ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 14 ottobre 2013

Bertone addio o arrivederci?

tarcisio bertone
Finisce l'era rappresentata dal cardinale Tarcisio Bertone, il salesiano voluto da Benedetto XVI alla guida della Segreteria di Stato vaticana. Raramente, nelle cronache di Oltretevere, un Segretario ha sollevato così tante discussioni e – diciamolo – anche un vero e proprio movimento di protesta (perché tali si vollero vedere e definire i “corvi” di Vatileaks).
Raramente un Segretario di Stato ha occupato così tanto rilievo nella comunicazione. Certo è che attorno a lui è fiorita corrente (i bertoniani) i cui membri sono stati capaci di ottenere rilevanza anche fuori dai Sacri Palazzi. Insomma, sono stati anni in cui il cardinale scelto da Joseph Ratzinger per dare una svolta più pastorale al governo della Santa Sede non si è fatto mancare nulla. Ha assunto su di sé il bastone del comando, molti bertoniani si sono insediati nei posti che contavano in Vaticano, tanti hanno ottenuto la promozione al cardinalato.

LE REDINI DELLA CURIA- Questo è un dato di fatto. Certamente il periodo vissuto da Bertone al timone del governo vaticano ha evidenziato che questo sistema necessita di contrappesi: un Papa non può reggere tutto da solo, né tantomeno può delegare al suo “numero due” (lo diciamo in senso lato, essendo il Papa un “numero uno” assoluto, sul quale ricade per intero la responsabilità del governo della Chiesa) così tanto potere. Certamente Ratzinger ha permesso a Bertone una libertà di movimento maggiore di quella che, ad esempio, uno come Giovanni Paolo II avrebbe concesso ad Agostino Casaroli, personaggio certamente di grande valore. Una delle regole predicate da Casaroli, ad esempio, era quella che le notizie non vanno mai smentite, altrimenti è una doppia conferma. E questa fu la risposta che, ad esempio, l'allora presidente IOR Angelo Caloia diede proprio a Bertone quando il cardinale gli chiese di rilasciare un'intervista su una determinata faccenda che gli stava a cuore. E l'economista lombardo fece il gran rifiuto.

PIU' MEDIATICO- Con Bertone c'è stata maggiore presenza del Segretario e della Curia sui media. Non solo per quanto riguarda le notizie, i rumors, le indiscrezioni, quelle che secondo qualcuno con la puzzetta sotto il naso sarebbero “gossip”: era gossip la lettera con cui Dionigi Tettamanzi si rifiutò di abbandonare la presidenza del Toniolo, la cassaforte dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, allorquando Bertone gli intimò le dimissioni? Era gossip la lettera inviata a Bertone con cui monsignor Carlo Maria Viganò, oggi Nunzio negli USA e indicato come futuro cardinale, denunciava presunte malversazioni (poi smentite) nel Governatorato vaticano? Non ci pare così. Accanto a questo, dicevamo, c'è stata una maggiore presenza del Segretario, che non ha mancato di far sentire la sua voce sui giornali e in Tv.

POLITICA E QUIRINALE- Sui rapporti con la politica italiana, Bertone lascia un quadro fatto di luci ed ombre. Cordiale il rapporto con Centrodestra di Silvio Berlusconi, poi lacerato dal caso Boffo e in qualche modo rappezzato con l'intervento di Gianni Letta, il “cardinale” di Berlusconi. Poco verso sinistra (era anche il tempo dei “cattolici adulti” stile Romano Prodi). Ma è con Napolitano che l'asse tra Santa Sede e Quirinale ha goduto di una certa stabilità, questo va detto. Se la Chiesa e il Quirinale dialogano e collaborano è anche merito del cardinale, che ha gestito adeguatamente i rapporti. Bene i rapporti col governo di Mario Monti: e in qualche modo, malgrado il disorientamento avvenuto con le ultime elezioni e il tentativo di Sant'Egidio con la Lista Monti (più il fallimento del tentativo cattolico politico di Todi 2, ma non è colpa sua), Bertone ha fatto in tempo ad accogliere nelle sue stanze Enrico Letta e trovare un cordiale rapporto con lui. All'estero resta sul tavolo il dossier Cina, argomento sul quale i falchi vicini a Ratzinger hanno chiesto un forte irrigidimento (ma con il nuovo Segretario, Pietro Parolin, le cose potrebbero cambiare), e più in generale l'ondata di persecuzione e discriminazione dei cattolici nel mondo (si pensi allo stato indiano dell'Orissa).

LO IOR- Poi certo, si potrebbe parlare della Clericus Cup (il torneo per seminaristi e religiosi) inventata dal cardinale, noto tifoso della Juventus: ma dove Bertone non ha perso e non ha lasciato è nella vicenda Ior. Il cardinale è stato mentore di Ettore Gotti Tedeschi alla presidenza della Banca Vaticana, è sopravvissuto alla sua defenestrazione nel maggio 2012, ottenuto il rinnovo della presidenza della Commissione Cardinalizia di Vigilanza sullo IOR pochi giorni prima delle dimissioni di Ratzinger, e – malgrado campagne stampa più o meno velate in difesa di Gotti – è rimasto e continuerà a restare almeno fino a dicembre alla guida della Commissione di Vigilanza. Ed è sotto Bertone, ricordiamolo incidentalmente, che la Chiesa inizia la marcia verso la trasparenza finanziaria con le ispezioni di Moneyval, l'ente europeo antiriciclaggio. Così come sotto Tarcisio lo IOR ha appena pubblicato i suoi bilanci ed è stato scelto il presidente attuale, Ernst von Freyberg. Che cosa resta dopo il cardinale? Resta lui, almeno fino a dicembre. E poi restano i bertoniani, certo. Ma resta anche un'eredità che, malgrado qualche scivolone, probabilmente avrà un giudizio più sereno da parte della storia. Buona (quasi) pensione, Eminenza.
di Antonino D'Anna

http://www.affaritaliani.it/cronache/bertone-addio-o-arrivederci141013.html?ref=ig

Santa Sede, finisce l’era di Tarcisio Bertone. Alla Segreteria di Stato arriva Pietro Parolin

L'avvicendamento tra il "vice Papa" voluto da Ratzinger e il nuovo "premier" scelto da Bergoglio sancisce la chiusura definitiva del pontificato di Benedetto XVI

Santa Sede, finisce l’era di Tarcisio Bertone. Alla Segreteria di Stato arriva Pietro Parolin
Nel 2006 Bertone, catapultato dalla sede arcivescovile di Genova in Segreteria di Stato, si trovò a collaborare con quello che sarebbe diventato oggi il suo successore fino al 2009 quando, con il più classico dei promoveatur ut amoveatur, ottenne da Benedetto XVI l’ordinazione episcopale di Parolin e la sua nomina a nunzio in Venezuela. Liberata la poltrona di viceministro degli esteri vaticano, Bertone chiamò in quel ruolo il suo fidatissimo Ettore Balestrero al quale affidò i delicati rapporti della Segreteria di Stato con lo Ior presieduto da Ettore Gotti Tedeschi.
Con la fine dell’era del salesiano Bertone, che rimane ancora presidente della commissione cardinalizia di vigilanza sulla banca vaticana e camerlengo di Santa Romana Chiesa, si chiude definitivamente il pontificato di Benedetto XVI che ha visto, per sette anni, un inedito “duumvirato” in cui Ratzinger ha demandato quasi completamente il governo nelle mani del suo “premier”.
Il curriculum di Parolin, scelto da Papa Francesco quattro giorni dopo la sua elezione al pontificato, come rivelato dal cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, è inattaccabile. Significativi, in particolare, sono stati i risultati ottenuti nel dialogo della Santa Sede con il Vietnam e la Cina popolare. Fu proprio grazie a questo delicato lavoro diplomatico di Parolin che, nel 2007, Benedetto XVI inviò un’inedita lettera ai cattolici cinesi col tentativo di concretizzare “il disegno non compiuto diGiovanni Paolo II di pregare a Mosca e a Pechino”, come ha scritto il cardinale Michele Giordano, membro della sezione della Segreteria di Stato che si occupa della politica estera negli anni del pontificato di Wojtyla. Terminato il lavoro a Roma, nella nunziatura di Caracas Parolin ha fronteggiato i rapporti sempre burrascosi della gerarchia cattolica locale con il presidente venezuelano Hugo Chávez.
Bergoglio al suo Segretario di Stato, però, ha chiesto di coniugare il suo delicato lavoro diplomatico con la dimensione pastorale. Ricevendo i nunzi apostolici di tutto il mondo e ovviamente anche Parolin, nel giugno scorso, Papa Francesco ha ricordato che anche i rappresentanti pontifici sono pastori. “Non insegnerete a una porzione particolare del popolo di Dio che vi è stata affidata – ha detto loro Bergoglio - non sarete a guida di una Chiesa locale, ma siete pastori che servono la Chiesa, con ruolo di incoraggiare, di essere ministri di comunione, e anche con il compito, non sempre facile, del richiamare. Anche nei rapporti con le autorità civili e i colleghi voi siete pastori: ricercate sempre il bene, il bene di tutti, il bene della Chiesa e di ogni persona”. Ai nunzi Bergoglio ha indicato l’esempio di Casaroli che mentre era protagonista della cosiddetta “diplomazia dei piccoli passi” andava a giocare con i giovani detenuti del carcere minorile di Casal del Marmo. Proprio lì dove Papa Francesco ha voluto celebrare il suo primo giovedì santo.

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