ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 26 luglio 2013

La fatica di essere fedeli


di A. V.
Lettera aperta di un fedele,
inviata a diversi indirizzi facenti capo all'Arcidiocesi di Genova


Sono un cattolico devoto che cerca di professare la sua fede, provando umiltà e affetto nei confronti della Chiesa e dei suoi ministri.
Le osservazioni che seguono non sono dettate da astio, rancore o ripicca, ma vogliono solo evidenziare un certo disagio che io e diversi altri fedeli proviamo spesso andando in chiesa, o per meglio dire andando in certe chiese. Vorrei che queste osservazioni fossero considerate solo come manifestazione di sincero spirito di correzione fraterna.



Partiamo dalla mia esperienza (quasi) quotidiana alla S. Messa feriale delle 8.30 nella piccola chiesa di S.Ambrogio a Voltri, partecipata da una ventina di persone in media (non male se si considera l'ora).

1) Il parroco è solito “animare” la liturgia con canti, variabili a seconda del periodo, che caschi il mondo devono essere cantati (ingresso, offertorio, comunione e uscita). Anche quando in chiesa non vi è nessuno che sa cantare, anche se la Messa è iniziata in ritardo, anche se molti dei presenti sono
completamente stonati e gridano note casuali, o seguono la melodia su altre tonalità, il canto deve aver luogo. Aggiungo che la scelta dei canti è pesantemente influenzata dall'ambiente focolarino, e a parte considerazioni sulla qualità di quella musica, solitamente non si tratta di canti liturgici ma di
canzoni a sfondo religioso, comunque non adatte a essere cantate durante una Messa.
Alcune volte vedo nettamente il parroco trattenere ripetuti sbadigli, come pure tendere a saltare parti di liturgia, e distrarsi persino nel momento della Consacrazione... ma si può star sicuri che lo si troverà sempre sveglio nei momenti del canto. A volte fa addirittura ripetere qualche strofa,
intervallando sue spiegazioni su come cantare correttamente (a suo dire).

2) Il suddetto parroco è anche solito dire una breve omelia, sul cui contenuto possiamo sorvolare (solitamente si tratta di banalità ripetute con poca convinzione, e con perenne aria assonnata). In alcuni casi però sono state citate figure precise di Santi, descrivendo anche episodi specifici della loro vita, il che ha subito attirato la mia attenzione.
Per poter apprendere maggiori informazioni su tali figure, ho cercato materiale più completo nelle relative agiografie, scoprendo così che gli episodi citati erano attribuiti ad altri Santi, o differivano sostanzialmente dal racconto ascoltato.
Tutto ciò getta sul fedele che voglia conoscere e approfondire un'ombra di incertezza e sfiducia: com'è possibile che un ministro consacrato deformi (o inventi) queste testimonianze così belle ed educative per la crescita nella fede di tutti noi?

3) Sempre all'interno delle omelie, questo parroco tende a commentare le Letture in modo quantomeno curioso.
Si parla del Concilio di Trento? La tale verità di fede è stata proclamata “400
anni prima del Concilio Vaticano Secondo” (com'erano avanti sui tempi).
Si cita S. Ambrogio Santo titolare della chiesa? Ha affermato la tale proposizione “1600 anni prima del Concilio Vaticano Secondo” (che preveggenza).
Una volta è stato addirittura detto che “Il Concilio Vaticano Secondo
ha affermato che esiste una resurrezione di gloria e una resurrezione di condanna” (pensavo che l'avesse detto 1900 anni prima Qualcun altro...). Insomma, il fulcro e la sorgente di ogni verità di fede non consistono nelle Scritture e nella Tradizione, ma nel grande “Concilio Vaticano Secondo”,
e ogni Padre della Chiesa, Santo, Martire, Apostolo (e forse addirittura Nostro Signore Gesù Cristo) ha affermato questa o quella cosa in vista di ciò che sarebbe poi stato mirabilmente stabilito negli anni '60 del ventesimo secolo.
Non commento oltre.

4) Subito dopo il termine del Padre Nostro, una delle signore che “si occupano della chiesa” si alza dal suo banco, sale sul presbiterio e... apre il Tabernacolo, estraendone frettolosamente la pisside con le Ostie consacrate – quasi come se recuperasse una pietanza dal frigorifero – indi la poggia sulla tavola (non l'altare ovviamente, bensì il triste arredo “contra Dominum” voluto dal Concilio Vaticano II).
Mi chiedo il motivo di questa manovra. Il celebrante non mi sembra così impedito fisicamente da non riuscire a salire i pochi gradini dell'altare (ricordo Don Baget Bozzo, già gravemente malato, farsi sostenere da due diaconi per salire a fatica quei gradini, e comunque recitare “ad Deum qui laetificat juventutem meam”): questo prete è perfettamente in grado di farlo da solo, ed è suo preciso ed esclusivo dovere.
E' una questione di tempo?
Per risparmiare pochi secondi si consente a un laico, e una donna, di aprire e chiudere il Tabernacolo a suo piacimento, maneggiando la pisside come se fosse un barattolo di sottaceti?
E cosa accadrebbe se questa donna perdesse l'equilibrio e facesse cadere a terra tutte le Ostie? Qualcuno degli attori di questa manovra sa veramente cosa (Chi) sta maneggiando?

5) Il venerdì mattina la Comunione viene distribuita sotto entrambe le specie. Questa pratica non mi dispiace personalmente, tuttavia non riesco ad approvare il modo in cui viene realizzata.
La suddetta donna, dopo aver depositato la pisside sulla tavola, vi resta a fianco fino alla Comunione.
A quel punto il sacerdote prende la pisside e porge un'Ostia alla donna, che la intinge nel calice (contenente il Sangue di Cristo) e se la porta alla bocca. Insomma, si comunica da sola.
In seguito questo sacerdote consegna la pisside alla donna, che estrae le Ostie una ad una, passandogliele per intingerle nel calice e distribuire il tutto ai fedeli. Sarebbe così difficile far tenere soltanto la pisside alla donna, e provvedere personalmente a estrarre le Ostie e intingerle, evitando così di farle toccare alla donna con le mani?

Per concludere aggiungo un'appendice, che non ha a che fare con S.Ambrogio di Voltri: quanto è diventato difficile confessarsi nelle nostre chiese!
Quando sono aperte e non c'è Messa è quasi impossibile trovare un sacerdote. Quando c'è il sacerdote ha sempre qualcos'altro da fare e non può venire. Quando può venire, mostra evidenti segni di nervosismo e impazienza, quasi che amministrare un Sacramento (e di tale importanza) fosse uno sgradevole fuori programma che lo distoglie da chissà quali altri compiti.

Già i fedeli che desiderano confessarsi sono diminuiti nel tempo in modo rilevante (chissà, magari anche per il disinteresse che mostrano molti sacerdoti in questa pratica, che alla fine si ripercuote sulle comunità), già la confessione in sé è un atto che chiede carità e affetto.
Dover girovagare da una chiesa all'altra perdendo molto tempo, e poi trovarsi respinti fuori da una sacrestia, o accompagnati sbuffando al confessionale (tra l'altro non sono ora stati “rinnovati”, costruendo moderni salottini con divanetto e aria condizionata?), non ci predispone certo ad accogliere il Signore “nel cuore e sulle labbra per ben confessarci”.
Parlo per esperienza personale.

Un esempio?
Domenica scorsa, basilica di N.S. Assunta a Genova Sestri Ponente.
Entro in chiesa fuori dalla Messa e non trovo nessuno in confessionale (come al solito). Mi avvicino al presbiterio e non scorgo nessun sacerdote in zona sacrestia. Trovo la porta laterale che conduce in sacrestia sbarrata, così a malincuore salgo sul presbiterio genuflettendomi e restando di lato, avvicinandomi alla cancellata.
Un signore lì seduto, che spesso serve Messa, fa il lettore, svolge il ruolo di ministro (stra)ordinario dell'Eucaristia (poco straordinario dato che gli viene sempre affidato questo ruolo, e anche qui ci sarebbe da dire), mi chiede molto bruscamente cosa desidero. Inizio a rispondere chiedendo di un sacerdote per la confessione, quando il signore in questione mi interrompe rispondendomi ad alta voce: Lei non può salire sull'altare! Ma come si permette? Lei qui non può
venire!!
Taccio del fatto che i diversi membri della cantoria continuano ad andare e venire, passando regolarmente sul presbiterio.
In quel momento si avvicina una signora che mi chiede che cosa voglio. Le ripeto di aver bisogno di un sacerdote per la confessione (ma sono proprio obbligato a divulgare a chiunque le mie necessità spirituali?), e lei mi dice di andare in chiesa e guardare nei confessionali.... Le rispondo che proprio per non aver trovato nessuno in chiesa mi sono deciso a venire presso l'ingresso della sacrestia. La signora ribatte che a breve (tra 40 minuti) vi sarà “una concelebrazione”, e che quindi non c'è nessuno (ma se stanno arrivando tanti sacerdoti, ce ne sarà uno disponibile a confessarmi?), e che devo venire in settimana dalle 17 alle 18. Le faccio osservare che a quell'ora io lavoro (e, immagino, molti altri come me: certo che se per questo Sacramento viene dedicata solo un'ora al giorno, e in quell'orario, non ci si può lamentare che vi siano pochi fedeli che si confessano), ma la signora è irremovibile e mi esorta a uscire da una porticina laterale (il presbiterio, continuamente attraversato da coristi e altre persone, sembra essere off-limits solo per me).
Mi avvio rassegnato
verso quella porta laterale, e fuori trovo in piedi il parroco e un altro sacerdote, probabilmente in attesa degli altri concelebranti.
Manifesto ancora una volta il mio desiderio di confessarmi, e subito il parroco inizia a ripetere la questione della concelebrazione, poi si guarda brevemente con l'altro sacerdote, che alla fine dopo qualche secondo di esitazione “cede” e mi accompagna in chiesa in un confessionale, dove finalmente riesco a ottenere l'assoluzione.

Continuo a chiedermi se i sacerdoti d'oggi abbiano ben capito il motivo per cui esistono: il motivo per cui Nostro Signore un giorno li ha chiamati, il motivo per cui sono stati ordinati, il motivo per cui ogni giorno si trovano dietro a quel tavolo a leggere pregare e maneggiare pezzi di pane e gocce di vino e ritrovarseli trasformati tramite Dio in Dio, il motivo per cui sono chiamati ad ascoltare i
peccati di amici e sconosciuti, il motivo per cui hanno accettato di non sentirsi mai chiamare papà da un bimbo.

Io amo la Chiesa, prego ogni giorno per il Papa e per il clero, continuerò sempre ad andare a Messa nonostante le brutture cui mi capiterà di assistere... ma per favore datevi da fare anche voi preti!
Aiutateci a vedere e ritrovare il bello nella liturgia, quella bellezza che parla di Dio e ha il Suo profumo.
Aiutate tutti noi, e specialmente coloro che più ne hanno bisogno, ad amare e riscoprire ogni giorno Gesù Cristo tramite le vostre celebrazioni e la vostra disponibilità.
Solo voi potete amministrare validamente i Sacramenti: non centellinateli come se doveste pagarci su le tasse, ma offriteli con gioia. “Gratuitamente avete ricevuto e gratuitamente date”: gratuitamente non significa solo senza pagare, vuol dire spontaneamente, volentieri, con gioia.
Non rischiate di privare anche solo una delle anime a voi affidata di tutti i conforti e i doni che i Sacramenti forniscono.
Ma ci credete o no all'efficacia sostanziale e soprannaturale di un Sacramento??

Aiutateci, e sempre più fedeli pregheranno anche per voi.

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV552_AV_La_fatica_di_essere_fedeli.html

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.