ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 30 agosto 2013

Cosa c'era nello scatolone

Papa Francesco, giro di nomine. Bergoglio costruisce il ‘governo’ del dopo Vatileaks

Fernando Vergès diventa segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Paolo Ceruzzi consultore della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede. Il Papa occupa le poltrone "roventi" con nomine fidate. Quelle che mancavano al predecessore Ratzinger

Papa Bergoglio e Ratzinger
Una poltrona abbastanza rovente quella che Francesco ha voluto assegnare a un uomo che conosce benissimo e verso il quale nutre molta fiducia. Vergéz, infatti, sarà il secondo successore di monsignor Carlo Maria Viganò che riuscì a riportare in attivo il bilancio in rosso del Governatorato razionalizzando le spese ed entrando così in forte contrasto con il cardinaleTarcisio Bertone che chiese e ottenne a Benedetto XVI il suo trasferimento come nunzio a Washington. Decisione che aprì ufficialmente la stagione Vatileaks poiché le lettere scritte da Viganò a Bertone e al Papa tedesco furono fotocopiate dal maggiordomo di Ratzinger, Paolo Gabriele, e rese pubbliche.
Vergéz, che è stato anche segretario del cardinale argentino Eduardo Pironio, di cui è in corso la fase diocesana del processo di beatificazione, è anche molto stimato dal suo diretto superiore, il cardinale Giuseppe Bertello. È stato proprio il porporato piemontese, dal settembre 2011 presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, a decidere con il Papa la nomina di Vérgez. Bertello, tra i grandi elettori di Bergoglio nel conclave di marzo, è anche l’unico porporato con incarico a Roma nominato da Francesco nel gruppo di otto cardinali che dovranno consigliarlo nel governo della Chiesa e nella riforma della Curia romana.
Proprio questa nomina, decisa dal Papa esattamente un mese dopo la fumata bianca, aveva accreditato in questi mesi Bertello come il probabile successore di Tarcisio Bertone alla guida della Segreteria di Stato. Ma è stato il Papa stesso a smentire questa ipotesi nella conferenza stampa sul volo di ritorno da Rio de Janeiro a Roma. In quell’occasione Francesco ha definito “outsider” gli otto cardinali membri del suo speciale e inedito “consiglio della corona”. In quel gruppo, quindi, non c’è il “premier” di Bergoglio che il Papa, come ha scritto ilfattoquotidiano.it, ha già scelto da tempo e che martedì scorso ha comunicato, come prevede la prassi, al cardinale decano Angelo Sodano. Il nome da diversi mesi in pole per la successione di Bertone è quello del nunzio in VenezuelaPietro Parolin. La data dell’annuncio potrebbe essere già domani.
Francesco ha anche nominato Paolo Ceruzzi consultore della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede. Una promozione per Ceruzzi, che era già stato nominato, nel gennaio 2012, “esperto” del dicastero presieduto dal bertoniano cardinale Giuseppe Versaldi a cui è legato. Dottore commercialista torinese, Ceruzzi è considerato uno dei massimi esperti nel campo della pianificazione strategica economico-finanziaria.
Come dimostrano queste prime decisioni di Bergoglio, non esiste un “problema nomine” in Vaticano, né alcun ritardo sulla scaletta di marcia del Papa legato alla sua incapacità di scegliere i collaboratori, come sostenuto ripetutamente da alcuni osservatori in questi primi mesi di pontificato. Francesco agisce come il vescovo di una grande diocesi e, dopo un semestre di osservazione e di ascolto, all’inizio dell’anno pastorale, ovvero ai primi di settembre, comunica il nuovo assetto di quella che sarà la sua squadra di governo. Quello che Bergoglio ha toccato in questi primi mesi di pontificato è la triste lezione vissuta da Benedetto XVI fino alla storica e “grave” rinuncia al pontificato: i nemici del Papa non sono fuori ma dentro la Chiesa.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/30/giro-di-nomine-per-bergoglio-francesco-costruisce-governo-del-dopo-vatileaks/696549/

Vaticano, il papa ha scelto il sostituto di Bertone

Parolin, nunzio in Venezuela, potrebbe essere il successore alla poltrona di Segretario di Stato.

La corsa per la successione alla Segreteria di Stato vaticana sembra arrivata al capolinea. E il nome del sostituto di Tarcisio Bertone potrebbe arrivare molto presto. Papa Francesco pare infatti intenzionato a chiudere il cerchio delle nomine.
Come ha rivelato il Corriere della sera per la sostituzione di Bertone ci sarebbe già un nome in pole position: si tratta dell’attuale nunzio apostolico in Venezuela, l’arcivescovo Pietro Parolin.
IL NOME DI MONSIGNOR BERTELLO.Un altro nome circolato per la successione era stato quello di Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato, nominato nella commissione degli otto cardinali consultatori per la riforma della Curia, che ha chiesto ed ottenuto sabato 24 agosto la sostituzione del suo numero due monsignor Giuseppe Sciacca (che potrebbe essere sostituito da Fernando Vergez, spagnolo, appartenente ai Legionari di Cristo, per molti anni segretario del cardinale argentino Pironio, capo delle Telecomunicazioni vaticane).
LA COMUNICAZIONE IL 27 AGOSTO. L'avvicendamento sarebbe stato già comunicato martedì  27 agosto, al decano del Sacro collegio, Angelo Sodano che è stato ricevuto in udienza da Bergoglio.
Ora si aspetta che diventi operativo: di solito la prassi - nel caso in cui il successore non risieda in Vaticano e deve dunque lasciare la sua sede per accettare l'incarico - vuole che dopo una comunicazione ufficiale servano 45 giorni di tempo. Quindi, a conti fatti, la poltrona di Bertone scadrà a metà ottobre.
IL CASO CHAOUQUI E LO IOR. Sul fatto che il cambio al vertice della Segreteria di Stato fosse ormai necessario e non più rinviabile era intervenuto lo stesso Bertone poco tempo fa dopo che era scoppiato il caso di Francesca Chaouqui, nominata da papa Bergoglio all'interno della commissione di laici sulla trasparenza finanziaria. E proprio lei, una pr prestata alle lobby, aveva pubblicato tempo addietro alcuni commenti pesanti su Twitter in cui, senza mezzi termini, dichiarava Tarcisio Bertone un personaggio «corrotto».
Ma anche questo episodio, infondo, pareva essere passato in sordina. Il vero nodo è stato forse il 'vittimismo' incarnato da Bertone nel confronto con papa Francesco.
LO SFOGO DEL CARDINAL BERTONE. L'attuale Segretario di Stato infatti si è apertamente lamentato con Bergoglio di essere stato una delle vittime del 'corvo' dei Vatileaks e reso protagonista delle vicende legate allo Ior, la banca vaticana, fino allo scandalo di monsignorNunzio Scarano, arrestato il 28 giugno, accusato di corruzione dalla procura di Roma e di riciclaggio anche dal promotore di giustizia vaticano. Il motivo? L'arresto di monsignor Scarano aveva costretto a clamorose dimissioni il direttore e vice direttore generale dello Ior, Paolo Cipriani e Massimo Tulli, considerati bertoniani doc.
http://www.lettera43.it/cronaca/vaticano-il-papa-ha-scelto-il-sostituto-di-bertone_43675106720.htm

I talenti di don Pietro. Sacerdote e diplomatico

Pietro Parolin
PIETRO PAROLIN

Un ritratto dell’arcivescovo Parolin, che domani potrebbe diventare Segretario di Stato vaticano. Una scelta che sarebbe rivelatrice dei sentieri che intende percorrere il pontificato di Bergoglio

GIANNI VALENTEROMA
Il 58enne Pietro Parolin aveva lasciato Roma quattro anni fa, ordinato arcivescovo da papa Benedetto XVI e inviato come nunzio in Venezuela, dopo essere stato per sette anni “viceministro” degli esteri vaticano. Secondo le indiscrezioni circolate nelle ultime ore, ora Papa Francesco lo avrebbe scelto come suo primo collaboratore, richiamandolo nell’Urbe come futuro Segretario di Stato. Parolin diventerebbe il più giovane “arruolato” in quella carica dai tempi di Eugenio Pacelli. Se la notizia verrà confermata, la nomina di Parolin offrirà nuovi spunti per immaginare il cammino che la Chiesa di Roma potrà compiere nei prossimi anni. Per accorgersene, basta guardare i passaggi chiave dell’avventura umana e cristiana dell’attuale rappresentante pontificio in terra venezuelana.

Il nuovo Segretario di Stato nasce a Schiavon, in provincia e diocesi di Vicenza, il 17 gennaio del 1955. La fede in Gesù la assorbe fin dalla prima infanzia nell’ordito della “civiltà parrocchiale” in cui vive immerso, quella del Veneto bianco dal cuore magnanimo e laborioso. Il papà, cattolico “da messa quotidiana”, gestisce un negozio di ferramenta e poi comincia a occuparsi di vendita di macchine agricole. La mamma fa la maestra elementare. Quando Pietro ha dieci anni, la famiglia Parolin viene visitata dal dolore: il padre, mentre sta per rimontare sulla sua vettura, sulla strada tra Bassano e Vicenza viene travolto da un’auto e muore sul colpo. Da quel momento i tre figli - Pietro, sua sorella e il fratellino che al momento della disgrazia ha solo otto mesi – sono testimoni ogni giorno dei piccoli ordinari eroismi compiuti dalla mamma maestra per farli crescere senza che manchi loro niente di importante.

Pietro fa il chierichetto in parrocchia. Il parroco di allora, don Augusto Fornasa – che morirà a Schiavon nei primi anni Ottanta – coglie e coltiva in lui la vocazione al sacerdozio, in un ambiente segnato dalla memoria di grandi figure di pastori “sociali” come don Giuseppe Arena e don Elia Dalla Costa, divenuto arcivescovo di Firenze dal ’31 al ’61.

Nel 1969, a 14 anni, Pietro entra nel seminario di Vicenza. Dopo la maturità classica prosegue con gli studi di filosofia e teologia. Le inquietudini feconde e quelle più corrosive del postconcilio agitano anche la vita del seminario. Pietro si tiene defilato rispetto alle turbolenze di quel periodo. Apprezza la linea pastorale del vescovo Arnoldo Onisto, la capacità di ascolto, di mediazione e di attenzione ai problemi degli operai esercitata in quegli anni da quel buon uomo di Dio dal fare dimesso.

Già in seminario, i superiori si sono accorti che Pietro “riesce bene” negli studi. Dopo l’ordinazione sacerdotale – ricevuta nel 1980 dalle mani del vescovo Onisto – e due anni come viceparroco nella parrocchia della Santissima Trinità di Schio, lo spediscono a studiare diritto canonico alla Pontificia Università Gregoriana, con l’idea di impiegarlo poi nel tribunale diocesano e nel settore della pastorale familiare. Ma da Roma – dove don Pietro risiede al Collegio Teutonico di via della Pace – qualcuno chiede al vescovo di mettere quel giovane sacerdote discreto e lavoratore a disposizione della Santa Sede. Lui, come sempre, accetta di andare dove lo mandano. Coi sistemi di selezione “anonimi” che un tempo funzionavano nei Palazzi d’Oltretevere, finisce quasi per caso nell’orbita del servizio diplomatico vaticano, senza neanche sapere chi sia stato il suo primo talent scout.

Nell’estate del 1983 entra nella Pontificia Accademia ecclesiastica, Nell’86 si laurea in diritto canonico con una tesi sul Sinodo dei vescovi. Poi parte per la sua prima missione: tre anni presso la nunziatura in Nigeria, a cui seguiranno altri tre (’89-’92) presso la nunziatura in Messico. Nella prima destinazione si coinvolge nelle attività pastorali delle comunità locali e conosce da vicino le problematiche del rapporto tra cristiani e musulmani. In Messico dà il suo apporto alla fase conclusiva del lungo lavoro realizzato dal nunzio Girolamo Prigione che proprio nel 1992 porterà al riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica e all’allacciamento di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Nazione messicana. Si compirà attraverso quelle laboriose trattative diplomatiche l’affrancamento formale dall’impronta laicista e anticlericale che aveva connotato da sempre il Paese fin nel suo impianto costituzionale.
 Nel 1992 Parolin viene richiamato a Roma per lavorare nella seconda sezione della Segreteria di Stato. Sono gli anni del wojtylismo ancora a forte proiezione geo-politica, alle prese con il collasso del blocco comunista e gli effetti della prima guerra del Golfo. A capo della diplomazia pontificia c’è il cardinale Angelo Sodano, che nel dicembre 1990 ha sostituito Agostino Casaroli. Al giovane funzionario rientrato dal Messico vengono affidati dossier in ordine sparso: Paesi e Chiese africani e latinoamericani, Spagna, Indonesia. Nel 2000 inizia a occuparsi della “sezione” italiana: collabora con monsignor Attilio Nicora – oggi cardinale – su questioni ancora aperte legate alla revisione del Concordato avvenuta nel 1984, come quelle relative all’Ordinariato militare o all’assistenza religiosa per i carcerati e negli ospedali.

Nel 2002 Parolin viene nominato sottosegretario della seconda sezione della Segreteria di Stato, quella dedicata ai rapporti con gli Stati. Nella veste di “vice-ministro degli esteri” vaticano si prende in carico i dossier delicati riguardanti i rapporti della Santa Sede con il Vietnam – che anche grazie a lui imboccano in maniera decisa la strada verso l’allacciamento di piene relazioni diplomatiche - e le questioni giuridiche ancora aperte tra  Vaticano e Israele. A partire dal 2005, con l’inizio del pontificato ratzingeriano, riprendono anche i contatti diretti con la Cina popolare. In quel contesto matura anche la Lettera rivolta nel giugno 2007 da Benedetto XVI ai cattolici cinesi, che rimane uno dei testi magisteriali più rilevanti del pontificato.


In quegli anni, il sotto-segretario vicentino guida la delegazione vaticana nelle trattative riservate coi funzionari cinesi per sciogliere i nodi che ancora rendono anomala e sofferente la condizione dei cattolici in Cina. Per due volte vola anche a Pechino, insieme agli altri membri della delegazione vaticana. In quegli anni, sembra prendere forma l’inizio di una svolta concreta nei travagliati rapporti sino-vaticani. Poi, nell’estate 2009, Parolin viene nominato nunzio a Caracas, spedito a vedersela con la gatta da pelare del Caudillo Chàvez e dei suoi rapporti sempre burrascosi con la gerarchia cattolica locale. Il 12 settembre di quell’anno, Parolin riceve l’ordinazione episcopale dalle mani di Benedetto XVI. Da qualche settimana è esploso il “caso Boffo”. Le baruffe tra bande ecclesiali, con la loro tragicomica ferocia, hanno raggiunto una fase virulenta. Papa Ratzinger, proprio nell’omelia per la messa in cui viene ordinato vescovo anche Parolin – scritta evidentemente di suo pugno – ricorda in riferimento ai «litigi» sempre presenti nella Chiesa che «il sacerdozio non è dominio, ma servizio» e che «le cose nella società civile e, non di rado, anche nella Chiesa soffrono per il fatto che molti di coloro, ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità».

In occasione del suo trasferimento a Caracas, qualcuno ha cercato di accreditare sui media l’affiliazione di Parolin alla “corrente” di ascendenze casaroliane legata al cardinale Achille Silvestrini, che fu segretario della seconda sezione della Segreteria di Stato dal ’79 all’88. Manovre che nel caso di Parolin rivelano subito la loro matrice pregiudiziale. Se si sta alle cose, appare evidente che in Segreteria di Stato il suo profilo di funzionario leale e competente è stato valorizzato di volta in volta da superiori di orientamento e sensibilità diversi. Parolin ha prestato la sua collaborazione discreta e fattiva a Casaroli e Silvestrini, Sodano e Tauran, Lajolo, Bertone e Mamberti.

Proprio negli anni della Segreteria Bertone ha avuto occasione di gestire dossier cruciali come quello cinese. Con Casaroli i momenti di dialogo personale diretto li ha avuti quando il grande Segretario di Stato era già in pensione. Con Silvestrini i rapporti più intensi li ha sviluppati alla metà degli anni Novanta intorno a questioni riguardanti non la Curia romana, bensì la gestione di Villa Nazareth, l’istituzione benefica istituita dal cardinale Domenico Tardini nel 1946 per sostenere la formazione di ragazzi meritevoli ma privi di mezzi. Su richiesta di Silvestrini – che già negli anni Settanta era il grande supporter ecclesiastico del convitto – nel ’96 Parolin aveva accettato di assumerne la direzione, trasferendosi a vivere nella residenza universitaria alla Pineta Sacchetti. Ma quattro anni dopo, con l’intensificarsi del lavoro in Segreteria di Stato, si era accorto che per lui quell’incarico impegnativo era insostenibile, e vi aveva rinunciato. Silvestrini ne era rimasto amareggiato, pur conservando stima e simpatia nei confronti di Parolin.

Se Parolin diventerà Segretario di Stato, si può immaginare che, anche per temperamento, proverà a valorizzare sensibilità ecclesiali diverse, nell’orizzonte aperto della Chiesa non auto-referenziale costantemente suggerito da Papa Bergoglio. Se c’è un tratto rintracciabile nel modus operandi di Parolin è quello riconducibile alla grande tradizione diplomatica vaticana: realismo, studio approfondito dei contesti e dei problemi da affrontare, ricerca delle soluzioni possibili. Davanti ai conflitti regionali che continuano a stravolgere il mondo – a partire dal Medio Oriente - e ai rischi di nuovi scontri globali tra superpotenze antiche e nuove, la Santa Sede potrà offrire ancora il suo contributo di saggezza e lungimiranza per favorire i cammini della pace. Accantonando presunzioni di protagonismo geopolitico, anche lo strumento della diplomazia vaticana, sintonizzato sulla «conversione pastorale» suggerita da Papa Francesco, potrà offrire un contributo creativo all’azione della Chiesa invitata con insistenza dal vescovo di Roma a «uscire da se stessa» per andare incontro a tutti gli uomini nelle periferie geografiche e esistenziali in cui vivono.
Soprattutto, con Parolin sarebbero fatalmente destinate alla rottamazione le false dialettiche che negli ultimi anni hanno provato insistentemente a contrapporre diplomazia e proclamazione della fede, realismo dialogante e difesa dell’identità e dei valori cristiani. Tutta la storia della Chiesa suggerisce che proprio la fede evangelica può rendere più lungimiranti nell’esercitare intelligenza e prudenza davanti alle dinamiche reali del mondo e del potere. Per Parolin, il servizio reso alla Santa Sede è sempre stato solo un modo di esercitare la propria spiritualità sacerdotale. La stessa espressa nell’entusiasmo da lui manifestato davanti alla fede dei neofiti montagnard vietnamiti, o nella letizia con cui si è immerso nella vita pulsante del cattolicesimo venezuelano. Come motto episcopale ha scelto la domanda retorica di San Paolo nella lettera ai Romani: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo?». Qualsiasi cosa accada, è facile intuire a chi “don Pietro” si affiderà affinché sia custodita la pace del suo cuore.

Padre Vergez nuovo segretario del Governatorato

San Pietro
SAN PIETRO

Legionario di Cristo, è stato per molti anni collaboratore del cardinale argentino Eduardo Pironio. Fino ad oggi ha diretto le Telecomunicazioni vaticane

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
  
Dopo il trasferimento del vescovo Giuseppe Sciacca alla Segnatura apostolica, il Governatorato ha un nuovo segretario generale: è padre Fernando Vérgez Alzaga, dei Legionari di Cristo, finora direttore delle Telecomunicazioni dello  Stato della Città del Vaticano. 

Padre Vérgez è nato in Spagna, a Salamanca, nel marzo 1945 e vent'anni dopo ha emesso la professione perpetua nella Congregazione dei Legionari di Cristo. È stato ordinato sacerdote nel 1969. 

Dopo aver conseguito la licenza in Filosofia e Teologia alla Pontificia Università Gregoriana, e il diploma della Scuola d’Archivista presso l’Archivio Segreto Vaticano, nell'agosto 1972 ha iniziato il servizio presso la Santa Sede nella Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Tre anni dopo alla guida di quel dicastero arrivava l'arcivescovo argentino Eduardo Pironio (creato cardinale da Paolo VI nel 1976), con il quale padre Vérgez ha iniziato a collaborare come segretario. Nell’aprile 1984 il cardinale Pironio lasciava la Congregazione dei religiosi per assumere la presidenza del Pontificio Consiglio per i laici e padre Vérgez lo ha seguito rimanendo al suo fianco come segretario fino a quando il porporato ha lasciato l'incarico.
  
Nel giugno 2004 Vérgez è stato nominato capo ufficio dell’Ufficio Internet della Santa Sede e infine, il 10 gennaio 2008, è stato nominato direttore delle Telecomunicazioni dello Stato della Città del Vaticano.

 È da notare come contestualmente all'incarico di segretario generale il religioso non sia stato elevato all'episcopato, come accaduto per i suoi predecessori. Del resto, in tempi non lontani il ruolo di segretario del Governatorato era stato ricoperto anche da laici e non è escluso che in futuro non sia più automatico l'episcopato per i prelati chiamati a ricoprire certi incarichi in enti amministrativi o finanziari del Vaticano e della Santa Sede.
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/vaticano-vatican-vaticano-27471/

Francesco, adesso al Vaticano serve un primo ministro

Nell’era Bertone persa influenza internazionale. I porporati in lizza e le crisi in Egitto e Siria
Papa Francesco incontra Rania di Giordania (Afp)
Papa Francesco è arrivato ad affrontare la prima grave crisi internazionale del suo pontificato, quella siriana, senza Segretario di Stato. Questo è il dato che emerge a cinque mesi e mezzo dall’elezione del pontefice argentino. Bergoglio ha infatti incontrato giovedì mattina il re di Giordania Abdullah II; con il Paese mediorientale la Santa Sede intrattiene da tempo rapporti buoni senza contare che un’azione bilaterale concertata fra Amman e Vaticano può avere un peso nel possibile ritorno da protagonista della Santa Sede nello scenario mediorientale. Tuttavia l’assenza di un ‘primo ministro’ oltre le mura leonine pesa in queste ore come già era accaduto nei giorni sanguinosi della crisi egiziana di agosto.
Adesso però le cose stanno per cambiare. Secondo informazioni ufficiose che circolano in queste ore ormai ci siamo: il cambio ai vertici della Segreteria di Stato è prossimo. Fra i possibili candidati alla nomina di ‘primo ministro’ il porporato dell’Honduras Oscar Rodriguez Maradiaga, salesiano come Bertone, capo della commissione cardinalizia incaricata dal Pontefice di riformare la Curia. Quindi a lungo si è parlato del cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato della Città del Vaticano, anch’egli parte del gruppo degli otto cardinali ‘riformatori’, ancora si fa il nome di due nunzi: Pietro Parolin e Luigi Ventura, rispettivamente rappresentanti della Santa Sede a Caracas e Parigi.
In particolare monsignor Parolin è stato segnalato nelle ultime settimane come il candidato in ascesa, come l’uomo sul quale alla fine sarebbe potuta cadere la scelta del Papa. Parolin appartiene alla vecchia scuola diplomatica vaticana e in passato ha già lavorato in Segreteria di Stato. Infine sono stati fatti i nomi anche del Sostituto per gli affari generali, monsignor Angelo Maria Becciu, e dell’attuale prefetto della Congregazione dei vescovi, Marc Ouellet. Il lavoro per identificare il nuovo braccio destro del Pontefice è stato dunque laborioso, se infine sarà monsignor Parolin, verrà ricostituito il dualismo classico: Papa straniero, Segretario di Stato italiano.
Certo è che Tarcisio Bertone è di fatto uscito di scena, lui stesso ha annunciato in Brasile che quello sarebbe stato l’ultimo viaggio in cui avrebbe accompagnato il Papa. Lo stesso vale per il ‘ministro degli esteri’ vaticano, monsignor Dominique Mamberti, pure lui dato da tempo in scadenza. D’altro canto proprio sulla questione siriana - ma in generale sui sommovimenti che hanno scosso profondamente il mondo arabo - si sono confrontate all’interno della Chiesa diverse linee o sensibilità, ed è più che mai urgente e necessaria la presenza di una Segreteria di Stato autorevole e interprete sicura della volontà del Papa.
Francesco aveva deciso di non procedere appena eletto alla sostituzione di Bertone; come si ricorderà la leadership di quest’ultimo è stata fortemente contestata da settori diversi della Chiesa in Italia e all’estero; vari cardinali si erano lamentati con Benedetto XVI di una gestione degli affari internazionali e interni alla Curia giudicata inadeguata, non era un mistero che autorevoli porporati valutavano non adatto il cardinale Bertone per un incarico nel quale era necessaria una forte competenza diplomatica. A ciò naturalmente si sono aggiunte contestazioni legate alle lotte di potere interne al Vaticano e agli scontri fra le varie cordate; è quella parte della storia recente della Chiesa passata sotto il nome di vatileaks con riferimento alla fuga di documenti super riservati dai sacri palazzi e dallo stesso appartamento di Ratzinger.
Così Bergoglio, eletto con il mandato di fare pulizia in Curia e di riformare un’istituzione farraginosa, e rivelatosi poi anche pontefice dai gesti innovativi e profetici, ha cercato di muovere con una certa prudenza i primi passi nei corridoi vaticani ben consapevole di quanto fosse facile passare dal consenso di piazza San Pietro agli intrighi interni al palazzo.
Francesco ha studiato, come si dice in questi casi, la macchina curiale, e ha delineato il suo modello di Chiesa: austera, pronta a rinunciare ai simboli del potere, della ricchezza e alle facili carriere; quindi ha rimandato le fatidiche nomine sulle quali non voleva subire i condizionamenti dell’opinione pubblica o di altre forze. Ma certo sul piano internazionale l’assenza di una leadership diplomatica autorevole si fa sentire da tempo, praticamente tutto il pontificato di Ratzinger è stato segnato da questa quasi assenza. La Siria, inoltre, rappresenta sia uno scenario particolarmente spinoso che un’occasione politica di non poco conto.
La Santa Sede per ora si orienta su principi fondamentali e promuove naturalmente una posizione contraria all’allargamento del conflitto e quindi a un intervento militare internazionale. Tuttavia mentre la Chiesa locale, i patriarchi e i vescovi, sono schierati fin dal primo giorno con il regime di Assad sostanzialmente condividendone la sorte, il nunzio apostolico a Damasco monsignor Mario Zenari, ha sempre denunciato il rischio di una degenerazione delle violenze e l’inerzia della comunità internazionale; poi, sia pure con linguaggio diplomatico, ha più volte sottolineato le responsabilità di Assad e del regime. In questo quadro s’inserisce anche il rapimento nel luglio scorso del gesuita Paolo Dall’Oglio, che per trent’anni ha vissuto nel Paese ed è noto come deciso oppositore del regime e promotore di un progetto di convivenza interreligioso e interetnico per una futura Siria democratica. A ciò si aggiunge, ancora, l’intervento sul campo delle milizie qaediste che hanno ulteriormente complicato e esacerbato il quadro.
Il Papa e la Chiesa possono forse giocare un ruolo in un futuro negoziato in cui i cristiani vengano considerati come una componente della società siriana, ma si tratta di una prospettiva che richiede un chiaro impulso diplomatico e un ruolo indipendente ben riconoscibile della Santa Sede rispetto alle forze militari in campo. L’assenza di una linea diplomatica definita ha prodotto del resto alcune incertezze, anche nelle ultime ore. Mentre l’Osservatore romano con la data di giovedì 29 ha di fatto parlato del regime di Assad come di un attore credibile nella crisi, la Santa Sede al termine del colloquio fra il Papa e Abdullah II, ha diffuso un comunicato nel quale si indica quale unica opzione per porre fine al conflitto il negoziato e il dialogo “fra tutti i componenti della società siriana” con il sostegno internazionale. Insomma il governo di Assad non è stato nemmeno citato, al contrario veniva valorizzata una composizione sociale e politica articolata, segno di una sensibilità quanto meno diversa verso gli accadimenti in corso.
Un discorso simile vale infine per l’Egitto dove la crisi richiederebbe oggi alla Santa Sede un rapporto forte con il centro sunnita di Al Azhar, voce moderata e riformatrice dell’Islam. Tuttavia Al Azhar aveva interrotto le relazioni con il Vaticano sia per i problemi derivanti dal famoso discorso del Papa a Ratisbona che per successivi incidenti diplomatici. La riorganizzazione della Segreteria di Stato, insomma, non vuol dire solo riempire alcune caselle, si tratta al contrario di rimettere in moto una capacità d’azione e di presa internazionale della Santa Sede che è andata via via scemando nel tempo.
Twitter: @FrancePeloso
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/bergoglio-segretario-di-stato#ixzz2dTSYrdOW

Chi è Parolin, il diplomatico che non farà rimpiangere Bertone

30 - 08 - 2013Matteo Matzuzzi
Chi è Parolin, il diplomatico che non farà rimpiangere Bertone
Con Papa Francesco tutto è possibile. Anche che la nomina del nuovo segretario di Stato (ormai semi-ufficiale) non corrisponda alle indiscrezioni della vigilia. Ma se tutto andrà come previsto, tra qualche settimana al posto di Tarcisio Bertone ci sarà Pietro Parolin.
È lui, l’attuale nunzio in Venezuela, l’uomo scelto da Bergoglio per guidare la macchina governativa della Santa Sede. Vicentino, 58 enne, Parolin è un fine diplomatico. Ordinato sacerdote nel 1980, sei anni dopo è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede. Africa e America latina le prime mete della sua esperienza internazionale: Nigeria dal 1986 al 1989 e Messico dal 1989 al 1992. Poi, è la volta degli anni in segreteria di stato: dal 1992 lavora nella seconda sezione, quella dei rapporti con gli stati, della quale diventerà sottosegretario dieci anni più tardi. E’ a lui che si deve l’opera di riconciliazione con il Vietnam e la risoluzione delle questioni lasciate in sospeso tra Vaticano e Israele. Ma è dal 2005 che Parolin inizia a studiare uno dei dossier che lo porteranno a diretto contatto con Benedetto XVI: le relazioni con la Cina comunista. Prudentemente, vengono ristabilìti i contatti con Pechino, e nel 2007 sarà lui ad avere un ruolo essenziale nella stesura della Lettera ai cattolici cinesi inviata dal Papa.
Diplomatico di carriera
Come scrive Gianni Valente su Vatican Insider, Pietro Parolin “in quegli anni viaggia per due volte anche a Pechino, insieme agli altri membri della delegazione vaticana. In quegli anni, sembra prendere forma l’inizio di una svolta concreta nei travagliati rapporti sino-vaticani”. Ma nel 2009, le cose cambiano e arriva il trasferimento a Caracas. Nunzio in Venezuela, la repubblica bolivariana di Hugo ChavezBenedetto XVI lo ordina personalmente vescovo nella Basilica vaticana. Ed è allora che entra in contatto con il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, che ne apprezza le capacità di mediazione nei casi più spinosi che hanno contrapposto chiesa a potere politico e la grande meticolosità nello studio dei dossier. Quasi profetiche, poi, le sue parole alla vigilia dell’ultimo Conclave: “L’America latina ha tutti i titoli per poter esprimere un Papa. Non dimentichiamoci che è il Continente dove vive la maggioranza relativa dei cattolici del mondo. Si tratta di una chiesa viva, presente nella società, cosciente della sua vocazione di discepola e missionaria”, diceva intervistato da “La Voce d’Italia”, il giornale degli italiani in Venezuela.
Bertone rimane camerlengo
La scelta di Parolin non è comunque una sorpresa: già all’indomani dell’elezione, il suo nome figurava nella breve lista dei favoriti alla successione di Bertone. Con lui, si diceva, c’erano il cardinale Bertello e un altro nunzio, Luigi Ventura, attualmente rappresentante apostolico a Parigi. Con l’arcivescovo veneto è probabile che il capitolo delle relazioni con l’oriente tornerà con forza all’ordine del giorno. In particolare, i rapporti con la Cina. La nomina fin qui più importante di Francesco riporta la segreteria di stato nelle mani di un diplomatico di carriera. A finire, quindi, è la parentesi del salesiano Bertone, scelto da Benedetto XVI nonostante i mugugni che già nel 2006 si levarono tra i corridoi della curia romana. Ora il segretario di stato uscente manterrà la carica di Camerlengo e (almeno per ora) di presidente della commissione cardinalizia di sorveglianza sullo Ior. Nell’attesa che, forse, il Papa provveda diversamente.
La fretta di Dolan
Era stato il cardinale americano Timothy Dolan, lo scorso luglio, a esprimere i dubbi sulla permanenza di Bertone in segreteria di stato: “Sarebbe strano se non ci fossero cambiamenti entro ottobre”, aveva detto in un’intervista concessa al National Catholic Reporter. Da tempo si dava per probabile l’avvicendamento a fine estate, in modo da consentire all’ex arcivescovo di Genova di accompagnare il Papa nella settimana dedicata ai Giovani a Rio de Janeiro.

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