Soldi lasciati o ricevuti in eredità: clero e "tesoretti" personali. Una lunga scia di scandali
E' la storia dei lasciti contestati che coinvolgono sacerdoti e religiosi. Con un esposto della Curia è finita in tribunale la vicenda dell'eredità (800mila euro) lasciata dal parroco bresciano don Giulio Gatteri alla badante che lo ha assistito per dodici anni.A suscitare clamore è soprattutto l'entità della cifra che richiama alla memoria la proverbiale disponibilità di denaro di altri ecclesiastici come "don Bamcomat" Evaldo Biasini e "don 500" (nel senso delle banconote di grosso taglio) Nunzio Scarano.Già nel 2008 aveva suscitato aspre polemiche la notizia del testamento di don Candido Micheli, parroco di Ravina, in provincia di Trento, che morendo ha lasciato a due dei quattordici nipoti, un ingente patrimonio.
Uno dei due fortunati nipoti è così divenuto proprietario di due immobili con una decina di appartamenti e parcheggi annessi in una frazione di Trento e di un’officina, sempre nel capoluogo; l’altro ha ricevuto una villetta con un ampio terreno, bosco e garage, nella stessa frazione, tre appartamenti con altrettanti garage e cantine, e l’alloggio in centro a Trento dove il sacerdote viveva.
In comunione, i due hanno poi avuto un appartamento nel Ferrarese e il denaro contenuto in due conti correnti e in un libretto al portatore“. Commenò allora il portavoce della diocesi, Don Ivan Mattei, ha così commentato: "Provo un senso di profonda amarezza, perchè come sacerdoti, abbiamo la missione di spenderci, anche economicamente, per la nostra gente“. In effetti, non si spiega come un sacerdote ottantanovenne, dopo una vita al servizio degli altri, abbia accumulato tali ricchezze. Al contrario don Ernesto Moro, parroco di San Pietro, a Seano (paese di 7mila abitanti vicino a Prato) ha visto accendersi su di sè i riflettori delle cronache nel 2010 per essersi intestato l'eredità da seimilioni di euro ricevuta da una fedele.
E' dovuto intervenire il suo vescovo, Mansueto Bianchi per far presente che un'eredità «non appartiene al parroco, ma dev'essere versata nella casse della parrocchia per servire alle spese di culto, di aiuto ai poveri, e mantenimento degli immobili». Quindi, «per quanto i riguarda i beni che uno riceve a titolo personale, è sua facoltà usarne con la libertà riconosciuta a ogni cittadino. Ma trattandosi di un sacerdote, quell'uso deve avvenire nel quadro dei valori evangelici di carità e di servizio».E' trascorso, invece, un anno da quando l'imprenditore dei cancelli automatici Michelangelo Manini ha lasciato l'arcidiocesi di Bologna erede universale del suo patrimonio (il 66% delle azioni di un'azienda valutata 1,7 miliardi).
Insomma alla Curia è andato il pacchetto di maggioranza di una multinazionale da 10mila dipendenti. Carte bollate e dispute legali anche tra i Salesiani e gli eredi del marchese Alessandro Gerini, senatore democristiano e costruttore romano degli anni ‘50-‘70 che alla sua morte, nel 1990, lasciò alla congregazione religiosa una eredità milionaria. «Un lascito irregolare», sostengono i familiari.La vicenda comincia nel 1990, quando il marchese Gerini muore senza figli e lascia parte consistente del suo patrimonio in eredità alla fondazione “Istituto marchesi Teresa, Gerino e Lippo Gerini”, un ente ecclesiastico fondato nel 1963 e controllato dagli stessi salesiani, con cui il marchese aveva un saldissimo legame affettivo ed affaristico: un valore oggi stimato in quasi 660 milioni di euro in beni mobili e immobili, soprattutto terreni e fabbricati a Roma e nelle immediate vicinanze.
Ma i nipoti di Gerini ritengono che nel lascito patrimoniale ci siano delle irregolarità e così, con la mediazione del faccendiere siriano Carlo Moisé Silvera, fanno causa alla fondazione.
GIACOMO GALEAZZICITTA' DEL VATICANO
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