Le parole attribuite al Papa sulla ‘lobby gay' in Vaticano e sulla "corrente di corruzione" – non smentite né dalla Santa Sede né dagli interlocutori di Bergoglio, i religiosi sudamericani ricevuti qualche giorno fa – hanno generato una tempesta sotterranea nei Sacri Palazzi, che sta venendo fuori timidamente in queste ore. Alcune critiche allo stile papale che covavano sotto la cenere arrivano dagli ambienti ultratradizionalisti e da livelli non secondari delle gerarchie, che tendono a far passare il fatto di ieri come il primo grave incidente di papa Francesco. Il quale, tuttavia, non pare essere turbato dalla vicenda. Anzi.

Questa mattina, nell'udienza del mercoledì, ha fatto il solito bagno di folla, sempre più lungo, con molte fermate per il contatto diretto con malati e bambini: in San Pietro c'erano oltre 70mila persone, una cifra che cresce ogni settimana. E questo è il primo ritratto a contorni nitidi di quello che accade: se una porzione della Curia (e parte dell'episcopato territoriale) inizia ad avanzare critiche, il popolo dei fedeli si riconosce sempre più nel Papa. Che stamani ha riparlato di corruzione, di necessità che «in questo momento della storia della Chiesa, non possiamo nè andare indietro nè andare fuori strada», rafforzando il messaggio che porta avanti dal primo giorno, quello di una chiesa «povera e per i poveri», insomma una Chiesa «di prossimità». E che la deve smettere di alimentare contrasti al suo interno: non a caso ha parlato di «guerre tra cristiani anche nella stessa famiglia», aggiungendo «la Chiesa deve essere aperta, perchè tutti possano venire».

Le parole di oggi sono in continuità con quanto detto e fatto nei primi tre mesi di pontificato, periodo in cui – pur riconoscendo più di una volta la forza del messaggio ratzingeriano, e lo ha fatto anche ieri parlando del rischio di "pelagianesimo" (un'eresia che risale a Sant'Agostino) – ha cambiato il vocabolario papale e ha avviato con molta prudenza la riforma della Curia. Resta il dubbio se le parole espresse in privato sulle "lobby" (tema che sarebbe trattato a quanto risulta anche nel corposo dossier sui Vatileaks) voleva in qualche modo che uscissero allo scoperto – anche se forse non con queste modalità - per dare un segnale chiaro dentro la Curia che si tratta di un tema che vuole affrontare. «Bergoglio non ha certo alle spalle una carriera di prelato di Curia dedito solo a maneggiare le questioni di politica - afferma un monsignore d'Oltretevere – ma è pur sempre un gesuita, e come tutti i suoi confratelli abituato a gestire con abilità le faccende delicate». Le prossime mosse di Francesco saranno da studiare con grande attenzione.
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-06-12/tempesta-sacri-palazzi-parole-134227.shtml?uuid=Ab99ZJ4H



di Riccardo Cascioli
«Nella Curia ci sono sante persone, davvero, ci sono sante persone. Ma c’è anche una corrente di corruzione, c’è anche quella, è vero.. Si parla di una “lobby gay”, ed è vero, c’è. Dobbiamo vedere cosa possiamo fare…». A pronunciare queste parole sarebbe stato papa Francesco lo scorso 6 giugno durante un incontro privato con i Superiori delle Congregazioni religiose latino americane e caraibiche. A rivelarlo è stato proprio uno dei partecipanti a questo incontro, che si è premurato di trascrivere tutte le cose dette da papa Francesco in un’ora circa di colloquio, che poi sono state pubblicate sul sito cileno Reflexión y Liberación e tradotte in inglese dal sito Rorate Caeli.
Nel testo ci sono diversi concetti già ripetuti in altri discorsi ma anche alcuni spunti interessanti, come quando papa Francesco svela due sue preoccupazioni riguardo alle tendenze nella Chiesa: l’esistenza di una corrente pelagiana, che è rimasta ferma alla Chiesa di 60 anni fa, preconciliare, e una corrente gnostica, il cui tratto caratteristico è un certo Panteismo.
E’ però il passaggio in cui denuncia la presenza di una “lobby gay” in Vaticano ad attirare maggiormente l’attenzione e la curiosità. I lettori de La Nuova Bussola Quotidiana non ci troveranno nulla di nuovo, visto che siamo stati i primi – e direi anche unici - a denunciare con forza questa situazione già mesi fa (estendendo il problema alle Chiese locali, non solo il Vaticano). Poi il tema è emerso quando si disse che una denuncia del genere era presente nel dossier presentato a Benedetto XVI dalla “Commissione dei 3 cardinali” (Juliàn Herranz, Josef Tomko e Salvatore De Giorgi) incaricata di indagare sulla fuga di documenti dall’appartamento papale. Ma non c’è mai stata conferma. Ora è il Papa stesso ad ammettere l’esistenza di questa lobby, inserendola in una corrente di corruzione che infetta la Santa Sede. Interrogato dall’agenzia France Presse su questa rivelazione, il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha risposto di non poter commentare nulla visto che si trattava di un colloquio privato.
Fatto sta che ora non si potrà più fare finta di nulla, anche perché il problema va ben oltre l’esistenza di un gruppo - più o meno ampio – di prelati gay che si proteggono a vicenda occupando posti chiave nelle istituzioni della Chiesa. Intendiamoci, già questo è un fatto gravissimo, visto che parliamo anche di alcune brillanti carriere ecclesiastiche “guidate”, di uomini di Chiesa ricattati e di scandali vari (rileggere per favore alcuni eventi degli ultimi quattro anni).
Eppure c’è molto di più e di peggio, ovvero il tentativo di mutare la dottrina della Chiesa in tema di omosessualità. Non a caso Benedetto XVI alla vigilia dello scorso Natale, nel discorso alla Curia Romana ha definito la cultura di genere una delle più gravi sfide che deve affrontare la Chiesa: non era riferito soltanto a ciò che è cultura dominante nel mondo, ma anche a ciò che accade nella Chiesa.
Il punto è che sempre più docenti di teologia morale, nei seminari e nelle università pontificie, insegnano che l’omosessualità è una condizione da accettare e non un “disordine oggettivo” come la definisce il Catechismo della Chiesa cattolica; insegnano che il disagio provato dagli omosessuali non deriva da un problema oggettivo di identità ma dall’ostilità del mondo circostante (ed ecco perché ci sono ecclesiastici e riviste cattoliche che sposano la lotta all’omofobia). Alcune diocesi hanno promosso piani pastorali che vanno proprio in questa direzione, favorendo la formazione di gruppi di omosessuali cattolici che vogliono vivere serenamente la loro condizione. Altre diocesi, pur non arrivando a tanto, tollerano l’esistenza di parrocchie e gruppi che si muovono nella stessa direzione. E chi volesse rendersi conto di quanto è esteso il fenomeno può dare un’occhiata al sito di "Progetto Gionata" e vedere, ad esempio, in quante diocesi si è celebrata la veglia in occasione della Giornata mondiale contro l’omofobia, lo scorso 18 maggio. E quanti gruppi parteciperanno al Gay Pride nazionale il prossimo 22 giugno a Palermo.
Stessa logica pare sposata anche da Siticattolici, il sito che certifica e propone l’elenco dei siti cattolici (certificati) presenti in Italia, tra cui “Fede e diversità”, dedicato ovviamente all’omosessualità, che rovescia il Catechismo dando l’impressione di essergli fedele.
Tale rovesciamento di posizioni ha ovviamente delle ricadute nel politico. E’ così che si spiega in Italia (e non solo) una certa ambiguità davanti alla questione del riconoscimento delle unioni omosessuali. Da una parte si afferma con nettezza il no ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, ma poi si apre al riconoscimento delle unioni gay senza chiamarlo matrimonio (è la classica breccia nel muro che farà passare tutto il resto). E davanti a governo ed enti locali che promuovono un’offensiva per promuovere la cultura di genere ed iniziare gli studenti fin dalle scuole medie ai nuovi orientamenti sessuali – vedi la Strategia nazionale per la prevenzione dell’omofobia, su cui La Nuova BQ è stata l’unica a tenere informati -, la Chiesa italiana nel suo insieme ha fatto calare il silenzio. Né i giornali cattolici hanno scritto una riga in proposito. Chi o cosa li trattiene dal dare almeno la notizia?