Una riflessione a cinquant’anni dal Vaticano II
L’elogio
funebre di don Andrea Gallo da parte del presidente della CEI, mons. A.
Bagnasco, e il silenzio della gerarchia ecclesiastica dinanzi l’atto sacrilego compiuto
il 1° maggio davanti alla basilica di San Giovanni in Laterano, durante il noto
concertone, rivelano l’insapore di una gerarchia ecclesiastica che non ha più
niente da dire: né difendere la Verità né condannare il peccato.
Il silenzio della gerarchia ecclesiastica dinanzi alla secolarizzazione del mondo e dello stesso popolo di Dio è assordante. A questo punto, però, credo che, per onestà intellettuale, sia necessaria una breve riflessione autocritica che ci permetta di sentire il polso di questa Chiesa febbricitante dopo l’ebbrezza ottimistica del lungo sabato sera Post-Conciliare. Come si sa, la sera leoni, ma la mattina…
Il silenzio della gerarchia ecclesiastica dinanzi alla secolarizzazione del mondo e dello stesso popolo di Dio è assordante. A questo punto, però, credo che, per onestà intellettuale, sia necessaria una breve riflessione autocritica che ci permetta di sentire il polso di questa Chiesa febbricitante dopo l’ebbrezza ottimistica del lungo sabato sera Post-Conciliare. Come si sa, la sera leoni, ma la mattina…
Dinanzi
all’oggettivo disfacimento del tessuto ecclesiale, vengono sventolati i “movimenti”
ecclesiali (Rinnovamento dello Spirito, Focolarini, Cammino Neocatecumenale
ecc…) come gli ottimi frutti del Concilio. Diversità di carismi, fantasia dello
Spirito, pluralità di forme e di linguaggi per tutti i gusti: questo è il
futuro della Chiesa! In molti, tuttavia, si accorgono che, per quanto ci siano alcuni
risultati oggettivamente positivi in questi raggruppamenti di fedeli, la
frammentarietà che tali gruppi ingenerano all’interno del popolo di Dio è essa
stessa oggettiva. Sembra che neanche i temi centrali della bioetica (aborto,
eutanasia, fecondazione) servano da collante fra queste realtà, come ha
dimostrato la grande assenza della maggior parte di questi al grande evento
della “Marcia Nazionale della Vita” svoltasi il 12 maggio scorso a Roma. Non c’è sinergia. Sembra
che ognuno tiri l’acqua al suo piccolo mulino, e che non si pensa e si agisce
come un’unica “Chiesa”, bensì come tante frazioni di essa. In questa coabitano
correnti di pensiero e concezioni ecclesiologiche molto spesso agli antipodi.
Dov’è finita la Cattolicità? Si preferisce parlare più genericamente di
“cristianità” per non discriminare nessuno. Una sorta di calderone in cui sta
dentro tutto e il contrario di tutto.
In
definitiva il criterio per giudicare la bontà di un movimento, di un gruppo o
semplicemente di un carisma non può essere il suo successo in termini di
seguaci (i numeri!). Il proselitismo e la crescita di aderenti non è
necessariamente sintomo della bontà di un mezzo: anche il cancro si diffonde
rapidamente. Ne è un esempio paradigmatico il proliferare di eresie e il
successo da queste riscosso nello strappare milioni di anime alla verità
cattolica (arianesimo, catarismo, luteranesimo, calvinismo, modernismo ecc…). Cautela
nell’impugnare i “frutti del concilio”.
Parallelamente, ad una diffusione di aggregazioni di fedeli laici si affianca la drastica diminuzione di religiosi e ministri ordinati. Seminari svuotati, migliaia di monasteri chiusi o convertiti in agriturismi per la gioia dei turisti tedeschi. Laici che giocano a fare i preti (donne comprese), preti che si vestono da laici, frati francescani che vanno in vacanza nelle isole greche dove neanche un padre di famiglia di media estrazione oggi potrebbe portare la moglie e i figli per fuggire dalle torride estati italiane. Dove sono finiti i frati penitenti? Congregazioni ed ordini religiosi pressoché scomparsi o ridotti ai minimi termini (passionisti, trappisti, certosini, redentoristi, agostiniani, barnabiti, serviti, teatini, i minimi, gli scolopi ecc...).
Scriveva
Giovanni Paolo II nel lontano 1985, incontrando i partecipanti al VI Simposio
del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee :"Una analisi della situazione oggi in Europa, mostra […] una
persistente crisi di vocazioni e il doloroso fenomeno delle defezioni. Le cause
di questo doloroso fenomeno sono molteplici, ed occorrerà affrontarle con
vigore, soprattutto quelle riconducibili all'inaridimento spirituale o ad un
atteggiamento di dissenso corrosivo. Da questi ambienti non nascono
vocazioni"[1]. Si
riferisce alla disobbedienza, diffusa, dilagante a tutti i livelli dai più alti
ai più bassi. Si riferisce al soggettivismo religioso, al relativismo morale.
Continua
la Pontificia Opera per le vocazioni :“Mai forse si è lavorato per le vocazioni
come nel nostro tempo. Tuttavia permane viva l'impressione, un po' dovunque,
che tra l'impegno di pastorale vocazionale profuso nelle Chiese particolari e i
risultati concreti ci sia un grande scarto”. Ma come? Ci si da tanto da fare e
poi ci ritroviamo con meno vocazioni rispetto a prima del Concilio. Dov’è che stiamo sbagliando?
Dal
1965, anno di chiusura del Concilio Vaticano II, i preti che hanno abbandonato
l’abito ammontano a 110.000. Una strage di sacerdoti falciati lungo la via, con
lo strascico di scandali tra i fedeli e la dispersione del gregge. Dall’80% di
fedeli cattolici che popolavano le chiese negli anni 50, siamo passati oggi al solo
10%. Nel
1994 il numero di consacrati “ammontava
a 218 mila, di cui 152 mila diocesani e 66 mila religiosi con una decrescita
progressiva rispetto al 1978, anno in cui il numero complessivo dei sacerdoti era
di 251 mila (175 mila diocesani e 76 mila religiosi). La decrescita risultava
essere del 13%, sostanzialmente uguale per i sacerdoti religiosi e per quelli
diocesani”[2].
In
questa primavera spirituale (dallo “spirito” del Concilio allo “spirito” di Assisi),
pare proprio che quello Santo, che guida alla Verità tutta intera (cfr. Gv
16,13), sia stato declassato. Dov’è la tanto sbandierata “Primavera della
Chiesa” e i numerosi “frutti del Concilio”?
Paolo
VI nel giugno del ’72 asserì: «Riferendoci alla situazione della Chiesa di
oggi, abbiamo la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di
Satana nel tempio di Dio (...). Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta
una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata
di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza (...). Crediamo che
qualcosa di preter-naturale sia venuto nel mondo proprio per turbare, per
soffocare i frutti del Concilio Ecumenico».
Ѐ un fatto che la
rivoluzione sessantottina ha investito pure la Chiesa con l’ondata di
contestazione e rivolta contro l’autorità e la Tradizione. Si è voluto “dialogare”
con il mondo e si è finiti per esserne sedotti. La stalla è stata aperta e i
buoi son scappati. Non a caso il Principe di questo mondo, colui che lo governa
e lo tiene in pugno “è la più astuta di tutte le bestie”(Gn 3,1). Non si
dialoga con il Maligno, gli si oppone la Verità. Invece “apriamo tavoli” di
dialogo, sterili conversazioni che non scomodano nessuno. Tuonava Santa
Caterina da Siena ai pastori e ai predicatori con quella carità ardente tipica
dei santi “Avete taciuto abbastanza. E’ ora di finirla di stare zitti! Gridate
con centomila lingue. Io vedo che a forza di silenzio il mondo è marcito”.
di Giorgio Mariano
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