ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 2 settembre 2013

Non solo cattolici


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Sul concetto di tradizione (prima parte)



 Il pensiero tradizionalista colloca l’epoca d’oro dell’umanità ai primordi della sua storia.
Quell’epoca che si perde nella notte dei tempi è rimasta nella memoria ancestrale come mito del Paradiso Terrestre, presente in forme differenziate in tutte le culture antiche, a testimonianza di una Dottrina e di una Conoscenza comuni, pur nelle differenti manifestazioni legate a climi e razze diverse.

La storia successiva è la storia di una progressiva decadenza da quella perfezione originaria, di comunità centrate su un Asse che proiettava verso l’alto, comunità in cui il terreno si fondeva col sacro in una visione in cui tutto era simbolo che alludeva a una realtà superiore e in cui i governanti erano anche sacerdoti e i guerrieri avevano il còmpito di ristabilire un Ordine provvisoriamente alterato.
Già la civiltà greco-romana rappresentò un momento di decadenza, aggravata dal successivo avvento del cristianesimo. Il Medioevo, soprattutto quello dell’ideale ghibellino, ha preservato qualche traccia dell’antica spiritualità, mentre la modernità segna la fase finale che porta al disfacimento e alla conclusione del ciclo, prima della ripresa della spiritualità antica e della riproposizione della fase ascendente del ciclo stesso.
Nell’aberrazione della modernità, un barlume dell’antica nobile Dottrina viene preservato da un’élite diiniziati, che hanno la funzione di conservare la sacra fiamma fino al momento in cui il sempre più rapido declino si invertirà e si muterà nel suo contrario.
Esiste pertanto nella Dottrina un aspetto exoterico (o essoterico) destinato alla massa, ombra della Verità,e un aspetto esoterico noto soltanto agli iniziati e che la massa non comprenderebbe.

Il pensiero progressista, che domina la scena in questa nostra modernità, vede nei primordi dell’umanitàuno stato di pura bestialità. Un’evoluzione prima biologica poi culturale fa sì che ogni epoca successiva rappresenti un avanzamento sulla via della consapevolezza, dell’incivilimento dei costumi, della diffusione della conoscenza, dello sviluppo delle forze produttive. In questo continuo progredire ci sono momenti di apparente inversione di tendenza, momenti di ricaduta verso condizioni di barbarie e di fanatismo religioso, come nel Medioevo, ma osservando dietro le giravolte della storia intravediamo una linea di sviluppo continuo.
Pertanto l’epoca moderna, pur con tutte le contraddizioni inevitabili nella complessità della vicenda umana, ci conduce verso una vita migliore garantita dalle conquiste della scienza, dall’efficienza dell’economia, dalla crescita culturale dei popoli, che devono essere innalzati alla conoscenza e non tenuti in uno stato di minorità.

Movimento Zero, in quanto movimento antimoderno, si rifà al pensiero tradizionalista, però in un’ottica significativamente diversa. Per rendere politicamente operativi i presupposti del tradizionalismo e per non chiudersi nella conventicola degli iniziati che coltivano l’ideale in attesa del rovesciamento del ciclo, in altre parole per non chiudersi in uno sdegnoso aristocraticismo sterile, ha cercato di calare il discorso sulla tradizione (che scrivo con la minuscola non essendo evoliano) dalla nebulosa indeterminatezza di epoche ancora preistoriche alla concretezza della storia. Si è pertanto soffermato sull’individuazione del processo degenerativo della modernità vedendone le origini nella Rivoluzione industriale, nell’Illuminismo, nello scientismo, e vedendo capitalismo e social-comunismo come due facce dello stesso fenomeno, giunto ora all’estremo di una crisi che minaccia di sprofondare l’umanità in un caos mortale.
Il tentativo di Movimento Zero per ora è fallimentare.
A parte i limiti soggettivi di un’organizzazione e di una militanza carenti, il còmpito era immane in un’Italia in cui nel campo politico non si esce dallo schema che obbliga a incasellare o nel fascismo, o nelcomunismo, o in una delle varianti della democrazia. Chi tenta di uscire da questa gabbia non è compreso. Fra chi si avvicina a Movimento Zero, alcuni sono affetti da un sinistrismo ecologista che si sente incoraggiato dall’adesione del movimento alla prospettiva della Decrescita. Altri, privilegiando la difesa di una mai verificatasi purezza etnica, troverebbero una collocazione più adeguata in movimenti neofascisti.
Luciano Fuschini  
1 Settembre 2013
  

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