Tra Vaticano e Teologia della Liberazione scoppia la pace
Il Vaticano sdogana definitivamente la Teologia della Liberazione. Lo fa con una doppia paginadell’edizione odierna dell’Osservatore Romano dedicata agli scritti di Gustavo Gutierrez, domenicano peruviano considerato il padre di quel movimento sorto nei tribolati anni del post Concilio in America latina. In particolare, il quotidiano ufficiale della Santa Sede pubblica un estratto del libro “Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della chiesa” scritto da Gutierrez e da Gerhard Ludwig Muller, prefetto dell’ex Sant’Uffizio. L’edizione italiana del volume (la “prima” tedesca è edita dal 2004) sarà presentato domani a Seveso, nell’ambito del ventitreesimo congresso nazionale dell’Associazione teologica italiana.
La condanna mai arrivata
Il fatto che l’Osservatore Romano dedichi ampio spazio all’evento viene letto come il chiudersi definitivo delle guerre teologiche dei decenni scorsi. Per anni, infatti, le opere di Gutierrez furono sottoposte al vaglio attento della Congregazione per la Dottrina della fede, allora guidata daJoseph Ratzinger. In realtà, come fa notare Paolo Rodari oggi su Repubblica, “i documenti usciti dalla sua penna quando era prefetto dell’ex Sant’Uffizio (Libertatis nuntius del 1984 e Libertatis scientiae del 1986) non contenevano solo critiche”. A parere di mons. Muller, infatti, “Gustavo Gutierrez indica al nostro sguardo tutto concentrato sulla prospettiva europea che cosa significhi Chiesa universale. Con la teologia della liberazione la Chiesa cattolica ha potuto ulteriormente accrescere il pluralismo al suo interno”. Dopotutto, aggiunge padre Ugo Sartoriosull’Osservatore Romano, “Giovanni Paolo II affermò che ‘nella misura in cui s’impegna nel trovare le risposte giuste, la teologia della liberazione non è solo opportuna, ma utile e necessaria”. Inoltre, nonostante l’attenzione del Vaticano alle opere di Gutierrez, le opere di quest’ultimo non sono mai state censurate. A essere state condannate, ricorda sulla StampaAndrea Tornielli, “è stata la Teologia della liberazione che usa l’analisi marxista, non l’intere teologia della liberazione”.
Il fatto che l’Osservatore Romano dedichi ampio spazio all’evento viene letto come il chiudersi definitivo delle guerre teologiche dei decenni scorsi. Per anni, infatti, le opere di Gutierrez furono sottoposte al vaglio attento della Congregazione per la Dottrina della fede, allora guidata daJoseph Ratzinger. In realtà, come fa notare Paolo Rodari oggi su Repubblica, “i documenti usciti dalla sua penna quando era prefetto dell’ex Sant’Uffizio (Libertatis nuntius del 1984 e Libertatis scientiae del 1986) non contenevano solo critiche”. A parere di mons. Muller, infatti, “Gustavo Gutierrez indica al nostro sguardo tutto concentrato sulla prospettiva europea che cosa significhi Chiesa universale. Con la teologia della liberazione la Chiesa cattolica ha potuto ulteriormente accrescere il pluralismo al suo interno”. Dopotutto, aggiunge padre Ugo Sartoriosull’Osservatore Romano, “Giovanni Paolo II affermò che ‘nella misura in cui s’impegna nel trovare le risposte giuste, la teologia della liberazione non è solo opportuna, ma utile e necessaria”. Inoltre, nonostante l’attenzione del Vaticano alle opere di Gutierrez, le opere di quest’ultimo non sono mai state censurate. A essere state condannate, ricorda sulla StampaAndrea Tornielli, “è stata la Teologia della liberazione che usa l’analisi marxista, non l’intere teologia della liberazione”.
Teologia della liberazione vittima di “un doppio pregiudizio”
Il rapporto di Francesco con la corrente sorta in America latina dopo il Vaticano II è stato oggetto di commenti e analisi fin dal giorno dopo l’elezione. “Con un Papa latinoamericano – scrive oggi padre Sartorio – la Teologia della liberazione non poteva rimanere a lungo nel cono d’ombra nel quale è stata relegata da alcuni anni, almeno in Europa”. Confinata a eresia, quasi. Vittima “di un doppio pregiudizio: quello che non ha ancora metabolizzato la fase conflittuale della metà degli anni Ottanta, per altro enfatizzata dai media, e ne fa una vittima del Magistero romano; e quello ingessato nel rifiuto di una teologia ritenuta troppo di sinistra e quindi tendenziosa”.
Il rapporto di Francesco con la corrente sorta in America latina dopo il Vaticano II è stato oggetto di commenti e analisi fin dal giorno dopo l’elezione. “Con un Papa latinoamericano – scrive oggi padre Sartorio – la Teologia della liberazione non poteva rimanere a lungo nel cono d’ombra nel quale è stata relegata da alcuni anni, almeno in Europa”. Confinata a eresia, quasi. Vittima “di un doppio pregiudizio: quello che non ha ancora metabolizzato la fase conflittuale della metà degli anni Ottanta, per altro enfatizzata dai media, e ne fa una vittima del Magistero romano; e quello ingessato nel rifiuto di una teologia ritenuta troppo di sinistra e quindi tendenziosa”.
Boff e il rapporto di Bergoglio con la TdL
Qualche settimana fa, Leonardo Boff (ex francescano e in prima fila tra coloro che sono rimasti fedeli alla Teologia della liberazione) diceva in un’intervista alla Stampa che “Francesco è vicino a questa teologia nella forma argentina”. A cosa facesse riferimento, lo spiegava poco dopo: “In quel Paese la teologia della liberazione si è sviluppata come teologia del popolo, portata avanti dal gesuita Juan Carlos Scannone, che è stato insegnante di Bergoglio. Non è una devozione popolare pietistica, ma una devozione che conserva l’identità del popolo e s’impegna per la giustizia sociale”. Eppure, le parole dell’allora arcivescovo di Buenos Aires circa quel movimento di cui Boff è seguace, sono sempre state più che chiare: “Dopo il crollo del socialismo reale, queste correnti di pensiero sono sprofondate nello sconcerto. Incapaci sia di una riformulazione radicale che di una nuova reattività, sono sopravvissute per inerzia, anche se non manca ancora oggi chi le voglia anacronisticamente riproporre”.
Qualche settimana fa, Leonardo Boff (ex francescano e in prima fila tra coloro che sono rimasti fedeli alla Teologia della liberazione) diceva in un’intervista alla Stampa che “Francesco è vicino a questa teologia nella forma argentina”. A cosa facesse riferimento, lo spiegava poco dopo: “In quel Paese la teologia della liberazione si è sviluppata come teologia del popolo, portata avanti dal gesuita Juan Carlos Scannone, che è stato insegnante di Bergoglio. Non è una devozione popolare pietistica, ma una devozione che conserva l’identità del popolo e s’impegna per la giustizia sociale”. Eppure, le parole dell’allora arcivescovo di Buenos Aires circa quel movimento di cui Boff è seguace, sono sempre state più che chiare: “Dopo il crollo del socialismo reale, queste correnti di pensiero sono sprofondate nello sconcerto. Incapaci sia di una riformulazione radicale che di una nuova reattività, sono sopravvissute per inerzia, anche se non manca ancora oggi chi le voglia anacronisticamente riproporre”.
“Quella dei poveri non è opzione escludente né esclusiva”
Insomma, la questione va presa con cautela. Non a caso, il neo segretario di Stato, Pietro Parolin, in un’intervista dello scorso giugno pubblicata dal quotidiano venezuelano Ultimas Noticias, diceva che “sulla Teologia della Liberazione, e lo dico con tutto il cuore perché c’è stata molta sofferenza, le cose si sono chiarite. Questi anni, dolorosamente, appassionatamente, sono serviti a chiarire le cose. La Chiesa, è vero, ha una opzione preferenziale per i poveri, è una scelta che la Chiesa ha fatto a livello universale. Ma ha anche chiarito sempre che (quella dei poveri) non è una opzione escludente e nemmeno esclusiva”.
04 - 09 - 2013Matteo MatzuzziInsomma, la questione va presa con cautela. Non a caso, il neo segretario di Stato, Pietro Parolin, in un’intervista dello scorso giugno pubblicata dal quotidiano venezuelano Ultimas Noticias, diceva che “sulla Teologia della Liberazione, e lo dico con tutto il cuore perché c’è stata molta sofferenza, le cose si sono chiarite. Questi anni, dolorosamente, appassionatamente, sono serviti a chiarire le cose. La Chiesa, è vero, ha una opzione preferenziale per i poveri, è una scelta che la Chiesa ha fatto a livello universale. Ma ha anche chiarito sempre che (quella dei poveri) non è una opzione escludente e nemmeno esclusiva”.
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