ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 13 ottobre 2013

Captatio benevolentiae ovvero..



Come le schiere cielline in fuga dalla Lombardia,si prostrano alla ricerca di neoconsensi dimostrando(come sempre) di non aver capito un...

PAPA FRANCESCO/ Ecco perché scandalizza i lefebvriani (e gli atei devoti)
La Fraternità di San Pio X, quella che volgarmente denominiamo "dei Lefebvriani", è tornata a farsi
sentire. Dopo il generoso tentativo di Papa Benedetto, che sotto il suo pontificato aveva cercato di dare
una risposta teologica e pastorale all'effettivo scisma che la Fraternità aveva posto in essere alla fine
degli anni ottanta - in seguito alla sfortunata iniziativa di Lefebvre che consacrò alcuni vescovi
illecitamente e si oppose pubblicamente non solo allo spirito, ma alla stessa lettera del Concilio Vaticano
II  il silenzio dei primi mesi del pontificato "francescano" aveva lasciato intendere che pochi spazi ci
sarebbero stati per un dialogo autentico tra la Santa Sede e la Fraternità stessa. 
In merito giravano già da mesi battute, illazioni e notizie di seconda mano, ma qualche giorno fa è
arrivata la prima e significativa doccia fredda da parte di uno degli esponenti del fronte lefebvriano,
Matthias Gaudron. Senza mezzi termini egli si scaglia contro il Papa, accusandolo di posizioni ambigue e
contraddittorie sul tema dell'omosessualità e constatando che, di questo passo, la Chiesa cattolica in
Germania è destinata a sparire nei prossimi vent'anni, in favore di una piccola comunità forte nella fede
e ostracizzata dal potere ufficiale.
Il Papa, lo ripeto senza indugi, non ha bisogno di avvocati, ma la presa di posizione di Gaudron merita
almeno qualche riflessione. Nel merito occorre dire che non si capisce bene in relazione a quale concetto
di omosessualità papa Francesco sarebbe ambiguo. Quello espresso dal Catechismo del 1 992 e da tutti i
documenti della Chiesa, a partire dagli anni settanta, tiene insieme sia il biasimo e il giudizio
"intrinsecamente cattivo" sulla tendenza omosessuale, che la posizione di accoglienza e di fiducia per chi
vive una tale condizione non con l'ostentata affermazione di sé tipica dei bulletti delle medie, ma con un
animo di sincera religiosità e di attaccamento al cuore di Cristo e della Chiesa. 
Se la posizione presa a paragone è questa, ma dubito che un lefebvriano possa accettare un magistero
post-conciliare così chiaro e autenticamente umano, allora non c'è scandalo in un Papa che non giudica
un omosessuale che tenta di fare il proprio cammino dinnanzi a Dio. È dovere della Chiesa non
rinunciare alla verità e non venir meno alla carità. Senza una tale schiettezza comunicativ a il Vangelo
rischia di diventare uno strumento di potere in mano ai teocon (o ai teodem a seconda delle
convenienze) al servizio di una dialettica politica ed ideologica estranea all'annuncio di salvezza portato
da Cristo. 
Gaudron dovrebbe chiarire a quali testi e pronunciamenti magisteriali il Santo Padre starebbe voltando
le spalle, cercando di andare oltre gli slogan di un conservatorismo sterile nuovamente a caccia di
consensi in nome di un radicalismo politico e religioso lontano anni luce da quella "luce della fede" che i
Papi propongono agli uomini come fiaccola per il loro discernimento umano e spirituale. 
Questi estremismi, tuttavia, non v anno derubricati nel folklore. Gaudron si fa portavoce di un disagio
crescente del blocco più genuinamente ratzingeriano del cattolicesimo occidentale e di quel mondo laico
che a Benedetto guardava con simpatia e riconoscenza. Il problema di un tale sentimento non è solo
riconducibile ad una mancanza di consapevolezza sulla realtà della Chiesa, che è plurale e non
monolitica e settaria, ma anche alla mancanza di una teologia che sostenga con forza il pensiero del
Pontefice. Senza una struttura teologica, che offra fondamento alle frasi del Santo Padre, i suoi richiami
rischiano di apparire slogan modernisti o tentativo di restyling religioso. 
Il punto è che non è affatto così. Francesco si inscrive in una tradizione patristica e teologica ben fornita
di strumenti capaci di raggiungere non solo il cuore, ma la ragione di ogni uomo di buona volontà. La
forza del Papa mette in evidenza la debolezza e l'autoreferenzialità della teologia. Giovanni Paolo e
Benedetto furono teologi di loro stessi, diffusori di pensieri profondi e articolati, capaci di diventare
orizzonte pedagogico e culturale per tutti. Francesco chiede alla teologia di crescere, di andare e di
mostrare al mondo la pertinenza della fede e della Misericordia alle istanze della ragione. In questo senso le parole del Papa ci sfidano ad andare oltre il già saputo per riconoscere, nella sua voce e nelle sue provocazioni, il Risorto che ci chiede di crescere e di seguirlo. 
Gaudron non ha un problema con Francesco, ha un problema con il Vivente, sepolto da lui sotto la
polvere dei Concili e dei dogmi, incapace di guidare oggi la Sua Chiesa. Il papa gesuita mette a nudo la
nostra incapacità di vivere il rapporto col reale, col presente, come rapporto con Cristo, mostrandoci
come ognuno di noi tenda ad optare per la difesa del già saputo e dell'ideologicamente corretto. Senza
presente non c'è teologia, ma non c'è neppure reale sequela. E questo dovrebbe preoccupare non tanto la
Santa Sede, o i custodi della sana dottrina, quanto il lefebvriano che è nascosto in ognuno di noi e che
rischia, dietro un'affettata obbedienza, di essere più lontano dal Papa di quanto egli stesso possa e v oglia
ammettere. Senza Chiesa, infatti, non c'è Cristo. Ma solo un Dio che assomiglia terribilmente ad ognuno
di noi.

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