo sa solo Santa Marta.
 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/pompe-addio-convitto-papale-a-santa-marta-bergoglio-riceve-i-potenti-fa-la-fila-57796.htm

VROOM! VROOM! FRANCESCO, TURBO-PAPA ROCK – DOPO AVER BENEDETTO PATTY SMITH, BERGOGLIO ROMBA CON I BIKERS HARLEY DAVIDSON

Se il suo obiettivo era ampliare gli orizzonti della Chiesa, papa Francesco ci sta riuscendo eccome - Senza fare una piega, Bergoglio è riuscito a far sentire a casa a San Pietro anche chi apparentemente è distante dal mondo Vaticano….

Valeria Costantini per il "Corriere della Sera - Edizione Roma"
Mille appassionati di Harley-Davidson alla Messa celebrata dal Papa. «Saluto - ha detto il Pontefice prima della preghiera - i numerosi partecipanti al raduno motociclistico Harley-Davidson». E i bikers hanno risposto con un rombo.
patti smith papa francescoPATTI SMITH PAPA FRANCESCO
Uomini duri con i giubbotti di pelle e suore in tonaca, marmitte rombanti e inni dei fedeli. Il sacro e il profano si fondono di fronte a Papa Francesco. Una Piazza San Pietro inconsueta e rumorosa quella in cui ieri il Pontefice ha recitato l'Angelus domenicale. Tra le migliaia di devoti e anti-abortisti riuniti dalle associazioni cattoliche europee, c'erano anche loro, gli ospiti sgraditi-ammirati, amati-odiati della Capitale negli ultimi quattro giorni.
f a a c fd feF A A C FD FE
Circa mille appassionati di Harley Davidson, a Roma per il raduno mondiale promosso per festeggiare i 110 anni dalla nascita della mitica moto, hanno infatti avuto l'occasione di assistere alla Messa celebrata dal Santo Padre, che non è sfuggito ai suoi classici fuori programma.
«Saluto - ha detto il Pontefice prima della preghiera - i numerosi partecipanti al raduno motociclistico Harley-Davidson»: l'onda dei centauri ha risposto con un rombo corale che ha inondato la piazza. Prima dell'arrivo in Vaticano però, Papa Francesco aveva già benedetto moto e bikers, percorrendo via della Conciliazione invasa da luccicanti due ruote, a bordo della jeep scoperta. Uno strappo alla prassi accolto da cori da stadio e mani alzate: tra i bikers c'era anche chi, braccia al cielo, brandiva giubbotti in pelle come doni per il Pontefice.
papa harleyPAPA HARLEY
Bandiere statunitensi, brasiliane, tedesche, australiane, africane, alzate insieme a quelle con gli stemmi del Vaticano; intere famiglie di centauri, genitori e figli tutti con completini di borchie in tinta unita; due preziose Harley Davidson regalate dalla casa motociclistica al Pontefice. Immagini uniche che quasi non sorprendono più la Capitale, dopo quattro giorni di pacifica ma caotica invasione da Harley, costata sabato anche un incidente con sei moto coinvolte e una ragazza ricoverata in gravi condizioni con fratture multiple.
harleyHARLEY
Proprio in merito al caos e ai disagi subiti dai romani, il Codacons ha già annunciato un esposto alla Procura della Repubblica, a cui il presidente Carlo Rienzi chiede di indagare «per interruzione di pubblico servizio, attentato alla sicurezza dei trasporti e concorso in lesioni gravi»: dall'associazione una «strigliata» anche per il Papa, che ha benedetto un «evento di mero marketing, che recato danni a città e a abitanti».
Ieri sera al Porto di Ostia, ultimo appuntamento per il mega-raduno: concertone e fuochi d'artificio per salutare con il botto gli harleysti. Roma tornerà così ai suoi rumori, ai cori di clacson e urla, senza dimenticare la carovana dei 100mila centauri in giro per le sue strade che ha fatto tremare palazzi e monumenti.

2 - DAI MOTOCICLISTI A PATTI SMITH TUTTI STREGATI DAL PAPA ROCK
Maurizio Caverzan per "il Giornale"
imagesIMAGES
Francesco, un papa on the road. Bergoglio, un pontefice rock. Passano i giorni e il successore di Benedetto XVI conferma ed espande la sua propensione a dialogare e conquistare la stima di mondi che teoricamente si potrebbero considerare lontani. Viene in mente la parabola della cena disertata da amici e conoscenti e invece onorata dagli sconosciuti raccolti all'ultimo momento agli angoli delle strade.
PAPA BERGOGLIO CON I MOTOCICLISTI HARLEYPAPA BERGOGLIO CON I MOTOCICLISTI HARLEY
Non sarà così, certo. Gli amici e conoscenti di Bergoglio non lo snobbano di certo. E il mondo cattolico con le sue gerarchie sarà tempestivo nel seguire e attuare il magistero pontificio. Ma resta il fatto che fin dai primi giorni il nuovo «vescovo di Roma» predica l'apertura della Chiesa, la necessità di uscire da se stessa e di «andare verso le periferie del mondo». Di questa apertura, della testimonianza di un Papa che preferisce la familiarità della strada all'alterità sacrale dei palazzi vaticani, si giovano magari le persone comuni, non necessariamente cattolici osservanti e perfettamente ortodossi.
HARLEY DAVIDSON A ROMAHARLEY DAVIDSON A ROMA
È quello che si definisce «il cristianesimo inclusivo di papa Francesco». Lo si è visto anche in questi giorni,durante l'invadente «rally» di oltre centomila bikers della Harley Davidson confluiti a Roma da tutta Europa per festeggiare i 110 anni dalla nascita della casa di Milwaukee. Attrazione degli opposti? Chissà. Anche solo dal punto di vista estetico l'effetto non poteva essere più straniante. Giubbotti di pelle neri e la mantellina candida. Caschi variopinti e lo zucchetto bianco.
HARLEY DAVIDSON A ROMAHARLEY DAVIDSON A ROMA
Rombo di motori e raccoglimento religioso. Grossi stivali e fini paramenti liturgici. Nomadismo alla «Easy Rider» e San Pietro ombelico del mondo. Ci sono due mondi apparentemente più lontani? Forse no, apparentemente. Ieri Bergoglio si è fermato in Via della Conciliazione per avvicinare i motociclisti, alcuni dei quali hanno partecipato alla messa in piazza. Poi, prima della recita dell'Angelus, li ha nuovamente salutati in diretta tv. Qualche fine teologo avrà arricciato il naso.
Qualche tutore dell'ortodossia avrà contenuto il disappunto. Ma ormai Francesco dovrebbe averci abituato al fatto che l'annuncio è rivolto a tutti, senza bisogno di condizioni preliminari da assolvere.
HARLEY DAVIDSON A ROMAHARLEY DAVIDSON A ROMA
«Non sono cattolica, non subisco regole e dogmi, posso guardare alla sua persona liberamente e credo che lui voglia davvero comunicare con tutti in maniera diversa», aveva confidato Patti Smith all'indomani della partecipazione a un'udienza. «San Francesco era umile e forte, amava la gente e la natura», aveva sottolineato la sacerdotessa del rock. «E papa Francesco sembra voler fare lo stesso. Potrà essere un forte leader spirituale».
HARLEY DAVIDSON A ROMAHARLEY DAVIDSON A ROMA
Anche Bon Jovi ha confidato alcuni giorni fa l'attrattiva che Bergoglio esercita su di lui: «Fino a 4 mesi fa mi sarei definito uno che provava a guarire dal cattolicesimo. Sono sempre stato una persona spirituale», ha rivelato il rocker del New Jersey, «ma sono molto colpito dalla prospettiva differente mostrata dal nuovo Papa, la sua è una promessa che emoziona e rafforza la religione. Credo abbia cambiato le mie idee e quelle di molte altre persone».
HARLEY DAVIDSON A ROMAHARLEY DAVIDSON A ROMA
In questi giorni è arrivato anche l'apprezzamento di Roberto Saviano che in un'intervista a Famiglia cristiana ha dichiarato di sentirsi confortato dal fatto che «Papa Francesco, per la prima volta, ha citato il dramma del narcotraffico, reso consapevole dalla sua provenienza, l'Argentina, parte di un continente che sta soffrendo questa piaga in maniera terribile». Meno sorprendente la simpatia manifestata da Celentano verso Bergoglio ribattezzato «Pa' Francesco». «Un Papa che non finisce mai di sorprenderci», ha scritto su Repubblica il Molleggiato dissertando di Ior, finanze e mode vaticane, prima di concludere: «Difficile trovare chi non lo ami». Già, difficile: auguriamoci che la simpatia diventi anche sequela.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/vroom-vroom-francesco-turbo-papa-rock-dopo-aver-benedetto-patty-smith-bergoglio-romba-con-57776.htm

La loquela del papa in Santa Marta. Perplessità e problemi.


Mi sono imbattuta in questo scritto del cardinal Siri, che mi offre lo spunto per il discorso successivo:
“Eccoci ad un punto grave: i mezzi di propaganda generalmente non diffondono idee; iniettano solo e con persistenza stati d’animo. Gli stati d’animo entrano in tutti e non hanno bisogno di cultura per forzare la porta. Ma quando sono entrati fermentano, si riesprimono a poco a poco in idee subcoscienti… Quelle idee sono tali da dare una fisionomia al proprio orientamento mentale e ad indicare ad un uomo dove si debba inquadrare come metodo di vita e criterio di azione. La tecnica dello stato d’animo oggi governa il mondo e francamente non so cosa pensare di un mondo che è arrivato al punto di farsi governare soprattutto dalla tecnica dello stato d’animo” (Non per noi Signore Lettere pastorali, Editore Stringa, Genova 1971, vol. I, pag. 241).
Queste parole descrivono l'humus della moderna teologia in dialogo col 'mondo' (basta ricordare Rahner, De Lubac e le nutrite correnti alimentate dal loro pensiero), che hanno trasformato gli 'stati d'animo', il sentimentalismo, in teologia al passo con i tempi, che non solo ha alimentato, ma ha preso il posto del Magistero, spodestando la conoscenza e l'insegnamento dogmatico, certo e definitorio, orientante e fondante. Ed ecco il dogma liquidato e contrabbandato come ingabbiante fissismo, rifiutandone il rigore, colto sotto l'aspetto del rigorismo perché non se ne riconosce più la saporosa sapienza che si svela progressivamente ad ogni credente e nutre la sua fede viva. Per averne conferma basta ripercorrere il discorso di Benedetto XVI del 14 febbraio e prendere atto del blitz dell"Alleanza renana" e delle esplicitate motivazioni. [di altri passaggi del discorso, che tocca diversi punti ed è più rivelativo di quanto si potesse mai immaginare, abbiamo un po' parlato qui - e anche qui]
La tendenza, sostanzialmente attribuibile alla Nouvelle Théologie, in atto già prima del Concilio Vaticano II, durante il suo svolgimento ne ha orientato le innovazioni [vedi Mons. Gherardini]. Sono esse che, nelle applicazioni successive, hanno inquinato l'ortodossia cattolica. Il rischio era stato già circoscritto e smascherato da Pio XII con l'enciclica Humani generis; ma lo svolgersi degli eventi che ancora stiamo subendo ci ha mostrato come quegli avvertimenti solenni siano caduti nel nulla, al pari del bastione antimodernista sapientemente lanciato da Pio X con la Pascendi.

Prima e devastante conseguenza sono state le innovazioni liturgiche della Riforma di Paolo VI; ma non possiamo ignorare che esse nascono da un impianto teologico innovativo, fumosamente mimetico attraverso un linguaggio ambiguo e pieno di sofismi, mascherato dalle disseminate dichiarazioni, mai dimostrate, di fedeltà alla Tradizione. Rispetto agli indomiti ed inarrestabili araldi dell'innovazione, molte capziosità del nuovo impianto teologico sono state immediatamente identificate, decriptate e corrette sia pur da pochi (Amerio, Ottaviani e Bacci, Siri, Spadafora, Gherardini ed altri), silenziati e sottoposti ad una damnatio memoriae tuttora difficile da rimuovere. Di queste vigili sentinelle, tuttavia, in diversi hanno oggi raccolto il testimone (compresa più modestamente la scrivente) per poterlo passare alle generazioni che verranno. 

Registro al riguardo un'affermazione di un altro studioso serio ed efficace come Paolo Pasqualucci   (del quale nel blog sono disponibili alcuni testi, rintracciabili digitando il suo nome nella stringa di ricerca) ripresa da Piero Vassallo: « “Ci si sforza di scoprire le ragioni della negazione di Dio che si nascondono nella mente degli atei… ritenendo che esse debbano meritare un esame più serio e più profondo”… ma al seguito si sviluppa un ragionamento equivoco capzioso, che suggerisce l'idea di un'umanità ferita dal peccato originale solo di striscio... Nella penombra si delinea la struttura oscillante e ambigua dei documenti conciliari, che dichiarano un'inconcussa fedeltà alla tradizione mentre fanno scivolare fra le righe frammenti che alludono a un'opposta dottrina ».

Ed ecco spiegato, alle sue radici, il fatto che "tutti possono fare il bene" e dunque la "salvezza per tutti" senza la mediazione di Cristo e della Sua Chiesa predicata urbi et orbi da papa Bergoglio. Tra le varie 'perle' di cristianesimo in pillole dispensate ogni giorno, egli ha detto il 1° giugno a Santa Marta:
«Invece ogni uomo non solo può, ma deve fare del bene, qualunque fede professi, perché «ha in sé il comandamento di fare il bene» in quanto «creato a immagine di Dio». Il brano del vangelo di Marco (9, 38-40) proclamato durante la messa riferisce la lamentela dei discepoli per una persona che faceva del bene ma non era del loro gruppo
Si dà il caso che, nel Vangelo di Marco, le persone cui si riferiscono i discepoli scacciavano i demoni, ma sempre nel Nome del Signore, il quale tra l'altro dice "chi non è contro di me è con me". Crediamo si possa dire la stessa cosa del 'mondo' nonché degli ebrei e degli islamici, degli induisti che anch'essi perseguitano i cristiani e distruggono Chiese, ad esempio? Essi sono forse "con Lui"? Ma il Papa dice ancora:
Gesù li corregge: Non glielo impedite, lasciate che lui faccia il bene. I discepoli senza pensare, volevano chiudersi intorno a un’idea: soltanto noi possiamo fare il bene, perché noi abbiamo la verità. E tutti quelli che non hanno la verità non possono fare il bene» ha puntualizzato il Pontefice.
Il discorso non sta in questi termini: chi fa il bene in Nome di Cristo la Verità ce l'ha, eccome! Altrimenti che bene sarebbe? Si tratterebbe di "opere della legge", coerenti con una coscienza retta, che non salvano nessuno, tranne - davanti a Dio - chi le pratica senza conoscere il Signore : Umanitarismo, che soccorre le contingenze, non dono di sé in Cristo, che va in profondità e sana il male alla radice. E la differenza non andrebbe oltrepassata, ma specificata.
La Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo, ed essa possiede la Verità, la custodisce e la trasmette. Dunque, non solo non ha bisogno di cercarla insieme agli altri, ma il fatto che ne è portatrice fa la differenza. Ed è questa differenza il cuore della nostra fede.
Continua il Papa:
Ma qual è la radice di questa possibilità che appartiene a tutti gli uomini? «Io penso che sia proprio nella creazione» ha risposto il Papa: «Il Signore ci ha creati a sua immagine», e se «lui fa il bene, tutti noi abbiamo nel cuore questo comandamento: Fai il bene e non fare il male. Tutti». E davanti «a chi dice: Ma padre, questo non è cattolico, non può fare il bene, rispondiamo: Sì può farlo, deve farlo; non può ma deve, perché ha questo comandamento dentro», nel suo cuore.
Pensare che non tutti possono fare del bene è una chiusura, « un muro — ha sottolineato il Santo Padre — che ci porta alla guerra » e « a quello che alcuni hanno pensato nella storia: uccidere in nome di Dio. Noi possiamo uccidere in nome di Dio ». Infatti, « dire che si può uccidere in nome di Dio è una bestemmia ». Il Signore ha redento tutti con il sangue di Cristo, « tutti, non soltanto i cattolici. Tutti » ha ricordato il vescovo di Roma. E gli atei? « Anche loro, tutti. È questo sangue che ci fa figli di Dio ». Ecco perché « tutti noi abbiamo il dovere di fare il bene ».
Mentre bisogna in primo luogo distinguere la differenza tra un generico "fare il bene" e le "opere della Fede" che caratterizzano il cristiano,  mi sembra che qui il papa non tenga conto del peccato originale e nemmeno dell'inclinazione al male, che rimane pur dopo il Battesimo e ha bisogno della grazia di Cristo nella sua Chiesa per essere vinta. E non mi pare che ciò possa darsi per scontato, come scontate potrebbero essere ipotizzate alcune sue omissioni in altre occasioni. In questo caso ha pronunciato frasi nette e non equivocabili.
Infatti, quanto a "fare il bene", se è un dovere sancito dalla legge naturale, nel cristiano è reso possibile in quanto frutto della legge non più data, come a Mosè, ma della grazia e della verità venuta (Gv, Prologo 17) e scritta da Cristo Signore nel cuore di ogni credente reso a Lui connaturale dalla sua Grazia nella Chiesa ed ha, come già detto, effetti e conseguenze ben diverse.
Il discorso dell'Incarnazione, della creaturalità condivisa con tutti gli uomini, ma della chiamata particolare ricevuta in Cristo lo abbiamo approfondito qui: nel sottolineare la differenza tra l'Incarnazione del Verbo e la "carne" dei poveri, che non sono il Vangelo, perché la Buona Notizia non sono "i poveri" ma il Signore e ciò che Egli ha fatto e fa e farà per noi. E che vuol fare attraverso i "Suoi" fino alla fine dei tempi.

Di fatto quelle del papa sono parole che non rispecchiano altro che l'ambigua cristologia della redenzione universale: la redenzione operata da Cristo agisce in automatico, salva tutti anche senza necessità di accoglierla nella Sua Chiesa... E come la mettiamo col Vangelo di Giovanni: "... a quanti però [contrapposizione con chi lo ha rifiutato e lo rifiuta] lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati." (Prologo 12-15), con due millenni di Magistero, ma soprattutto col cuore della nostra Fede?

Già Mons.Brunero Gherardini ed anche Mons.Athanasius Schneider, rivolgendosi a Benedetto XVI, non chiedevano l'irrealistica sconfessione del concilio ma la sua effettiva lettura in continuità, non solo proclamata ma dimostrata, recuperando quei principi fondanti che gli estensori dei documenti conciliari - alcuni dei quali sono stati anche i loro applicatori - hanno reso ambigui e dunque suscettibili di interpretazioni diverse o addirittura veicolo di dottrine divergenti. Così ne parlano anche p. Serafino Lanzetta FI e il Prof. Roberto De Mattei. A noi non resta che continuare a vigilare e pregare.

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